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Caccia, troie e futuro: a 220° per 12 minuti!

A caccia poi ci sono andato sul serio e a cacciare mi sono divertito, è uno sport che fa per me credo. Qua ci sono le foto della serata e qua non c’è spazio per polemiche (se non per vegetariani, vegani e quant’altro possa esserci di perverso).
Son riuscito pure ad andare al party quella sera. Una totale delusione: avrei preferito stare in mezzo al nulla con la neve che batteva in faccia e i piedi che stavano per perdere conoscenza dal freddo che c’era. Ma quanto meno l’obiettivo che ci stava dietro era calcolato, opinabile ma di certo quanto mai umano (ricordo a tutti che da quando l’uomo esiste è sempre stato cacciatore). Ma no, cazzo no, ubriacarsi fino al vomitare nel giorno del tuo compleanno mi sembra da coglioni. E io non sono affatto disposto a spendere (ma neanche a immaginare di spendere) parte di me con un coglione. Io associo il vomitare ad un virus gastro-intestinale che quindi coincide con un letto, una coperta calda e – se possibile – una mamma che ti vizia. Non ad una cazzo di bus-limousine e gente che tratta i suoi (pochi) neuroni come io tratto i “miei” congiuntivi. Che poi senza girarci troppo intorno, è due volte più da bestia ubriacarsi fino a non capire se ti stanno stuprando o se sei cascato sulla bottiglia di vodka che tentare di procacciarsi il cibo come facevano i nostri antenati (poco importa se non ne abbiamo effettivamente bisogno ma la salsiccia di cervo è una delizia). Una caccia ben regolamentata è assolutamente dieci volte migliore di una festa di compleanno sregolata. Che come dico a duli ho speso gli ultimi miei quattro compleanni a studiare come un dannato e probabilmente e finalmente festeggerò i miei 22 anni (l’ultima festa coincidente col giorno del mio compleanno risale al 2007).


Mia madre e i miei parenti da questa parte del mondo mi stanno pushando (che vuol dire letteralmente spingere ma incoraggiare è più adeguato) per proseguire i miei studi qua. La situazione è complicata e difficile da analizzare nel suo complesso, ci sono in ballo così tante variabili e soprattuto in ballo c’è la mia vita. Sembra stupido ma questa scelta potrebbe decidere che lingua parleranno i miei figli, la meta delle mie vacanze quando sarò in ferie eccetera eccetera. Domani andrò all’università locale per chiedere informazioni, sabato ho un appuntamento col boss del dipartimento di Ingegneria Informatica della stessa università. Ho bisogno di un po’ di chiarezza in più per disegnare quantomeno i contorni di tutta questa storia che per adesso è come una nuvola di fiato in una giornata gelida. Tornare in Italia e proseguire il naturale percorso facendo la specialistica al polimi avrebbe come risultato un master teoricamente migliore e una borsa di studio praticamente certa (e non scordiamoci il dormitorio e la presenza dei vecchi amici). Di contro iscrivendomi ad un master qui in Canada avrei un titolo anglofono (e quanto mai simile ad uno statunitense) anche se tecnicamente il livello didattico dovrebbe essere inferiore. In più avrei il problema di recuperare 10000$ (o forse più) per le tasse dato che essendo a tutti gli effetti un forestiero non ho alcun diritto a borse di studio ordinarie. Ciò comporterebbe la ricerca di un lavoro part-time con la probabilità di dover allungare i tempi di conseguimento del master a più di 2 anni (rischio che – è doveroso dirlo – potrebbe esserci anche in Italia a sentire quanto Sergio sia preoccupato per questo primo anno di magistrale). A tutto ciò si aggiunge il problema con l’ambasciata: prolungare il visto, diventare residente cittadino o addirittura iniziare le pratiche per acquisire la doppia cittadinanza? Considerando quanto ho penato per avere un “misero” visto di studio&lavoro sono terrorizzato dal dovere riallacciare i rapporti con la burocrazia.
C’è quindi da discernere tra l’eccitamento dovuto a tutto ciò che comporterebbe un prolungamento della mia vita qua e le effettive migliorie che ne deriverebbero. E in tutto questo discorso sto considerando solo il lato razionale, finanziario e lavorativo. Non mi scordo mica della voce del cuore che – adesso proprio – mi porterebbero a rimettermi su una bicicletta e a fare stronzate (che poi stronzate non erano, siamo uomini di classe, non come quella troia) (cit. di duli).
La prima volta che ho sentito il bisogno di stare da solo è stato esattamente qualche giorno fa dopo aver parlato con Joanna del mio futuro. E ho fatto un giro in macchina che mi ha portato a vedere lo spettacolo del palazzo del governo illuminato di notte.
E’ chiaro che la cosa mi punge un nervo scoperto, io lo sapevo che andava a finire così. Ma il tempo è ancora con me e perciò siamo in maggioranza: adesso tocca ricercare e fare i compiti per casa per benino.
Del resto il mio nome non suonerebbe (in cinese) Giò il mare resistente!

Anche se non te lo dico spesso anche tu mi manchi, lo sai cucciolo mio no? Adesso tutti penseranno che siamo gay ma devi sapere che proprio ora sto indossando la nostra maglietta e tutti mi chiedono che cosa significa. Iu ci dissi "Could be nice", ti va bene come traduzione? Presto ti dedico un post tutto per te sul blog, che un posto per te sul mio cuore già ce l'hai. Ti fai bocciare a qualche esame così quando torno qualche volta studiamo insieme come ai vecchi tempi? Sarebbe bello...

Fò, Matti fò

Se dovessi scegliere una sola persona per cui io sarei disposto a dare la cosa più preziosa che ho, la mia vita, sceglierei mio fratello.
Del perché gli voglio così bene non mi sono mai domandato fino a trovare una risposta ma forse non ce n’è davvero bisogno. Spero che non sia solo perché abbiamo lo stesso sangue, in tal modo sarebbe una cosa assolutamente non arbitraria. E questo mi infastidisce.
Siamo maschi, ma questo non c’entra. Sono io che non riesco in alcune occasioni e con alcune persone a esprimere i miei sentimenti e mi viene perfino difficile scrivere questo di lui sapendo che potrebbe leggere. Trovo la forza oggi perché al momento si trova ad Ancona a sostenere i test fisici della Marina.
L’ultima volta che ho pianto è stato pensando a lui. Il momento era inopportuno ma non sempre si può scegliere e soprattutto alcune cose non si possono scegliere.

Durante l'ultima gara di scherma

Lui è più di un fratello per me e talvolta è stato anche troppo per me. Nonostante ci separino solamente cinque anni e mezzo a volte i ruoli familiari si sono mischiati, intrappolati in dinamiche arzigorzolate. Ma il tempo e la maturità sbroglia anche i nodi più stretti.
Nonostante questo non gli ho mai detto cosa provo per lui e il massimo che gli ho concesso è stato dormire con me ogni notte precedente il mio ritorno a Milano. Se dovesse esserci una persona che possa fermare il mio Canada quella sarebbe lui, se potesse esserci un motivo per tornare in bici a casa quello sarebbe il suo motivo.
Dormire con mio fratello comunque, e lo dico a mia totale discolpa, è un atto di grande amore fraterno. Appiccicoso come un polpo, ti si avvinghia intorno sia nei mesi d’inverno che in quelli bollenti, ama mettersi di traverso nel lettone e non si sa ancora bene il motivo (pare sia oggetto di studio da parte di una famosa università) riesce sempre e comunque a spingerti all’estremità del lettone e a lasciarti in meno di quindici centimetri di spazio.
Ho scelto io il nome di mio fratello, sono stato io il primo a piangere dopo la sua tormentata nascita e sono stato io a spiegargli perché fosse tanto bello il gioco del calcio. Sono stato io a insegnarli a guidare un motorino, sono stato io a spiegargli i razionali e chiede di me quando ha qualche problema che la sola mamma non possa risolvere. Tipo versioni di latino o problemi di virus al computer.

Mio fratello è l’unico fratello che un fratello come me vorrebbe avere come fratello, è il miglior fratello che io abbia mai avuto. Direi anche l’unico. E il fatto che non avremo una eventuale ereditarietà, il fatto che le donne non possano poter scegliere contemporaneamente lui o me, il fatto stesso che sappiamo di volerci bene tacendo, questi fatti ci rendono fratelli molto indivisibili. Anche se presto ci saranno più di diecimila chilometri a separare i nostri sonni saprò che lui, se solo potesse, sarebbe avvinghiato a me gustandosi ogni singolo secondo col fratello maggiore. Io.

BNG: Il sito dell’immigrazione canadese non è più sotto manutenzione. Continuiamo con la procedura per il permesso di studio

Questo post è stato copiato pari pari da qua. Una vita e mezza fa. Ero ancora in Italia, non sapevo ancora che cosa l’ambasciata mi stava riservando eppure ero speranzoso. E parlavo di Mattia, il mio fratello di cui vado orgoglioso tanto così. Anzi più grande di così. Quando scrivevo questo posto lui era in ballo fra test fisici, psicologici e di ogni altro genere. Neanche lui sapeva a cosa stava andando incontro, quale sorpresa il successivo Settembre gli stava conservando. Ed è stato lui che ha preso quel giorno la telefonata della Morosini, poi ha passato a me il telefono e ho provato a far chiarezza: era un venerdì e lunedì mattina tra le 8 e le 12 si doveva trovare a Venezia. Far chiarezza non è stato facile, cazzo se non lo è stato. Quando qualcuno ti dice per telefono che la tua intera vita sta per cambiare la botta può essere forte. E infatti quando chiesi a Matti cosa volessi fare lui mi disse: “eeehm, non lo so..” e farfugliò qualcos’altro che nessuno mai saprà. Chissà cosa ti passa per la testa in quel momento, lui potrà raccontarlo quando ne avrà voglia. E adesso io sono qua, in Canada, e lui è là che mi racconta su lunghe telefonate su Skype come ha fatto da timoniere a fregare il vento all’imbarcazione “rivale” e ad arrivare per primo in porto, è lì che mi racconta che si stava pisciando addosso e che mai più berrà prima di uscire in barca a vela (e ci credo, la laguna sarà fredda di questi tempi). Mio fratello è lì e sa come pilotare una barca a vela, conosce come usare una gondola e chissà di quante altre cose sta avendo esperienza. E ogni notte si sveglia alle quattro per farsi alla barba che “alla mattina ti passano un foglio di carta sulla faccia e non deve fare fru fru fru“, e tocca studiare il doppio che le cose lì sono serie.
E’ il sangue: sogniamo e desideriamo con la passione dei siciliani. Poi ci proviamo e ritentiamo con la tenacia dei poveri. E infine riusciamo e voliamo con il futuro dei migliori. Fò, Matti fò!

Si torna a "marinare"
Felicità

Khadir

Con Khadir parliamo in inglese. Lui parla in inglese, io ci provo. Una valida comunicazione fra noi c’è sempre stata però. Khadir è stato il mio roommate (compagno di stanza) fino a 5 minuti fa. E’ appena andato infatti a un “salsa party” con una ragazza colombiana; così l’ho salutato. Di quei saluti che si sa che sono degli addii, o al più un ci rivediamo in un’altra vita. Ci siamo stretti la mano come fanno due uomini. Ma di un tratto lui mi ha tirato il braccio e m’ha abbracciato. Due secondi, poca roba. Due pacche sulla spalla e un Thank you.
Ma prima m’aveva detto questo…(traduco in italiano perché sono bravo a capire ma meno bravo a scrivere in Inglese).
Khadir dice che sono il migliore roommate che ha mai avuto.
Dice che siamo sempre stati opposti, lui vive di notte io vivo di notte: così io gli ho rotto le palle la mattina e lui ha rotte le mie la notte. Dice che sono davvero un ragazzo d’oro (very nice guy), che merito tantissimo nella vita.
Khadir dice che non riavrò più vent’anni, non gli ho detto che ne ho fatti 21 lo scorso venti giugno. Dice quindi che merito un giorno di vacanza in una settimana di studio. Dice che fra cinque anni ripenserò a lui e a tutte le volte che mi ha chiesto di uscire con lui e io ho declinato l’invito per via dello studio.
Enjoy the life, enjoy enjoy!! 
Sembrava che mi stesse rimproverando, il suo era un tono d’ammonimento.
Khadir stasera si vede con una ragazza colombiana. Io gli ho chiesto che fine ha fatto la sua ragazza francese. We broke up. Si lassaru. Perchè? Why not!?, mi ha risposto lui. Khadir pensa così. Bisogna trovare un motivo per non fare una cosa, ma di default tutto si può fare. Come quando, due settimane prima di quegli esami che avrebbero deciso l’esito della sua borsa di studio necessaria per sopravvivere a Milano anche l’anno prossimo, se ne andò a Pamplona, alla corsa dei tori.
Non essere come me mi ha detto. Io sono un ragazzo pazzo, ma tu studi troppo. Enjoy the twenty.
Khadir dice che quando è arrivato in residenza per la prima volta, Cecilia (la direttrice di qua) gli ha chiesto in che stanza volesse andare. Fammi vedere le opzioni, ha risposto lui. E quando ha visto il mio nome, un nome italiano, ha pensato che fossi come il suo amico di Foggia: un italiano pazzo come lui!
Non so se l’ho deluso, l’ho odiato le ultime notti in cui mi ha svegliato per il suo russare incessante, ho odiato il suo disordine malato (c’è una pentola sotto la scrivania mezza piena di pasta col tonno cucinata più di dieci giorni fa), il suo profumo mi da la nausea dato che lo spruzza fin dentro le ciabatte (e l’ha spruzzato pure sul pavimento quando gli è caduta una bottiglia di birra di un litro). Ma Khadir è quell’uomo che mi ha detto quasi subito che sono peloso quasi quanto lui. E’ quell’uomo che pensava che facessi impurità in bagno dato che mi portavo il pc nei miei momenti di relax (cacca) e perciò mi diceva con un ghigno “Be carefull”. Sii pieno d’attenzioni, stai attento insomma. E’ quell’uomo che ride come un dannato guardando l’isola dei famosi, edizione turca. E che in genere, proprio come un vero turco, è dedito all’alcool.
E’ un uomo particolare Khadir. Ma per me è speciale. Basta il fatto che ho condiviso con lui un anno della mia vita. E per questo che, abbracciandolo, mi sono sentito felice. Anche se le braccia che m’avvolgevano erano quelle di un uomo.

Sabato 4 Luglio

Che il muro fosse anche profetico era una notizia vecchia. Che addirittura azzeccasse le giornate importanti a distanza di anni, ecco quello era inaspettato.

Quella scritta la ricordo ancora. Si riferiva alla notte del quattro luglio del 2009. Allora era tutto incerto, c’era una donna che mi aveva iniettato in petto una dose letale (zuuuu che paroloni!) di dolce veleno. E’ quella notte aveva preferito parlare al telefono col ganzo piuttosto che con me. Quel veleno m’aveva poi tenuto sveglio tutta la notte, a pensare per ore e ore sul perché non aveva voluto parlare anche con me. E se il motivo adesso vi può sembrare stupido c’aggiungo il carrico dicendovi che quella notte era già la seconda notte che piansi lacrime “avvelenate”. Ma ancora lei non aveva capito ben bene che stava accadendo, ce n’è voluto di tempo ma alla fine tutt’apposto, capemmu! :D
Poi il tempo passa, i crediti aumentano e le cose cambiano.
E la notte fra il quattro e il cinque luglio di quest’anno – il duemila e undici – l’ho passata con i tre amici che c’ho alle colonne di S.Lorenzo a bere due birre e una granita schifosa (uno non beve alcolici e granite che non siano autoctone) festeggiando una lode, la mia prima lode. Una lode resta sempre una lode ma in due una lode diventa un bravo braviiiissimooo.
A comunque lele, se il sette riesco a strappare un diciotto me ne torno a casa. E se non ci riesco sto a Milano fino al ventotto luglio, cà tantu rutta pì rutta

Balla coi Lupi

C’è gente che riesce a far piangere anche se vorrebbe solo far del bene, o almeno credo.
Perdonare è la cosa che mi viene più difficile. Non ho mezze misure e scopro quanto è vero giorno dopo giorno.
E anche se a quest’ora il cervello borbotta non vado a letto fin quando non inizio almeno questo esercizio.
Dicevo delle mezze misure…

Della pedalata di ieri

Qualche giorno ho fatto una cosa che faccio di rado. Di cui un po’ me ne vergogno ma che talvolta deve essere fatta obtorto collo: sono andato in Farmacia. Dato l’argomento ne approfitto per ravvivare questo post qui:
http://gas12n.blogspot.com/2010/01/omeopatia-un-uomo-che-visse-troppo.html
Il pensiero m’è venuto quando ho collegato il luogo in cui mi trovavo, la farmacia appunto, le ingenti misure di sicurezza che fan pensare a quanti soldi girano intorno alla salute della gente e appunto la omeopatia, la falsa medicina dei ricchi. A queste condizioni sarei quasi ben disposto a consigliare il credo cieco per una religione, l’effetto placebo resta uguale ma quantomeno è gratuito (affermazione pretenziosa, anche lì di soldi ce n’è a palate).
Insomma ero lì per comprare degli integratori. Che, lo riconosco, stanno giusto un passo oltre l’omeopatia, al confine fra l’esoterismo e la vera medicina. Tant’è che pur di ritrovare un po’ di energia sono disposto persino a ingoiare boccette piene di un gustoso liquido, chissà se effettivamente funzionante.
Ma ieri nonostante il mio Eufortyn mi sentivo molto due punti incazzato nervoso moralmente sotterrato spossato (con due esse) e senza molta voglia di respirare.
Eppure ero già alla seconda dose di boccette miracolose e avevo persino ingerito la dose di caffeina giornaliera. C’era solo una cosa da fare. Prendere a pugni tutto ciò capitava a tiro, liberando quindi le energie negative che mi stavano travolgendo.
Ma io, che sto a fatica diventando grande, ho imparato che se prendo a pugni le cose poi le cose si rompono. E si rompe pure l’orologio che solitamente porto al polso. Quindi ho imparato che uno bisogna togliersi l’orologio dal polso, due che bisogna dare i pugni a delle cose che non si rompono e tre che i pugni non si danno. In quest’ordine.
E perciò che me ne fotte, ieri ho ingerito la mia medicina. La bici. Dopo le dieci, dopo mangiato, ho messo le lenti, il giubbettino dell’ANAS e lo zaino delle emergenze (con cellulare, gps, acqua, soldi e documenti…non si sa mai quel che pensa la mia testa). E sono andato a pedalare. Il fatto che pioveva a dirotto ha incentivato il mio cantare senza pudore, che sotto l’acqua sono un pizzico più intonato. E poi far sgommare col bagnato è più divertente, cantare Fuori dal Tunnel al cimitero di Lambrate, e poi tornare a casa tutto zuppo d’acqua, e farsi una doccia ed andare a letto felice.
Stamattina ho fatto due starnuti, sono arrivato in laboratorio con una mezz’ora di ritardo.
Ma questo non m’importa.

Matti, mio fratello

Se dovessi scegliere una sola persona per cui io sarei disposto a dare la cosa più preziosa che ho, la mia vita, sceglierei mio fratello.
Del perché gli voglio così bene non mi sono mai domandato fino a trovare una risposta ma forse non ce n’è davvero bisogno. Spero che non sia solo perché abbiamo lo stesso sangue, in tal modo sarebbe una cosa assolutamente non arbitraria. E questo mi infastidisce.
Siamo maschi, ma questo non c’entra. Sono io che non riesco in alcune occasioni e con alcune persone a esprimere i miei sentimenti e mi viene perfino difficile scrivere questo di lui sapendo che potrebbe leggere. Trovo la forza oggi perché al momento si trova ad Ancona a sostenere i test fisici della Marina.
L’ultima volta che ho pianto è stato pensando a lui. Il momento era inopportuno ma non sempre si può scegliere e soprattutto alcune cose non si possono scegliere.

Durante l’ultima gara di Scherma

Lui è più di un fratello per me e talvolta è stato anche troppo per me. Nonostante ci separino solamente cinque anni e mezzo a volte i ruoli familiari si sono mischiati, intrappolati in dinamiche arzigorzolate. Ma il tempo e la maturità sbroglia anche i nodi più stretti.
Nonostante questo non gli ho mai detto cosa provo per lui e il massimo che gli ho concesso è stato dormire con me ogni notte precedente il mio ritorno a Milano. Se dovesse esserci una persona che possa fermare il mio Canada quella sarebbe lui, se potesse esserci un motivo per tornare in bici a casa quello sarebbe il suo motivo.
Dormire con mio fratello comunque, e lo dico a mia totale discolpa, è un atto di grande amore fraterno. Appiccicoso come un polpo, ti si avvinghia intorno sia nei mesi d’inverno che in quelli bollenti, ama mettersi di traverso nel lettone e non si sa ancora bene il motivo (pare sia oggetto di studio da parte di una famosa università) riesce sempre e comunque a spingerti all’estremità del lettone e a lasciarti in meno di quindici centimetri di spazio.
Ho scelto io il nome di mio fratello, sono stato io il primo a piangere dopo la sua tormentata nascita e sono stato io a spiegargli perché fosse tanto bello il gioco del calcio. Sono stato io a insegnarli a guidare un motorino, sono stato io a spiegargli i razionali e chiede di me quando ha qualche problema che la sola mamma non possa risolvere. Tipo versioni di latino o problemi di virus al computer.

Mio fratello è l’unico fratello che un fratello come me vorrebbe avere come fratello, è il miglior fratello che io abbia mai avuto. Direi anche l’unico. E il fatto che non avremo una eventuale ereditarietà, il fatto che le donne non possano poter scegliere contemporaneamente lui o me, il fatto stesso che sappiamo di volerci bene tacendo, questi fatti ci rendono fratelli molto indivisibili. Anche se presto ci saranno più di diecimila chilometri a separare i nostri sonni saprò che lui, se solo potesse, sarebbe avvinghiato a me gustandosi ogni singolo secondo col fratello maggiore. Io.

BNG: Il sito dell’immigrazione canadese non è più sotto manutenzione. Continuiamo con la procedura per il permesso di studio

“…senza desideri non c’è bisogno di un diario”

In questo post vorrei parlare di qualcosa di mio. Per non essere monotoni insomma. Due cose principalmente: la potenza dei sogni e il valore delle promesse.
Promesse e sogni sono cinicamente aria fritta. Sono orientati al futuro e il futuro è risaputo, muta più velocemente di quanto si possa immaginare. Ma nel mio caso ci sono delle piccoli ma evidenti eccezioni. Per spiegarmi meglio devo prendere un altro foglio da quella carpetta che contiene i temi della mia scuola media e superiore. Se nel post precedente avevo già quindici anni adesso trascriverò un tema scritto quando avevo ancora dodici anni, ben otto anni fa. Frequentavo l’ultimo anno della scuola media, e come quest’anno, ero destinato a grandi cambiamenti nella mia vita. Vediamo che scrivevo (ovviamente stesse regole: nessuna correzione nella trascrizione).

Traccia
Proiettati nel futuro e immaginati ormai adulto. E’ la sera del 20 Dicembre 2025 e tu, dopo una giornata intensa, ti fermi a riflettere scrivendo il tuo diario, come fai puntualmente tutte le sere da quando avevi dodici anni.

Svolgimento

20/12/2025

Caro Diario,
scusa se è da tanto che non ti scrivo, ma, sai, nel periodo natalizio c’è molto lavoro da fare e come al solito le cose più difficili sono assegnate a me. Oggi ho visitato una ventina di persone che avevano rotto il computer e cercavano di convincermi che si era rotto da solo. Poi al ritorno sono dovuto andare ad Ottawa per una riunione con il presidente francese dell’informatica locale e dopo mi ha offerto il pranzo in un ristorante cinese. Ho “ordinato” solo un bicchiere d’acqua perché i cibi scritti sul menù non erano di mio gradimento. Sono ritornato a Sidney e il mio capo mi ha detto di ritornare a casa. Sulla strada di casa sento un leggero sibilo e poi un botto. In cinque minuti ho montato la ruota di ricambio; così sono stato costretto ad andare dal carrozziere. Finalmente sono arrivato a casa. Mia moglie è in cucina che sta cucinando e mia figlia non è ancora tornata da scuola. Dopo la doccia mia moglie mi dice che quella sera avremo ospiti e che verranno verso le 19:00. Guardo l’orologio e mi sono accorto che sono le 17:00, Mia moglie non ha ancora iniziato a cucinare. Quindi la devo aiutare a cucinare, a tagliare le patate, a sbattere le uova e altri lavori noiosi. Arrive  Mentre  metto nel forno la pasta arriva mia figlia e gli le dico gentilmente di sistemare la stanza sua che come sempre è tutta disordinata. Finalmente arrivano gli ospiti e dopo la cena gli racconto la mia giornata. Ho sgridato tre volte mia figlia perché non voleva mangiare la pasta che in verità non piaceva neanche a me. Ho iniziato a parlare che col con l’avvicinarsi del Natale i bambini che dovrebbero essere più buoni diventano più monelli e inve(qualcosa di incomprensibile, potrebbe essere coprono di richieste) i loro genitori. Tutto questo mi fa pensare a quando ero piccolo io. Ti ricordi quella volta che mi dovevo trasferire e dovevo andare in Canada e la valigia era troppo pesante; allora decisi di lasciare al posto tuo il mio pallone preferito. Oppure quando ricevetti a otto anni per natale una bicicletta troppo alta per me. Allora quando dovevo andare a Milano dovevo prendere il traghetto per passare lo stretto di Messina e invece ora c’è un lungo ponte. Beh!! Ripensandoci ho avuto tutto nella vita da piccolo fino ad ora e penso che come avevo promesso ritornerò a Modica, (questa volta senza prendere il traghetto) e rivedere dopo molti anni la mia citta e prima di tutto mia madre. Penso che questa sia l’ultima pagina di questo diario perché non ho più tempo ma sopratutto perché ho finito i miei sogni ed ho ottenuto tutto e non ho un desiderio e senza desideri non c’è bisogno di un diario

A presto….
Gioele

Canada, informatica e Milano. Lo scrivevo nel 2002.
L’11 settembre del 2008 mi trasferisco definitivamente a Milano, il 15 settembre inizio la mia prima lezione di Ingegneria Informatica. E il 22 ottobre 2011 partirò per il Canada, e andrò ad abitare proprio a Sidney.
Esattamente come sognavo ben nove anni fa. Parlando con una persona mi ha detto che sono proprio determinato! Questo complimento perché l’anno scorso le avevo detto che sarei andato in Canada. E quest’anno ci vado sul serio!! Pff, i sogni di un anno sono da dilettanti(si, dilettanti) ma io c’ho i sogni lungimiranti. Anzi, preferisco prendermi qualche merito in più. Di solito non sogno cazzate e quando ho un sogno lo perseguito. Si, proprio lo perseguito. Perseguito chi si oppone, perseguo ciò che mi sono prefissato. E la cosa potrebbe impegnare dieci anni 180 crediti un viaggio di quasi 10000km (diecimila): tutto ciò non m’importa. Ad un certo punto penso pure che c’ho azzeccato sul ponte di Messina, che sarebbe degno di Nostradamus (ricordo che nel 1998, dopo che la Francia ci batté ai rigori, il telegiornale di Rai 2 pubblicava questa dichiarazione di Berlusconi che diceva che nel 2006 i lavori del ponte sarebbero terminati).
Ricordo ancora quando “progettavo” videogiochi nella terrazza della ModicaIn, pizzeria del cugino ormai chiusa. Non sapevo niente di codice, linguaggi di programmazione et similia ma mi sarebbe piaciuto farlo. Era divertente e la fantasia era gratis. E le cose gratis e pure divertenti sono rare a questo mondo, ecco spiegato perché dopo undici anni ho ancora lo stesso sogno.
Ovvio, adesso ho imparato che per riparare una gomma bisogna andare dal gommista e non dal carrozziere. Ho imparato che Ottawa è distante cinque volte l’Italia da Sidney, che forse non tornerò mai più a Modica e che forse sarà parte di essa che mi raggiungerà.
E ovviamente mi devo sbrigare. In quattordici anni secondo il mio tema di terza media devo finire i miei studi, trovare un lavoro e – quel che più importa – una moglie. E pure avere una figlia così grande d’andare già a scuola, insomma sembra saranno quattordici anni piuttosto intensi.
Il tema finisce con una affermazione forte. Forse la più forte che mai farò nella mia vita, e pare la farò nel 2025. Quando avrò la bellezza di 35 anni (si dice che si raggiunge l’acme della maturità psico-fisica in quella età) (sempre se avrò ancora qualche capello, duli non gufare più per favore!). Chissà quando smetterò di scrivere su un blog, chissà se mai sarò in grado di dire …e adesso che minchia sogno. Conoscendomi NO.

Dovevo parlare pure del valore delle promesse, ma il post è diventato lungo, io ho fame, scrivo da più di un ora e mezza e voglio guardarmi Rain Man in inglese. L’attesa è snervante, ma io lo sono di più.
Delle mie promesse scriverò un’altra volta. Lo prometto :D

Sidney, BC
http://www.flickr.com/photos/snogun/3759477440/

Le costole e l’ansia

Questo sono io. Il giorno in cui ho festeggiato il mio diciottesimo compleanno e nello stesso tempo il conseguimento della maturità (scolastica). Si parla del 2008, ben tre annetti fa. Torniamo alla foto.
La cosa importante non è il culo, ne’ i capelli cortissimi per i miei standard. 
La cosa importante è il costato, le vertebre e pure la colonna vertebrale. Sono queste parti del mio corpo che volevo mostrare in questa foto. In quella foto pesavo sessanta kg appena. Ero quattro ossa ‘ncravaccati, chiaramente facevo schifo. Adesso peserò un cinque chili in più se è passato molto tempo dall’ultima volta che sono andato in bagno. Ma almeno per ora le ossa si sono nascoste dietro un sottile strato di grasso, ma proprio sottile! Non ho mai avuto problemi alimentari, mai stato bulimico, anoressico o cose del genere. Da piccolo non mi piacevano molti cibi, da neonato non mangiavo la carne e verso i 5-6 anni odiavo bere il latte la mattina. Avevo sempre mal di pancia e il pediatra non mi trovava niente di anormale; credo però che siano cose nella norma. Poi sono cresciuto e sono cambiato. Adesso sono una fogna, come Duli mi ha gentilmente ribattezzato. Mangio praticamente tutto anche se ho i miei vizi da persona fortunata. Non gradisco le uova fritte, i tortiglioni, lo zucchero sul pomodoro, i piselli e le fave se non sono state tolte per bene le bucce. Anche il pesce con le “spine” non lo mangio. Per il resto non faccio molti complimenti, dal fegato di vitello alla pastina col finocchietto selvatico.
Insomma, non ho problemi col cibo.
Eppure se contate si vedono tutte le vertebre in quella foto, nel non troppo lontano duemilaeotto.
A dire il vero un problema col cibo ce l’ho e per me, uomo sano e robusto, è una cosa insolita e fastidiosa.
Quando sono in ansia cronica non riesco a mangiare. Mangio ma ho la nausea che si oppone. Non riesco a strafare come faccio di solito, non riesco a fare le mie due tre merende che capitano tra il pranzo e la cena. In queste atroci situazioni non riesco neanche a fare un pasto completo che quello spiacevole senso di stomaco chiuso si manifesta in tutta la sua potenza, con la nausea! Fortunatamente in quei giorni però non ho neanche fame, perché in tal caso sarebbe un vero dramma. Ricordo ancora quei giorni dell’esame in cui mangiavo poco poco e diventavo magro sempre di più. Ricordo ogni volta che questo mio….malessere si è verificato e buona parte di esse non è un piacevole ricordo.
Ad ogni modo sono un ragazzo fortunato. Fra le altre cose c’ho pure questo dono. Sembra stupido ma molta gente sta male a causa di ciò. Riesco a mangiare tutto quello che voglio senza ingrassare di un etto. Le peggiori schifezze presenti al GS, i peggiori dolci che mia madre nel tentativo di farmi prendere qualche chiletto mi ha fatto ingurgitare con l’imbuto. Niente, resto intorno ai 62 chili. Non è che mi disperi più di tanto, basta che il mio peso non scenda sotto i 51 kg dato che in tal caso non potrei più donare. Ovvio, qualche muscoletto qua e là favorirebbe, nell’immaginario collettivo, l’aumento della mia virilità ma boh io ‘sto immaginario collettivo non lo conosco molto bene. 
Questo avere un equilibrio interiore (lett.) più che perfetto non ho mai pensato che potesse essere una fortuna, è sempre stata la norma per me. Una dieta non so cosa sia e diverse volte mi son scordato di non mangiare prima di un prelievo di sangue.
Eppure è una cosa davvero drammatica. Fra i blog che leggo ce ne sta uno che google tenta di proteggere agli occhi delle persone sensibili: per via dei contenuti forti. E’ il blog di una ragazza un poco più piccola di me, una ragazza anoressica. Ecco l’anoressia è una cosa che non so definire in nessun modo.
Per me è normale avere fame e soddisfare questo desiderio istintivo (che per Freud sarebbe incluso fra i desideri primari). Gente che ama essere ossuta (è un titolo di un altro blog), gente che guardandosi nello specchio si vede grossissima quando le ossa spuntano fuori dalla pelle quasi sfondandola, gente che trova nell’autolesionismo un ottimo modo per non pensare alla propria ciccia…io queste cose non riesco davvero a capirle. Lo specchio non mente, il cervello non può fingere a se’ stesso. Io non posso credere che questa gente sia malata solo di vittimismo, io credo che questa gente stia male sul serio. Forse è come il mio fastidio quando sono sotto ansia, forse è dieci volte di più.
Non saprei come si possa curare una malattia che viene dal pensiero dato che non si può far a meno del pensiero. Cosa si può dire a chi vive questa cosa? E poi si tratta di una malattia? Che è? E’ così semplice aver fame e mangiare…
Mi sento fortunato io che mangio di tutto senza dovermi preoccupare di niente.
Mi sento davvero fortunato.