Ancora il muro

I ricordi hanno sempre camminato al mio seguito ed ecco che torno a parlare del muro. Quello grosso, quello che avevo solo sedici anni, quello che avevo già sedici anni e potevo far tutto da solo. Quello che mi fa alzare ogni notte dal 2006 il 27 luglio alle 04:27 soltanto per far uno squillo. Non sono quel tipo di colla che va via con l’acqua, non mi stacco col tempo.
Quel muro è soltanto frutto del mio egoismo. Della mia giovinezza e della mia innocente stupidità. Questo muro mi ha sbattuto come un calzino girato al contrario in una centrifuga, mi ha rivoltato come si fa con la testa dei polpi. Questo muro l’ho fatto per me, per dimenticare. C’è chi si ubriaca e chi va a pagarsi una massaggiatrice cinese. Io ho deciso di commettere il delitto p. e p. degli artt. 81 e 639 1° e 2° co c.p. Questo muro l’ho fatto per sfidare me stesso, era la cosa più grande che pensavo potessi fare. L’obiettivo con cui ogni giorno mi svegliavo in piena notte per farlo era già fallito prima di entrare nel negozio delle vernici. Ma questo muro era un discorso solo con me. Era amore, ma per me. E mi ha fatto male alla fine, come l’amore del resto. Come il cetriolo, comincia dolce e finisce amaro.
Questo muro mi ha fatto litigare con le persone, mi ha fatto capire il vero valore di alcune di esse e mi ha fatto capire che a un certo punto bisogna prendersi le dovute responsabilità. Ho fatto cose che nessuno mai si sognerebbe fare, di alcune me ne vergogno. Ad ogni modo ho fatto esperienze che pochi hanno fatto, e alcune lo ammetto, sono state anche eccessive. Di quei giorni ho conservato la maglietta che indossavo, i bermuda che indossavo. Sono le pasticche dei ricordi, quelle cose materiali che da sole sono tutto quello che il muro significa. Questo muro non è servito a nessuno, solo a me. L’obiettivo come dicevo era già svanito, e poi non è stato neanche osservato bene. Giusto una sera gli ho dato giustizia, costringendolo a guardarla negli occhi. Questo è il muro che vado a trovare ogni volta che torno in Sicilia, scendo lì sotto, mi siedo lì e penso a cosa è successo da quel luglio. E ogni volta ci sono nuove storie da raccontargli.
Il mio muro adesso è un po’ sbiadito. Proprio come i ricordi, sbiadiscono. Il tempo o qualcun’altro gli fa questo effetto. Ho paura di scordare le cose belle, ma a differenza del cetriolo i ricordi bisogna prenderli tutti. Non si può decidere semplicemente di tagliare il culo, di togliere la parte amara. E così corro il rischio. A volte finisce male e bisogna mangiare anche la parte amara.
Anche se è sbiadito però io non l’ho scordato, rappresenta tanto per me. Non so se è una cosa di cui andar fiero o una cosa da nascondere. Anche il muro, ancora lui, fa parte di me e delle mia descrizione. Gioele, riccio, con la barbetta, ingegneria informatica e una volta ha “fatto” il muro. E questo post è ancora un altro post dedicato al mio muro, che dopotutto se non risulta essere chiaro, resta comunque il mio muro.

“Come voi avete occhi per vedere la luce, e orecchie per sentire i suoni, così avete un cuore per percepire il tempo. E tutto il tempo che il cuore non percepisce è perduto, come i colori dell’arcobaleno per un cieco o il canto dell’usignolo per un sordo”
[Michael Ende]

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