Apro una nuova rubrica. Cose da imparare. E siccome a scrivere sono io sarà una rubrica molto rigogliosa. E’ una rubrica dedicata ad una persona che m’ha fatto capire delle cose. Ha provato pure a impararmele (o a insegnarle che si voglia dire) e i suoi tentativi talvolta sono riusciti e altri son diventati dei fallimenti. Bensì se adesso scrivo questo intervento vuol dire che questi insegnamenti, a qualcosa son serviti.
La prima pagina di questo nuovo libro è dedicata alla percezione dei problemi. Avevo scritto un post ieri in cui citavo la famosa frase di Charles Bukowski Ognuno di noi ha i suoi inferni, si sa. Ma io ero in testa, di tre lunghezze sugli inseguitori.
Poi l’ho cancellato dopo una delle riflessioni di questa notte. E al suo post c’è questo. Che inizia con un proverbio, non fra i più delicati, della tradizione siciliana.
A minchia ‘nto culu ‘i l’autri è nfilu ‘i capiddru.
In italiano corrente: Il pene nel culo degli altri è come un filo di capelli. O meglio, le disgrazie altrui appaiono sempre di minore intensità, anche se così abbiamo perso gran parte della carica che il proverbio aveva.
In pratica, anche se ho capito il concetto e tento di metterlo in pratica, ognuno ha le sue pene; le mie sebbene sembrano insormontabili sono una minchia piccolina, una cosa da niente praticamente. Sergio sa cosa si intende, fatevelo spiegare da lui. Perciò io devo fare la mia parte a non lamentarmi troppo, a non preoccuparmi della minchia nel culo degli altri e a tentare di iniziare ogni giorno con un sorriso e con tanta voglia di fare. Incurante di cosa abbia conficcato nel deretano. Mi sembra cosa fattibile…