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Omnia mutantur

ok, c’ho pensato se farlo questo intervento. è un tantino diverso dagli altri, ora spiegherò il motivo.
E’ vicinissimo a un altro intervento, troppo vicino. rischia di diventare un diario e perderebbe entusiasmo. così perlomeno immagino.mi giustifico tuttavia dato che vi avevo avvertiti che le lunghe ore di attesa m’avrebbero smosso la testa, che vi ricordo s’avvita in senso antiorario.

bene, è un intervento diverso perchè non finisce con un punto, non espongo la mia tesi e voi zitti zitti a rosicare dentro. qua il problema è reale anche per me, e s’aggiunge alle tante cose di cui ragionare quando sei in un aeroporto con qualche paio d’ora in anticipo.
(i siciliani sono gente furba e lestofante perchè hanno decine di ore interamente dedite al pensare)

Ho parlato con un uomo, ieri..se vogliamo essere precisi e considerare la mezzanotte..l’altro ieri..a una domanda stupida ha dato una risposta superlativa, magnifica. veramente un gran d’uomo. lo stimo.
Oggi ho dovuto domandarmi ancora ciò che vi sto per dire, ciò che sento di vivere e/o essere. è un gran bel problema quando sei lì-lì per spiegare cosa hai in testa e la testa invece ti dice: “ma non è che quel che stai per dire è totalmente errato ? “
cazzo questo è un ammutinamento bello e buono. come quando porti l’auto dal meccanico: sono giorni che ti fa quel rumorino malefico, che t’urla nelle orecchie “fra 10 metri ti lascio a piedi, brutto umano viziato e presuntuoso“, così decidi d’andare dal dottore delle automobili. e lei muta, sembra che rida (dovrebbe starci il congiuntivo, ci sta un che ) di te. sembra che ti prenda in giro quando risali in auto, arrossato di rabbia e vergogna per la pessima figura col meccanico, lei è lì e riprende a far quel rumore fastidiosissimo da sotto il cofano.
così come quel figlioletto che prega il papà che lo porti dal dottore che gli fa male “qua qua e qua e poi qua e qua” e una volta dal dottore gli è passato tutto, tutto. na pasqua, lo vedi che saltella cogli amici.

“vieni qua figlio mio, vieni qua che ti devo dire una cosa (iu ti fici e iu ti lievu ro mienzu sorta ri delinquenti chi malafiura mi facisti fari ‘nto dutturi ? “

“Qual’è la forza misteriosa che m spinge a soffrire? Che sia la stessa che mi spinge ad amare? Cos’ho fatto ordunque per amare?

ok stop, potrei finirla anche qua. con questa frase scopiazzata dai miei pensieri di qualche anno fa. ma è bene che aggiunga qualcos’altro.
L’uomo saggio l’altra sera mi dice:
l’uomo ha bisogno per istinto di due cose che dovrebbero essere proporzionali: amare ed essere amati. l’una e l’altra cosa. insieme.
purtroppo è un mondo difficile e spesso insieme non vanno. ed è così che l’essere umano deve sopperire a una delle due con qualcosa di diverso: o ricchezza, o potere o sesso.
ma l’uomo tenterà sempre di amare ed essere amato. insieme.

Lo credo anch’io: Amare non mi basta, oh sono bravissimo eh, ma non mi basta. è come mangiare il cornetto e non gustarsi la punta al cioccolato o come mangiarsi un panino intero e far scivolare sbadatamente per terra l’ultimo boccone. [trattasi volutamente di esempi denigratori, è già tutto pomposo per natura ridere non uccide nessuno].
Essere amati d’altro canto non è sufficiente. talvolta diviene perfino indesiderato,fastidioso, si odia la gente che sarebbe disposta a darti la vita. (vd. Ballata dell’amore cieco). ecco per fare un esempio…a chi non è mai capitato quella cazzo di mosca che trova eccitazione nel fare “bzzzz” dietro il tuo orecchio, preciso preciso di fronte al timpano proprio nel momento migliore del tuo sonno?
Credo che quando si verificano entrambe, quando si è ama e si è amati – magari tutto con lo stesso soggetto – quello è un vero momento felice. come una mosca che fa bzzz nella punta del cornetto algida per intenderci. [torniamo seri]

ma se tutto ciò diventa una mia necessità, amare…come posso non credere che tutto va a puttane, che l’amore non è che merce scambiata, che non diventi un banale bisogno dell’uomo al pari di mangiare e urinare ?
è davvero un passatempo ? e cosa mi rassicura dal fatto che l’amore verso quella donna/uomo (barrare solo una delle due opzioni, grazie) è amore vero, e non soltanto un bisogno? la persona che ti sta accanto è lì per soddisfare un tuo bisogno ? è uno scambio equo di favori? perchè?

cosa mi spinge ad amare ? e perchè ? e come starei senza ? e perchè ?


P.S: vorrei che i codardi mettessero un punto come commento..sisi un piccolo punto e che gli altri – gli sperti coraggiosi – mettessero il loro pensiero, la loro risposta. ringrazio tutti per la collaborazione. vi assicuro che a questo intervento risponderò ai commenti, eccezione.

Pinocchietto alla riscossa + sfogo beck’stiale!

oggi, dopo una lunga seduta di sauna a metà tra il letto e la doccia, ho deciso ch’era il momento: giro in centro. che poi il centro di milano non è che sia questa gran cosa che agli occhi di un forestiero potrebbe apparire. sisi ok, c’è il duomo. si e c’è anche una madonnina non indifferente. e la galleria ok ok..e poi ? mi direte via torino…beh e poi cos’altro ? la scala ? via montenapoleone? beh sostanzialmente odio girare i negozi alla ricerca di qualcosa che non so. primo: odio guardare e non avere, toccare e non prendere. annusarne l’odore e andare via. io in un negozio entrerei solo per l’aria condizionata: è chiaro, anche voi fate così!
secondo. per me le fasi del comprando sono queste: mi si bucano i pantaloni. maaammaaaaaaa ci puoi mettere una pezza?sisi scippa pure una tasca…(passano un paio di giorni): mammaaaaaaaaa quante tasche aveva quel pantalone ? come una sola ? sigh!
e così sono costretto ad umiliarmi e andare in un negozio in cui tutto costa più di quanto hai nel portafoglio, tutto tranne quel paio di pantaloni – per altro anche carini – di cui non c’è la tua misura. io credo che ci sia una congiura da parte di tutti coloro che indossano la mia taglia: già li vedo messi dietro l’angolo a fiondarsi sui pinocchietto in offerta della taglia 42/44, la mia ecco, proprio quando mi vedono entrare alla ricerca del sostituto al mio vetusto indumento…
beh si..non so la mia taglia, ho già mille altri numeri da imparare a memoria: il numero di casa mia, la targa della macchina mia, di quella di mia madre e di mio padre, di tutte quelle persone che hanno una macchina comune, e di tutte quelle persone che “comuni” non sono. il mio numero di telefono, e quello di tutti coloro per cui non posso aspettare che il mio amato n95 mi dica il loro nome (si ho un cellulare talmente figo che mi dice chi mi chiama, cosa vuole da me e della mia vita e la scusa da inventare nel caso non vuole che io risponda). ed è per questo che ho bisogno di mia mamma quando vado a comprare il paio di pinocchietto per rimpiazzare il caro estinto (r.i.p). a dire il vero talvolta ho dovuto confessare, non con estremo e visibile pudore, alla commessa di turno se potesse sbirciarmi nei pressi del fondoschiena alla ricerca dell’etichetta chiarificatrice. che poi recentemente ho scoperto che sta tanto più in giù, all’altezza del cavallo ecco (c’è chi lo chiamerebbe scecco, ma questa è un altra storia). ecco mia madre è la soluzione più semplice ai miei problemi. e non parlo solo dei vestiti, sì sono un terrone mammone del cazzo ma almeno ho una mamma che mi vuole bene io.
dicevo..mia madre è la soluzione. entriamo in un negozio, massimo due. lei entra e come se annusasse nell’aria l’offerta del 60% del pinocchietto stra-fico con taaante tasche (sono molto utili quando ti si bucano i pantaloni e non hai voglia di spogliarti in camerini pieni zeppi di maniaci) e cerniere moooolto lunghe (odio quei caz..z…ops..cavolo di cerniere di circa 2 cm). si dirige. vede, occhiata veloce la sua. mi chiama: “ninniii” (si ok, ora lo sanno tutti. lei mi chiama ninni, non chiedetemi il perchè). io mi alzo dallo sgabello, che in teoria starebbe lì per coloro che devono provarsi scarpe e non hanno i calzini bucati ( che poi ha un suo fascino quando l’alluce fa capolino ). si, beh io ho risolto le noie rappresentate dalle commesse che t’invitano a lasciar posto a coloro che hanno veramente bisogno di quello sgabello, per’altro scomodissimo: mi slaccio una scarpa e lascio il tallone fuori. loro penseranno che stia lì lì per togliermela e cambieranno zona. pff, dilettanti.
si vero, perdo sempre il filo del discorso…dicevo..m’alzo, provo a non intersecare la mia gamba destra col piede sinistro e mi dirigo da mia madre.

Lei: ti piacciono ?
Io: si tanto mamma (è chiaro che stia mentendo, voglio solo scappare da questo posto pieno di guardoni)

Fatto. torno a casa, mia madre è felice. ha speso poco e ci sono tante tasche. io sono ancora più felice. non ho dovuto neanche denudarmi e togliermi le scarpe, temendo che le scarpe di ginnastica m’hanno impuzzato i calzini che m’hanno impuzzato i piedini miei.
M’immagino, a milano che tento di comprare un paio di pinocchietto. Entro nel primo negozio di via torino, disorientato, mi guardo a destra e a manca. sono terrorizzato, è pieno di grandissimi cartelli colorati che mi ordinano in modo quasi feticista di provare quelle scarpe che respirano o quei pantaloni che c’han scritto nel culo ricco. che poi io ricco ce l’ho fra pane bianco e nutella, fra le cose che devo comprare al mercato. inizio a girare quel negozio, ma scopro presto che non c’è solo un piano, ma ben due: i miei problemi improvvisamente raddoppiano. ma poco più là una commessa sente profumo di pollo. coscia di pollo con la pelle bruciacchiata..che poi sarei io. sente profumo di gente persa, e gente persa è genta di cui bisogna rapidamente approfittare. si avvicina, io la vedo. non posso far altro che restare immobile, tremo. penso alla mamma. in fondo le volevo tanto bene. l’ultimo mio pensiero va a lei.
Commessa gentile con vestito imbarazzante: serve qualcosa ?
Io: beh, si..dovrei prendere un paio di pinocchietto…ma.. sto dando un’occh… Commessa gentile con vestito imbarazzante: che taglia porti ?
Io: ehm..credo la…(peso circa 65kg..sono alto 1.80, abito al civico 1..no questo numero proprio non serve.., 4023 6004…neanche questo ‘ttana della miseria ladra….dovrà pure calcolarsi in qualche modo questa taglia no ?) ehm..credo..si ecco..non la conosco con esattezza, dico la taglia..si cos’altro..ehm..si ecco (dove minchia sei mammaaaa?)
Commessa non più gentile con vestito imbarazzante: beh ecco si abbassi i pantaloni si metta a fare le capriole, quindi inizi a fare finta di starnutire, conti fino a trentatrè e saltelli su un piedi toccandosi la punta del naso mente canta “Vincerò”. almeno sapremo la taglia che porta…
Seconda Commessa non più gentile con vestito imbarazzante che parla con signora esperta del posto: ihihihih, deve essere ancora inizializzato…non sa ancora cosa gli sarà fatto…muahahahahah!!

Ecco è meglio se vado a fare compere con la mia mamma, almeno mi evito di cantare vinceròòòòò!!

ecco..dovevo raccontare della seconda parte della mia parte d’infanzia narrabile, poi ho pensato di parlare di stasera, poi credevo che un accenno al campanilismo fosse dovuto, ma sono caduto in una lunga storiella del perchè è meglio una mamma che un pinocchietto..ehm..ah no? non era così ?

Sono un pò dispiaciuto questa sera, ecco dispiaciuto non è la parola adatta. odio esser qualcuno, solo un qualcuno. ma non è neanche questo, ecco non lo so con esattezza. è una di quelle serate in cui manderesti calorosamente affanculo (ma con tanta cattiveria) aleandro baldi e la sua canzone inganna-popoli. ci sono cose che non possono essere comprese del tutto: ma ci sono persone che sarebbero disposte a tutto, a rinunciare a parte delle propria libertà per garantire un angolo di serena felicità a chi..si ecco.. a chi ? non so bene come sia accaduto, ma talvolta non è bene chiedersi perchè. il mondo gira e il tempo scorre: chiedersi perchè è superfluo, richiede troppo tempo. meglio fare anche se non si capisce. che qualsiasi strada da qualche parte mi porterà, via da qua di sicuro.
lontano del chiedermi perchè…

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Bone no ?