Latin Lover – parte 2 (pure lui)

Premessa: quando vedevo i video su youtube ero veloce a dire che fosse una cosa facile. Domandatelo al mio gluteo xs, quant’è facile restare in piedi su uno snowboard e vi farà una pernacchia. Ma posso capire che la parabola sia un format di gesù cristo, e che le mie metafore possono essere troppo sottili perchè si capiscano subito. Vorrei essere però presente quando è evidente che avevo ragione. L’equilibrista ce lo insegna attimo per attimo.

[Adesso possiamo proseguire col secondo capitolo. Il primo lo si può leggere qui: http://gas12n.blogspot.com/2010/11/latin-lover-parte-1-torna-laltro.html]

Ho voluto bene a troppe persone nella mia vita. Più di quanto loro abbiano voluto bene a me, e questa non è che una mia colpa. A più di quelle che han voluto bene, e anche questa è una mia colpa. Ma ognuna di queste mi ha insegnato qualcosa e se ragiono con uno spirito egoistico (alzi la mano chi non lo fa) voglio voler bene ancora a un qualche migliaio di persone. Due migliaia, che tanto è tutto gratis.
Capitò che mi piaceva una certa ragazza, si chiamava Nicol. Non ho mai scoperto se ci volesse la e alla fine del suo nome o no, ma per il resto sapevo praticamente tutto di lei (indirizzo della casa in città e di quella a mare, numero di telefono, targa della macchina dello zio e del padre, mestiere della madre, gli orari dei bus che prendeva e i nomi delle amiche preferite). E lei non sapeva niente di me, praticamente neanche la mia esistenza gli era nota. Fu questo il problema, bisogna che ci sia un interesse reciproco perchè si finisca a soffrire entrambi. Così dopo qualche ricarica al cellulare e qualche messaggio struggente mi ritrovai a piagnucolare da solo. Quantomeno lei era un pò spensierata, e allora mi venne molto facile etichettarla come una puttana. Quando riesci a chiamare una donna puttana o sei molto arrabbiato (ma molto moltissimo) o ti fa schifo sinceramente. Via Roma 13, ricordo ancora dove abita ma per il resto ho dimenticato tutto di lei: anche perchè mi piaceva, ma almeno so ancora che è ancora una puttanella…
Ero ancora assettato, volevo ancora imparare qualcosa. No in realtà non sapevo che fare, o forse ritenevo sprecate le mie risorse se le avessi spese in birra, serate in discoteca e sigarette. Come la quasi totalità dei miei illustri coetanei fanno beatamente.
E fu così che arrivò questa donzella bionda. Occhi chiari e pelle chiara. E studiavo Guinizzelli e Cavalcanti in quei giorni. Come potevo ignorarla? Erano gli stilnovisti che m’avevano inculcato questa idea di bellezza, e io c’avevo l’esempio lì davanti (in realtà era nel banco dietro a me). Lo feci per la scienza. Non è colpa mia se nelle ore di italiano io stavo con la schiena verso la lavagna col collo torciuto (battuta) all’indietro e adesso sbaglio tutti i congiuntivi.
Cominciai a sapere tutto di lei, e questa volta avevo capito cosa doveva accadere: anche lei doveva sapere qualcosa di me. La inondai di informazioni, sai io abito qua e qua, ah guarda bella, questo è il mio numero…non ti interessa poi così tanto, dai prendilo magari un giorno ti si ferma il motorino e hai bisogno di me. Ah scordavo…a me il caffè la mattina fa acidità, però il caffèlatte mi piace. E non metterci lo zucchero sul pomodoro della pasta che mi fa schifo.
La tipa bionda disse che non voleva impegnarsi, che mi voleva bene ma che non era pronta per una cosa seria. Prima però volle essere corteggiata per mesi (puttana). Io però preferivo la compagnia di Peppe e della playstation per svagarmi, niente salsiccia lungo il corridoio per usare un modo di dire.
Avevo studiato bene però: il mito della donna-angelo che ferisce ma deve essere comunque assecondata era la parte che avevo capito meglio. Feci di tutto per farle capire le mie intenzioni serissime, e se adesso le rose blu sono appassite vorrei quantomeno indietro quel ciondolo della Kris. Andavo a letto convinto d’essere nato nell’epoca sbagliata, nel mondo sbagliato; e comunque ogni giorno che passava mi faceva capire che ero io quello che sbagliavo. Restava da capire cosa, e questo è un mistero su cui ancora stiamo lavorando.
Ma in fondo cosa ci sarebbe stato di male, valeva la pena provare l’ultima cosa: e andai a comprare della vernice blu, perchè nera non l’avevano. Io ancora non mi capacito, ma sì pare che l’abbia fatto davvero. Parlo dell’estate duemilaessei, e se non avete capito a cosa mi riferisco è inutile che rileggete su: non c’è scritto. Capì anch’io come funzionava: pure quest’altra era una buttana! E allora pensai, ma vuoi vedere che sono tutte buttane…per forza tutte buttane devono essere, non ci può essere spiegazione più convincente. Certo, c’è da considerare che se dovessi continuare col racconto delle altre femmine passatemi davanti nessuno potrebbe biasimarmi se allora pensavo che di fimmini dgiuriziusi non ce n’è poi tante!

Io mi descrivo come una pagina di un atlante, quella pagina dove sono separate le varie ere che si sono succedute fino ai giorni nostri. Le mie ere. Una era finisce intorno agli 8 anni, e quella è n’altra cosa che con questo post non ci ficca (tecnicismo) proprio niente. Poi ne inizia un’altra che dura fino all’estate del duemilaesei, e da qui ne segue un’altrancora che termina un annetto fa. E oggi tocca ricominciare una nuova era, chissà cosa mi aspetta.
E’ sempre così difficile iniziare una nuova era: si ricorda tutto di quella precedente che s’è dovuto abbandonare e non si sa nulla di quel che accadrà. E quale sarà l’evento che terminerà questo nuovo periodo.
Ma mentre si pensa a tutto questo si fa tardi, ci si ritrova già immersi fino al collo di merda, carte da sbrigare e viaggi da affrontare. Che tanto faccio spallucce, in fin dei conti non si finisce mai di imparare…
Minchiate.

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