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In diretta dal GS: Il desiderio di paternità.

Oggi sono uscito dallo studentato.
Bene il post è finito.

…nono sarebbe troppo comodo…ho scritto due cazzate in croce, un pò misteriose un pò inutili, e poi potrei terminare con un “…trafitto da un raggio di sole ed..ehm..e..tutti a letto che è tardi”.
…Diciamo che il post potrebbe essere giunto già alla fine.
Ci sta l’effetto sorpresa, l’eccezionalità di un evento e l’ansia del finale aperto (sequel del tipo “Riuscirà il nostro eroe a ritrovare la strada di casa ?” oppure “Riuscirà a sconfiggere i mostri del mondo esterno?” ).
Beh no invece continua.
Ho consegnato dei libri in biblioteca, ben 4 libri di Fisica, ho saputo di essere stato multato per 24 giorni perchè ho tardato di ben 4 giorni la consegna. E’ giusto è giusto, quel libro avrebbe potuto salvare il destino di decine di studenti e non avevo nessun diritto di avere la Scienza tutta per me (risata diabolica).
E così mi sono trovato nel parco di fronte al politecnico..ecco..avevo fame, ero fuori. La luce era così accecante, l’aria così rarefatta ed ero abituato alla gravità della Stanza dello spirito e del tempo (solo un paio di persone capiranno questo, il resto andrà oltre…ah non c’è un resto? beh perfetto!).
Ma avevo fame, e mi son chiesto quando mai sarei riuscito dalla mia cara stanzetta, quando mai si sarebbe ripresentata questa occasione. Fortunatamente la risposta è stata elaborata velocemente. MAI. Avrei potuto aspettare molto, titubare tanto, restare fisso a guardare i piccioni per ore. Ma, fiùù, tutto ciò è stato scongiurato. Il GS mi attendeva.
Mi avviai così verso sto famigerato GS, fonte di libagioni per orde di studenti affamati.
Faccio la mia bella spesa di porcherie da mangiare prima d’iniziare a studiare, e procedo a passi lenti e decisi (il nostro eroe è determinato a liberare il GS dal male che lo avvolge) verso la cassa.
Ecco ora la scelta della cassa è cruciale.
La gente non ha capito nulla. Saremo andati sulla luna, saremo tornati dalla luna, sapremo saltare su un piede, cantare “Jingle Bell” e fare le capriole…ma non sappiamo scegliere con criterio e ponderatezza la cassa idonea.
Non bisogna mai e poi mai scegliere la cassa con meno fila. ERRORE ERRORE ERRORE. Meno fila vuol dire che il Cassiere c’ha i coglioni che descrivono un moto circolare uniforme (n.d.r incazzato). Cassiere incazzato vuol dire che passerà la tua Bonnut tre volte, la tua misera cassa d’acqua misteriosamente (e lautamente) diventerà pari ad una riserva acquifera per l’intero Casalpusterlengo, e ti darà i sacchetti di plastica geneticamente modificati cosicché ti si “sbracano” il passo prima di inserire la chiave nella toppa con conseguente moto circolare uniformemente accelerato dei tuoi zibibbi. Si sa, i cassieri sono gente cattiva.
Così scelsi la cassa con la fila più lunga, quella in cui c’è sempre la naughty cassiera, e iniziai a farmi i cazzi degli altri. Si sa la fila è lunga, il paesaggio è privo di amene attrattive (se trascuriamo il reparto ortofrutta), io sono cazzino (ma nel senso buono) e l’unica cosa interessante è il messaggio che sta scrivendo sull’iphone “cool” la tipa dark-emo-techno davanti a me. Dice che lascia il suo ragazzo perchè è troppo assillante. Dico che sono tutte (quasi) uguali, e dico che è una goduria leggere i messaggi. Soprattutto quando non sono i tuoi.

Davanti a me una lunga fila, la ragazza finì di scrivere il messaggio e nascose da occhi cazzini quell’iphone. Ero nuovamente senza far nulla, e le porcherie da mangiare prima d’iniziare a studiare si facevano pesanti (non avete idea quanto possano pesare i tuc col sale).
Così delle urla di bambini attirarono la mia attenzione, in realtà poteva essere qualsiasi cosa in quell’istante..ma furono dei bambini.
Due bambini, uno avrà avuto 3 anni l’altro circa 5. Un bambino, quello piccolo, nel vano portabambini del carrello, l’altro giù per terra. Entrambi col caschetto (la mia uniformità cromatica mi suggerisce che il colore dei loro capelli fosse biondo), entrambi con gli occhi chiari.
Avranno preso molto dal padre, perchè la madre era lì che spingeva faticosamente il carrello, lì in fila davanti la ragazza dark-emo-techno-lascioilmioragazzoquindisonodepressa.
Il bambino di 5 anni stava piagnucolando, implorava la madre di comprargli quei dolcetti che di solito stanno vicino alla casa affinchè scoppino lite inter-familiari (maledetti ovetti kinder).
La madre di tutta risposta lo zittiva, quasi gentilmente, dicendo che “se avesse fatto il bravo invece di correre col fratellino per tutto il santuario (n.d.r GS) ora forse gl’avrebbe comprato il dolciume”.
Il bambino più piccolo era distratto, c’era qualcosa che gli infastidiva il nasino. E così tentava di esorcizzare il fastidio prendendosi a pugni sul volto, finchè la madre sostituì quel metodo barbaro con un fazzolettino.
Nel contempo il bambino più grande s’era già preso/aperto/mangiato un ovetto, e aveva messo i resti sul “tapirulan”. Non si può dire che non sia onesto.
“Mamma, mamma…questo lo posso pagare io ? daidaidai!”
“Buongiooorno, io pa…go.. con il bancoo..mà”
E se ne ritorno a giocare col fratellino.
La madre aveva concesso le richieste del figlio, gli aveva consegnato il bancomat e aveva suggerito di avvertire la cassiera di dover pagare con la carta.

Niente, non riesco a ricreare quella scena..
Quello che voglio dire…è..tutti parlano di “voglia di maternità”, quasi che solo le donne provano amore per i figli (beh talvolta è così). Si so, che è troppo presto e che forse prima dovrei trovare la donna della vita con cui condividere quei momenti in un supermercato in giro per il mondo. E devo scegliere per bene, perchè la madre dei miei figli dovrà comprare l’ovetto kinder anche se i figli fanno i crash test col carrello, anche se si mettono le dita del naso in pubblico, anche se abbandonano il bancomà alla cassiera.
Si so che è presto per pensarci, che in fondo devo ancora darmi Algebra e finire il primo anno. E poi il secondoterzoquartoquinto e poi trovare un posto di lavoro che garantisca milioni di ovetti kinder, e poi una casa che garantisca lo spazio per un milione di..ehm..nono..diciamo che 2 figli sono sufficienti.
2+1, 2 maschietti con l’opzione su una terza…femminuccia.
Li voglio col caschetto, come lo avevo io e come quei bambini del gs. Capelli neri e occhi chiari ( ma su questi non ti preoccupare, di solito il color degli occhi salta una generazione, prendono dai nonni ).
Si so che è presto per pensarci, almeno per altri 10 anni dovrò guardare col sorriso queste scene al GS.
Una volta una persona mi disse che sarei stato un buon padre. Io comprerò gli ovetti kinder, io gli spiegherò tutto le parole che non capisce alla tv, io gli farò guardare Lupin (o chi per lui) sacrificando il mio telegiornale del mezzogiorno, io dormirò scomodo perchè si corichi vicino la mammina nel lettone, io sentirò freddo d’inverno perchè lui ha caldo e sentirò caldo d’estate perchè lui ha freddo. Io gli farò mangiare le patatine untuose nella macchina nuova, e poi ogni venerdì lo porterò al cinema. Farò la guerra coi cuscini e gli racconterò storie noiose sulla mia vita. Io lo porterò sulla mia spalle a fine turno di lavoro, e gli lascerò il posto migliore per guardare la tv. Io gli permetterò di fare il bagno con noi, gli rimboccherò le coperte quando dorme e lo porterò nel suo letto, in braccio, quando farà finta di dormire.
E io sarò geloso di mia moglie, che la mamma è sempre la mamma.
Sarò due padri, che in fondo tocca a me recuperare ciò che è stato, ciò che non è stato.
E così penserò a tutto ciò che farò, e aspetto qualche altre anno e aspetto che si presenti la madre giusta.
Curioso sarà il corso degli eventi, impreviste saranno le coincidenze della vita. Non resta che aspettare.
Aspetterò.
(Chi di voi vorrebbe sostituire un vostro pensiero con questo mio ?)

X Pamela

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Una compagnia di porcospini, in una fredda giornata d’inverno, si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco, dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono le spine reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi di nuovo l’uno dall’altro. Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme, si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano sballottati avanti e indietro tra due mali, finché non ebbero trovato una moderata distanza reciproca, che rappresentava per loro la migliore posizione
»

(A. Schopenhauer, Parerga e Paralipomena, II, 2, cap. 30, 396)

Io le spine me le sono già tolte. Ne avevo creato un’ infinità attorno a me, e poco importava se ferivano i “porcospini” che mi stavano vicino: avevo bisogno di quella corazza, almeno così m’aveva detto mia nonna.
Io mi sono spogliato di quell’arma di indifferenza di massa, è crollata giù e pare che non ci sia voluto neanche tanto.
E’ inverno, fa freddo (è una metafora, soltanto una metafora. purtroppo). E io senza corazza c’ho freddo, e poi sti porcospini mi pungono tutti quanti.
Io speravo diversamente. Che alla fine c’avrei pure la soluzione. Che genio che sono.
La illustro:
  • Io mi tolgo le spine. Fatto.
  • Io dico chiaramente che le spine me le sono tolte, che non faccio male a nessuno neanche se volessi. Fatto.
  • Io aspetto che tu ascolti la mia voce, aspetto che tu percepisca i miei silenzi. Fatto.
  • Io aspetto che Tu ti tolga le tue spine…ehm…su quest’ultimo punto ci stiamo lavorando su!

Bè in fondo non è che sia proprio tutto sto genio…
…che poi io lo so, anche tu senti freddo. E’ inverno, minchia di freddo si congela oh! Là fuori non c’è nessuno che non sia al calduccio: è impensabile tentare di affrontare il mondo da soli.
Ah lo stai già facendo ? ah…ho capito…
…dicevo..è impensabile tentare di affrontare il mondo da soli, per sempre !
Male non farà, dico se pure tu ti togli quelle spine.
E vedi di darti una mossa, che sto finendo pure il mercurocromo!

P.S Sempre dalla regia mi comunicano che hanno avuto un intoppo nel comunicare il momento esatto della “pausa studio”. Sono pregato di tentare n’altro giorno.

http://www.flickr.com/photos/garibaldi/259064217/

“…mi darò sempre torto anche quando avrò ragione…”

E ti diranno parole
rosse come il sangue, nere come la notte
ma non è vero, ragazzo,
che la ragione sta sempre col più forte;
io conosco poeti
che spostano i fiumi con il pensiero,
e naviganti infiniti
che sanno parlare con il cielo.

Chiudi gli occhi, ragazzo,
e credi solo a quel che vedi dentro
stringi i pugni, ragazzo,
non lasciargliela vinta neanche un momento
copri l’amore, ragazzo,
ma non nasconderlo sotto il mantello;
a volte passa qualcuno,
a volte c’è qualcuno che deve vederlo.

Sogna, ragazzo, sogna
quando sale il vento nelle vie del cuore,
quando un uomo vive per le sue parole
o non vive più.

Sogna, ragazzo, sogna,
non lassciarlo solo contro questo mondo,
non lasciarlo andare, sogna fino in fondo,
fallo pure tu!

Sogna, ragazzo, sogna
quando cala il vento ma non è finita,
quando muore un uomo per la stessa vita
che sognavi tu.

Sogna, ragazzo, sogna,
non cambiare un verso della tua canzone,
non lasciare un treno fermo alla stazione,
non fermarti tu!

Lasciali dire che al mondo
quelli come te perderanno sempre,
perché hai già vinto, lo giuro,
e non ti possono fare più niente.
Passa ogni tanto la mano
su un viso di donna, passaci le dita;
nessun regno è più grande
di questa piccola cosa che è la vita.

E la vita è così forte
che attraversa i muri senza farsi vedere;
la vita è così vera
che sembra impossibile doverla lasciare;
la vita è così grande
che “quando sarai sul punto di morire,
pianterai un ulivo,
convinto ancora di vederlo fiorire”.

Sogna, ragazzo sogna,
quando lei si volta, quando lei non torna,
quando il solo passo che fermava il cuore
non lo senti più.

Sogna, ragazzo, sogna,
passeranno i giorni, passerrà l’amore,
passeran le notti, finirà il dolore,
sarai sempre tu …

Sogna, ragazzo sogna,
piccolo ragazzo nella mia memoria,
tante volte tanti dentro questa storia:
non vi conto più.

Sogna, ragazzo, sogna,
ti ho lasciato un foglio sulla scrivania,
manca solo un verso a quella poesia,
puoi finirla tu.


Roberto Vecchioni – Sogna ragazzo sogna
Aprile 1999

Giufà insegna sempre!

Giufà e suo figlio, un giorno, decisero di andare in un villaggio vicino e si incamminarono con l’asino.
Per strada, delle ragazze, vedendo padre e figlio camminare a fianco all’asino senza montarvi sopra, si misero a deriderli.
Giufà, toccato sul vivo, fece montare in groppa all’asino suo figlio e commentò: – Così, la gente smette di ridere di noi!
Andando avanti per strada incontrarono un gruppo di uomini, che vedendo il bambino sul somaro e Giufà stanco a piedi, si misero a commentare come non c’era più rispetto: – Un figlio giovane sull’asino e un padre stanco a piede. Che vergogna!
Giufà, colpito dai commenti, fece scendere suo figlio e montò lui in groppa all’animale, dicendo: – Vediamo se adesso va bene!
Continuando a camminare, incontrarono delle donne, che subito commentarono: – Che vergogna! Un uomo grande e grosso sull’asino e un bambino affaticato a piede. Che padri snaturati!
Allora, Giufà pensò che, per non farsi più deridere o criticare dalla gente, era meglio salire entrambi in groppa sul somaro.
E così fecero.
Accadde che, incontrando due uomini, si sentirono dire: – Guardatevi! Voi tranquilli e riposati e quel povero somaro sta morendo di fatica! Vergognatevi! Siete senza Pietà.
Giufà, stufo delle continue critiche, decise che sarebbero stati padre e figlio a portare sulle spalle il somaro – Spero che nessuno abbia niente da ridire, adesso!
Ma, giunti al villaggio tutta la gente che li vedeva si metteva a ridere a crepapelle e li prendeva in giro.
Giufà, rassegnato, rimise l’asino per terra e, insieme al figlio, riprese a camminare a fianco l’animale.
Rivolgendosi al figlio disse: – Ascolta, qualsiasi cosa tu faccia non puoi trovare tutti d’accordo.
L’importante è fare quello che ti pare giusto fare.

Qualcuno sa – per caso – perchè sono felice ?

Interruzione improvvisa di ossigeno al cervello, ATTENZIONE ATTENZIONE!!

Tutto ciò che seguirà è da leggere, rileggere per tentare di capirci qualcosa, non capirci niente, capirci tutto, capirlo sbagliato, e poi alla fine si chiude e si dice: vabbò sù tutti Minciati cù l’uossi aruci

E’ la seconda volta che provo a iniziare questo intervento e per la seconda volta s’è concluso con un “chiudi mozilla firefox, si lo voglio chiudere in buona e cattiva sorte, finchè alt+f4 non ci separi” e vai a dormire.
Che cambia oggi non lo so, magari niente.
Mi sono sforzato – giuro – di fare un post divertente, che almeno rido io…e ce l’ho pure in mente…che racconta dei milanesi.
Ma per adesso c’ho tutti i pensieri che gravitano intorno a me con accelerazione angolare costante, e se non ci metto qualche freno và a finiri cà scoppio (cit.)

C’ho un problema: stamattina e ieri mattina s’è ripresentato. Pare che la cosa sia in via di sviluppo, i medici dicono che se presa in tempo posso ancora recuperarmi. Qualche dose di Masini endovena pare dovrebbe bastare. Ero felice. ora..il problema non è essere felici (che in realtà non so bene cosa sia insieme ai motel e ai moti armonici), il problema è non sapere perchè lo si è, felici.
Cazzo è tremendo, sei lì che ti chiedi con la testa fra le mani e i capelli fra le dita e mentre ti viene da grattarti ma c’hai le mani che accarezza la barba che è figo sentire quello struscio che t’aiuta a concentrarti…dicevo… sei lì che ti chiedi perchè sei felice, e va finire che felice non lo sei più. principalmente perchè pensi che se non sai cosa pensi e perchè lo pensi, che pensi a fare se non riesci a pensare a ciò che pensi ? non pensate anche voi ? io penso di sì.

Stanotte ho fatto un sogno bellissimo, solo che non lo ricordo.
E speriamo che domani mattina io so d’esser felice (la formulazione della frase con l’altalena fra congiuntivo e condizionale era difficile, così Congiuntivo ha detto a Condizionale che è troppo sibillante è che dice sempre cose che non sa se farà…vediamo insomma!)..felice perchè non so cosa c’ho..magari è questo..tu non sai che c’hai e sei felice, lo sai e si finiu u spassu (perdono Giacomo di Recanati, qualcuno indosserà il cilicio per me).
Ora che ci penso..se faccio uno più uno (a parte cà tutto deeeepeeendee) i motivi per essere felici sono inversamente proporzionali al carico di studio che si prospetta giorno dopo giorno, e poi inizia a far caldo e il mio cervello non c’ha na ventola per pigliare aria.
Quando penso mi guardo i piedi, me l’ha detto Daniele l’altro giorno. Secondo me è perchè la testa si riempe di tempeste “pensierose” ( leggesi film ) e tende ad essere pesante…in effetti è vero: sei pensieroso-ti guardi i piedi-sbatti la testa in un palo coglione guarda dove stai andando-dici una parolaccia a scelta fra le molte in circolazione (buttana ra miseria è la mia preferita)-non hai più pensieri che ti costringono a chinar il capo-alzi lo sguardo-ti rivieni in mente che c’è qualcosa che stavi tentando di ricordare…e così via fin quando non si finiscono i pali e arrivo a casa!

Oggi c’era un cielo bellissimo fuori, era normale.
Oggi è venuta a trovarmi Antonella, tutto normale.
Oggi ho camminato parecchio e ora i miei piedi hanno un credito con duli.
Ah si, tutto è più semplice quando togli i sassi dal fiume. Riesco a fare quello che voglio senza parole d’ordine, accessi in codice numeri e pin da dire al momento opportuno…dario ringrazia.
Ovvio, se ognuno dicesse quello che gli passa per la testa sarebbe un mondo migliore…ma pare che quando ci provi io faccio i danni.
“Nulla è lineare” diceva lo Storti, il mio professore di filo-elettrotecnica.
Prevedo che i problemi tenderanno ad accumularsi a valle, sono già lì ad aspettarmi i bastardi.
Chissà se funziona il “lei non sa chi sono io!!” con dio..

Perché dovrei affliggermi ora?

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Tung Men Wu, vissuto a Wei, non si afflisse quando il figlio morì… Sua moglie rimase sconcertata e gli disse: “Nessuno al mondo amava il proprio figlio quanto te, perché non ti affliggi ora che è morto?”. Egli rispose: “Non avevo figli, e quando non ne avevo, non mi affliggevo.
Ora che è morto tutto è come prima, quando non avevo alcun figlio. Perché dovrei affliggermi ora?”

»

[Annullate le previste modifiche]

Piccoli Gioeli crescono (forse): parte seconda

Direttamente dal diario di mia madre sulla mia infanzia:

14 Agosto 1996:


…ti sei ricordato che papà ti aveva promesso che potevi farti il giro in bici nella strada di Busita. io t’ho fatto scendere e subito dopo una vigorosa pedalata…al solito sei sempre “furioso”..è iniziata una discesa, non sei riuscito a controllare la bici e dopo poco sei caduto a capofitto, ho sterzato subito a sinistra e t’ho preso per portarti in ospedale, dove ti hanno dato due punti al sopracciglio sinistro e ho visto che ti sei ridotto la faccia malissimo..”
[…]

“Dopo 48 ore ti abbiamo fatto la T.A.C e abbiamo visto che tutto andava bene.
Tu dopo hai fatto il primo giro in bici


Oggi: sono a casa, beh sono da solo. mamma è al lavoro e mio fratello è ancora uno studente “di quelli forzati”. Ho la musica forte, che la sente tutto il palazzo e oltre. fra meno di una settimana ritorno a milano, dovrò fare la strada inversa e non sono tanto sicuro che adesso i cata-siciliani siano disposti a spingersi per oltrepassare quel gate. del resto anch’io tenterò di prolungare il più possibile la mia permanenza al di qua, io su quel coso pilotato da Caronte nun ci voglio proprio andare.
Beh dai iniziamo, vi devo raccontare di come sono arrivato ad oggi, ad essere quello che sono: sicuro ho sbattuto molte volte la testa.
Beh si, dopo esser nato, aver tentato di sfondare ogni cosa che si intromettesse tra me e i cassetti della cucina pieni di oggetti tanto inutili quanto buoni d’assaggiare..ecco sono cresciuto. Beh cresciuto è una parola un pochino grossa, diciamo che mi son nati i dentini e tante nuovi pensieri per conquistare il mondo: ecco ora se trascuriamo i denti del giudizio (che chissà per quale misterioso motivo tardano a nascere), solo i dentini si sono “realizzati”.

Il primo incidente che ricordo è stato il più stupido, ma che m’ha procurato un 2/3 punti di sutura dietro nella nuca: sotto il tavolo di calcestruzzo m’era caduta na biglia, mi chino la prendo m’alzo sbatto piango. e così adesso, ogni volta che voglio tagliarmi i capelli corti devo raccomandare al barbiere di nascondere quella cicatrice, beh si sulle cicatrici non ricrescono più i capelli.
Altro incidente insanguinato: m’avevano regalato il super liquidatore nuovo, beh non datemi mai una cosa che spruzza acqua nelle mani ( niente riferimenti eh ), dopo mio fratello e mio padre toccava a mia madre: ma ho calcolato male le distanze e sono finito dritto dritto nel cancello ferrato: e così c’ho na cicatrice pure sulla tempia e anche lì devo stare attento dal barbiere: 3 punti di sutura e siamo a 6. promemoria: buttare acqua addosso alla gente può arrecare seri danni alla salute. buon risultato ma è ancora poco. possiamo migliorare.
Casa di mia nonna, ero più piccolino. meno di 6 anni. na volta sbatto sulla spalliera di una sedia, 2 punti al naso. quella volta non lo ricordo.
Sempre da mia nonna, questo è uno dei più significativi…
preparo con cura la scenografia, un cuscino a terra e uno fra le mani: mi metto sul divano, m’alzo prendo la mira e mi butto di testa. dovevo prendere il cuscino…e se non l’avessi preso avevo quello nelle mani..beh..adesso so che sotto il mento non mi cresce più la barba. e che l’attrazione gravitazionale è più giusta di quanto pensassi. e altri 2 punti s’aggiungono alla mia collezione. 8 punti. sto migliorando sempre più.
Ancora più piccolo, avrò avuto 4 anni. Veglia di pasqua: io dico..ma perchè cavolo torturare i bambini e portarli in una chiesa dove tutti hanno sonno, anche il prete ne ha, se poi puoi andare in momenti più tranquilli dal prete e chiedere “scusascusascusa ho dimenticato di santificare le feste, e chiedo perdono anche per gli altri peccati già che sono qua. grazie.cià” ? bah, io dovevo andarci e dovevo pure impegnarmi: dovevo pur far capire a mia madre che non volevo stare lì. Vi siete mai chiesti perchè i bambini quando li portati in chiesa piangono a dirotto ? beh cazzo non è che le presentazioni d’apertura fra bebè-sacerdote siano delle migliori.. “senti bello mio, tu ora entri a far parte della nostra cricca, ma prima ti devo buttare un pò d’acqua qua e qua e qua. “
partiamo dal presupposto che nessuno m’ha chiesto se volevo essere lì e se volevo entrare a far parte di partiti,associazioni e fan club.. poi ok..mi devi buttare anche l’acqua sulla testa..almeno abbi il buon senso di accendere lo scaldabagno no ? e poi che cazzo mi fai i flash in faccia che sto dormendo…e mamma e papà che cazzo c’hanno da essere felici ? bah…
si ecco, così è capitato che quando s’è finita quella messa siamo tornati a casa e io ero felice, d’esser tornato a casa. pensavo pure fosse mattina data la lunga e santa runfata. Così mi sono messo a saltare sul lettone (saltare sul lettone è una delle gioie della vita che mai dovrebbero esser private ai bambini), e saltachetisaltasaltapiùinalto son caduto. ma non per terra, banale. con la fronte sulla sponda del letto. cazzo che male..stavolta nessun punto di sutura, solo qualche cerotto traente. adesso in piena fronte ho un taglio neanche tanto orizzontale che mi ricorda che anche le cose più belle possono far male a volte. ( beh in realtà mi ricorda anche che devo migliorare la mia tecnica di salto sul lettone ).
Beh arriviamo all’ultima, che poi sarebbe la prima per coefficiente di avvicinamento alla morte. mia madre credo che lo ricordi tutt’ora quell’attimo. si mi riferisco all’incidente descritto nel mio/suo diario…io ricordo che dopo il patatrack lei scese dall’auto e mi alzò da terra e mi urlò: “riesci a star in piedi dieci secondi..prendo le scarpe ( ch’erano disperse sull’asfalto ) e metto di lato la bici (ch’era spalmata sull’asfalto) ok??”
io annuì, lei mi lasciò e io precipitai al suolo. lei mi riprese, corsa all’ospedale e due punti di sutura al sopracciglio: ora ho un sopracciglio leggermente storto e il ricordo che il freno davanti NON si deve usare neanche nelle emergenze. e non si deve correre troppo coi pedali se sotto il culo non c’hai almeno una cosa che abbia 26” di diametro.
In realtà ho capito che talvolta è meglio non frenarsi, che se magari non frenavo non cadevo. che prima di gettarsi a capofitto in un sogno, beh è meglio calcolare bene le distanze (non per niente mi sono iscritto ad ingegneria -LL). che anche troppa felicità fa male, così come troppa cocacola o troppa cioccolata..o saltare troppo in alto sul lettone!
…che non conta quanto sangue ti manca in circolo, quanto forte sia stata la botta, se c’avevi ragione o torto, se è colpa del tavolino troppo basso o del cuscino troppo piccolo..
48 ore sono un tempo sufficiente per rifarti un giro in bici: che t’abbia tradito o meno poco importa.

Strawberry fields forever

poco da dire, non vorrei inficiare ciò che segue: non amo l’inglese e non amo le canzoni in inglese.
ma c’è spazio ancora per un’eccezione, in fondo è tutta una questione di priorità…

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Let me take you down, ’cause I’m going to strawberry fields.
Nothing is real and nothing to get hungabout.
Strawberry fields forever.

Always, no sometimes, think it’s me, but you know I know when it’s a dream.
I think I know I mean a ’yes’ but it’s all wrong, that is I think I disagree.
Let me take you down, ’cause I’m going to strawberry fields.
Nothing is real and nothing to get hungabout.
Strawberry fields forever.
Strawberry fields forever.

»

Pinocchietto alla riscossa + sfogo beck’stiale!

oggi, dopo una lunga seduta di sauna a metà tra il letto e la doccia, ho deciso ch’era il momento: giro in centro. che poi il centro di milano non è che sia questa gran cosa che agli occhi di un forestiero potrebbe apparire. sisi ok, c’è il duomo. si e c’è anche una madonnina non indifferente. e la galleria ok ok..e poi ? mi direte via torino…beh e poi cos’altro ? la scala ? via montenapoleone? beh sostanzialmente odio girare i negozi alla ricerca di qualcosa che non so. primo: odio guardare e non avere, toccare e non prendere. annusarne l’odore e andare via. io in un negozio entrerei solo per l’aria condizionata: è chiaro, anche voi fate così!
secondo. per me le fasi del comprando sono queste: mi si bucano i pantaloni. maaammaaaaaaa ci puoi mettere una pezza?sisi scippa pure una tasca…(passano un paio di giorni): mammaaaaaaaaa quante tasche aveva quel pantalone ? come una sola ? sigh!
e così sono costretto ad umiliarmi e andare in un negozio in cui tutto costa più di quanto hai nel portafoglio, tutto tranne quel paio di pantaloni – per altro anche carini – di cui non c’è la tua misura. io credo che ci sia una congiura da parte di tutti coloro che indossano la mia taglia: già li vedo messi dietro l’angolo a fiondarsi sui pinocchietto in offerta della taglia 42/44, la mia ecco, proprio quando mi vedono entrare alla ricerca del sostituto al mio vetusto indumento…
beh si..non so la mia taglia, ho già mille altri numeri da imparare a memoria: il numero di casa mia, la targa della macchina mia, di quella di mia madre e di mio padre, di tutte quelle persone che hanno una macchina comune, e di tutte quelle persone che “comuni” non sono. il mio numero di telefono, e quello di tutti coloro per cui non posso aspettare che il mio amato n95 mi dica il loro nome (si ho un cellulare talmente figo che mi dice chi mi chiama, cosa vuole da me e della mia vita e la scusa da inventare nel caso non vuole che io risponda). ed è per questo che ho bisogno di mia mamma quando vado a comprare il paio di pinocchietto per rimpiazzare il caro estinto (r.i.p). a dire il vero talvolta ho dovuto confessare, non con estremo e visibile pudore, alla commessa di turno se potesse sbirciarmi nei pressi del fondoschiena alla ricerca dell’etichetta chiarificatrice. che poi recentemente ho scoperto che sta tanto più in giù, all’altezza del cavallo ecco (c’è chi lo chiamerebbe scecco, ma questa è un altra storia). ecco mia madre è la soluzione più semplice ai miei problemi. e non parlo solo dei vestiti, sì sono un terrone mammone del cazzo ma almeno ho una mamma che mi vuole bene io.
dicevo..mia madre è la soluzione. entriamo in un negozio, massimo due. lei entra e come se annusasse nell’aria l’offerta del 60% del pinocchietto stra-fico con taaante tasche (sono molto utili quando ti si bucano i pantaloni e non hai voglia di spogliarti in camerini pieni zeppi di maniaci) e cerniere moooolto lunghe (odio quei caz..z…ops..cavolo di cerniere di circa 2 cm). si dirige. vede, occhiata veloce la sua. mi chiama: “ninniii” (si ok, ora lo sanno tutti. lei mi chiama ninni, non chiedetemi il perchè). io mi alzo dallo sgabello, che in teoria starebbe lì per coloro che devono provarsi scarpe e non hanno i calzini bucati ( che poi ha un suo fascino quando l’alluce fa capolino ). si, beh io ho risolto le noie rappresentate dalle commesse che t’invitano a lasciar posto a coloro che hanno veramente bisogno di quello sgabello, per’altro scomodissimo: mi slaccio una scarpa e lascio il tallone fuori. loro penseranno che stia lì lì per togliermela e cambieranno zona. pff, dilettanti.
si vero, perdo sempre il filo del discorso…dicevo..m’alzo, provo a non intersecare la mia gamba destra col piede sinistro e mi dirigo da mia madre.

Lei: ti piacciono ?
Io: si tanto mamma (è chiaro che stia mentendo, voglio solo scappare da questo posto pieno di guardoni)

Fatto. torno a casa, mia madre è felice. ha speso poco e ci sono tante tasche. io sono ancora più felice. non ho dovuto neanche denudarmi e togliermi le scarpe, temendo che le scarpe di ginnastica m’hanno impuzzato i calzini che m’hanno impuzzato i piedini miei.
M’immagino, a milano che tento di comprare un paio di pinocchietto. Entro nel primo negozio di via torino, disorientato, mi guardo a destra e a manca. sono terrorizzato, è pieno di grandissimi cartelli colorati che mi ordinano in modo quasi feticista di provare quelle scarpe che respirano o quei pantaloni che c’han scritto nel culo ricco. che poi io ricco ce l’ho fra pane bianco e nutella, fra le cose che devo comprare al mercato. inizio a girare quel negozio, ma scopro presto che non c’è solo un piano, ma ben due: i miei problemi improvvisamente raddoppiano. ma poco più là una commessa sente profumo di pollo. coscia di pollo con la pelle bruciacchiata..che poi sarei io. sente profumo di gente persa, e gente persa è genta di cui bisogna rapidamente approfittare. si avvicina, io la vedo. non posso far altro che restare immobile, tremo. penso alla mamma. in fondo le volevo tanto bene. l’ultimo mio pensiero va a lei.
Commessa gentile con vestito imbarazzante: serve qualcosa ?
Io: beh, si..dovrei prendere un paio di pinocchietto…ma.. sto dando un’occh… Commessa gentile con vestito imbarazzante: che taglia porti ?
Io: ehm..credo la…(peso circa 65kg..sono alto 1.80, abito al civico 1..no questo numero proprio non serve.., 4023 6004…neanche questo ‘ttana della miseria ladra….dovrà pure calcolarsi in qualche modo questa taglia no ?) ehm..credo..si ecco..non la conosco con esattezza, dico la taglia..si cos’altro..ehm..si ecco (dove minchia sei mammaaaa?)
Commessa non più gentile con vestito imbarazzante: beh ecco si abbassi i pantaloni si metta a fare le capriole, quindi inizi a fare finta di starnutire, conti fino a trentatrè e saltelli su un piedi toccandosi la punta del naso mente canta “Vincerò”. almeno sapremo la taglia che porta…
Seconda Commessa non più gentile con vestito imbarazzante che parla con signora esperta del posto: ihihihih, deve essere ancora inizializzato…non sa ancora cosa gli sarà fatto…muahahahahah!!

Ecco è meglio se vado a fare compere con la mia mamma, almeno mi evito di cantare vinceròòòòò!!

ecco..dovevo raccontare della seconda parte della mia parte d’infanzia narrabile, poi ho pensato di parlare di stasera, poi credevo che un accenno al campanilismo fosse dovuto, ma sono caduto in una lunga storiella del perchè è meglio una mamma che un pinocchietto..ehm..ah no? non era così ?

Sono un pò dispiaciuto questa sera, ecco dispiaciuto non è la parola adatta. odio esser qualcuno, solo un qualcuno. ma non è neanche questo, ecco non lo so con esattezza. è una di quelle serate in cui manderesti calorosamente affanculo (ma con tanta cattiveria) aleandro baldi e la sua canzone inganna-popoli. ci sono cose che non possono essere comprese del tutto: ma ci sono persone che sarebbero disposte a tutto, a rinunciare a parte delle propria libertà per garantire un angolo di serena felicità a chi..si ecco.. a chi ? non so bene come sia accaduto, ma talvolta non è bene chiedersi perchè. il mondo gira e il tempo scorre: chiedersi perchè è superfluo, richiede troppo tempo. meglio fare anche se non si capisce. che qualsiasi strada da qualche parte mi porterà, via da qua di sicuro.
lontano del chiedermi perchè…

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Bone no ?