Italicas matres, inquit, sacer hircus inito.

Studio, ho fame, scendo in mensa. La signora della mensa (che detta così sembra un essere misterioso) come al solito mi fa passare il tesserino mensa e mi fa lo sconto sulla differenza, perchè la signora della mensa è buona e gentile con me. E mi vuole possedere carnalmente (ma non è con qualche sconto che mi avrà). Non mi avrà, e basta parlare della signora della mensa (mistero). Mi chiede: “Tu oggi non festeggi?”. Rispondo di no, dopo aver dovuto riflettere più dell’ovvio sul perchè festeggiare. Risponde: “Eeeh, che siamo tutti singooool allora !?”.
Qualcosa in questo sillogismo (ma che io pronuncio sillogggismo per via della mia spiccata appartenenza terrona) lo rende Non Valido:

  • Se non festeggio il mio compleanno, ho comunque un anno in più. Così è, se vi pare e se non vi pare.
  • Se non festeggio il mio onomastico continuo incessantemente a chiamarmi Gioele.
  • Se non festeggio, il giorno del mio 30 in Analisi II è comunque un buon giorno.

Tali esempi, quindi, suggeriscono che l’atto del non-festeggiamento non vincola necessariamente l’inesistenza dell’evento eventualmente festeggiabile.
Inoltre San Valentino non la ritengo una festa “festeggianda”. Niente, in questo giorno, accomuna me e la mia consorte al resto delle coppie italiane, togolesi, Na’vi. Si, il fatto di essere una coppia (tris batte coppia!) potrebbe rappresentare una somiglianza, ma tanto oggi – 14 Febbraio – quanto un altro giorno, il 30 Febbraio per esempio. Sapere le origini e le leggende che hanno ispirato tale festa, inoltre, non aiuta di certo la formulazione coerente di un antitesi a questa mia tesi (non per presunzione, ma Postulato sarebbe una definizione migliore).
Narra Ovidio nei Fasti che al tempo del Re Romolo le donne avessero qualche difficoltà ad avere dei figli (che i loro cibi abbondassero forse di prezzemolo? O forse il marito aveva capito l’antifona e “pre-veniva” ?). Allora donne e uomini (che intanto s’erano sbarazzati sottobanco degli ultimi scatoli di Settebello rimasti) si dirigono nel bosco sacro della Dea Giunone (che in quanto fertilità&similia era esperta se pensiamo che allattando Ercole aveva generato da sola tutta la Via Lattea), si mettono in ginocchio e supplicano d’avere dei bimbetti (gran bel modo di concepire dei bambini). Attraverso lo stormire delle fronde, la dea benevola allora risponde che le donne devono essere penetrate da un sacro caprone (dopo qualcuno disse – si usava già allora – che si era capito male). Ora si, che ci siamo. Poi venne Moccia, papa Gelasio, la Perugina, la signora della Mensa (a cui un caprone non dispiacerebbe dopotutto) che cambiarono la favoletta, qualche omissis qua e là e San Valentino è tra noi .
E se S.Valentino fosse il caprone che vuol vendicare il com(ce)pimento di quanto predetto ?

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