“Si dissero l’un l’altro: “Ecco, il sognatore arriva!”

Se mai dovesse passare di qua, non credo che si soffermerà a leggere: e questo mi lascia scrivere senza soggezione alcuna, che ,dato l’individuo, non è del tutto irrilevante.
Sono abbastanza sicuro di sognare, dio.
Non penso che crederei facilmente a tale affermazione semmai qualcuno la scrivesse in un blog, la raccontasse a me, la raccontasse al suo alluce. E non avrei creduto a quella persona qualsiasi sia stata la sua religione, il suo sesso, le sue convinzioni, il suo stato di salute, la sua dichiarazione ISEE, il suo numero ccv della sua postapay.
(In conclusione logica vuole che non mi crediate, dato che custodisco segretamente la mia postapay)
Non ho ancora risolto il problema ontologico che lo riguarda di persona (si fa per dire), ma la notte quando vado a letto da qualche giorno a questa parte mi pare di sognarlo.
Prima che tenti di chiarire ciò che mi fa pensare che in quel sogno il protagonista sia dio, voglio ricordare alla memoria la prima volta . 1996, in bagno. Da sveglio. C’ero io Mamma, e Mattia che data la giovane età aveva necessità (urgente) di un cambio di pannolino. Il bagno era piccolo, le piastrelle di un marrone scuro, tutto pieno di vapori di un caldo bagno. I futili dettagli non siano fuorvianti, ricordo la stessa sensazione di questa notte. E da qualche notte a quest’ultima, aggiungo.
Sogno una sensazione. Intensa, unica, innaturale. Così forte che devo distrarmi per non sentire scoppiare il cervello. Due dettagli sono “chiari”: mi vedo dall’alto, e sono così piccolo che non so come faccio a esserne sicuro, ma sì sono io quell’uomo-formica. L’altra certezza è l’ambiente intorno a me: ovattato. Nebbia, o forse no. Non c’è cosa in terra che possa somigliare a quell’aria: ti accarezza e ti da fastidio, si può respirare ma non so come descriverla.
Credo che poggio i piedi su qualcosa di fisico, ma forse è soltanto una mia astrazione. Da piccolo infatti ricordo di poggiare su un cubo, ultimamente poggio su di un cilindro. Esattamente, un cubo e un cilindro. Come quei giochi logici in legno che insegnano agli infanti che il mondo ha fattezze chiare e conosciute. Quel cilindro pare fatto di metallo ma metallo non è. Pare grigio-opaco, ma questo non è che il colore terreno più verosimile.
Di dio non ce n’è traccia in effetti, ci sono io e quell’oggetto che forse sono io ad immaginarmi. Quindi sono certo soltanto che ci sono io, sono certo di sognarmi (touché).
E, ovviamente, c’è quella sensazione che mozza il fiato. Io e la sensazione.
In realtà non sogno, sono perfettamente libero di aprir gli occhi se volessi. E in realtà non sono sveglio: imprigionato in questo stato intermedio.
Non è normale, io lo sono. Credo e spero. C’è qualcosa che non so descrivere, che non so spiegarmi: quindi non chiedete spiegazioni, fornitele semmai.
E’ da escludere la peperonata e lo spezzatino coi piselli perchè pare che il cilindro sia indipendente da ciò che contiene il mio stomaco. Non sto attraversando un periodo particolarmente difficile: ho le mie quotidiane difficoltà avversità ma sono un uomo felice.
Non credo di star per morire, quantomeno non sono malato (se escludiamo che ho le proteine di tipo Alfa1 e Beta2 leggermente più basse della norma) (Mi sono documentato: è perchè non avevo fatto la cacca la mattina delle analisi, giuro).

Non so se esiste, forse non voglio saperlo. Dovrei rinunciare a tante riflessioni se conoscessi la verità sul suo conto, non avrei avuto la possibilità di argomentare squisitamente con te, con te che adesso mi permetti di definirmi felice.
Mi piace così, andare in chiesa soltanto perchè sento il cuore battere mentre i miei piedi poggiano su un sagrato, pregare pensando che “è soltanto una necessità avere un dio nell’anima” e stare accanto a te sapendo che c’è Qualcuno che davvero merita un ringraziamento.
Se sono una sua creatura, sa dove trovarmi, sa come presentarsi a me, sa come farsi credere, sa come farsi riconoscere senza terrorizzarmi.
E se per far ciò deve nascondersi nei miei sogno mimetizzarsi in un cubo, diventare un cilindro grigio-quasi opaco con il vento di cotone che m’accarezza la pelle, con il fruscio che penetra le cervella e infine manifestarsi nel mio blog…beh allora sì, sono davvero un uomo tanto particolare (e lui pare lo sappia già).

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