Archivi del mese: novembre 2010

Ogni animale può essere addomesticato. Col tempo.

Nessuno di noi può davvero dimenticarlo. Siamo delle bestie. Animali fatti di carne, carne destinata alla putrefazione. Nasciamo come delle bestie, sporchi brutti informi. Spendiamo una vita a controllare la nostre indole istintiva, e poi per una inezia torna fuori. E più la si è repressa più forte è la deflagrazione. Siamo bestie, non lo scorderò mai. Quando sono veramente incazzato mostro i denti, ricordo di averlo fatto sin da piccolo. Stringo i pugni e il mio cuore impazzisce. Colpisci colpisci. Siamo animali, e chi lo scorda è perduto. Quando facciamo l’amore – pur con la persona che si amerà per tutta la vita (e questo bado bene a definirlo un atteggiamento da bestia) – si è degli animali. Il nostro sangue puzza come quello degli animali, il nostro cervello è evoluto ma non può nascondere per sempre l’animale che galoppa dentro di noi.
E quando si sveglia c’è sempre una ragione intensa, profonda. Fa bene guardare il tragitto su cui abbiamo camminato. Scimmie inteliggenti, gorilla poco sviluppati. Un bambimo non è molto diverso da un cucciolo di scimpanzè, e non lo sono neanche io quando il cuore mi brucia nel petto. Fiero di essere un animale, orgoglioso di essere me stesso.

(Si torni alla lettura del titolo)

FDC – 7

Mi si apriranno nuovi orizzonti (e non solo): diventerò un gigolò.
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Piangerò di notte e agirò di giorno: dormirò piangendo e lavorerò ridendo. Ottimizzazione della dignità.
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Un altro bimbo si chiamerà come me, è fortunato: ha una mamma comprensiva. Grazie signora, spero che suo figlio abbia i suoi occhi.
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Per essere felici due persone sono necessarie, per disperarsi una è già abbastanza.
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Ho imparato che è più facile essere meno di una persona che una persona che ne vale due.
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Volevo fare lo zoologo, lo speleologo, il pompiere e l’astronauta: e ogni volta ero sicurò al 100%.
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Un giorno presi dieci in Matematica e fui molto triste: Matematica oramai si chiamava Analisi I e i voti erano espressi in trentesimi. La volta successiva presi trenta. Fu una fortuna, in fondo, quel dieci.
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Un giorno una persona fidata mi chiese duecentomila lire. Era tutto quello che avevo ma glieli diedi. Fu allora che imparai che i soldi sono importanti, soprattutto quando ti stanno lontano.
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Per quanto oggi possa sentirmi triste depresso e insignificante devo convincermi che le possibilità che domattina tutti i miei sogni si realizzino istantaneamente sono assolutamente identiche se oggi fossi un uomo felice tranquillo e saltellante. Dispongo di una meravigliosa dimostrazione di questo teorema che non può essere contenuta nel margine troppo stretto della pagina (cit.).

Come il cielo a Milano

L’altro giorno avevo in mente un post, volevo raccontare di un bel sogno. Piangevo visitando finalmente la mia vecchia casa, ero terrorizzato dal dover accompagnare una donna alla sua condanna, il taglio della lingua. Ho visto dio che l’ha salvato, e come ogni volta che sogno dio, mi sono chiesto come faccio a sapere che ho sognato dio se dio non l’ho mai visto da sveglio. Poi ho parlato con Stefania, ma come al solito la situazione era assolutamente imbarazzante e così non ricordo di aver effettivamente parlato.
Poi i giorni sono passati e adesso non ho più quella vivezza di dettagli che mi permetterebbero di trarre vantaggio dello scriverne.
Sono giorni difficili, cupi, pregni di importanza. Come il cielo a Milano. Non so far altro adesso di pensare ai momenti felici; 21 giorni oggi un anno fa era decisa la meta di Capodanno. E anche quella del capodanno successivo: Copenhagen.
Adesso spero che a Capodanno non mi chiederanno di soddisfare i convenievoli, spero che ci sarà qualcuno sui server di Cod, l’ultimo gioco che impiega i pochi istanti del nostro tempo libero.
Trʌbls, solo la parola fa pensare a qualcosa di problematico. Ma è giusto così, in fondo è giusto così. Il corso della vita di un uomo non è come un lancio di una moneta. Ciò che succede dopo è strettamente dipendente da ciò che è appena successo. Il divertimento sta nella nostra reale possibilità di cambiare il corso delle cose senza curarci dei calcoli probabilistici e dei formalismi logici. E adesso lasciatemelo dimostrare…

Il giorno dopo

Ho fatto un torneo di poker, il buy-in (la somma per iniziare a giocare) era di 2100. Li ho versati e ho giocato. Sono arrivato terzo, e ho preso circa 13000. Erano soldi finti, ovviamente. Il Disegno non c’è o s’è confuso. Ho abbastanza palle anche per lui. Il vero me inizia adesso, ‘nta ‘ccianata si pruovunu i scecchi.
Vaffanculo.

I soldi

Trattasi di pensieri a caldo.
I soldi stanno già cambiando la mia vita. Se io sono acqua che cambia la sua forma adesso i soldi sono una cannuccia. E io sto cercando di viverci dentro la cannuccia. Mi muovo a fatica ma ormai ho capito che non posso superare i limiti della cannuccia. E poi la fine è quasi giunta, vedo già l’altro lato. Ma ogni cannuccia ha quella piega del cazzo, quella piega del cazzo quasi alla fine, lì il passaggio si restringe. Adesso, sono nella piega. Non basta più sgomitare una volta ogni tanto, tra una studiata e un altra non posso più permettermi i lussi.
I soldi stanno già cambiando il mio modo di vivere, le mie emozioni, i miei atteggiamenti. O meglio, è la mancanza di soldi che lo sta facendo. Perchè dovrei in qualche modo sforzarmi di evitare che l’abbondanza di soldi mi cambi? Io, acqua, quando mi sposterò in una damigiana voglio stare largo. Voglio spendere, abbondare. Voglio comprarmi un apparecchio per i denti, una macchina potente, una casa con la piscina dentro, la mia casa di una volta. La mancanza di soldi aguzza il mio ingegno, libera le redini dei miei sogni ma intanto mi mette l’attack sotto le suole. E riesco a fare a fatica solo qualche passo.
L’ultima volta, il 26 agosto, ho pianto di felicità: il ricorso era stato accettato. Come del lubrificante dentro le pareti della cannuccia. Il giorno dopo ho pagato il prezzo. Mi piace pensare che ci sia un Disegno per tutto, come se il karma fosse tornato pari. Avevo avuto culo, avevano accettato il ricorso e però dovevo perdere qualcos’altro: la felicità e la serenità.
Adesso che ho già perso la serenità (anche quella poca che avevo ritrovato), oggi 5 Novembre che ho la schiena che sta cercando di farmi sembrare vecchio, oggi che m’hanno comunicato che il ricorso lo hanno accettato solo per un terzo, oggi sono incazzato. Non ho spaccato ancora nulla perchè sento che non è giusto, perchè l’ultimo anno ha ancora un senso per me. Ma se il Disegno vuole essere coerente, domani dovrei ritrovare la felicità, estrema e disinibita. Tipo una vincita di 12000$ durante una partita di briscola in cinque, per esempio…

Latin Lover – parte 1 (torna l’altro)

La prima volta che ho avuto conferma del fatto che mi piacciono le donne credo sia stata all’asilo. Mi piaceva una, cioè io le piacevo: le ragazze – si sa – sono sempre qualche passo avanti agli uomini. Io ancora stavo cercando di costruirmi una casa sull’albero, volevo fare le sgommate col mio trattore di plastica e cercavo di capire cosa ci fosse di così interessante sotto un automobile che giustificasse tutto quel tempo trascorso da mio padre lassotto. Insomma questa mi sa che un giorno mi disse ciao quando stava andando via, e io pensai che forse non sarebbe stata male come mia ragazza. Poi il giorno dopo giocò con me ad acchiapparello, e quello era un preciso segnale – almeno così pensavo – del fatto che io le piacessi da morire. Così mi fidanzai con lei, ma poi, dopo qualche giorno, me ne scordai. Allora sì che ero allegro e spensierato, hakuna matata!
Poi alle medie voci di corridoio mi dissero che quella stessa ragazza si stava rifacendo avanti, ma non mi ha mai detto ciao nè ha iniziato a scappare pianificando che io la rincorressi.
Poi in primina arrivò Federica. Non ricordo il cognome, nè com’era fatta. Piaceva anche a Federico, ma io ero in vantaggio. Su tutti gli altri maschi. Già questo bastava, quella doveva essere mia. Non credo sia una questione di ormoni, passavo ancora il mio tempo sugli alberi e sotto le macchine. E’ sopravvivenza, affermazione di sè nel branco. Diventammo fidanzati: e questa volta lo sapeva anche lei. Fu veramente bello. Il Pensare di essere fidanzati anche a cinque anni distribuisce nel sangue una immensa carica di ottimismo e voglia di vivere. L’episodio che ho stampato nella memoria è una gran sudata, nella pizzeria dello zio. Era il compleanno di qualcuno, forse proprio il suo. Non ricordo esattamente il perchè ma iniziammo a rincorrerci intorno ai tavoli, non c’era poi così tanta gente. La pizzeria dello zio la conoscevo bene, e così riuscivo a essere sempre davanti a Federico, che d’accettare la sconfitta in amore non ne voleva sapere proprio. A quei tempi ancora Federica non aveva sviluppato quel sesto senso, che alcune donne hanno, che le indirizza dritti dritti verso i facoltosi (e intendo economicamente). Qualche anno più avanti e Federica sarebbe stata di Federico e non avrebbe mai corso intorno ai tavoli di una pizzeria con me.
A un certo punto non so come ma qualcuno mi sollevo da terra, e io pensai cazzo federico se la piglierà (data l’età e la mia buona educazione – checchè se ne dica – a quei tempi avrò pensato acciderbolina maledetta al posto dell’epiteto “cazzo”). Era mio zio, pare che stavo facendo troppa baldoria (avevo una carriera d’avanti…). Mi mise seduto, mi diede La Sicilia e mi disse: “Stai un pò qua adesso, leggi un pò invece di rovesciare tutte le sedie”. Ero ben educato e restai seduto. Di questa Federica non ne seppi più nulla, ma di sicuro avrà sviluppato quel sesto senso: niente più corse quindi.
Di queste due storie capisco una cosa: se non corro non c’ho gusto. Acchiaparello, nascondino. Le cose facili non fanno per me, sbucciarmi le ginocchia è un rischio che mi piace correre. Quando cado penso al peggio, che il sangue non si fermerà mai più, che non correrò mai più, che in fondo potevo rallentare un attimo prima. Là davanti c’è ancora tanta strada da correre, guardare le ferita non aiuterà nessuno. Neanche me stesso.