Dai fò – Cronaca di una imminente notte insonne

C’ho un problema da risolvere per adesso, e la mia unica preoccupazione adesso è risolverlo. Fa figo, sembro diligente e responsabile: in realtà non posso fare altrimenti, non posso che pensare al problema attuale. Come quando avevo l’otite: niente poteva andare peggio di quell’orecchio in fiamme. Eppure ciò che era più importante per me si stava sgretolando sotto i miei occhi e io non sono riuscito a fermare il collasso.
Così adesso penso alle conseguenze, sto cercando di capire chi ero e cosa sto diventando. Come mi sto lasciando influenzare dall’ambiente e come sto salvaguardando la spina dorsale.
E una parola mi ha illuminato: adrenalina.
Ho fatto cose assurde, impensabili. Mi sento già vecchio quando riconosco che adesso non farei un mucchio di cose che hanno movimentato i miei giorni solo un paio d’anni fa.
Quando mi fermo e mi chiedo il perchè di quello che ho fatto mi rispondo a difficoltà. Io credo sia la cultura del brivido, l’esaltazione dell’adrenalina. In nome dell’immortalità adrenalinica ne ho fatto di cose. Entravo nelle scuole di notte quando queste erano chiuse (e quando erano aperte volevo stare nel letto a dormire). Ho fatto suonare un allarme e poi mi sono appostato a filmare. Ho scritto sui muri e poi ho cancellato. Ho rischiato la vita sullo scooter e ci sono state volte in auto che ho cercato il limite: qualche goccia d’acqua o un filo d’acceleratore in più m’avrebbero mandato fuori dalla strada: e l’ho sempre saputo. Ho aggredito fisicamente un tipo in una macchina perchè non aveva messo la freccia con sufficiente anticipo e ho mostrato generosità oltremisura. Sono andato lontano da casa chilometri e sono tornato a piedi. Ho portato il mio culo sopra un sellino dentro una cava e per tornare a casa ho attraversato proprietà private senza curarmene.
A 13 anni e 9 mesi ho iniziato a lavorare e per ogni sabato fino al primo anno d’università non mi sono mai smosso dal mio posto di lavoro.
Ho avuto bisogno di emozioni forti, brividi e iniezione d’adrenalina. E quando il caso era abbastanza pigro mi sono procurato da solo le occasioni desiderate.
Poi ho conosciuto una donna. E non ho più dovuto procurarmi emozioni, brividi e adrenalina. Mi sono sentito un uomo sazio, un uomo che finalmente ha capito fino in fondo cosa è necessario e cosa superfluo: e, dio, è stata la più grande gioia che mi sarei aspettato di ricevere in dono. Niente più infrazioni del codice della strada, niente più violazioni di proprietà private, niente più fatica per poter colmare il vuoto. Ogni pezzo andava a suo posto da solo, lo stesso mondo, ai miei occhi, sembrava girasse con più calma. Tutto sembra perfetto, perfino quando il cielo è nuvoloso e la tua vera casa è molto lontana.
E adesso che bisogna sentirsi di tanto in tanto, che bisogna parlare di altro, che bisogna volersi bene ma non troppo…io adesso ho un vuoto. Mi sento perforato da parte a parte e, come quando avevo l’otite, non faccio altro che guardarmi dentro. E riesco a scorgere solo il vuoto, che è assai più brutta di ogni altra cosa. Cosa devo fare ancora non lo so, sto ancora subendo il colpo. Ciò mi fa pensare che può peggiorare, e il fatto che ancora me ne renda conto può essere un sollievo.
Nessuno più accarezza i miei capelli. E io sto morendo pezzo dopo pezzo. Ho bisogno di aiutarmi. Dai fò lele, per favore lele. Dai fò.

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