Archivi tag: Ingegneria

Il foglietto con le risposte

Sara mangia poco. Raramente mangia con noi, con me e Joanna. Quando lo fa sono veramente felice, la felicità di un bambino che accoglie gli ospiti ed è subito festa. Ma oggi Sara non ha mangiato con noi, si è solo seduta allo stesso tavolo mentre finivamo il discorso. A un certo punto Sara ha frugato nella sua borsa e ha tirato fuori un’agenda. E poi ha cercato fra le pagine, lo si poteva vedere chiaramente che stava cercando qualcosa. Io ho avuto un tuffo al cuore.

Chissà se sta tirando fuori il foglio su cui c’è scritta la migliore delle risposte che adesso vorrei fosse qui ho pensato. Dov’è l’università che mi può offrire la migliore educazione in ottica di un futuro lavorativo probabilmente fuori dall’Italia, forse persino via dall’Europa. E il Politecnico di Milano – magari corredato con una esperienza di studio internazionale – oppure è l’Università di Victoria (o qualcun’altra da queste parti) più vicina alla realtà lavorativa nel mio campo di studio? E ancora, cosa voglio realmente essere da grande oltre essere ricco e felice?

Sara tirò fuori il foglio e disse ad alta voce: Oh shoot, my workout schedule says that I’m gonna run for 20 minutes today, oh my gosh! (Oh cacchio, il mio programma di lavoro dice che correrò per 20 minuti oggi, oh mio dio). Non era una buona notizia. Né per me né per lei.

Ringrazio chi mi ha concesso la possibilità di pormi questi dubbi che, sebbene mi stanno facendo attraversare uno dei periodi più confusi riguardo il mio futuro, rendono assai evidente quanto sia fortunato. E non sto qui a ricordarlo ogni giorno ma io ringrazio ad ogni risveglio.

Oggi all’università sono riusciti solo a darmi i contatti del professore a cui mi devo rivolgere per avere risposta alle mie domande (che tra l’altro non so ancora bene quali siano, come formularle). Domani sera ho chiesto a Joe (che è ing.informatico e ricopre un importante ruolo governativo per lavoro) di cenare assieme, vediamo che mi consiglia lui.

Nella perenne speranza che a un certo punto qualcuno tiri fuori dalla borsa il foglietto con le risposte.

Caccia, troie e futuro: a 220° per 12 minuti!

A caccia poi ci sono andato sul serio e a cacciare mi sono divertito, è uno sport che fa per me credo. Qua ci sono le foto della serata e qua non c’è spazio per polemiche (se non per vegetariani, vegani e quant’altro possa esserci di perverso).
Son riuscito pure ad andare al party quella sera. Una totale delusione: avrei preferito stare in mezzo al nulla con la neve che batteva in faccia e i piedi che stavano per perdere conoscenza dal freddo che c’era. Ma quanto meno l’obiettivo che ci stava dietro era calcolato, opinabile ma di certo quanto mai umano (ricordo a tutti che da quando l’uomo esiste è sempre stato cacciatore). Ma no, cazzo no, ubriacarsi fino al vomitare nel giorno del tuo compleanno mi sembra da coglioni. E io non sono affatto disposto a spendere (ma neanche a immaginare di spendere) parte di me con un coglione. Io associo il vomitare ad un virus gastro-intestinale che quindi coincide con un letto, una coperta calda e – se possibile – una mamma che ti vizia. Non ad una cazzo di bus-limousine e gente che tratta i suoi (pochi) neuroni come io tratto i “miei” congiuntivi. Che poi senza girarci troppo intorno, è due volte più da bestia ubriacarsi fino a non capire se ti stanno stuprando o se sei cascato sulla bottiglia di vodka che tentare di procacciarsi il cibo come facevano i nostri antenati (poco importa se non ne abbiamo effettivamente bisogno ma la salsiccia di cervo è una delizia). Una caccia ben regolamentata è assolutamente dieci volte migliore di una festa di compleanno sregolata. Che come dico a duli ho speso gli ultimi miei quattro compleanni a studiare come un dannato e probabilmente e finalmente festeggerò i miei 22 anni (l’ultima festa coincidente col giorno del mio compleanno risale al 2007).


Mia madre e i miei parenti da questa parte del mondo mi stanno pushando (che vuol dire letteralmente spingere ma incoraggiare è più adeguato) per proseguire i miei studi qua. La situazione è complicata e difficile da analizzare nel suo complesso, ci sono in ballo così tante variabili e soprattuto in ballo c’è la mia vita. Sembra stupido ma questa scelta potrebbe decidere che lingua parleranno i miei figli, la meta delle mie vacanze quando sarò in ferie eccetera eccetera. Domani andrò all’università locale per chiedere informazioni, sabato ho un appuntamento col boss del dipartimento di Ingegneria Informatica della stessa università. Ho bisogno di un po’ di chiarezza in più per disegnare quantomeno i contorni di tutta questa storia che per adesso è come una nuvola di fiato in una giornata gelida. Tornare in Italia e proseguire il naturale percorso facendo la specialistica al polimi avrebbe come risultato un master teoricamente migliore e una borsa di studio praticamente certa (e non scordiamoci il dormitorio e la presenza dei vecchi amici). Di contro iscrivendomi ad un master qui in Canada avrei un titolo anglofono (e quanto mai simile ad uno statunitense) anche se tecnicamente il livello didattico dovrebbe essere inferiore. In più avrei il problema di recuperare 10000$ (o forse più) per le tasse dato che essendo a tutti gli effetti un forestiero non ho alcun diritto a borse di studio ordinarie. Ciò comporterebbe la ricerca di un lavoro part-time con la probabilità di dover allungare i tempi di conseguimento del master a più di 2 anni (rischio che – è doveroso dirlo – potrebbe esserci anche in Italia a sentire quanto Sergio sia preoccupato per questo primo anno di magistrale). A tutto ciò si aggiunge il problema con l’ambasciata: prolungare il visto, diventare residente cittadino o addirittura iniziare le pratiche per acquisire la doppia cittadinanza? Considerando quanto ho penato per avere un “misero” visto di studio&lavoro sono terrorizzato dal dovere riallacciare i rapporti con la burocrazia.
C’è quindi da discernere tra l’eccitamento dovuto a tutto ciò che comporterebbe un prolungamento della mia vita qua e le effettive migliorie che ne deriverebbero. E in tutto questo discorso sto considerando solo il lato razionale, finanziario e lavorativo. Non mi scordo mica della voce del cuore che – adesso proprio – mi porterebbero a rimettermi su una bicicletta e a fare stronzate (che poi stronzate non erano, siamo uomini di classe, non come quella troia) (cit. di duli).
La prima volta che ho sentito il bisogno di stare da solo è stato esattamente qualche giorno fa dopo aver parlato con Joanna del mio futuro. E ho fatto un giro in macchina che mi ha portato a vedere lo spettacolo del palazzo del governo illuminato di notte.
E’ chiaro che la cosa mi punge un nervo scoperto, io lo sapevo che andava a finire così. Ma il tempo è ancora con me e perciò siamo in maggioranza: adesso tocca ricercare e fare i compiti per casa per benino.
Del resto il mio nome non suonerebbe (in cinese) Giò il mare resistente!

Anche se non te lo dico spesso anche tu mi manchi, lo sai cucciolo mio no? Adesso tutti penseranno che siamo gay ma devi sapere che proprio ora sto indossando la nostra maglietta e tutti mi chiedono che cosa significa. Iu ci dissi "Could be nice", ti va bene come traduzione? Presto ti dedico un post tutto per te sul blog, che un posto per te sul mio cuore già ce l'hai. Ti fai bocciare a qualche esame così quando torno qualche volta studiamo insieme come ai vecchi tempi? Sarebbe bello...

Piattaforme Software per il Canada

Your application has been transferred to the Canada Immigration Centre located in ITA – Rome for processing. The Canada Immigration Centre will be contacting you with further instructions in due course.

In pratica mi stanno dicendo che se la sbriga Roma adesso. C’han messo venti giorni per avvisare Roma (c’è da dire che però le poste canadesi stanno facendo strike che in questo caso vuol dire “sciopero”).
Il centro d’immigrazione mi contatterà con ulteriori informazioni, faccio molto immigrato no?
Intanto ieri ho fallito, ritirandomi, la mia possibilità di tornare a casa a metà luglio. Dovrò attendere il 28 luglio e chissà che questa attesa non venga ripagata con un voto migliore. Ovviamente ciò comporterà altro stress, altri venti giorni di Milano e altro sudore sui tasti di questo computer.
Ma noi siamo ingegneri, queste cose alimentano  il nostro cuore (è auto-convincimento)!

Sabato 4 Luglio

Che il muro fosse anche profetico era una notizia vecchia. Che addirittura azzeccasse le giornate importanti a distanza di anni, ecco quello era inaspettato.

Quella scritta la ricordo ancora. Si riferiva alla notte del quattro luglio del 2009. Allora era tutto incerto, c’era una donna che mi aveva iniettato in petto una dose letale (zuuuu che paroloni!) di dolce veleno. E’ quella notte aveva preferito parlare al telefono col ganzo piuttosto che con me. Quel veleno m’aveva poi tenuto sveglio tutta la notte, a pensare per ore e ore sul perché non aveva voluto parlare anche con me. E se il motivo adesso vi può sembrare stupido c’aggiungo il carrico dicendovi che quella notte era già la seconda notte che piansi lacrime “avvelenate”. Ma ancora lei non aveva capito ben bene che stava accadendo, ce n’è voluto di tempo ma alla fine tutt’apposto, capemmu! :D
Poi il tempo passa, i crediti aumentano e le cose cambiano.
E la notte fra il quattro e il cinque luglio di quest’anno – il duemila e undici – l’ho passata con i tre amici che c’ho alle colonne di S.Lorenzo a bere due birre e una granita schifosa (uno non beve alcolici e granite che non siano autoctone) festeggiando una lode, la mia prima lode. Una lode resta sempre una lode ma in due una lode diventa un bravo braviiiissimooo.
A comunque lele, se il sette riesco a strappare un diciotto me ne torno a casa. E se non ci riesco sto a Milano fino al ventotto luglio, cà tantu rutta pì rutta

Lunedì quattro Luglio

Ho preso 30 e lode nel mio progetto finale di Ingegneria del Software. Ringrazio Sergio per aver contribuito, per aver inserito l’immagine di Yoshi morto. Ringrazio me per aver cercato “zombie died yoshi” su google e più in generale per aver avuto l’idea. Il fatto è che sto finalmente uscendo da questo dormitorio, direzione colonne di S.Lorenzo. Anche se è lunedì.
Ho messo la maglietta più bella che ho, la polo blu. Ho messo il profumo più buono che ho, Terre D’Hermes. Ho messo le scarpe più belle che c’ho, che sono poi le uniche scarpe che ho. Oggi è un bel giorno.

Si avvicina l’eclipse…

Non è ancora arrivato il momento del post degli addii ma tutti questi post con tag Ingegneria mi fan pensare che sia io il primo a doversi preparare a quel fatidico e inevitabile post. L’ultimo in ordine cronologico lo ha scritto un mio amico, che ormai tutti conoscono. Sergiuz, quello che fa la danza di Yoshi. Il suo blogghetto è questo: sergioandaloro.blogspot.com.
Tutto sommato siamo bravi ragazzi non giudicateci per come sembriamo.
Il vero Gioele, il vero Sergio, il vero piede di Simone è inesplorabile. Solo da soli si è sé stessi. Per il resto del tempo cerchiamo di adeguarci alla situazione. Ma in questo post mi sembra evidente che nessuno si sta sforzando di essere ciò che non è. Difatti la mia è la stanza del rutto libero, del fartaggio a iosa e delle parolacce senza censura. Tranne quando arriva quella bacchettona di duli…è femmina, si sa!

Ecco il post che ha scritto Sergio:

E questi siamo noi, ingegneri in erba. Ci puoi trovare davanti ad uno schermo per cercare di fare mangiare e camminare dei dinosauri o tra le aule del politecnico di Milano per cercare di capire qualcosa in questo mondo tutt’altro che semplice. Semplesso direbbe il cugino di Gioele (alla faccia di Google Chrome che me lo sottolinea in rosso). Abbiamo buttato l’anima su dei dinosauri (i quattru soddi direbbero dalle mie parti) per circa due mesi ed oggi è stato come vedere sfumare tutto questo. Ancora non è finita, intendiamoci, abbiamo la consegna del progetto tra una settimana ma è proprio quando si è vicini alla meta che si sente il peso della corsa (o forse il contrario? Direi che sarebbe da chiedere al fratello di Gioele visto che i commissari oggi si sono complimentati con lui per lo scatto finale. Avrà sentito tutto alla fine il peso della corsa o invece è stato tutto il contrario? Dimenticarsi della fatica?) Ad ogni modo dopo due mesi, tra la (tentata) realizzazione del gioco dei dinosauri e di un sito web per l’agricoltura biologica, è tornato anche Kadir, sarà tempo di esami anche per lui e Gioele è diventato una belva, la stanza di che era un salotto è diventato più o meno un gabinetto di un metro per uno e programmare lì dentro non sarà mai più tanto piacevole come lo è stato in questi giorni quando, tra uno scroscio di pioggia e l’altro, si cantava “Piove” di Jovanotti tra righe di codice in un clima che si potrebbe definire alticcio.
Questi siamo ancora noi, per l’appunto, aspiranti ingegneri che cercano divertimento dove apparentemente è impossibile, in quella stanza che allora era ancora un salotto. Bei tempi. Guardo il video e mi commuovo.

Per l’ennesima volta noi che cerchiamo di far funzionare ad intermittenza un misero led ed entriamo in estasi quando due sorgenti si scambiano dei pacchetti.

Poco fa tra i meandri di quello che è il mio Hard Disk esterno ho riesumato una vecchia foto, si fa per dire, scattata da me con la macchina fotografica a rullino di mio padre. E’ una foto della Marina Garibaldi a Milazzo, che avrò rivisto un centinaio di volte ma che mai mi aveva

attirato come oggi, quando è da più di 3 mesi che non torno a casa. Sarà che oggi ho sistemato a Gioele una foto panoramica di Marina di Modica(?) è m’è venuta nostalgia di casa. La foto è questa:
e per me c’è dentro tutto. La nostalgia di casa. La lontananza. Il perseguimento di un obiettivo. La solitudine. La contraddizione matematica. Quelle due rette parallele che all’infinito si incontrano nei pressi di quell’uomo seduto sul muretto. C’è la simmetria: da un lato il mare, apparentemente infinito, illimitato ma pur sempre confinato all’interno dei limiti di questa terra. Dall’altra la terra stessa, limitata ed infame. Che mentre ascolto non fa altro che urlare: andare!
Quello che vedete là in fondo potrei essere io, quell’ingegnere in erba che vedete nei fotogrammi di quei video passati, che conta le coordinate dei dinosauri, che non riesce a convertire una y in riga ed una x in colonna. Che cerca di fare visualizzare un orario su uno schermo riuscendo anche a fallire miseramente.
Negli spazi di questa foto che vedete io c’ho passato la mia infanzia. Pomeriggio e sera. In bicicletta, continuamente a cercare di mettere sotto i vecchietti che davano mangiare ai piccioni. A pescare, lasciando ai gatti quello che era il frutto della pescata pomeridiana. Tra il negozio di mio padre e le panchine. Tra la statua di Luigi Rizzo ed il Pala Diana.
Riguardare questa foto mi ha fatto venire in mente un flusso di così tanti ricordi che un libro di Sistemi Informativi aperto davanti a me, ed un progetto di Eclipse aperto con un paio di x rosse sparse qua e la non sono riusciti a fermare.
E’ un gioco strano quando la tua infanzia viene a collimare con quello che sei adesso. E se succede adesso chissà come sarà quando avrò dei figli a cui raccontare questi ricordi, sdolcinati se volete. Di quando quel mio amico di Roma che ad ogni parola diceva “carcola che…” si è seduto pazientemente accanto a me per cercare di spiegarmi il cambio turni di RMI e di quando quella mia amica invece, con quell’accento mai sentito, che adesso “fa cose difficili” tentò di contro di spiegarmi il cambio turni in socket. Di quando ero in stanza dal mio amico, adesso lavoratore in Canada e uomo di successo, a programmare ed intanto veniva giù la pioggia nel bel mezzo di Giugno. Di quando ci misimo a ballare e cantare sulle note di “Ti voglio bene Denver” noi, futuri ingegneri, studenti del Politecnico di Milano.



BNG: Il nome della ragazza più bella che io abbia visto è Margarita, è portoghese, parla italiano ma ha il tipico accento dell’Ungheria dell’est. 
BNG2 (addirittura): Il led alla fine si accese: http://www.youtube.com/watch?v=oyt2xQR9jd4

La nostra oberata vita

AVVISO: Questo è un post alcohol-free, nessuna pallina è stata maltrattata.

Piacere, son l’ingegner-architetto degli albanesi. E voi altri? Pff!

Capita che anche noi poliedrici ingegneri ci stanchiamo. Sì lo so, non possiamo permettercelo: dobbiamo salvare il mondo e il tempo è sempre troppo poco. Ma a volte tocca anche a noi il momento di riposo. E oltre a ballare la danza del drago Yoshi e cantare canzoni della Cristina d’Avena facciamo altre cose, cose come queste.  

La catapulta, a.k.a forchetta
La base di lancio, a.k.a. due coltelli e tanto scotch
La bomba, a.k.a. pallina anti stress
Il marchingegno disattivato.
Quel che stavo facendo…
Attenzione attenzione, abbiamo pure il video illustrativo perché ognuno di voi possa costruirsi la sua trappola anti-signora delle pulizie. 
Sì quelli sono i miei calzini, cammino sempre coi calzini per casa (che poi è una stanza con un bagno). E questo è il video dimostrativo. Il concetto profondo dietro tutto ciò è che ogni mattina (quando sorge il sole…) e ogni volta che ritorno a casa mi trovo davanti questa pallina col volto sorridente, che mi suggerisce di essere allegri. Cioè se uno nella vita fa la pallina anti stress e sorride, io che sto per andare in Canada (importanti aggiornamenti lunedì!) dovrei saltare sulle gengive dalla felicità, giusto?
Il concetto earth-earth  è che ero molto stanco e dovevo fare una minchiata, e ho partorito questa terribile trappola. Il prossimo passo è il ponte levatoio all’ingresso, i coccodrilli e il fossato. 
Architetto degli albanesi è un soprannome che mi ha dato il mio amico di dinosauro. E ho altri esempi che lo giustificano dall’avermi dato questo soprannome ingiurioso (si fa per dire, non c’ho niente contro gli albanesi a parte il fatto che avere una capitale nominata “Tirana” mi fa strano). Ecco gli esempi:

Serve ad inclinare la televisione quel tanto che basta per avere un angolo di visuale spettacolare restando coricati con, sotto la testa, tre cuscini con l’opzione di un quarto di colore verde. Naturalmente dietro ci stanno settimane di calcoli trigonometrici, mica cazzi.
Speriamo che se mai torni il mio roommate non mi prenda per schizzato ma non si fa vedere da mesi. E perciò largo alla fantasia, che ci siano più pause fancazziste nella nostra oberata vita. Oberata, mica frisca e pirita.

Ingegneria? Tosto!

Anche gli ingegneri si divertono. Quando decisi di fare il politecnico ero spaventatissimo. Qualche giorno prima del viaggio verso Milano mi misi pure a piangere perché mi avevano detto che al politecnico gli esami erano tutti scritti, o quasi. Al liceo il voto più alto che avevo mai preso in matematica era stato sette, in un compito sulle matrici. E poi un sei e mezzo negli insiemi e il resto erano dei quattro e cinque. Arrivai perfino a scappare da casa. Ritornai a casa ormai di notte, avevo bucato con la bici ed ero dovuto tornare nella mia città a piedi. Si capisce il motivo, avevo preso un ennesimo quattro e mezzo in un compito di matematica.
Poi venni al politecnico e le cose iniziarono a sembrare fattibili, crebbe l’autostima (soprattutto il tempo dedicato allo studio) e adesso mi manca poco a laurearmi (anche se adesso sto panicando, non mi laureerò mai in tempo cazzo).
Quando vai a dire in giro che fai ingegneria la gente sgrana gli occhi e ti dice: “ingegneria..?Tosto!”. E pretendono che tu sappia tutto quel che ha un meccanismo, dal fainculor della mia stanza (successo cinque minuti fa) all’appartamento in cui presto andremo ad abitare. Non è tollerabile che un ingegnere sia leggermente incompetente, un ingegnere informatico deve sapere ciò che sa un edile, perché siamo entrambi ingegneri. Ma non lamentiamoci troppo, che i filosofi stanno peggio di noi. Quando vanno a dire in giro che studiano filosofia la gente gli risponde: “Si, ma ora seriamente, cos’è studi quindi?” o l’alternativo “Ma precisamente cos’è che fai nella vita?
Ingegneria non è facile, non ho voluto dirlo subito metti che passava di qua un’ aspirante matricola d’ingegneria, non potevo scoraggiarla oltre misura. Ma se viene presa con lo spirito giusto, ogni cosa può assumere una prospettiva insolita. Basta pensare al solletico, una delle torture più usate dai servizi segreti (c’è gente che c’è morta col solletico). E così capita che noi ingegneri, che facciamo le cose toste!, capita che ce la spassiamo alla grande.
Nel video potete vedere il progetto di Ingegneria Informatica di Daniele. Si tratta di un quadricottero che spara alle cose vestite di blu, che in quel caso sarei io (sì, sembro una madonna è vero…). Queste cose blu, cioè io, si devono difendere ponendo fra il drone e sé stessi la spada rossa. Sergiuz è quello accovacciato in fondo allo schermo, vedeva incuriosito i parametri del drone . Accanto a lui c’è Dani, il proprietario dell’algoritmo che permette a questo coso di fare queste cose. Sembrano cose facili, ma ci sono dietro circa tre mesi di programmazione (se non cogliete ancora la difficoltà tocca ricorrere al luogo comune: è molto tosto!). Poi c’è Duli che fa il filmato perciò non dovrebbe vedersi (in realtà se guardate con gli occhi del drone la si vede qualche volta…). Non si vede, ma la si sente a un certo punto. E come promesso ecco il post sulla voce di duli, che peraltro si dulietta in una battuta molto da nerd (ma non diteglielo perché negherà tutto, perfino di esistere!), ispirata al nostro progetto di laurea: la realizzazione di un videogioco sui dinosauri
A tal proposito sono lieto di annunciarvi due video: il primo è il trailer della versione del gioco mia e di Sergio. Nel secondo potete vedere gli effetti permanenti che la programmazione di questo gioco ci causa.
Buona Visione.

Duli, per vostra (s)fortuna non c’è, era andata a giocare nel laboratorio degli elettronici. Non ho ancora capito bene in cosa consiste il loro gioco, ma pare debbano accendere dei led e poi instaurare un protocollo da spiegare ai professori che le hanno commissionato tale progetto. A me non mi sembra molto divertente (si tratta pur sempre di elettronici…), però c’è Ivan e gli altri dottorandi che rendono piacevole il tutto.
Sergio, beh lui lo riconoscete dal famoso “balletto del drago Yoshi”, che esegue sotto mia richiesta. E io sono il cameraman, quello che si diverte di più di tutti e che adesso sta qua a raccontarvi ‘sta storietta sul piacere d’avere amici ingegneri (coinvolgeteli se ne avete, sono molto timidi e riservati solitamente).
Siamo dei veri ingegneri, toast!

BNG: Matti, mio fratello, ha passato la prima selezione al concorso della marina. E bravo il fratellino!

Il parco Lambro

Parlavo di dio. Ecco a proposito – non c’entra niente – se dio esiste di sicuro la bici è opera sua. Se dio non esiste è un problema. Non potrei sapere chi ha inventato la bici.
Oggi dopo lezione, dopo tre ore di codice su quella che rappresenta la mia tesi col mio amico Sergio l’anguilla, ho posto il culo sul sellino e mi sono gettato nel misteriosissimo gioco d’equilibrio che è l’andare in bici. Poi io impenno pure, drifto e vado senza mani, giusto per far rimbalzare un poco la palla di cui parlavo un post fa. Per colpa di duli che poi s’annoia a risentirla ancora una volta, salto il racconto di come ho imparato ad andare in bici. In caso vorreste saperne di più chiedete pure a lei, mi raccomando si scrive duli non “dulietta”.

Insomma oggi Sergiuz mi voleva portare in questo parco che ho scoperto essere davvero molto bello. Forse il più bello di quelli che ho visto dentro Milano, parco Lambro lo chiamano. Addirittura ci sono pure le salite che è una cosa rara a Milano. I milanesi, tentando di sopperire alle mancate differenze di altitudine, sono arrivati pure ad ammucchiare tutta l’immondizia che si trovavano a portata di mano e le macerie della seconda guerra mondiale in un unico posto. Poi c’han fatto crescere su l’erba e un boschetto. E l’han chiamato monte Stella. Monte? Son fatti così, lo sappiamo…

Il posto è davvero bello, a saperlo primo. Il parco non è recintato perciò bisogna andarci di giorno, non perché chiuda ma perché la notte immagino che si trasformi in un parco “divertimento”. L’acqua che in queste immagini sembra spettacolare è in realtà parecchio sporca. Si tratta del fiume Lambro, saltato sulle pagine di cronaca qualche mese fa per un caso di inquinamento piuttosto serio. Ma anche così non scherza, se i moscerini si ammazzavano per potersi posare sull’acqua questo non è proprio un buon segnale. Comunque mi basta il rumore dell’acqua per apprezzare un posto, perciò ben venga il Lambro, anche se stra inquinato. Di moscerini ce n’è così tanti che uno rischia di saziarsi camminando a bocca aperta. In pochi minuti di giri all’interno del barco mi sentivo gli occhi colmi di insetti, le narici ostruite e qualcosa pizzicava la gola. Ma sorprendentemente ho avuto l’impressione che fosse un posto molto romantico, che strano un posto romantico a milano che strano innamorarsi a Milano. Che poi questa città non è che sia così schifosa. Più s’avvicina il giorno che la lascerò e più pare garbata, sarà che alla fine Pisa.pia ha vinto al ballottaggio? (ndr. è una profezia) o sarà che qualche volta esco di casa?

Adesso vi dico la cosa fica di questo post. In tutto questo giro abbiamo portato con noi il cellulare intelligente e un gps bluetooth. Un programma apposito ha tracciato per noi una quantità di statistiche enormi, che a noi ingegneri ci fanno godere da matti (pure a duli, SCOOP fra qualche giorno sentirete la sua voce qua sul blog…). Per esempio sappiamo che abbiamo consumato 520kcal (non so come l’ha calcolato e se è un dato plausibile), mantenuto una media orario di 11km/h (ma c’è da dire che ci siamo fermati spesso per sputare i moscerini e che abbiamo “scalato” il monte del parco), percorso quasi 10km e raggiunto la stratosferica altezza massima di 213 metri s.l.m.. Ma la cosa fica è che ha tenuto traccia esattamente dai posti che abbiamo attraversato, mostrando una linea in una mappa stile google maps. E accanto c’è un grafico ancora più fico che mette in relazione l’altezza rispetto al livello del mare e la velocità. E passandoci sopra col mouse si vede in che punto della mappa sono state rilevate quelle informazioni. Bisogna vederlo per crederci. Ecco qui il link: http://bit.ly/l8lpmX.
Andare in bici è favoloso. Se non fosse per quei moscerini che mi si sono attaccati sui polpacci e su tutte le braccia. Ma almeno per questa settimana c’ho una scusa per farmi una doccia.
Scherzo.
Non troppo.

Vaneggiamenti di un giovedì notte diventato un venerdì

Oggi è un giorno di scoramento. E porca troia, sbaglierò i congiuntivi uno si e l’altro pure ma so che cosa vuol dire scoramento. E ne faccio un uso inteliggente ( o intelligente che dir si voglia). L’ondata d’entusiasmo insensata come ogni cosa è terminata e adesso è sopraggiunta la normale paura di fronte alla montagna troppo alta ( o isola troppo vasta, per chi sa). Siccome la mia vita è simile al moto di una palla pazza e io non metto di certo un freno a questo sballottamento, sempre oggi è capitato pure che andassi a rileggere un post felice. Felice quando lo scrivevo ma adesso che l’ho letto di felice conservavo soltanto il ricordo. Vabbò, siccome ero scoraggiato questo pomeriggio mi sono visto un film horror al posto del tradizionale studiacchiare. E poi ho finalmente scritto la lettera d’accompagnamento. Adesso fa ancora abbastanza schifo, c’è un pericoloso crogiolo (e adesso ho proprio fatto l’amplein) di linguaggi e modi di dire. Ma domani o al più sabato, giuro, diventerà interamente in inglese aulico. E poi il mio amico pakistano Hassan gli darà un occhio.
Ci mancava solo che mi ascoltassi Cinque Giorni di Zarrillo (a proposito, io e Sergio siamo gli unici che invece di interpretare la canzone nel modo convenzionale – cantando – abbiamo contato quante lacrime al giorno perdeva il tipo…).
Invece volevo pure scrivere questa cosa. Quando facevo Fisica1 ricordo che ebbi una diatriba col docente sulla impossibilità di effettuare una misura precisa. Effettivamente la cosa è vera. Se miglioriamo continuamente la granularità delle misurazioni offertaci dal nostro strumento di misura otterremo una misura sempre più precisa (ovvio). Teoricamente il discorso potrebbe continuare all’infinito ma appare a tutti evidente che un tavolo debba avere una dimensione finita. Forse incalcolabile, ma pur sempre finita. Il prof. calvo rispose che se ci spingessimo sufficientemente oltre potremmo osservare la vibrazione dell’ultima molecola dell’estremo del tavolo. E continuando a penetrare nella materia diventerebbe impossibile misurarne la pur continuamente variabile posizione dell’atomo senza alternarne il moto.
Poi oggi ho iniziato a leggere la voce sulla teoria dei multiversi. Alla sottovoce “Teoria delle stringhe e superstringhe”. E recita così: Il costituente primo della materia sono stringhe di energia che vibrano ad una determinata frequenza o lunghezza d’onda caratteristica, e che si aggregano a formare particelle.

Secondo questa teoria che tra l’altro riscuote grande plauso fra la comunità scientifica la materia è un pezzo d’energia che un pochetto vibra con un movimento sempre uguale, poi s’attacca ad un’altra stringa che vibra anch’essa e così via. E ho pensato.
Tutto questo attaccarsi di stringhe (che io personalmente immagino come lacci di scarpe) genera gli atomi, che costituiranno il tavolo di prima e anche l’essere umano. Poi queste cose vibranti generano l’intero mondo e il mio stesso pensiero. Il mio cervello è tutta fatto di cose energiche che vibrano. E il dolore e l’amore, la paura e l’orgasmo sono tutte composte da quelle cose che scodinzolano come code di folli cani.
Cazzo, io quando sono molto triste non ho mai pensato che fosse per colpa di qualche sostanza distribuita da qualcosa all’interno della mia calotta cranica che è fatta da cose come i lacci delle scarpe che s’ingarbugliano in modi assurdi. Io sono triste e basta, altre volte invece sono molto euforico. E basta. Ma non penso mai alle stringhe.
Poi la gente si stupisce perché ci sono così pochi atei in giro. Credere in dio, vista così, è una sciocchezza. Adesso sì che è naturale crederci, è la spiegazione più breve e razionale: ci ha fatti, poi ha messo i sentimenti dentro di noi e questi poi girano per il corpo e quando colpiscono le zone sensibili si fanno sentire. 
Su questo ci devo ancora pensare bene, per adesso concediamogli una possibilità.
BNG: Oggi i tipi delle dailies (quelli delle lentine) m’hanno regalato un paio di lentine giornaliere e pure un buono di 10€ per un pacco di lentine. Se non è una buona notizia questa…

“…senza desideri non c’è bisogno di un diario”

In questo post vorrei parlare di qualcosa di mio. Per non essere monotoni insomma. Due cose principalmente: la potenza dei sogni e il valore delle promesse.
Promesse e sogni sono cinicamente aria fritta. Sono orientati al futuro e il futuro è risaputo, muta più velocemente di quanto si possa immaginare. Ma nel mio caso ci sono delle piccoli ma evidenti eccezioni. Per spiegarmi meglio devo prendere un altro foglio da quella carpetta che contiene i temi della mia scuola media e superiore. Se nel post precedente avevo già quindici anni adesso trascriverò un tema scritto quando avevo ancora dodici anni, ben otto anni fa. Frequentavo l’ultimo anno della scuola media, e come quest’anno, ero destinato a grandi cambiamenti nella mia vita. Vediamo che scrivevo (ovviamente stesse regole: nessuna correzione nella trascrizione).

Traccia
Proiettati nel futuro e immaginati ormai adulto. E’ la sera del 20 Dicembre 2025 e tu, dopo una giornata intensa, ti fermi a riflettere scrivendo il tuo diario, come fai puntualmente tutte le sere da quando avevi dodici anni.

Svolgimento

20/12/2025

Caro Diario,
scusa se è da tanto che non ti scrivo, ma, sai, nel periodo natalizio c’è molto lavoro da fare e come al solito le cose più difficili sono assegnate a me. Oggi ho visitato una ventina di persone che avevano rotto il computer e cercavano di convincermi che si era rotto da solo. Poi al ritorno sono dovuto andare ad Ottawa per una riunione con il presidente francese dell’informatica locale e dopo mi ha offerto il pranzo in un ristorante cinese. Ho “ordinato” solo un bicchiere d’acqua perché i cibi scritti sul menù non erano di mio gradimento. Sono ritornato a Sidney e il mio capo mi ha detto di ritornare a casa. Sulla strada di casa sento un leggero sibilo e poi un botto. In cinque minuti ho montato la ruota di ricambio; così sono stato costretto ad andare dal carrozziere. Finalmente sono arrivato a casa. Mia moglie è in cucina che sta cucinando e mia figlia non è ancora tornata da scuola. Dopo la doccia mia moglie mi dice che quella sera avremo ospiti e che verranno verso le 19:00. Guardo l’orologio e mi sono accorto che sono le 17:00, Mia moglie non ha ancora iniziato a cucinare. Quindi la devo aiutare a cucinare, a tagliare le patate, a sbattere le uova e altri lavori noiosi. Arrive  Mentre  metto nel forno la pasta arriva mia figlia e gli le dico gentilmente di sistemare la stanza sua che come sempre è tutta disordinata. Finalmente arrivano gli ospiti e dopo la cena gli racconto la mia giornata. Ho sgridato tre volte mia figlia perché non voleva mangiare la pasta che in verità non piaceva neanche a me. Ho iniziato a parlare che col con l’avvicinarsi del Natale i bambini che dovrebbero essere più buoni diventano più monelli e inve(qualcosa di incomprensibile, potrebbe essere coprono di richieste) i loro genitori. Tutto questo mi fa pensare a quando ero piccolo io. Ti ricordi quella volta che mi dovevo trasferire e dovevo andare in Canada e la valigia era troppo pesante; allora decisi di lasciare al posto tuo il mio pallone preferito. Oppure quando ricevetti a otto anni per natale una bicicletta troppo alta per me. Allora quando dovevo andare a Milano dovevo prendere il traghetto per passare lo stretto di Messina e invece ora c’è un lungo ponte. Beh!! Ripensandoci ho avuto tutto nella vita da piccolo fino ad ora e penso che come avevo promesso ritornerò a Modica, (questa volta senza prendere il traghetto) e rivedere dopo molti anni la mia citta e prima di tutto mia madre. Penso che questa sia l’ultima pagina di questo diario perché non ho più tempo ma sopratutto perché ho finito i miei sogni ed ho ottenuto tutto e non ho un desiderio e senza desideri non c’è bisogno di un diario

A presto….
Gioele

Canada, informatica e Milano. Lo scrivevo nel 2002.
L’11 settembre del 2008 mi trasferisco definitivamente a Milano, il 15 settembre inizio la mia prima lezione di Ingegneria Informatica. E il 22 ottobre 2011 partirò per il Canada, e andrò ad abitare proprio a Sidney.
Esattamente come sognavo ben nove anni fa. Parlando con una persona mi ha detto che sono proprio determinato! Questo complimento perché l’anno scorso le avevo detto che sarei andato in Canada. E quest’anno ci vado sul serio!! Pff, i sogni di un anno sono da dilettanti(si, dilettanti) ma io c’ho i sogni lungimiranti. Anzi, preferisco prendermi qualche merito in più. Di solito non sogno cazzate e quando ho un sogno lo perseguito. Si, proprio lo perseguito. Perseguito chi si oppone, perseguo ciò che mi sono prefissato. E la cosa potrebbe impegnare dieci anni 180 crediti un viaggio di quasi 10000km (diecimila): tutto ciò non m’importa. Ad un certo punto penso pure che c’ho azzeccato sul ponte di Messina, che sarebbe degno di Nostradamus (ricordo che nel 1998, dopo che la Francia ci batté ai rigori, il telegiornale di Rai 2 pubblicava questa dichiarazione di Berlusconi che diceva che nel 2006 i lavori del ponte sarebbero terminati).
Ricordo ancora quando “progettavo” videogiochi nella terrazza della ModicaIn, pizzeria del cugino ormai chiusa. Non sapevo niente di codice, linguaggi di programmazione et similia ma mi sarebbe piaciuto farlo. Era divertente e la fantasia era gratis. E le cose gratis e pure divertenti sono rare a questo mondo, ecco spiegato perché dopo undici anni ho ancora lo stesso sogno.
Ovvio, adesso ho imparato che per riparare una gomma bisogna andare dal gommista e non dal carrozziere. Ho imparato che Ottawa è distante cinque volte l’Italia da Sidney, che forse non tornerò mai più a Modica e che forse sarà parte di essa che mi raggiungerà.
E ovviamente mi devo sbrigare. In quattordici anni secondo il mio tema di terza media devo finire i miei studi, trovare un lavoro e – quel che più importa – una moglie. E pure avere una figlia così grande d’andare già a scuola, insomma sembra saranno quattordici anni piuttosto intensi.
Il tema finisce con una affermazione forte. Forse la più forte che mai farò nella mia vita, e pare la farò nel 2025. Quando avrò la bellezza di 35 anni (si dice che si raggiunge l’acme della maturità psico-fisica in quella età) (sempre se avrò ancora qualche capello, duli non gufare più per favore!). Chissà quando smetterò di scrivere su un blog, chissà se mai sarò in grado di dire …e adesso che minchia sogno. Conoscendomi NO.

Dovevo parlare pure del valore delle promesse, ma il post è diventato lungo, io ho fame, scrivo da più di un ora e mezza e voglio guardarmi Rain Man in inglese. L’attesa è snervante, ma io lo sono di più.
Delle mie promesse scriverò un’altra volta. Lo prometto :D

Sidney, BC
http://www.flickr.com/photos/snogun/3759477440/