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Attenzione, prostitute !

Che la razza umana non sia uniforme per modi, costumi, colore della pelle, dimensione del mignolino è risaputo.
Che nella stessa persona ci siano delle inesattezze, anche questo è noto.
Io stesso ho un alluce più lungo di ben 2mm rispetto all’altro che è un pò più timido ma sempre d’alluce si tratta (L’alluce è il ditone del piede, per chi come me lo chiama ancora così).
Dovrebbe risultare chiaro ed evidente, quindi, che ognuno di noi è differente per conformazione fisica (vd. forma dell’alluce) e mentale.
Il contadino si spacca la schiena per andare al mercato con un carico di frutta.
Il muratore si fa venire l’ernia al disco per portare i piccioli a casa spendere gli altri in birra Dreher.
La professoressa ha lasciato una mezza decina di diottrie su dei libri per chiarire a degli alunni ciò che gli alunni non vogliono che gli sia chiarito.
L’ingegnere (come non inserire questa categoria) ha dato 10 anni della sua vita in pasto a dei professori, dei libri, dei computer per costruire ponti, per abbatterli, per diventare uomo e per dare un futuro all’umanità. E per distruggerla. Fa tutto lui in poche parole.
Ora…perchè dovrei sorprendermi se una prostituta si spacca il culo (e non è soltanto una metafora) la notte per vivere una vita (di giorno) più che dignitosa ?
Dovrei condannare la sua scelta ? E chi mi difenderebbe dai suoi commenti per la mia scelta di vita (è sbagliata forse?) ?

Quello che mi sorprende (e che a taluni pare essere miele nel deserto) è che ci sia gente che offre a tutti coloro che ne vogliono usufruire di uno degli apparati più recettivi, sensibili, preziosi e protetti che il nostro corpo ci fornisce. Non sto parlando dell’alluce, minchia (fuochino…).
Mi sorprende, ma non critico nessuno è. Lontano da me, dalla mia volontà e dal mio apparato ogni cosa è lecita. Per quanto mi riguarda.
Dicono che serva a fare esperienze mostrare il proprio apparato a chi si prenota per primo (ma anche per i secondi e per i terzi e così via pare ci sia posto). Io ‘sta cosa non l’ho capita mai, voglio che qualcuno me la spieghi.

Come un toro che va fino al macello.

Gli strumenti che ho a disposizione mi informano che non scrivo dal 25 Novembre, ma, fortunatamente, gli attimi che sanciscono gli attimi importanti della mia esistenza è svincolata dagli interventi che vengono pubblicati in tale blog.
Gli strumenti che ho a disposizione, con identica puntualità, mi informano che è giunta l’ora di svuotare il sacco di emozioni che ho ordinatamente accatastato nei pochi angoli vuoti del mio cervello.

Come un toro che va fino al macello. Ecco, è di questo che il cervello straborda, e devo trovare al più presto qualcosa per tappare questa falla. Che bene non fa a nessuno.
Come un toro che va fino al macello.
Non è che sia un tipo di molti ideali, poche sono le bandiere che sventolano dal balcone dei miei pensieri. Giusto quel paio di punti fermi, che talvolta tremano, ma che il più delle volte conducono i miei giorni per mano, verso lidi sempre migliori. Così almeno si spera.
E uno di questi punti fermi – e ne sono abbastanza certo – è il tentativo di allontanarmi/scappare/annientare la mediocrità. In tutte le sue forme, la mediocrità in me è una cosa che ripudio. Meglio essere un abile truffatore che un discreto impiegato, qualcosa del genere ecco. Essere il migliore, in cosa saranno le circostanze a deciderlo.
Ma come quel naufrago che più tenta di sfuggire alla furie delle onde e più viene risucchiato giù, come quella pianta che più mira in alto e più s’affloscia sul fragile gambo così io, scappando dalla mediocrità, mi trovo unito ad essa in un abbraccio ripugnante.

Avrò avuto 10 anni, o forse più (conosco l’età “esatta” degli eventi della mia vita perchè ho un termine di paragone fisso fra gli 8 e i 9 anni, e divido la mia vita in prima e dopo). I miei divertimenti erano compresi tutti fra un PentiumIII con 800Mhz di processore e 512mb di Ram e la strada. Mediocre. Il pc era un buon pc, ma non il massimo. In strada ricordo esattamente di non essere il leader, mi facevo rispettare ma non ero un leader. Funzionava così: se eri bravo col pallone eri il capo del gruppo. Se non lo eri al massimo bussavano alla tua porta quando mancava un portiere o quando nessuno voleva contare a nascondino.
E io potevo contare solo sulla agile corsa e la forza nel tiro. Niente eleganza, solo furbizia e potenza fisica.
Dopo un paio d’anni, in strada non scesi più. Niente più calci ad un pallone sotto il sole d’estate, in mezzo ad una strada dove anche le auto non riuscivano a capirci. Niente più fughe a casa col cuore in gola perchè avevi tirato forte contro l’auto nuova del vicino. E i segni del pallone erano rimasti indelebili su quello sportello. Scappa, scappa: e se il pallone è il tuo inizia a pregare.
A scuola il migliore lo sono stato raramente. Così urlava la pagella a fine quadrimestre. “Il ragazzo è intelligente, è che non si impegna” erano le parole che mia madre era costretta a subire durante i colloqui. Nè il migliore, nè il peggiore. ‘Nto mienzu.
Non ho voglia continuare a raccontare episodi, storielle. Solo vecchie storielle, che conservo per i figli e i nipoti.
E adesso mi ritrovo qua a scrivere su un mediocre letto, conducendo una vita (ancora) ignota, sanza ‘nfamia e sanza lodo.
Quando ho iniziato a scrivere questo intervento (e quindi prima che mi venisse in mente il vortice di pensieri che conduce alla scrittura) mi chiedevo come accade che colui che fugge l’ignavia, ci si ritrova invischiato come una mosca in una tela. E la mosca in quella tela ci lascia l’ultimo sospiro.
Ma alla fine qualcosa l’ho trovata, non sono mediocre in tutto. Almeno così il mio cervello suggerisce.
Ambizione. Sfrenata ambizione. Brama d’assalto ai miei sogni. Senza riscontri effettivi per adesso, ma nella mia testa ho tutta una vita. Disposto a sacrificarmi, a sacrificare per ottenere ciò che voglio. Come quando correvo più veloce degli altri per sfuggire dalla morsa del vicino con l’auto impallonata, correvo per arrivare per primo nel nascondiglio migliore.
Farsi il culo (non ho trovato espressione equivalente) per sfondare di soldi, per poter far ciò che si vuole quindi.
Sono il migliore, si chè lo sono. Le migliori ambizioni stanno dentro di me, e di questo ne sono certo quanto la mia mediocrità nelle restanti abilità.
Come un toro che va fino al macello.
Ecco, si è vero. Un’altra cosa che mi distingue. Impulsività. Come un toro, che purtroppo, va fino a questo macello. C’è poco da vantarsene, ma è così che son fatto ed è così che dico.
E lele ci prova a mettere i paletti, ci provo a non dare calci agli agrumi e pure a comprendere come sui tram tutti ascoltino le tue parole. Bisogna stare attenti, devo stare attento. Ma pare che non mi sia concesso sbagliare, che tutti lo sanno:
Come un toro che va fino al macello.
Io al macello non è che voglio andarci, anzi. Sono un toro gentile, educato e rispettoso della brava gente. Quella gente che è totalmente diversa dai piccoli e grandi bovini intorno a cui sono cresciuto.

Come un toro che va fino al macello.
E’ il Sacro Libro che dice ciò: un toro da monta che va fino al macello. Qualcosa continuo a non capirla, qualcosa tento di comprenderla, e qualcos’altro non lo capirò mai.

“Ditemi una cosa: non è vero che io vi sembro molto brutto?”
“Vero, sì”, rispose “perché io non sono avvezza di dire una cosa per un’altra; peraltro vi credo buonissimo di cuore.”
“Avete ragione”, disse il mostro, “ma oltre all’essere brutto io non ho punto spirito, e so benissimo d’essere una Bestia.”
“Non è mai una Bestia”, rispose, “colui che crede di non avere spirito. Gl’imbecilli non arriveranno mai a capire questa cosa.”
“Se avessi un po’ di spirito”, disse la Bestia, “farei un complimento per ringraziarvi: ma io sono uno stupido; e tutto quel che posso dirvi è che vi sono obbligato.”

Sulla carta igienica in eccesso.

Aspè aspè sono un pò confuso. E un pò sta lì per convenzione, perchè ad onor del vero non dovrebbe starci. E’ da circa una vita che Mamma mia mi ripete che “cù nun pensa avanti avanti all’uttimu suspira”. Che colui che non pensa all’indomani, l’indomani perirà.
C’ho messo un pò a capirla sta cosa (naturalmente anche per questa volta un pò è simbolico): a chi – e come – potrà mai giovare pensare su ciò che ancora non è accaduto, e quindi ogni parola a riguardo risultare vana. A me no.
Poi quando mi scordavo di comprare la nutella e così dovevo riuscire da casa perchè pane senza nutella non sa buono, quando non facevo la lista della spesa e mi ritrovavo a casa otto confezioni di carta igienica e dodici scatole di cotonfiocchi, quando ho dovuto spendere di tasca mia 30€ perchè avevo frantumato il vetro del bagno, quando ho dovuto spendere di tasca della mamma lo stipendio di un mese perchè non avevo riflettuto abbastanza su cosa stavo “disegnando”, è in quei momenti ( e altri momenti ) che mi sono venute in mente le parole della mamma.

Che sia chiaro, a volte la nutella finisce anche a me e distruggo ancora oggetti preziosi senza un motivo giustificabile: ma tento di portarmi avanti avanti.
E scusatemi se sono un tanticchiedda cunfusu quando mi sento dire parole tipo vediamo, ci penseremo, mancano ancora tanti mesi.
Nessun pretesa di anticipare il futuro: solo che non voglio sentirmi dire potevi dirmelo prima, col cazzo (leggesi affatto) che voglio sentirmelo dire.
Poi magari sbaglio io, ma allora mamma mia deve darmi delle spiegazioni.
Ecco, mizza!

FDC – 2

Se volete potete cliccare qui.
L’ozio di questi giorni mi ha fatto pensare molto: tutti sanno che stare su un letto a grattarsi l’ombelico è il miglior modo per pensare molto.
E poi uno non è che pensa, così, e poi non finalizza.
Pensi-Scrivi. Rileggi-Ripensi-Elabori-Agisci (o continui a grattarti l’ombelico).
Ho pensato di descrivere la situazione che mi circonda dopo aver sciolto le redini del mio destino, ma poi ho pensato che un bel post campanilistico non sarebbe stato malaccio. E poi ho pensato di far l’unico anche mentre navigo nei campi elisi e parlare della mia morte. E anche questo non era malaccio. Poi mi sono messo a leggere i miei vecchi post sul mio vecchio blog e ho pensato che un bel post nostalgico stile “rimembri ancora quel tempo della tua vita mortale quando beltà splendea” non poteva certo arrecare danno a nessuno.
Infine mi son sentito tanto confuso e adesso non so neanche perchè sto qua a pigiare tasti.
Quando la vita per un attimo ti sorride, come una donna incontrata per la strada e mai più rivista, quando le foglie cadono dagli alberi e tu sei lì ad ammirarle, quando tutto ciò che ti circonda ignora la tua presenza e tu non fai altro che goderne, quando provano a morderti i tendini e tu stai lì che saltelli con una fune gioendo..ecco, perchè io dovrei continuare a pigiare questi stupidi tasti ?
C’è un mondo là fuori che è marcio, e io porgo saluti e gentilezze ai miei futuri boia preferiti. E io non mi curo dell’attimo, e della pioggia e delle zanzare. Non posso far altro che ringraziare il corso degli eventi, provare a introdurre un elemento magico e illudermi che sia tutto frutto di qualcuno che mi vuole bene.
E guardarmi intorno, e non dover più lottare per ottenere ciò che m’è stato ingiustamente tolto. Non più adesso, adesso che nessuno può togliermi ciò che sta a fianco a me. Nemmeno ingiustamente.

“Pedicabo ego vos et irrumabo”

[Agli studenti del corso di diagnostica]
Nella condizione umana c’è una verità: che tutti gli uomini mentono. La sola variabile è su che mentono. (House)

Ecco io non sono cattivo, e io non dico tante bugie. Soprattutto quando si avvicina il periodo in cui bisogna mandare la letterina a Gesù Bambino, quando arriva il momento che la verità fa del male e quando mia madre mi consiglia gentilmente di osservarla. Suona così all’incirca: “Guardami negli occhi G-I-O-E-L-E, guardami negli o-c-c-h-i “. Ecco soprattutto quando mi guarda negli occhi, dovrebbero farla lavorare in quei tribunali americani ed eliminare i giuramenti sulla bibbia.
Però sarei uno sciocco se pensassi che ognuno di noi ha una mamma come la mia che gli chiede di guardarla negli occhi. E così sono stato costretto a sviluppare un’altra personalissima riflessione. Ecco io non voglio fare il buono della situazione, ma io non darei tanta fiducia alla gente che c’è in giro. Si, ecco lo dico. C’è da stare attenti, in pochi si dispiacciono davvero della tua miopia.
Ecco io non ci riesco. Parto dal presupposto che ogni persona che mi sta vicino ha in realtà un desiderio represso e irrefrenabile di infilarmi la mano nelle tasche – aprire il portafoglio – prendere il danaro – sputarmi in un occhio – tirarmi una ginocchiata nel setto nasale – lasciarmi morire dissanguato – tirarmi il portafoglio sul corpo ormai esangue.
Mi sono posto la domanda, che sono la personificazione del lupo detto “di mala coscienza”, quel lupo che come opera pensa. E può pure darsi che io lo sia.
Ma scusami tanto se ti punto la canna di questo fucile tra le orbite, e scusami tanto se non mi chino a prenderti la saponetta. No, neanche un secondo.
Scusate se io penso a me stesso, se penso che quello che mi sta davanti in tram è un pippatore e se quella donna che ha appena svoltato l’angolo è una mangiauomini.
Pongo sul volto d’ogni uomo una maschera da cannibale, e se ci sarà sotto un volto di un ladro ne sarò piacevolmente compiaciuto.

In fondo c’è da scegliere se vivere dietro un mirino per una vita e annuire sorridendo quando questa, giunta al termine, mi sussurrerà ad un orecchio di aver cannato con la mia teoria. O di andare in giro per strada a chiedere alla prima buttana che passa di premere quel grilletto rivolto verso di me. Lo chiedessero a me esiterei, ma cosa ne posso sapere io delle puttane che girano per la strada.
Scusate, amici che ancora non vi conosco, se i primi giorni che condivideremo non vi rivolgerò la parola se non per farvi notare quel ridicolo brufolo. E scusate, amici che miei non lo sarete mai, se non porterò mai il mio setto nasale al di sotto del vostro mento. Dritto e all’insù, il mio naso, lo sarà finché avrò ossigeno da respirare.
E, scusate per ultimo, se decido io a chi consegnare l’esclusiva di essersi avvicinato tanto da poter conoscere la marca del mio dopobarba.
Che di gente sul tram che mi vuole stuprare, là fuori, ce n’è fin troppa.
*

Oggi, un pò di ieri e tanto domani.

E’ un periodo in cui mi mancano le parole. Me ne sono reso conto: immagini, video, canzoni. I post che necessitavano l’intervento del mouse per scender pagina sono ormai vecchi, sono ormai parte di quel magazzino sempre troppo pieno. Un magazzino che ha scritto all’entrata “Ricordi”.

Mancano solo le parole, per il resto sto accumulando carriole di nuovi ricordi. Ben presto dovrò far riaprire il magazzino dei ricordi felici, di sicuro ci sarà tanto ordine. Beh, lo ammetto: non sussiste la possibilità che ci sia del caos là dentro, ma ci stiamo lavorando affinché avvenga :)

Non sono particolarmente triste oggi, beh diciamo che non ho ancora bisogno del giro lento in macchina. Domani vado a Milano, fra due settimane ho un esame importante, ho passato un’ottima estate che adesso è finita…ma non riesco a stare triste.
Oh cazzo oh cazzo, no forse non mi sono spiegato. Oh cazzo.
Che davvero stia cambiando ? Niente più “fasi martufe” ? Aspè un attimo Gioele, non cambiar tanto in fretta…cioè..si cambia…oh cazzo sì sono disorientato.
Ho un mondo da imparare, e io sono nella fase “aiutati col battere le mani e scandiscimi la parola casa”

Ca (clap)- Sa (clap)

Imparo in fretta, si fa così e così, questo lo devi fare e quest’altro no: è poco umano.
Li posso mostrare i denti serrati quando sono incazzato ? Ah…non devo mai essere incazzato ?…
Vabbè…ok..lo ammetto: non è facile, anzi.
Via libera ai ricordi tristi, due immagini di quest’estate: sbatabum!
C’ho in cantiere un pensiero sulle errate valutazioni degli attimi di vita. Ci penserò.

(sigh)

…perchè ritorno da te (e viceversa!)

Mamma, son tanto felice
perché ritorno da te.
La mia canzone ti dice
ch’è il più bel sogno per me!
Mamma son tanto felice…
Viver lontano perché?

Mamma, solo per te la mia canzone vola,
mamma, sarai con me, tu non sarai più sola!
Quanto ti voglio bene!
Queste parole d’amore che ti sospira il mio cuore
forse non s’usano più,
mamma!,
ma la canzone mia più bella sei tu!
Sei tu la vita
e per la vita non ti lascio mai più!

Sento la mano tua stanca:
cerca i miei riccioli d’or.
Sento, e la voce ti manca,
la ninna nanna d’allor.
Oggi la testa tua bianca
io voglio stringere al cuor.

Mamma, solo per te la mia canzone vola,
mamma, sarai con me, tu non sarai più sola!
Quanto ti voglio bene!
Queste parole d’amore che ti sospira il mio cuore
forse non s’usano più,
mamma!,
ma la canzone mia più bella sei tu!
Sei tu la vita
e per la vita non ti lascio mai più!
Mamma… mai più!

…………………………………………………………..

Per amarti senza amare prima me
vorrei essere tua madre…
Per vedere anche quello che non c’è
con la forza di una fede
per entrare insieme
nel poema del silenzio
dove tu sei tutto quello che sento;
per amarti senza avere una ragione,
tranne quella che sei viva,
e seguire il fiume della tua emozione
stando anche sulla riva;
leggerei il dolore
da ogni segno del tuo viso
anche nell’inganno di un sorriso.
Vorrei essere tua madre
per guardarti senza voglia,
per amarti d’altro amore;
e abitare la tua stanza
senza mai spostare niente,
senza mai fare rumore:
prepararti il pranzo
quando torni e non mi guardi,
ma riempire tutti i tuoi ricordi.

Ma il problema vero è se ci tieni tu
ad avermi come madre:
fatalmente non dovrei spiegarti più
ogni gesto, ogni mia frase:
mi dovresti prendere
per quello che io sono,
non dovrei più chiederti perdono.
Vorrei essere tua madre
anche per questo,
e mille e mille altre ragioni:
ti avrei vista molto prima,
molto presto,
e avrei scritto più canzoni:
forse ti avrei messo in testa
qualche dubbio in più,
cosa che non hai mai fatto tu…
Forse ti avrei fatto
pure piangere di più,
ma non hai scherzato neanche tu…

Troppo cerebrale



«

Troppo cerebrale per capire che si può star bene senza complicare il pane
Ci si spalma sopra un bel giretto di parole vuote ma doppiate
Mangiati le bolle di sapone intorno al mondo
E quando dormo taglia bene l’aquilone
Togli la ragione e lasciami sognare, lasciami sognare in pace
Liberi come eravamo ieri dai centimetri di libri sotto i piedi
Per tirare la maniglia della porta e andare fuori
Come Mastroianni anni fa, come la voce guida la pubblicità
Ci sono stati dei momenti intensi ma li ho persi già

Troppo cerebrale per capire che si può star bene senza calpestare il cuore
Ci si passa sopra almeno due o tre volte i piedi come sulle aiuole
Leviamo via il tappeto e poi mettiamoci dei pattini per scivolare meglio sopra l’odio
Torre di controllo aiuto sto finendo l’aria dentro al serbatoio

Vuoti di memoria non c’è posto per tenere insieme tutte le puntate di una storia
Piccolissimo particolare ti ho perduto senza cattiveria
Mangiati le bolle di sapone intorno al mondo
E quando dormo taglia bene l’aquilone
Togli la ragione e lasciami sognare, lasciami sognare in pace

Libero come ero stato ieri ho dei centimetri di cielo sotto i piedi
Adesso tiro la maniglia della porta e vado fuori
Come Mastroianni anni fa, sono una nuvola, fra poco pioverà
E non ho niente che mi sposta o vento che mi sposterà

»

L’ho sentita sopra il letto mio preferito, in un infelice giorno di luglio. Ma non l’ho capita. Potrei pensare che non era il momento adatto per ascoltarla. Pare che stamattina invece lo era: mi sono svegliato col motivetto in testa, e la continuo a riascoltare finchè qualcuno non mi tirerà una tazza di porcellana in testa.
C’ho pure tutta la mia spiegazione personalizzata di questa canzone, ma non voglio imprigionare le riflessioni di nessuno: sto zitto stavolta. Niente geniali interpretazioni.

Troppo cerebraleTroppo cerebraleTroppo cerebrale(x31)

FDC – 1

Questo potrebbe diventare presto un intervento senza senso.
Spesso lo diventano interventi su cui c’ho pensato per giorni, e c’ho pure fatto uno schemino per non divergere. C’ho voglia di scrivere, perchè anche se non accade nulla di significante la mia testa gira a mille. Soprattutto quando finisco – la sera – di studiare, di studiare la presunzione di uomini che chiaramente non hanno avuto un granchè da fare nella loro vita ( leggesi equazioni di Newton, frigoriferi di Sir Clausius e stufe di Lord kelvin n.d.r ).
Potrebbe pure tutto ridursi a una serie di citazioni di canzoni, che attenuano – più che mai adesso – il flusso dei miei pensieri.
aivostripostiprontipartenzaVIA.
Pensavo a quale fosse il modo migliore per aumentare le visite a questo spazio (uno degl’interventi futuri sarà un’analessi con tema principale “questo blog” ), e sono giunto alla conclusione che il modo migliore “per riempirmi la posta elettronica di commenti di gente ignota” sarebbe, semplicemente, non parlare più di sè stessi.

“Agli scrittori piace solo la puzza dei propri stronzi” [Henry Charles Bukowski]

Non siedo sul mio solito letto, è questo mi scombussola tutto: non sono neanche solo in stanza e c’ho pure Vecchioni che m’urla nelle orecchie. Se esce na stronzata prendetevela con Roberto e Giulia, che poveretta pare pure che studi ( mammmmiina, papeeeetttooo buum!).
Siamo in periodo esami, c’è caldo e freddo e siamo a Luglio. E di solito a luglio si sta a poltrire sul divano della Propria casa. Ma mi comunicano dalla regia che sto diventando grande, che un mese di ferie “m’avasta e m’assupeccia“, e che per le lamentele si prega di rivolgersi all’ufficio “Peter Pan è morto, fattene na ragione”.

Me l’ha appena inviato mia madre:

“E adesso so che bisogna alzare le vele e prendere i venti del destino, dovunque spingano la barca. Dare un senso alla vita può condurre a follia, ma una vita senza senso è tortura dell’inquietudine e del vano desidero; è una barca che anela al mare eppure lo teme.”

George Gray
“Antologia di Spoon River”


Sto adesso adesso ascoltando la canzone che ti passerò, ma questa è troppo preziosa per citarla fra le sole virgolette, che non voglio peccare di leggerezza.
Questione di priorità, scusatemi.

Ora che ci penso (sto chiaramente in uno stato di confusione…) se riduco la totalità dell’universo femminile a un quattro elementi circa, bene se voi andrete da queste a chiedere di me…la metà di loro vi dirà che sono un’utilizzatore, e che la misoginia zampilla altissimalevissimapurissima dal mio animo. E – non sapendo se ciò appena sentito sia cosa buona o giusta – i restanti elementi vi diranno che sono solo un peter pan un pò troppo cresciuto, che mi basta poco per prendere i venti del destino

Mi manca un tanto così lo so, eppure continuo a cadere nel burrone che m’ha rubato gli anni migliori. Sono fatto così, sono ancora lì a prendere a testate quel muro e son convinto di distruggerlo: sono fatto così.

C’ho pure pronto il prossimo intervento: il protagonista stavolta sarà un supermercato!
Solo che è un intervento allegro, e non si può scrivere di cose allegre quando a giorni c’hai l’esame più importante dell’anno…e poi devo ancora documentarmi meglio, devo andare in prima linea!
C’ho sonno stop, mi butto sul mio letto preferito; si letto mio adorato, non ti amo più! Ti tradisco col letto della 267 (o la 226 che dir si voglia…sono POLIgamo), si proprio con lui. e comunque non c’ha le sponde larghe, è solo un pò in carne!
E chi dice che le sponde larghe non siano affascinanti -LL ?

Fine FlussoDiCoscienza.

‘U patinnosstru di li fimmini

Bene, questo è un post leggermente diverso dai soliti.
Quelli che s’aspettano dietro lo schermo una persona razionale e sensata sono pregati di passare al post successivo.
Non voglio deludervi.
Dicevo, questo è un post diverso: non sono semafori o catanesi o valigie sodomizzate i protagonisti. Stavolta è un post quasi normale. Vi racconto com’è nato. Quando sono tornato in paradiso ad inizio mese, ho preso un libro che m’avrebbe ricordato le mie origini anche al di qua dell’Italia.
“U ditturi Pruvulazzu”, il dottore “Polvere” letteralmente. E’ una raccolta di poemetti messi raccolti da un poeta popolare Giuseppe Bonafede (soprannominato Zù Rusà ) – chiaramontese – nel metà ‘900.
Diviso in temi, i primi racconti che ho letto sono stati quelli dedicati alle donne.
Fanno sorridere e riflettere, spesso avevo attirato lo sguardo della ragazza accanto a me, in autobus, per le mie risate in solitaria.
Tutto normale, m’avrà preso per pazzo.

Di seguito cito qualcosa di un racconto (in realtà vanno letti nella loro interezza ma sono piuttosto lunghi e copiare il dialetto siciliano non è uno scherzo). E’ vivamente sconsigliata la lettura ai non isolani.
Rischierebbero di sentirsi esclusi.
Spesso i racconti hanno come motivo principale il dialogo fra due tipi, tante cose vi son dette e in alcune mi trovo in disaccordo.
(http://www.geocities.com/vocabolariosicilianoitaliano/, provate se v’aiuta…in caso v’aiuto io)

Tuttavia, data la natura fortemente misogina del racconto ho pensato (bene ?) di riequilibrare il tutto, e così citerò anche una canzone di Gaber (di cui segnerò in grassetto le parti che secondo me sono da rileggere due volte. Avanti…tre volte).
Sembra che abbia detto tutto, se ho qualcos’altro da dire lo dirò.

Secondo me la donna
Secondo me la donna e l’uomo sono destinati a diventare uguali.
In questa nostra epoca la civiltà si è data un gran da fare per attenuare certe differenze che erano causa di profonda ingiustizia. C’è stato un graduale avvicinamento nel modo di comportarsi, di sentire, di pensare, insomma di vivere… Fino alla tanto sospirata ‘parità’…
Però, secondo me all’inizio di tutto c’è sempre una donna.
Secondo me la donna è donna da subito. Un uomo è uomo a volte prima, a volte dopo. A volte mai.
Secondo me una donna è coinvolta sessualmente in tutte le vicende della vita. A volte persino nell’amore.
Secondo me una donna innamorata imbellisce. Un uomo… rincoglionisce.
Secondo me in un salotto quando non c’è neanche una donna è come recitare in un teatro vuoto. Se invece non c’è neanche un uomo, tra le donne si crea una complice atmosfera di pace. Appena arriva un uomo è la guerra.
Secondo me un uomo che dice di una donna “quella lì la dà via” meriterebbe che a lui le donne non gliela dessero proprio mai.
Secondo me una donna che dice ad un uomo con cui sta facendo l’amore “Come con te con nessuno” andrebbe comunque arrestata per falsa testimonianza.
Secondo me per una donna che non ha fortuna in amore non si può usare il termine “sfigata”.
Secondo me gli uomini si sono sempre occupati del potere sulle cose, le donne del potere sulle persone. Ma questa è seria…
Secondo me le donne quando ci scelgono non amano proprio noi… forse una proiezione, un sogno, un’immagine che hanno dentro. Ma quando ci lasciano siamo proprio noi quelli che non amano più.
Secondo me una donna che si offre a un uomo sessualmente ed è respinta rimane sconcertata. Non ci può credere. Il suo primo pensiero è che lui sia omosessuale, ma in genere questa versione non regge. E allora pensa: ‘Eh già, lui si difende… ha paura di essere troppo coinvolto emotivamente… oppure si sente bloccato dall’eccessiva eccitazione…’ Il fatto che lei possa non piacere è un’ipotesi che non può assolutamente prendere in considerazione.
Donna, l’angelo ingannatore. L’ha detto Baudelaire.
Donna, il più bel fiore del giardino. L’ha detto Goethe.
Donna, femina maliarda. L’ha detto Shakespeare.
Donna, sei tutta la mia vita. L’ha detto un mio amico ginecologo.
Si, si secondo me la donna e l’uomo sono destinati a rimanere assolutamente differenti e contrariamente a molti io credo che sia necessario mantenerle se non addirittura esaltarle queste differenze. Perchè proprio da questo incontro/scontro tra un uomo ed una donna che si muove l’universo intero.
All’universo non gliene importa niente dei popoli e delle nazioni. L’universo sa soltanto che senza due corpi differenti e due pensieri differenti Non c’è futuro

Secondo me la donna
di Gaber – Luporini

Bene adesso cito il mio bel libro terroncello:

Zio Rosario:
…levativilla rò pinsieri,
cà un c’è armali cciù ddannusu ra muggeri
Mariano:
Ma sintiti nù mmumientu
si tutti avissiru ssu sintimientu
e nessunu si maritassi
tuttu u munnu un si briassi?…

Zio Rosario:
…binirittu l’uomo schiettu
sempri à cinu lu vurziettu..
Fimmini parrini e sbizziali
sempri arrassu ci ata a stari!

Zio Rosario:
…porta l’uomo suttaterra
marditta cu la ferra!…
Ca si a fimmina avissi a cura
fussi u diavilu in fiura
sulamenti divi pinzari
ca quannu u diavilu a vitti nura
tantu u cacazzu ca piggiau
ca sutta o liettu si ‘mpurtusau
ca lu stissu Salumuni
si l’aggiuttierru comu un passuluni.

Zio Rosario:
…si tu quetu vuoi campari
nun ti divi maritari
e si fai ss’appuzzunata
ti la cianci la picata.

‘U patinnosstru rò Zù Rusà

Pattrinnostru ca stati ni li celi
la fimmina è cciu amara di lu feli;
Santificatu sia lu Vostru Nomu.
La fimmina a lu ‘nfiernu porta l’uomo,
Vegna a n’autri lu Vostru Regnu
La fimmina fa veniri lu sdegnu
Sia fatta la vostra santa vuluntà;
Ni la donna un c’è mai na virità;
Comu ni lu cielu accussi ‘nterra
Unni fimmini c’è, c’è sempri guerra;
Ratini lu pani cutiddianu
Di li donni tiniemini luntanu,
E pirdunati li nuostri piccati
Li donni tutti finti li truvati
Comu nui pirdunamu a li nnimici
Pi la donna si casca ni la pici;
Cascàri un ci faciti in tentazzioni
La donna è trarimientu e finzioni
Ma libbirati a n’autri d’ogni mali
La fimmina è nu ‘ncifiru ‘nfirnali,
Accussi ssia, Signuri, accusi ssia,
La donna a casa i diavilu trascinìa.