Le palle

Devo, lo devo fare. Usare una espressione colorita, abusata dagli autoctoni di Grezzaland e che provoca e ilarità e disgusto nel resto della gente civilizzata:

Me ne sto andando a sciacquarami i baddi!

Si, sto soltanto andando in piscina. Ma io in questa frase così intensa ci leggo la tensione accumulata in una sessione d’esame che pare essersi finita, ma che potrebbe nascondere ancora qualche insidia deplorevole. Ci si (Pardon: si ci!) legge l’ansia di uno studente serio, rispettoso dei principi che stanno alla base del far ingegneria (uno solo in realtà: interrompere i contatti col mondo esterno == abbrutirsi).
Tornando alla nostra immagine pittoresca io l’ho sempre immaginata così.
Una fila di uomini, di quelli con le palle (non quelli particolarmente impavidi, quelli proprio con le sfere) sul bagnasciuga di una spiaggia. Quell’uomini pelosi, che non c’hanno (quanto mi piace usare questi dialettismi) bisogno di mettere la crema, che comunque resterebbe solamente al primo stadio, al pellicciotto.
Lì, con le gambe leggermente divaricate a lasciare che le onde accarezzino sinuosamente (e qui gli ingegneri potrebbero iniziare lunghe discussioni…) quegli attributi, oramai note come palle (che poi tale appellattivo potrebbe essere fuorviante date le indiscusse qualità ellittiche di quest’ultime).

Ci sono giorni che cambiano interi mesi di studio, giorni che cambiano anni e anni di vita e di quest’ultimi ne ho ancora ricordi tanto vivi da provare brividi fra i capelli, giorni che finiscono rantolandosi in un letto, apparentemente solo.

Restiamo allegri quest’oggi, quest’oggi sarà un giorno con le palle (pardon, con le ellissi!).

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