La polo blu – anno I

Oggi non avevo intenzione di scrivere nulla, poi mi sono ricordato di questi due post, li ho apprezzati come li apprezzerebbe un lettore estraneo e allora ho deciso di autocitarmi, in un lancio estremo di presunzione d’autore.

bene bene..non credevo di essere tanto prolifico in questi giorni. beh di cose che dovrei dire (o forse non dire) ne ho in quantità. ma ho deciso che questo sarà un intervento leggero, felice, nessuna riflessione. ci provo quantomeno. ecco.dicevo..ehm..ah si. ecco, purtroppo dobbiamo andare un pò indietro nel tempo per scrivere qualcosa che si trovi velocemente tra i ricordi che affiorano zampillanti nella mia memoria. diciamo d’una decina d’anni indietro ? sisi può andare…
credo che mai nessuno come me abbia avuto un’infanzia…agitata!..ecco, da piccolo (solo da piccolo?) ero un diavolo. una bestia, un tormento, una catastrofe. non bastava mia mamma a fermare le mie pazze pazze genialità, i miei tentativi vani di suicidio, i miei silenzi (il silenzio in un essere come me promette poco di buono) .
non volevo il ciuccio se me lo volevano dare, volevo il ciuccio quando dovevo allontanarmene (piccoli gioeli crescono…). ho avuto un box, quelle piccole e simpatiche gabbie per bambini, dove colorati e felici balocchi tentano di alleviare quella assurda imposizione d’autorità. beh, io l’ho avuto. ma non ci sono mai voluto restare per più di qualche secondo. più precisamente il tempo che mammina impiegava per svoltare l’angolo della cucina e avviarsi nel suo letto per il meritato riposo: svoltato quell’angolo strillavo.Tutti i cassetti erano chiusi con dei nastri. li aprivo e tentavo di assaggiare tutto. qualsiasi cosa. di certo non potevo cercare su google, ma assaggiare è un ottima alternativa.Che fossi diventato quello che sono (vedi primo post, o qualsiasi altro: è indifferente) si sarebbe dovuto capire già da infante..diciamo da qualche ora dopo che son nato.Nell’ospedale in cui sono nato, si soleva far riposare i nascituri in una gabbia a metà fra la culla e l’incubatrice in modo da evitare scongiurate complicazioni (grazie ospedale Arezzi). Mia madre quella giornata di giugno, di caldissimo giugno (verrà ricordato da mia madre come il più caldo giugno dal ’88 ad oggi), riposava dalle fatiche di un parto. io no. col cazzo. avevo esattamente 2 ore. ed ero incazzato. nessuno mi aveva ancora fatto gli auguri di “ora-versario”. e poi m’avevano ingabbiato. cazzo se ero incazzato. e scommetto pure che avevo “a funcia”, quell’espressione che mi caratterizza più di tutte. e così, incurante della mia giovane età, provavo a vedere com’era il mondo(sarei potuto rimanere sconvolto nello scoprire che accanto a me c’erano decine di nascituri uguali a me. dovevo contraddistinguermi). così tentavo di sollevarmi sulle braccia e di alzare il collo. ecco questo i neonato lo fanno verso il primo/secondo mese di vita. perchè dovevo aspettare? In pochi istanti l’unico risultato raggiunto era un nasino arrossato e le ginocchia con il mercuro/cromo: la testa di volta in volta cadeva giù e sbattevo il naso. mi incazzavo e mi dimenavo. e le lenzuola ancora troppo spinose per la mia pelle inesperta mi graffiavano. a quello spettacolo di forza bruta mia nonna, ch’era venuta per ammirare il primogenito della stirpe, restò terrorizzata: chiamò l’infermiere in panico, iniziò a far casino, camminò di qua e di là, e infine andò da mia madre urlando: “maggherita, maggherita arruspiddgiti…tà fidggiu nunnè nommali, nun c’è nommali!!!mariamariamaria,pattrifiddgiuspiritusantu”.
Poi pian piano (dicono che da piccolo ero pure paffutello) son cresciuto ma stare ingabbiato non l’ho mai accettato del tutto.Così quand’ero nel girello, tentavo di sfondare la porta d’ingresso previa rincorsa nel lungo corridoio giallo. dicono che pochi istanti prima dell’impatto alzavo le gambe da terra. e pochi secondi dopo ridevo come un matto.Ad ora dei pasti, nel seggiolone, ero sfinito dai miei tentativi di evasione. e così m’appoggiavo su di una spalla. e dormivo. ma non rinunciavo di certo ad aprire la bocca e a masticare ciò che mammina gentilmente mi imboccava. (per i miscredenti ho le foto di me che mangio dormendo, nell’album di famiglia).Quando finalmente mi lasciavano libero, finalmente libero, nel lettone con le lenzuola color celeste mi raccontano che tentavo di nuotare. Nuotare, camminare, saltare. essere felici. ridevo sempre, e quando non lo facevo bastava che mà mi soffiasse sul pancino e producesse quel rumore simile a una pernacchia. e ridevo. e ridevo.
Ma fin qui non c’è ancora niente, o quasi, che possa far pensare a quello che sto per dire. Sangue, tanto sangue. E “peli sulle sopracciglia”, e cuscino sui volti tumefatti, e sangue. maronna ri sancu.Beh, mi si è stancata la schiena. E sto iniziando la trasformazione verso i ricordi infausti. meglio spezzare questa storia.
Il sangue nella seconda puntata ;)


Direttamente dal diario di mia madre sulla mia infanzia:


14 Agosto 1996:
…ti sei ricordato che papà ti aveva promesso che potevi farti il giro in bici nella strada di Busita. io t’ho fatto scendere e subito dopo una vigorosa pedalata…al solito sei sempre “furioso”..è iniziata una discesa, non sei riuscito a controllare la bici e dopo poco sei caduto a capofitto, ho sterzato subito a sinistra e t’ho preso per portarti in ospedale, dove ti hanno dato due punti al sopracciglio sinistro e ho visto che ti sei ridotto la faccia malissimo..”
[…]“Dopo 48 ore ti abbiamo fatto la T.A.C e abbiamo visto che tutto andava bene.Tu dopo hai fatto il primo giro in bici

Oggi: sono a casa, beh sono da solo. mamma è al lavoro e mio fratello è ancora uno studente “di quelli forzati”. Ho la musica forte, che la sente tutto il palazzo e oltre. fra meno di una settimana ritorno a milano, dovrò fare la strada inversa e non sono tanto sicuro che adesso i cata-siciliani siano disposti a spingersi per oltrepassare quel gate. del resto anch’io tenterò di prolungare il più possibile la mia permanenza al di qua, io su quel coso pilotato da Caronte nun ci voglio proprio andare.Beh dai iniziamo, vi devo raccontare di come sono arrivato ad oggi, ad essere quello che sono: sicuro ho sbattuto molte volte la testa.Beh si, dopo esser nato, aver tentato di sfondare ogni cosa che si intromettesse tra me e i cassetti della cucina pieni di oggetti tanto inutili quanto buoni d’assaggiare..ecco sono cresciuto. Beh cresciuto è una parola un pochino grossa, diciamo che mi son nati i dentini e tante nuovi pensieri per conquistare il mondo: ecco ora se trascuriamo i denti del giudizio (che chissà per quale misterioso motivo tardano a nascere), solo i dentini si sono “realizzati”.
Il primo incidente che ricordo è stato il più stupido, ma che m’ha procurato un 2/3 punti di sutura dietro nella nuca: sotto il tavolo di calcestruzzo m’era caduta na biglia, mi chino la prendo m’alzo sbatto piango. e così adesso, ogni volta che voglio tagliarmi i capelli corti devo raccomandare al barbiere di nascondere quella cicatrice, beh si sulle cicatrici non ricrescono più i capelli.Altro incidente insanguinato: m’avevano regalato il super liquidatore nuovo, beh non datemi mai una cosa che spruzza acqua nelle mani ( niente riferimenti eh ), dopo mio fratello e mio padre toccava a mia madre: ma ho calcolato male le distanze e sono finito dritto dritto nel cancello ferrato: e così c’ho na cicatrice pure sulla tempia e anche lì devo stare attento dal barbiere: 3 punti di sutura e siamo a 6. promemoria: buttare acqua addosso alla gente può arrecare seri danni alla salute. buon risultato ma è ancora poco. possiamo migliorare.Casa di mia nonna, ero più piccolino. meno di 6 anni. na volta sbatto sulla spalliera di una sedia, 2 punti al naso. quella volta non lo ricordo.Sempre da mia nonna, questo è uno dei più significativi…preparo con cura la scenografia, un cuscino a terra e uno fra le mani: mi metto sul divano, m’alzo prendo la mira e mi butto di testa. dovevo prendere il cuscino…e se non l’avessi preso avevo quello nelle mani..beh..adesso so che sotto il mento non mi cresce più la barba. e che l’attrazione gravitazionale è più giusta di quanto pensassi. e altri 2 punti s’aggiungono alla mia collezione. 8 punti. sto migliorando sempre più.Ancora più piccolo, avrò avuto 4 anni. Veglia di pasqua: io dico..ma perchè cavolo torturare i bambini e portarli in una chiesa dove tutti hanno sonno, anche il prete ne ha, se poi puoi andare in momenti più tranquilli dal prete e chiedere “scusascusascusa ho dimenticato di santificare le feste, e chiedo perdono anche per gli altri peccati già che sono qua. grazie.cià” ? bah, io dovevo andarci e dovevo pure impegnarmi: dovevo pur far capire a mia madre che non volevo stare lì. Vi siete mai chiesti perchè i bambini quando li portati in chiesa piangono a dirotto ? beh cazzo non è che le presentazioni d’apertura fra bebè-sacerdote siano delle migliori.. “senti bello mio, tu ora entri a far parte della nostra cricca, ma prima ti devo buttare un pò d’acqua qua e qua e qua. “partiamo dal presupposto che nessuno m’ha chiesto se volevo essere lì e se volevo entrare a far parte di partiti,associazioni e fan club.. poi ok..mi devi buttare anche l’acqua sulla testa..almeno abbi il buon senso di accendere lo scaldabagno no ? e poi che cazzo mi fai i flash in faccia che sto dormendo…e mamma e papà che cazzo c’hanno da essere felici ? bah…si ecco, così è capitato che quando s’è finita quella messa siamo tornati a casa e io ero felice, d’esser tornato a casa. pensavo pure fosse mattina data la lunga e santa runfata. Così mi sono messo a saltare sul lettone (saltare sul lettone è una delle gioie della vita che mai dovrebbero esser private ai bambini), e saltachetisaltasaltapiùinalto son caduto. ma non per terra, banale. con la fronte sulla sponda del letto. cazzo che male..stavolta nessun punto di sutura, solo qualche cerotto traente. adesso in piena fronte ho un taglio neanche tanto orizzontale che mi ricorda che anche le cose più belle possono far male a volte. ( beh in realtà mi ricorda anche che devo migliorare la mia tecnica di salto sul lettone ).Beh arriviamo all’ultima, che poi sarebbe la prima per coefficiente di avvicinamento alla morte. mia madre credo che lo ricordi tutt’ora quell’attimo. si mi riferisco all’incidente descritto nel mio/suo diario…io ricordo che dopo il patatrack lei scese dall’auto e mi alzò da terra e mi urlò: “riesci a star in piedi dieci secondi..prendo le scarpe ( ch’erano disperse sull’asfalto ) e metto di lato la bici (ch’era spalmata sull’asfalto) ok??”io annuì, lei mi lasciò e io precipitai al suolo. lei mi riprese, corsa all’ospedale e due punti di sutura al sopracciglio: ora ho un sopracciglio leggermente storto e il ricordo che il freno davanti NON si deve usare neanche nelle emergenze. e non si deve correre troppo coi pedali se sotto il culo non c’hai almeno una cosa che abbia 26” di diametro.In realtà ho capito che talvolta è meglio non frenarsi, che se magari non frenavo non cadevo. che prima di gettarsi a capofitto in un sogno, beh è meglio calcolare bene le distanze (non per niente mi sono iscritto ad ingegneria -LL). che anche troppa felicità fa male, così come troppa cocacola o troppa cioccolata..o saltare troppo in alto sul lettone!…che non conta quanto sangue ti manca in circolo, quanto forte sia stata la botta, se c’avevi ragione o torto, se è colpa del tavolino troppo basso o del cuscino troppo piccolo..48 ore sono un tempo sufficiente per rifarti un giro in bici: che t’abbia tradito o meno poco importa.

Se siete arrivati fin qui vi devo un ringraziamento. Alla prossima!

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