Entropia e ritmi circadiani

PARTE 1
Non mi ricordo cosa stavo facendo di preciso – se in doccia o a gambe divaricate sul cesso – ma ero in bagno. E pensavo. Esatto, sono un sincero seguace di quella linea di pensiero che suggerisce i momenti più disparati per pensare: mentre si tromba giù per le scale…cioè mentre si  scende per la tromba delle scale, mentre ci si fa la barba (le donne possono sostituirlo col silchepil o mentre aspettano che la ceretta si scaldi (se usate le strisce a freddo cazzi vostri)), mentre si attende che il sonno arrivi e ogni qualvolta un paio di secondi potrebbero andare sprecati. Che quando si perde il tram per un soffio si ripensa sempre che se si fosse data una sola mandata alla porta lo si sarebbe potuto prendere in tempo (non m’assumo la responsabilità per la morte della consecutio e altre regole della grammatica involontariamente violate). Capito dù, dare una o due mandate non preclude che la signora della pulizia entri e ti fotta il computer che sta nel secondo cassetto ma potrebbe farti perdere il tram su cui c’è l’uomo della tua vita. Certe cose bisogna che siano dette…
PARTE 2
Inoltre per terminare il prologo di questo post è importante sapere che per mia natura sono un pò diverso, anti convenzionale. Non per questo fumo i sigari o indosso la camicia per metà dentro le mutande e per l’altra metà fuori dai pantaloni. Però a cominciare dai capelli e a finire nella oramai celeberrima unghia del pollicione sono un pò ribelle.

PARTE 3 (1+2)
E’ più giusto seguire sinceramente ciò che si vuole e non si vuole fare o rimanere schiavo delle immobili convenzioni sociali? Una cosa che per galateo o per semplice educazione andrebbe fatta la si deve fare anche se non si ha voglia? E’ giusto reprimere i propri sinceri atteggiamenti?
Avverto che il discorso non è generalizzabile, un pedofilo anche se ha una voglia matta di usare una bambina dovrebbe contenersi. Così quella signora delle pulizie anche se eccitata sessualmente dai miei occhiali (e, dio, chi non lo sarebbe?) avrebbe dovuto reprimere la sua, seppur giustificata, voglia di fotterseli (notate il sottile doppio senso).
Faccio alcuni esempi che semplificano i miei dubbi:

  • Al termine di un concerto la platea sta applaudendo. A me il concerto m’ha fatto cagare. E’ meglio applaudire (e mentire al proprio cervello) o stare con le braccia conserte (e fare irretire la vecchia ossequiosa al fianco)?
  • Entra il professore in classe e tutti si alzano in segno di rispetto (?). Con la giacca di quel prof io mi pulirei il culetto (anche se non c’è impellente necessità) e allora sono combattuto: alzarsi (e fare un torto al proprio culo) o prendersi il rimprovero del prof (per assoluta inadempienza alle dinamiche sociali)?
  • E’ morto il fratello del cognato del cugino di tua moglie. Non conosco il morto, e mi fa antipatia anche a guardare la bara da fuori. Preferirei guardare le prove libere del venerdì di F1 piuttosto che stare seduto in disparte a guardare gente che non conosco frignare. Devo fare le condoglianze (e in tal modo scomodarmi dalla sedia ormai scaldata) o posso manifestare la mia noia in disparte (venendo etichettato come un porco satanista)?
  • Un amico di un amico che ho visto due volte è venuto a trovare un amico di quell’amico (che poi tanto amico non è). E fuori la temperatura fa rabbrividire i pinguini. Devo manifestare gioia e sfrontatezza nell’affrontare il gelo per andarlo ad accompagnare chissà dove (e stravolgere i miei ritmi circadiani) oppure posso manifestare sinceramente il mio interesse riguardo la sua venuta (magari sbavando sul cuscino dopo una mangiata al caldo di un termosifone)?

Da quando questo mondo ha bisogno di ulteriore entropia? E perchè si inveisce contro gli ipocriti e poi si rispettano pedissequamente (e con questo avverbio mi sono assolutamente riscattato) le convenzioni sociali?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.