Archivi tag: Lavoro

L’ingegnere dei Succhi di Frutta (questo titolo l’ho sognato per mesi)

Lo vedete questo? Lo avete visto. Cosa porto un uomo a ridere, piangere, correre, accendere i fari lunghi, spegnerli, far cadere cose in macchina, riprenderle, ridere nello specchietto retrovisore? Facciamo un passo indietro, anzi no..un salto indietro!

Il primo contatto
Era il 06 marzo 2012. E stavo nel pieno delle mie ricerche tecnicamente perfette per ottenere una internship o una posizione di primo livello in quello per cui ho studiato: volevo fare l’ingegnere, che l’idea di spremere barbabietole e tritare erba per tutta la vita mi faceva venire la scarlattina. Allora scrivevo così al Britanno:

Salve,
 sono Gioele Minciati e dopo attenta ricerca e considerazioni sto cercando con ardore una internship/posizione di primo livello con la tua compagnia. Allego la mia lettera di presentzione e il mio cv per una sua accurata lettura. 
Aspettando di risentirla presto,
Sinceramente

Io così gli dicevo e così feci per tante altre compagnie. Ma per loro avevo personalizzato la mia lettera di presentazione, citando alla fine uno dei loro valori chiavi copiandolo preciso dal loro sito: “data only has value when it gets used ;)“. Le informazioni hanno un valore solo quando vengano usate, per dire insomma…se cestini questo messaggio non sai che ti sei perso, io sono qua e tu dovresti venire a conoscenza della mia esistenza. Fallo e non fallerai.

Il primo responso della mia vita
Due giorni dopo, l’8 marzo. La prima risposta a una mia richiesta di lavoro, la prima e (quasi) l’unica fra una ventina di curriculum inviati.

Ciao Gioele,
 grazie per il tuo interesse in quelli del gps! Potresti inviarmi una ufficiosa copia del tuo documento che riporta le considerazioni sulla tua laurea? Inoltre, stai cercando un lavoro solo per l’estate? Quando programmi di iniziare la specialistica?
Grazie

E, nessun dubbio, gli risposi subito dopo inviando ciò che aveva richiesto e rispondendo a ciò che aveva domandato. La sincerità assunse tutto un nuovo concetto, onesti ma ponderando le parole. Cercai di contenere la mia eccitazione, ignaro di quello che sarebbe successo. Intanto ogni mattina mi alzavo, mi vestivo di nero e andavo a lavorare dove i mirtilli rossi sono chiamati Cranberries e dove la gente aggiunge proteine ai loro frappé credendo che così stanno meglio. Ma unni e quannu?

L’attesa
12 interminabili giorni di attesa. Niente, il Britanno non si faceva sentire. Che non avesse capito qualcosa? Che avesse visto il 19 in Fisica? Forse era un vicolo cieco. Ma tanto, forte della conoscenza del proverbio siciliano l’affruntusu mori lu sfacciatu campa, andai negli uffici. Mi vestì come un adulto, passai la lametta sul mio viso, presi la mia cartelletta Invicta e andai in un giorno di pioggia a parlargli di persona o quantomeno a richiedere un appuntamento. Dopo aver trovato la porta, dopo esser salito al secondo piano in un palazzo senza scale, dopo aver parlato con una segretaria che mi diceva che il Britanno era in un meeting, e poi aveva un altro meeting ancora e non sapeva quando finiva, dopo essere tornato a casa col musone gli scrissi una mail. Dicendogli, sono venuto-non c’eri-voglio prendere un appuntamento-sono disponibile tot e tot giorni-cazzo chiamami. Dopo un ora e qualche dozzina di minuti ricevetti la sua email. Questo era già un segnale che incominciavamo a volercese bene.

Compiti per casa
22 Marzo. 16 giorni dopo il primo contatto. Nella sua email di risposta il Britanno mi diceva che:

  • Era molto impegnato Non aveva capito il documento dell’uni, in particolare pensava che il mio 96/110 fosse la mia posizione: del tipo che su 110 partecipanti ero il 96esimo, il 14º migliore. E mi faceva i complimenti. Io zittooooo :D
  • Mi invitava a completare un test, 45 minuti di tempo per tre domande tecniche che poi si sono rivelati tre piccoli programmi da scrivere.
  • Sto giro era lui che ringraziava per il mio interesse e mi domandava se avevo richieste per lui. Era amore, amore amore!

Risposi, ero ansioso di ricevere il test. Cioè in pratica mi stavo cagando sotto. Feci il test, Simone e Dani vedevano se compilava ciò che scrivevo ed era tutto perfetto. Invia il test in tempo, commentai il codice. Questa fase fu perfetta. Fu allora che inizia a guadagnare un po’ di autostima ma ben sapevo che la fine di questo lungo processo era ben lontana.
Lo stesso giorno il Britanno mi disse che non avrebbe potuto darmi alcun esito se non prima delle successive due settimane, erano tutti impegnati in conferenze fuori città. Mi misi il cuore in pace: altri due settimane di succhi di frutta per i canadesi!

Incontriamoce
Giorni interminabili, attese impazienti. Nervoso, Joanna che dice che bisogna stare calmi, io che calmo lo sono che tanto il test lo so che è andato bene. Ma le visite al gabinetto si fanno frequenti, tocca darse una mossa sennò qua muoio di troppa cacca.
10 Aprile. Una vita e 18 giorni dopo. Chiedeva scusa per il ritardo e se ero ancora interessato mi proponeva un incontro con un paio dei loro (a couple of us), figoooooo? pensai e subito dopo corsi in bagno. Dopo 5 mesi di permanenza nello stato Canadese, dopo aver imparato il famigerato inglese avrei dovuto sostenere un colloquio serio in inglese. Colloquio per cui concorrono gente che l’inglese lo parla da quando sono nati, che sanno che dire “await” fa più figo di dire “wait”. A-iuto! Non vi racconto le ore trascorse a studiare le domande statisticamente  più probabili, le risposte migliori, come rispondere alla domanda: “Qual’è la tua più grande debolezza?”.
Quando si è carenti in qualcosa bisogna trovare la pezza giusta per tappare il buco. E se di pezze ne servono due, bisogna trovarne due che siano giuste. E loro sono stati sorpresi della mia fermezza di spirito e del assoluto successo nel soddisfare le tappe che mi ero prefissato. Si vede che di pezze nello zaino ce n’è qualcuna. E che pezze, questi lenzuoli matrimoniali sono!
Sono stato “colloquiato” dall’hiring manager e prima dal senior developer. Ho risposte a domande personali e domande tecniche, ho raccontato la mia storia esaltando gli aspetti positivi e minimizzando quelli negativi. Avrò fatto davvero un buon lavoro, in seguito mi han detto che erano già pronti ad assumermi dopo il primo colloquio. Sì, perché ne ho avuti due…due e mezzo a dire il vero!
Il 18 aprile infatti mi è toccata il colloquio col CTO. Il CTO è il tipo che dice mò programmiamo questo, quest’altro nunnè buonu: fatece ‘na x.  E’ il capo del reparto tecnico, l’unico capo che conta per me (avrò più contatti con lui di quelli immaginati perciò dovrò trovargli un soprannome). Il tipo è molto serio, quando sorride è perché sei stato davvero bravo. Ho usato tutti i mezzi a mia disposizione per impressionarlo ma, al contrario dei precedenti, lui è rimasto impassibile (anche se poi è stato lui che m’ha detto d’aver deciso d’assumermi sin dal primo momento). Ha richiesto di vedere del codice scritto da me e io gli ho inviato 10000 righe di codice scritto con Sergio.

L’assunzione (“in cielo”)
Dopo la fase referenze (hanno contattato la mia cugina canadese che citerò in uno dei prossimi post) e il mio professore dei dinosauri (un prof. del Politecnico, il collegamento coi dinosauri non è rilevante). A quante pare entrambi hanno fatto il loro lavoro davvero bene e il 2 maggio il CTO mi manda un’altra mail chiedendomi un ulteriore colloquio con un nuovo tipo, non meglio identificato. Dentro di me lo sapevo, era fatta. Ma l’ansia non accennava a diminuire e così quella mattina del 4 maggio mi sono vestito per bene, ho cambiato lo stile della mia barba in quello che duli definisce “il lele incazzoso”  e sono andato. Ho parcheggiato la macchina nello stesso parcheggio (si paga circa 3$ l’ora, in totale avrò speso non meno di 25$ fra tutte questi colloqui), ho preso l’ascensore e sono arrivato con i soliti 10 minuti di anticipo. Il tempo di farmi annunciare dalla segretaria e compare un uomo aaaaaalto alto alto. Tazza di caffè in mano, jeans e maglioncino girocollo. Il capo del reparto vendite! E invece di portarmi nella sala conferenza mi faceva girare a destra: sezione uffici. Porca vacca, ho pensato io, ci siamo, si fa seria la cosa! Quando poi mi ha offerto acqua o caffè sono entrato nel pallone, avrò cambiato idea 5 volte per finire con un sano bicchiere d’acqua. Del resto non posso dire molto per via della confidenzialità di cui mi hanno già istruito e che presto metterò per iscritto firmando il contratto. Mi hanno offerto di scegliere fra due progetti, ho brevemente raccontato la mia storia e dopo un’ora e qualcosa sono stato condotto nell’ufficio del CTO. Dove ha aperto una cartella sul suo computer, aperto un file col mio nome (IL MIO!) e brevemente riletto il contratto con me. E se fra quattro mesi faccio il bravo ricevo il primo aumento della mia vita. ‘inchia!

Riassumendo
In breve. Il tutto ha impegnato due mesi della mia vita, 18 email col Britanno, 4 col CTO. Una cover letter e un resume. Quattro viaggi nei loro uffici, centinaia di visite sul loro sito. Un test tecnico, anzi due. Qualche decina di stampe, due-tre vestiti buoni, un po’ di gel nei capelli e un tre paia di lentine. Giornate di ansia e nottate come se fosse giorno. Cacca, molta cacca. Un paio di giri in bici per sfogare la tensione, ridere e risate: qualcuna, nei momenti giusti. Felicità. Ed è così che torniamo al video di partenza. Felicità.

 

P.S Ci sono decine e decine di dettagli che sarebbero degni di essere scritti: alcuni li ho temporaneamente scordati, altri non si possono dire. Ma certamente questo non sarà l’ultimo post a riguardo, certo che no!

Il processo di assunzione a “quelli del gps”

Traduco per esercizio e per vostro servizio la pagina dedicata al processo di assunzione nella compagnia per cui sto combattendo (o faitando come dice la zia Serafina nel suo siculinglish) per farmi assumere. Giusto per farsi un’idea delle differenze. Nella traduzione preferirò sostituire le espressioni per renderle meno ridicoli, non sono un traduttore perciò commetterò sicuramente errori linguistici. Inoltre ciò che trovate fra parentesi e sottolineato è ciò che non sono riuscito a tradurre propriamente. Consigli e suggestions sono ben accettati! Inoltre “quelli del gps” è la nostra parola segreta per riferirci all’azienda di cui parlo.

Processo d’assunzione
La concorrenza a volte osserva il nostro sito web cercando di capire i nostri segreti. Il nostro programma/processo di reclutamento è così. Attrarre e trattenere persone stupende è tutto; un’organizzazione deve essere capace di identificare persone stellari (stars) o potenziali stelle (e quindi essendo veramente capaci in modo che loro si uniscano e contribuiscono per la loro miglior carriera a lungo termine). 

E’ facile assumere velocemente, ma è difficile assumere bene. Quelli che capiamo è che persone al top vogliono lavorare con persone altrettanto al top. Il nostro processo cerca di separare magnifiche persone che creeranno profitti e porteranno stupendi risultati a “quelli del gps” da quelle persone che creeranno profitti e porteranno risultati da qualche altra parte.
Cerchiamo ruoli secondo specifici insieme di competenze (skill-set), vasta esperienza e conoscenza generale. Altre sono ruoli più agli inizi di carriera, provvedendo ai candidati un’opportunità di imparare e crescere . Alcuni ruoli sono nella via di mezzo. Il filo conduttore è il tipo di individuo che cerchiamo.
Noi cerchiamo intelligenti, poliedrici individui che capiscano l’importanza della differenza fra A e A+ (suggerimento: si tratta delle piccole cose). Avere un’abilità di pensare sia da soli che come parte di un team è fondamentale. Sei curioso, non spegni il cervello quando esci dalla porta. Non sei un servo del tempo. Tu vuoi che la tua vita abbia un senso, la mediocrità ti spaventa.

Cosa ti aspetta
Mentre la parte dei colloqui di lavoro potrebbe cambiare in base al tuo background e in base alla posizione considerata, se ti invitiamo ad esplorare le possibilità con noi seguendo la tua applicazione iniziale, ti puoi aspettare un processo di colloqui che è probabilmente più accurato di qualsiasi cosa tu abbia mai vissuto. Rappresenta un investimento per entrambi, ma noi crediamo profondamente nel valore del nostro approccio per assicurarci che gli uni siano in grado di fare la necessaria ricerca sugli altri per rendere sicuro un ideale e mutuo inserimento (fit).

  • Application
    Invii una lettera di accompagnamento e un curriculum. Se siamo positivamente sorpresi e vediamo un potenziale inserimento, faremo la nostra telefonata introduttiva.
  • Telefonata introduttiva
    Usiamo questa iniziale conversazione per parlare, fare qualche domanda l’un l’altro e assicurarci che sarà un buon investimento di tempo per entrambi nel procedere con un colloquio.
  • Colloqui
    Il nostro processo di colloqui ti darà una opportunità di conoscerci meglio, il nostro lavoro, e di incontrare alcuni di noi. Noi avremo anche l’opportunità di conoscerti meglio, i tuoi interessi in “quelli del gps” e seguire un processo strutturato che usiamo per misurare e valutare il tuo potenziale nel contribuire attivamente al successo di “quelli del gps”.
  • Seguito
    Se il colloquio va bene, ci metteremo d’accordo in modo da parlare con le tue referenze. Potremmo richiedere la copia ufficiale del documento che riporta le valutazioni della tua carriera accademica (transcripts) (in base a quando ti sei laureato) e potremmo avere una o più conversazioni, incontri o richieste.
  • Offerta
    Questa tipicamente è la parte del processo che tutti preferiscono. Faremo una offerta e il contratto di lavoro per la tua revisione. Se sembra accettabile (looks good), lavoreremo con te per assicurarci un vincente inizio di ciò che speriamo sarà una carriera che a ripensarci sarà qualcosa che non avresti scambiato con nient’altro.
Ma "more smarter" non era sbagliato?

Giorno 17 Aprile (Mount Doug Trip) + L’ennesima svizzera

Scrivere un post dopo quello che precederà questo è sempre una cosa difficile, ci sono dei post in questo blog che considero – pur tenendo conto tutto l’impegno ad essere obiettivo – dei capolavori, delle cose che se un giorno scrivono una mia biografia e trovano questo blog diranno “anvedi aoh!”.

Bene questo sarà un post un poco multimediale e persino interattivo, nel senso che ci saranno parole ma anche immagini, video e persino i dati gps della mia ultima scorrazzata in bici. Cioè, mi potete pure dire che sbaglio i congiuntivi ma no che non sono originale. Questo no!
Iniziamo con le anteprime. Simone dice che quello che ho fatto precedentemente è un vlog (non è uno sbaglio sebbene la b e la v siano vicini, vuol dire che un blog ma fatto da video, scemi!) e siccome l’esperimento non mi è dispiaciuto ho fatto un altro video in cui aggiorno quello che avrei dovuto fare oggi, che poi l’ho fatto pure ma questo ieri non si sapeva. Schiaffatevi questo video, breve promesso!

Adesso avete visto pure l’Io in abiti da ciclista (pure col caschetto eh, mica cetriolini e capperi sottosale!).
Mount Douglas è un’altura di appena 200 metri ma sono sembrati infiniti con quella bici. Cioè non sono affatto in allenamento, la vecchietta sessantenne a piedi mi stava sorpassando se non facevo lo scatto della disperazione. Il giorno era piuttosto nuvoloso e la vista non era delle migliori. In più era freddino, che il sudore si stava asciugando addosso (come amo inserire queste espressioni dialettali tradotte!). Ma è stata una esperienza spettacolare, in particolare la discesa che purtroppo non ho filmato. Ma c’andrò di nuovo solo solo per scendere di nuovo in quel sentiero. Vi faccio vedere qualche foto del monte, della vista e di me che faccio il minchione?

Se volete rivedervi le foto, scaricarle o stamparle come poster le trovate sulla pagina Canading, l’ultimo album ovviamente.

Ma, dulietta ora gli piglia il colpo, pensate che con tutto quel ben di dio di natura alberi e rami sarei rimasto coi piedi per terra? Ma quando mai, io sono fatto per fare le minchiate (sebbene indossando un caschetto che sono in Canada ed essendo di tanto in tanto responsabile). Altro video per far incavolare dulIetta che il giorno che mi farò seriamente male dirà ti l’avia dittu iù. In quel giorno dovrò stare zitto e dire c’avevi ragione (se sarò morto mando un telegramma con tanto di stop!).
Sto giro il video ce l’abbiamo in HD che l’ho fatto con la nikon:

Finiamo il capitolo Mount Doug inserendo i link ai tracciati gps dell’andata e del ritorno. Raccomando altamente di non fermarvi alla schermata generale che vi farò vedere qui sul blog ma di vedere tutti dettagli (ci sta il bottone sulla mappa): potrete così vedere la mia velocità collegata all’altitudine e al posto in cui mi trovavo, scoprirete quanto è alto precisamente Mount Doug, che ho raggiunto un picco di 65km/h in quasi pianura e cosa è successo alla mia velocità quando ho iniziato a confrontarmi con la salita.

Per finire questo post parlando d’altro vi racconta della nuova svizzera. Diciamo che a quanto pare c’ho un debole per le svizzere. Quando poi questa è bionda, occhi chiari, piercing sul dente (avete capito no?) e parla italiano ho deciso che sarebbe stata un interessante modo per spendere un po’ di tempo invece che continuare a farmi i video da solo e a scalare i rami sul monte. Dopo la mia frase in tedesco (l’unica che so) in cui le dicevo che mi pareva attraente, dopo aver ricevuto lo stesso complimento pensai: questa è la volta buona. Ma no, invece. Come breve premessa devo dire che avevo capito che forse non sarei stato il suo tipo dopo essermi sentito dire che sa dov’è Milano perché ci va a far shopping (cioè questa viene della Svizzera per fare shopping a Milano? Sarà che non sono del giro…ma io non ci sto capendo niente!). Altra cosa che mi aveva insospettito era quel suo fare un po’ da mignotella che ha trovato un altro italiano pronto a darle soddisfazioni. Non che io sia contento a sembrare gay, non che ne avevo le intenzioni. Ma questa prima ha iniziato a credere che Sergio fosse la mia fidanzata (correntemente è lui la mia relazione sullo stato di fb) e poi, dopo aver spiegato il quiproquo grazie all’intervento di Sergio in persona pirsonalmente ha continuato a credere che io c’abbia la zita e che la stia tradendo con lei. Qui le cose sono due: o sta mentendo e s’è trovata una scusa (originale però la bionda, aggiorniamoli ‘sti stereotipi!) o io sono troppo bello che mica ci si può credere che sia ancora sul mercato. Ed è qui che mi venne in mente una celebre battuta in un film di Celentano:
Sono così bello che ho dovuto ricorrere a un istituto di bruttezza.
Che dite? Possibile?

Il mio primo colloquio di lavoro con i controcazzi

Bene, i miei cari lo sanno già. A loro l’ho detto prima perché sono cari, nel senso che io care riguardo loro. Andiamo per passi ma in sintesi dato che seguiranno 36 minuti di video.
Oltre a imparare l’inglese, una volta arrivato qui, decisi che forse il Canada avrebbe potuto offrirmi di più. Così ormai da ben due mesi ho speso il mio tempo cercando un lavoro che non sia far succhi di frutta. Cioè, io ho studiato come un porco per tre anni per fare l’ingegnere. Questo è chiaro e auto-esplicativo (soprattutto la parte riguardo al porco). Durante questa ricerca ho suscitato l’interesse del Britanno (nome in codice, mi faccio misterioso), hiring manager di una compagnia che chiameremo d’ora in avanti…”Quelli del GPS”, Britanno che ha voluto prima la descrizione della mia laurea, poi dopo due settimane mi ha chiesto di sostenere un test e una volta avuto il risultato (un’altra settimana d’attesa) mi ha invitato ad avere un colloquio di lavoro presso i loro uffici. Chiaramente ho registrato ogni attimo dell’attesa e delle reazioni, sono momenti storici per la mia vita e un giorno li guarderò con mia moglie pensando ma quanto minchia ero scemo..iiiih e quanti capelli avevo!
Ora prima di fare i video avevo già in mente di pubblicarli qui sul blog (e questo sottintende un “metterci la faccia” al 100%) ma dopo averli fatti c’ho dovuto ripensare su. La tensione e il momento epico mi ha reso completamente onesto, quello che presto vedrete è il reale Gioele. Quello che ha ispirato il titolo di questo blog, minciati cù l’uossi aruci. Quello allegro e spensierato (tranne il primo video che ero cagato(cit.)), quello che parla una lingua che non è l’italiano e quello che mi piace di più: quello che fa ridere gli amici.

Attenzione: ho fatto i conti. Assumendo che una persona legga mediamente 400 parole al minuto, vedere questi video impiegherà un tempo pari a un po’ più 20 volte il tempo di lettura del post precedente. O se preferite, circa mezz’oretta.

L’erba del limone

Oggi ero al lavoro quando si avvicina una signora distinta. Chiedeva se avessimo lemon grass, che non l’aveva trovata da nessun’altra parte. Ora c’è da sapere per capire la natura di questo post che noi possiamo vendere shortini di wheatgrass (grano, grass di per sè significa “erba”) spremuta. In pratica qualcuno ci porta il grano ancora verde con un’altezza di una quindicina di cm, sistemato in delle scatole di plastica. Qualcuno particolarmente attento alla dieta (da qualche parte becera del mondo c’è qualcuno che crede che bere quella schifezza curi il cancro) paga intorno ai 3C$ per aver 1oz (29 gr. circa) di grano triturato e ridotto in liquame. Ma dico io, cazzo, esci-vai nei campi-affiancati ad una mucca-e pascola! Aggratis!
La prima volta che questa tipa ha chiesto limngrass io ho capito solo -grass. Avevo intuito che la prima parte della parola era differente, così ho chiesto se potesse ripetere per avere una conferma. Così ho capito l’intera parola: lemongrass.

Esperimento: in sottolineato leggerete ciò che ho pensato nella mia testolina, altrimenti si tratta di ciò che ho detto

 Ma chista è scema? Ma che minchia vuole? L’erba del limone? Ci crede che non la trova da nessuna parte, il limone è un albero stunata! [Scettico]Lucero, do we have lemongrass? (C’abbiamo lemongrass?). Ma che fa sta facendo pure lei, le da conto? Ma che minchia fa, le risponde pure? Ma vuoi vedere che….ma che minchia è sto lemongrass…

Arrivato a casa ho chiesto a Joanna. Dopo 5 minuti di perifrasi ho scoperto che l’erba del limone (come la chiamano qua, i furbi) è la citronella. E a quanto pare gli inglesi non sono gli unici, portoghesi e tedeschi per esempio la seguono a ruota. A quanto pare è dovuto all’odore, simile a quello del limone (in effetti citro è un riferimento al cedro).

Giorno dopo giorno mi convinco di questa cosa: le popolazioni anglofone hanno una marcia in più, ma…c’hanno proprio una lingua di merda!

Il paese dei balocchi c’ha la trappola ma ora lo so

Sto passando un periodo che non è dei più felici. Lo continuo a negare perché sono in Canada e il Canada l’ho sognato per mesi e mesi. Perciò essere tristi in Canada e come piangere mentre si nuota fra i soldi mangiando pane e nutella. Ma tant’è, è così che mi sento. Analizziamo razionalmente i recenti avvenimenti.

  • Ho finito il periodo scolastico, ho iniziato il lavoro. Sto iniziando a diventare autonomo e inizio a prendere familiarità con i clienti e tutto il resto. Il tutto però dovrà essere rivalutato alla luce di ciò che m’è successo oggi. A quanto pare qualcuno ha stalkato una delle mie colleghe e loro hanno pensato bene di chiamarmi a casa (oggi non lavoravo) chiedendomi se avessi dato le sue informazioni a qualche sconosciuto al posto dove lavoro. E poi ha pensato bene di spiegarmi che è fra le loro politiche che i lavoratori non diano informazioni private agli sconosciuti. Già che c’era poteva dirmi che un’altra regola è non rubare il denaro dalla cassa. Joanna dice che non la devo prendere sul personale, il manager mi ha detto che non mi stava accusando. Ma la cosa mi ha disturbato e sarà chiarita il prima possibile.
  • Una svizzera sta tornando in Svizzera. Una delle mie politiche (ormai che siamo in tema) sin da quando sono arrivato qua è stata non dedicare a nessuno delle emozioni. Ciò mi ha permesso di dire addio a tante persone senza che ne soffrissi neanche un po’. Ma stavolta qualcosa è cambiato. Non l’ho deciso io, anzi diciamo di si va’. Ma quanto prima anche queste leggere emozioni si depositeranno nel dimenticatoio come la polvere agitata dopo aver voltato una pagina di un piccolo libro.
  • E’ successo qualcosa nella mia ricerca di lavoro. Non dirò molto, Joanna dice che è il nostro piccolo segreto. Non ci sarà verso che lo dica fintanto che non ci saranno certezze. Questa è una di quelle cose che devo caricarmi sulle spalle e portarla a termine. Come quando ci si mette il sacco di carrube sulla spalla, si cammina barcollando per qualche decina di metri e non lo si posa fintanto che non si è arrivati alla pala del trattore.
  • Il mio futuro è incerto. Troppe variabili da considerare. Elenco, ma non esaustivamente, le possibilità. Tornare in Italia e fare la specialistica al PoliMi. Restare qua e lavorare part-time presso il negozio dove sto lavorando adesso e continuare a cercare un lavoro sfruttando la mia laurea in Ingegneria (da qui si può separare un altro branch che includerebbe espandere la ricerca in Vancouver), restare qua e chiedere un prestito governativo e iscrivermi alla magistrale qui in Canada. Ciò potrebbe includere, in qualche modo, la richiesta della cittadinanza canadese (oppure della residenza permanente) per pagare fino a tre volte meno le tasse universitarie. In tutto questo il discorso danaro non è stato neanche citato (ma lo si dovrà necessariamente fare).
  • Ho appena bevuto il secondo bicchiere di vino.

Alla luce di queste razionalizzazioni (soprattutto dell’ultima) devo ammettere che sono dannatamente fortunato. Pochi potrebbero avere le possibilità che sto avendo io, io sono stato bravo e appunto fortunato a coglierle. Adesso però ho realizzato che anche in America ci sono le salite e quello che devo fare è soltanto cambiare marcia. E’ questo il periodo in cui si schiaccia la frizione, si deve far veloci che sennò si perdono giri ma bisogna pur stare precisi e senza troppi dubbi altrimenti si gratta. Cambiare marcia non è troppo difficile, in tanti lo sanno fare. Quello che pretendo da me stesso è cambiare in salita. Veloce, chiaro, preciso, sapendo cosa si sta per fare dopo aver trovato il momento giusto. I giri giusti, il momento giusto.

Ritorno a casa

Consigliato l’ascolto durante la lettura:

Cara Duli,
questo post non è indirizzato specificamente a te. Ma come non sai ho bisogno di parlare con qualcuno o con qualcosa per schiarirmi le idee. E se adesso ti starai chiedendo perché io abbia scelto te, beh sappi che stavo facendo la doccia e mi sei venuta in mente. Lo vedi qui sopra, lo vedi col tuo ipad? La vedi, cazzo la vedi? Quella alla sinistra del cancello verde, in fondo, quella è una cisterna. Io su quella cisterna c’ho passato parte della mia infanzia. Quella era la mia navicella aerospaziale, quella era la mia macchina, quella era la mia moto col coso affianco, che quando ero piccolo non sapevo si chiamasse “sidecar”. Lì ho speso i miei sogni da bimbo, quella cisterna ha contribuito a realizzare il Gioele che conosci. Qualsiasi cosa io adesso sia, quella cisterna è in parte responsabile. Era un gioco pericoloso, la signora che abitava vicino casa (puoi scorgere un cancello nero in fondo alla strada, quella è la sua casa) mi aveva detto che dentro la cisterna ci stava il bau. Io mica l’avevo capito che cosa era questo bau ma da come lo diceva e da come suonava sembrava spaventoso. Io non ci volevo avere niente a che fare con questo bau. Ma a quell’epoca il tempo scorreva lento e spensierato, la cisterna era la mia compagna di giochi e il bau non ha mai avuto niente in contrario. Due tre anni fa ti c’ho portato. Avevo ancora la macchina rossa che Marta diceva che era insicura e vecchia (chissà dove sei adesso io ti amo, 106), tornavamo dal mare. Si era in cinque in macchina e tutti eravamo stanchi. Ma ci tenevo che vedessi dov’ero nato Gioele, dove sono Gioele. Così imboccai quella stretta vanella di campagna. Tu eri là che seguivi le storie che raccontavo, come hai sempre fatto. Ti indicavo quella che era stata la mia casa per i primi otto anni di vita, cosa era cambiato nel tempo e cosa era rimasto uguale. Sono sicuro che adesso non sai neanche di cosa sto parlando. Non sei l’unica. La gente mi chiede se ho nostalgia di casa, dico di no. Ma la prima volta che ho avuto un singhiozzo di pianto è stato due giorni fa, prima di addormentarmi. Ho pensato a quella casa e ho singhiozzato. Fortuna che ero da solo a letto, che la porta era chiusa e che sono in Canada. Sennò sai che vergogna se qualcuno sapesse che ho piagnucolato per il ricordo di una casa.

Questo almeno lo ricordi no? Ci sei pure tu che parli, devi ricordarlo. Quante volte abbiamo discusso su questa minchiata, su questo brivido d’adrenalina che mi sono concesso? Quante volte ne ho parlato io? Questo video però è la prima volta che lo rivedi. Quello è il Gioele che è cresciuto pensando che una cisterna fosse una navicella aerospaziale ma col bau dentro. E adesso ci credi che sono arrivato fino in Canada? Pare che di progressi ne abbia fatti eh?
Da quant’è che ci conosciamo? Tre, quattro anni? E quanto puoi dire che mi conosci? 70%, 45%, o 37%? Mi hai mai visto piangere, mi hai mai sentito chiedere scusa? E dire grazie? E lo hai visto il lele incazzato? E quello che sembra un bambino? E quello che facevo prima che gente come te mi diceva che certe cose sono pericolose e non bisogna farle? Questo te lo posso fare vedere.

Un pitito sull'albero

Quello è un albero di carrubo, secondo Wikipedia può raggiungere i 10 metri d’altezza. A che altezza sarò io? E quali potrebbero essere le fratture se, durante il lavoro che sto facendo chiamato in italiano bacchiatura, cascassi giù? Mi si potrebbe perforare un polmone se cadessi su una pietra, potrei rimanere su una sedia a rotelle se cadessi sbattendo l’osso sacro. Li lascio a te gli altri potrei. Che io ho ricevuto un’altra educazione, sicuramente peggiore se valutiamo il voto di laurea. Possibilmente peggiore se valutiamo come sono uscito fuori. Ma, peggiore o migliore, quello non si può cambiare. Orizzontali o verticali per me un tronco è da scalare. Carrubo o meno. Rischi d’annegare o di fratturarsi le costole. Per lavoro o per svago. Sono un mediocre, se mi togli pure la possibilità di scalare gli alberi che razza di persona sarei? Fallisco di continuo, concedimi l’opportunità di essere diverso. E il significato che attribuisco a diverso è questo:

Un pitito col grano

Diverso è tuta da meccanico, paglia e un trattore. Se c’è da spezzarsi la schiena per diventare ricco è quello che farò. Far cadere le carrube o aiutare il nonno con la paglia. Imparare a programmare o capire come parlano ‘sti canadesi. Diverso è sognare di volare su una cisterna e finire in Canada a fare succhi di frutta in Inglese. Diverso è dimostrare a chi ha già riso che io lo farò dopo di loro. Come quando e dove non sono variabili da considerare. E piangerò ancora per quella casa, la mia casa.

Æssiaeiai prtin, please!

Andiamo per disordine. Ho iniziato il lavoro che come già detto qua mi accompagnerà per le prossime 16 settimane. Quasi quindici ormai. Ora…questo post sarà incentrato nel descrivere questo lavoro ma mentre mi facevo la doccia poco fa ho pensato bene che saranno dei pensieri sparsi. Insomma, niente introduzione-sviluppo-conclusione. Questo post può finire da un momento all’altro, di certo è già iniziato.

Allora vi spiego il posto. E’ un negozio che fa succhi di frutta. Detta così fa strano lo so. Praticamente è come se fosse una gelateria per noi. C’hai voglia di qualcosa che non sai cos’è di preciso e ti prendi un gelato. Non è un pasto, non è un cioccolatino. Ognuno gli da il significato che vuole, c’hanno fatto pure la dieta del gelato (googlate!). La gente perciò viene in questo chiosco da una decina di metri quadri e richiede un succo di frutta fra quelli presenti in menù. In realtà in “italiano” lo chiameremmo frappé piuttosto che succo di frutta. Usualmente è parecchio denso, abbastanza da potersi mangiare con un cucchiaino ma liquido al punto che in realtà l’unico mezzo fornito per papparselo è una cannuccia. La preparazione di tale coso consiste nel versare in un frullatore tramite un macchinario la polpa del frutto desiderato: mela, arancia, un imprecisato nectar, e cranberry (mi pare eh) che sarebbe mirtilli rossi.
A tal punto si estrae dal freezer il sacchetto di plastica che contiene ghiaccio, talvolta yogurt congelato e sempre pezzi di succhi di frutta. Il tutto verrà frullato e presentato al cliente ad un prezzo che s’aggira mediamente sui 6$. Facciamo anche piadine che loro chiamano wrap, ‘na specie di tramezzini e si vendono bottiglie d’acqua, acqua con la vitamina e un’acqua che si chiama smart e costa tipo 3.33$. Smart sì, per il titolare! Ah, molta gente aggiunge delle vitamine in polvere al succo di frutta. Non è malaccio.

Il lavoro non è molto pesante di questi tempi. Direi una media di una cinquantina di clienti in un turno di lavoro da 6 ore. Questa è la media di questi giorni di lavoro, 6 ore al giorno. Per me abituato alle 12 di quest’estate non è che sia massacrante, ma dopo 5 ore in piedi inizio a sentire il desiderio di una poltrona. Succedeva lo stesso in estate, solo che dopo un’ora da quella sensazione ne mancavano altre sei prima di tornare a casa. Quando lavoro più di 5 ore ho mezz’ora di pausa da spendere come più mi piace. Io di solito mi metto a sedere in una poltrona del centro commerciale dove il negozio è sito e giudico la gente che passa. Altri per rilasciare lo stress fumano una sigaretta, io giudico.

Sono l’unico maschio dell’equipaggio. Tutte femmine, oggi mi sono dovuto sorbire 5 dico cinque ore di girl talk, i discorsi fra femmine insomma. In inglese eh. Per adesso si sono tenute a debita distanza, lo stesso farò io. Sono sufficientemente carine ma quel posto è tre metri quadri: perché mi dovrei mettere nei casini? Meglio pensare ai succhi di frutta và. A quanto pare fra di loro messaggiano, in uno di questi messaggi si riferivano a me dandomi del g-man. Niente a che vedere con i doppi sensi, vastasuna, il problema è che non hanno interamente capito come mi chiamo: Gioele. Ho provato a spiegarglielo (c’è una che ha discendenze italiane, si chiama Rosina!!!!), ho provato a farmi chiamare Joe o Joel ma g-man è quello che sono riusciti a fare. In italiano diremmo: gi-coso là.

Ho problemi con l’inglese. Sono bravo, davvero. Ma nel menù ci stanno dei nome di succhi di frutta scoglionati. Acai Protein, prendiamolo per esempio: Æssiaeiai prtin. Così lo dicono, æssiaeiai prtin. La prima volta dissi: What?? che è un po’ come dire cheeee?, non il massimo dell’educazione insomma. La seconda ho detto say it again, ridillo! Alla terza ho capito: quando qualcuno dice cose come se avesse sbattuto in qualche spigolo allora devo schiacciare il tasto dove c’è scrito Acai Protein.

Da quanto ho capito se continuassi a lavorare presso la titolare del negozio (che per scherzo del destino di cognome fa McDonald), potrei avere una sponsorizzazione presso l’ufficio immigrazione e rimanere in Canada. Anzi mi ha proprio detto di iniziare a preparare le carte burocratiche. Io ho paura, non so ancora che fare e ad eccezione di una persona nessuno fra i lavori relativi alla mia laurea mi ha risposto. Dovrei aspettare un’altra settimana prima di iniziare a pensare se rimandare il curriculum o arrendermi ma con Joanna siamo rimasti d’accordo che al primo giorno off vado direttamente nei loro uffici e mi presento: *Hallò, I vud like tu intrudius maiself. Ai emm italian and ai fink ai emm the uan iu ar lukking for. Æssiaeiai prtin, a te a tutta la tua famiddgia!

*Salve, vorrei presentarmi. Sono italiano e penso di essere quello che state cercando. 

Quando ero in Italia – Storia di un ignorante

Quando ero in Italia (potremmo discutere per ore su questa frase, vero dù?).
Quando ero in Italia e pensavo al mio periodo di lavoro in Canada avevo in mente questa scenetta qui.

Datore di lavoro: Passami il tagliere (in inglese).
Cervello (il mio):  ‘inchia vuole questo, che gli do adesso? Cazzo cazzo cazzo!

Adesso, domani c’ho il fantomatico primo giorno di lavoro. Tagliere si dice…controllo…cutting board oppure chopping board.

Sono pronto.

Ciò che collega la conoscenza degli alberi a un colloquio di lavoro

L'aspetto di Pino

Oggi ho avuto un colloquio di lavoro. Scriverò qua ciò che ricordo della giornata, un po’ per il vostro diletto un po’ perché sarà importante leggermi quando le cose saranno diverse. Adesso sto ascoltando gli AfterHours, sto per prendere una birra in frigo e non ne escludo una seconda per il definitivo ma voluto Knock-Out (la birra è una Peroni, anche se sono in Canada io bevo italiano).

Come potete vedere nella foto mi sono vestito elegante. La saturazione non permette di vedere i colori e il colletto del maglione mal sistemato non permette di vedere la cravatta. Dettagli comunque non importanti nello sviluppo degli eventi. Fatemi solo aggiungere che più la guarda più la amo: la cicatrice imperfetta ma vera che ho sulla fronte. Mi sono tagliato i capelli, mi sono persino rasato la barba e ho indossato quella che ritengo la miglior camicia che ho: la camicia della laurea. Per via della scaramanzia sotto la camicia avevo la maglietta del “Sarebbe bello”. Se non sapete di cosa sto parlando vaffanculo e continuate a leggere (ve l’avevo detto che sto bevendo birra). Ho ripassato le domande più comuni in un colloquio di lavoro, sono arrivato con mezz’ora di anticipo. Ho parcheggiato e poi aspettato un quarto d’ora in macchina. Quando aspetto mi scappa di fare la pipì, come quando giocavo a nascondino e toccava nascondersi e stare zitti. Come quando devo andare a mangiare con una che mi piace e mi viene da vomitare. Interessante questi messaggi che mi manda il cervello. Quindici minuti dell’ora stabilita entro nel locale, molto bello e creativo

Non era esattamente così, ha cambiato stile. Ma è altrettanto creativo!

Subito ho capito che la giornata non sarebbe stata delle migliori. E non perché stamattina Victoria ha (in ordine) avuto il sole, ha nevicato, grandinato e nuvoloni sparsi (e questa non è una delle mie esagerazioni, tutto vero sto giro). Il fatto era che all’ingresso ci stava un foglio su uno sgabello su cui era scritto firma qua se vorrai avere un colloquio. Confusione, perché non sono l’unico ma bensì il #9, ma che sta succedendo…
Il fatto che solo oggi siano stati intervistati almeno 15 canadesi non mi rende, povero italiano che ha il vizio di mangiarsi le parole anche in inglese, sbagliare l’accento delle parole con l’acca e non conoscere gli aggettivi scoglionati che lì usano nei menù, proprio in pole position. Ho gestito le emozioni e ho sorriso a un paio di bone ch’erano in fila. Una aveva un profumo che i miei ormoni hanno ritenuto interessante.
Quando è arrivato il mio turno mi sono alzato, ho ripetuto quattro volte il mio nome per poi arrendermi e dire che mi si può anche chiamare Joe (che Giò lo leggono G i o) e mi sono seduto in fronte a tre persone, due donne (una bellissima) e un uomo col ciuffo all’emo-Hitler.
Inizia a parlare uno dei tre, la capa chiaramente. Spiega che il ristorante è a conduzione familiare, che l’ambiente è molto creativo e perciò cercano gente particolare (ho scordato di dirvi che mentre mi stavo sedendo la capa ha commentato suggerendo che assomigliavo a uno di un (imprecisato) reality). Subito la prima domanda, anomala: cosa mi rende creativo? A prima domanda anomala rispondo con prima bugia innocua: in Italia sono un fotografo, amo l’oceano di Victoria e spendo ogni fine settimana a fotografarlo. Ognuno dei miei parenti ha una mia foto nella loro casa. Ritengo questa risposta adeguata alle loro aspettative e alquanto soddisfacente. La leader continua a spiegare che non si lavora in tanti, il massimo è intorno alle 3-4 persone e tutti spartiscono le mance in modo equo. Mi è sembrato molto giusto, considerando che avevo già realizzato che non sarei stato assunto per quella posizione per cui mi stavano intervistando, e che quindi il prossimo potenziale lavoro è per una posizione di lavapiatti (non così famoso per prendere mance).
La successiva domanda rientrava fra le più comuni: “Qui dovrai spiegare il menù ai clienti, il nostro menù è scoglionato quindi ti chiederanno un botto di cose e la musica sarà abbastanza rumorosa. Dovrai urlare più forte della musica, ti senti a tuo agio nel far questo?”. A questa domanda ho percepito il primo segnale che l’essere italiano sarebbe stato un difetto questa volta. Ho deciso di non girarci intorno e ho citato il mio già chiaro accento italiano: potrebbe essere diverso da ciò a cui i clienti sono abituati ma non essendo timido bensì estroverso non sarà un problema. L’ostacolo l’ho toccato, ma l’ostacolo era stato superato. Un altro paio di domande pressoché inutili (cazzo chiedi a fare ad un italiano qual’è il suo cibo preferito), ho posto io un paio di domande (se le ore di lavoro sono fisse o se variano di giorno in giorno) fin quando è stata data la parola allo chef che ha fatto una domanda intelligente ma devastante per mio punto di vista: “Se sei uno studente hai un permesso di lavoro, quand’è che scade?”. Qua non si può mentire.
Fin quando s’arriva alla domanda interessante: se tu fossi un albero, che tipo di albero saresti?
Io in un secondo scarso ho pensato: ommioddio non so un cazzo di nome di albero in inglese – Mò dico il primo che mi viene in testa – Carrubbo – Cazzo ne so come si dice carrubbo in inglese, e poi loro manco lo sanno che è – Oddio sono morto – Minchia, cimitero – Pino – Pine. Dovete sapere che ho sempre confuso i cipressi con i pini. E quando m’hanno chiesto il perché della mia risposta, sono venuto fuori con una risposta degna dell’assunzione immediata: perché il pino non si trova dovunque, perché il pino è alto, è come una statua, non importa chi sei lui è più alto di te, il pino è una specie di albero…di albero speciale.
E così finì il colloquio, strette di mani e nice to meet you.

Se mi assumente vuol dire che davvero il pino che sono è speciale, se non mi assumente che il bello alto pino vi si conficchi dietro nel culo fintanto che non capite chi vi siete persi: un italiano a cui piace la pasta e assomiglia ad uno di un reality!

Le svizzere, la cocaina e il timore del lavapiatti

Oggi s’è concluso l’ultimo giorno di scuola. Era iniziato tutto qua

Partiamo con le precisazioni. Se disprezzavo le relazioni sociali presenti in quella scuola, col senno del poi posso dire che sono quello più conosciuto là dentro. Nessuno è veramente mio amico ma se chiedi dove sta l’italiano quelli ti portano dritti da me. E non perché faccio il tamarro, giusto un pochino (camicia e maglioncino che fa sempre figo).
Un’altra precisazione riguarda la Svizzera. Parlavo di una svizzera ed è andata a finire che adesso ne parlo di un’altra. Sempre di svizzere si tratta, la prossima volta che ne incontro una ci sto attento. Alcune di loro hanno il fascino dell’impenetrabilità (caratteriale). Poi sono pure ricche (tutte!) e questo è un fattore da considerare nell’equazione delle relazioni sociali. E ve lo dice uno che per poco non c’aveva il bue e l’asinello a scaldarlo (senza scomodare esempi altisonanti, si capisce). Ma per tornare in tema di teorie, se qualche giorno fa ho dato una botta di pedale troppo potente, io -uomo cauto e coscienzioso- mi sono buttato tutto dall’altre parte (che fuor di metafora si chiama martufaggine (che fuor di dialetto umbro si intende misantropia)). Così oggi ho detto un goodbye agli inglesi, un adieu alle francesi e un adeus (ma questa è la versione formale, tchau è quella fra amici) ai brasiliani e me ne sono tornato a casa sotto un piogge battente.

Adesso mi aspetta il lavoro. Ho due proposte di lavoro scottanti e, quindi, altrettanti colloqui di lavoro. Uno domenica e uno sabato. Il primo è la migliore che mi potevo aspettare dalla scuola: bartender, barista (che in inglese vuol dire solo quello che fa il caffè), cameriere e sparecchia-tavoli. Sarà uno stipendio da 10$/h ma il posto è carino ed elegante e questo vuol dire tante mance, che ci vuole n’attimo che arrivino alle 20$ per ora. Nessuno sbaglio, è un arrotondamento per difetto.
La seconda posizione è un posto in cucina, sguattero. No, non c’ho girato intorno. Questo significa il lavoro più duro che c’è in cucina, no mance e stare perennemente piegato su un lavandino con le mani a mollo toccando le schifezze che gli altri non hanno voluto toccare. Sempre 10$/h, ma non c’è bisogno di ripeterlo due volte che darò il massimo nel primo colloquio.

Che poi a dirla tutta quest’estate ho lavorato a 3€/h e le mance me le ha date solo il batterista di Vasco Rossi. E quello che mi ha chiesto se c’avevamo la cocaina!

Gli ho risposto serissimo che dovevo controllare in magazzino.

Fatti del lavoro

Stamattina mi sono alzato alle 14:30. E sono andato subito al bagno. Ma non è di questo che volevo parlare qui.
Il mio lavoro al pub/night/disco sta pian piano finendo. Di gente ne arriva meno, la gente va via prima, la gente è stanca. Ma io torno a casa sempre alle cinque del mattino, con picchi che raggiungono le 7-8.
Qualche giorno fa ho preso la giornata libera che mi ha fatto apprezzare ancora più il gusto del lavoro. Poi ieri sera mi è stato dato il secondo acconto: trasformazione dell’energia la chiamo io. Ho calcolato che con una mia giornata di lavoro potrei permettermi l’acquisto di un mojitone (otto mojito in un unica caraffa), che con un’ora di lavoro potrei permettermi un cocktail analcolico ma non uno alcolico che infatti costa 5€. E la cosa che più mi spinge a riflettere è che non conta se sto scopando le pedane, se sto intrattenendo la clientela convincendola a spendere ancora o se sto buttando l’immondizia: un’ora viene conteggiata come sessanta minuti. E io credo che guadagnerò circa 6 centesimi al minuto.
Certamente non è quel che mi aspetto da me che ho sgobbato a pagamento per tre anni su dei libri che spiegavano cose ben diverse rispetto alla preparazione di un mojito. Che ho imparato come si fa fra l’altro. Meno di 50ml di Rum, si può scegliere se farlo col chiaro o con lo scuro, oppure si prende il mojito al pacino che è fatto con la vodka. E se si è ben disposti a spendere n’euro in più si può prendere il mojito strong. Che come dice la parola, è chiù fotti!
Un’altra cosa che apprezzo del mio lavoro è la catena di aneddoti che inanello nella collana dei miei racconti. Come quella tipa bionda, dal trucco un po’ accentuato e secondo me una porcona assurda che continua a prendersi drink del tipo: Figà, Blowjob (sarebbe la traduzione inglese di pompino), Orgasmo. Nell’ordine che preferite. Ieri si è pure versata l’Orgasmo addosso, cocktail che (ho imparato) prende il nome dal colore che assume dopo essere shakerato con la panna.
Poi ho conosciuto meglio Tony ‘u killer. Rappresenta la Sicurezza del locale. Ma in realtà ha la funzione di avvisare il dj quando passano dallo stradone affianco gli sbirri. Il dj stacca la musica e Tony (che Paolo pensa sia stato in carcere per via di un suo tatuaggio sulla mano) si avvicina al bancone e invita i ragazzi a non consumare alcolici con uno spiccato accento catanese: picchiotti, l’acccol ‘oo finemmu. Nunn’avemu chiùi acccol. Ieri il killer si rivolge verso di me: ‘mbare, chiè lo prendi u palloncinu cà ciò rugnu alla picciridda. Anche i killer hanno il lato tenero. Solitamente però Tony accarezza le donne che già chiamarle donne è un complimento per le lor signore, le mignotte. Ultimamente offre da bere e pure i tocchetti di frutta al vicequestore della Digos. Io non so chi è e perciò non ho timori referenziali. Ma Tony la tratta come se fosse il padre eterno due – il ritorno.
Ieri infine sono stato cazziato ben due volte. Per me è un record dato che che sono un hard worker. La prima ancora non me la spiego. Praticamente ho preso una comanda ad un tavolo ed erroneamente l’ho richiesta a due baristi che l’hanno fatta entrambi. Il responsabile tra il serio e lo scherzoso mi ha intimato che la volta successiva mi avrebbe fatto bere tutti i cocktail in eccesso e naturalmente caricati sulla mia scheda personale. Il problema serio è che ho un vuoto di memoria e non ricordo d’averlo detto a due baristi ma ad uno solo. Ma con la stanchezza del lavoro ho subito effetti ben più gravi, come quel giorno in cui credevo di aver visto la morte. Non è una morte o una mia tipica esagerazione: ho avuto la sensazione che stavo per morire e dicevo fra me e me ecco cosa si sente prima di morire, quello che nessuno ha mai potuto raccontare…
La seconda cazziata invece l’ho avuta perché a detta del capo “pustiavo” troppo a lungo (“pustiare” sta per far la posta, provarci con qualcuno). Il problema non è nel pustiare ma è nel farlo a lungo. Cioè posso provarci con chi mi pare ma devo farlo in fretta. E’ il duro lavoro del runner! In realtà stavo soltanto risalutando un’amica con cui in qualche modo si doveva rompere il ghiaccio: è la divisa che indosso al lavoro è risultata essere meravigliosa per questo scopo. Paolo sostiene che mi fa pure più attraente. E non m’ha ancora vista con i guanti in lattice!
Ho scoperto ieri sera che 4 shortini sono il mio limite di lucidità. Dopo la visione periferica e la capacità di camminare lungo una linea retta vanno gentilmente a puttane e divento assolutamente meno timido. Perciò la prossima volta che temo di vedere la morte so che mi bastano 4 di quei bicchierini per sputarle in un occhio e continuare, faticando e gioendo, a fare il mio lavoro. C’ho le diapositive.

Io e Antonio con i nostri guanti in lattice!
Colleghi di fatica…
Io mentre “rompo il ghiaccio”
…e infine la foto simbolo del mio lavoro. Bevo a scrocco, mi diverto molto, fatico di più!