Archivi del mese: gennaio 2011

Di questi giorni – Racconti Sparsi

Riesco a non cambiare stazione quando ci sta una canzone smielata alla radio. Se questo non lo chiamate un piccolo passo avanti allora la prima piedata di Armstrong era aria fritta.
Di contro un giudizio obiettivo non nasconderebbe che non riesco ancora a indossare il maglione blu, e altre decine di cose che è meglio far girovagare un pò nella mia testolina. Che in fin dei conti è tutto così meraviglioso, anche quando le cose vanno a rotoli. Ci vogliono mesi a tirarsi su le maniche ma sembra che ce la sto facendo. Inciampo ancora di tanto in tanto ma non commetto più stupidaggini.
Per il resto sono reduce da due giorni nella discoteca gioiosa. Reduce nel senso che ho ancora dolori ai polpacci e forse è stato lì che mi sono beccato il mio primo raffreddore dell’anno. Mi c’è voluto una ventina di ore di lavoro per guadagnare l’equivalente di quanti ne avrebbe presi qualcun’altra (colpo di tosse accusatoria) per meno della metà del tempo. Evabbè le occasioni della vita torneranno, spero che passano da qui qualche volta.
Per il resto ho parzialmente assistito a uno spettacolo burlesque (un semplice spogliarello a cui han cambiato nome), ho scoperto che esistono madri che portano in discoteca i propri figli, e la cosa bizzarra è come l’ho scoperto. Il vocalist ha urlato mentre le tipe si spogliavano sul palco che c’era una bambina che piangeva in consolle perché cercava la sua mamma. Il tutto è impreziosito dal fatto che una delle due spogliarelliste era un trans.
Bimba di quattro anni si perde in una discoteca mentre la madre guarda spogliarello di un trans
Qualsiasi giornale farebbe uno scoop con una notizia del genere. E qualsiasi assistente sociale toglierebbe quella figlia dalla “protezione” della madre. Ma questo è un giudizio affrettato e allora non chiamerò il telefono azzurro.
Gli ultimi due giorni di lavoro sono stati veramente massacranti. Ho un’alta sopportazione della fatica, capita dopo che l’hai provata a lungo. Ma sono state diverse le volte in queste due sere che mi sono chiesto se stavo davvero lavorando in quei giorni che sarebbero di vacanza; in realtà il lato ludico di questi giorni era stato già violato dagli obblighi universitari, che adesso sono a sua volta naufragati fra le banconote arancioni. Non c’è cosa più energetica – e la RedBull è una puttanata – di una motivazione salda per sconfiggere il dolore alle caviglie (e avevo le scarpe di ginnastica). Io devo pagarmi un volo transeoceanico, devo pagarmi per quanto mi è possibile una scuola che m’insegni questa astrusa lingua che mi è necessaria. Necessaria per studiare ancora e ancora, per acquisire altri titoli e trovare lavori sempre più remunerativi. Per soddisfare quei piccoli sogni che mi porto appresso, e che m’aiutano a sopportare la fatica. Che pregare non serve a un emerito cazzo, solo come palliativo (con l’ipotesi del dubbio, non lo nego…) per sconfiggere le fatiche del lavoro.
Quello che m’aspetta sono dei mesi d’in(f || v)erno. Tutti in salita, con tornanti in salita, e la neve in salita. E niente catene a bordo. Due mesi effettivi di sessione d’esame, poi ci vuole la volata finale per laurearsi in tempo. E poi il mese d’agosto in cui devo dimostare che non è da tutti ma che io 2000€ li tiro su solo in quel mese, a costo di impararmi finalmente l’Ave Maria. Non vedo l’ora di volare sull’atlantico, di trovarmi su quell’aereo vicino a un giapponese con la cravatta. Chissà come sono gli aerei intercontinentali, chissà se hanno i sedili reclinabili, chissà se il cibo è buono e chissà se mi danno quel coso da mettere sugli occhi per dormire. Chissà se anch’io soffrirò del jet lag, chissà se mi verranno a prendere all’aeroporto come si usa qui, con quei cartelli con su scritto Sicilian guy here! C’ho un pò di sogni da esaudire, e spero che non ne produrrò più. Almeno per qualche giorno dai…

:)