Ieri ultimo giorno di lavoro. Ed è stato più sconvolgente del primo, più “raccontabile” di tutto gli altri giorni di lavoro di queste due settimane. Sembrerebbe tutto normale, inizio alle 22-stiramento della colonna vertebrale su un letto per le 6:30 (dopo aver fatto colazione con latte e biscotti chiaramente).
Le cose importanti sono tutte successe in quelle 8 ore di estenuante lavoro.
A inizio serata finito il mio lavoro in sala mi sono prodigato ad aiutare la povera Michela, cambusiera. Mentre stavo togliendo il bianco dagli spicchi di mandarino Antonella, l’accompagnatrice ai tavoli (e non solo…), raccontava come s’era fatta regalare per il suo anniversario di fidanzamento un paio di scarpe. Seguiva una digressione con l’altra cameriera sui metodi per far capire al compagno come e cosa farsi regalare. Io al solito mio ascoltavo, non annuivo nè sorridevo: sbucciavo i miei mandarini per i fatti miei. Ma quando il cane non abbaia è il padrone a infastidirlo, così Antonella mi rivolge la parola:
Lei: “Zittu zittu Gioele è un fimminaru…vero? Mio nonno lo dice sempre: t’ha scantari ri chiddi cà nun parranu”
Io: “Uhm…eh..si, coff coff (sono raffreddato da giorni)”
Lei: “Ce l’hai la zita Gioele?”
Io: “Si” [No, ho detto si? Perchè cazzo ho detto si? Ma che…cosa? spero non domandi altro..]
Lei: “E’ modicana?”
Io: “Nono, non è siciliana” [Ma cazzo continuo. Muto muto! Pipa Pipa, ma che minchia m’è preso…c’ho la bocca che ha problemi di connessione? Mah…speriamo si fermi qua!]
Lei: “Hai visto Gioele zittu zittu…”
Fortunatamente i mandarini si esaurirono e io scappai da quell’interrogatorio che stava mettendo in crisi cervello cuore e bocca in un sol colpo.
La capo del mio capo ci convoca tutti in sala, il locale sta aprendo. Vuole cambiare le coppie di lavoro per variare un pò e poi non vorrei che l’ultimo giorno Gioele…
Cosa Cosa? cosa potrebbe capitarmi l’ultimo giorno? Non lo sapremo mai perchè non terminerà la frase.
Le ore scorrono veloci, all’una la pista è ancora deserta mentre i tavoli iniziano a riempirsi. Al privè si accomodano i soliti figli di papà, quelli che per l’epifania in dieci hanno speso circa 700€ a vodka e champagne. All’una e mezza già non si può più passare, la gente si è scatenata al ritmo di musica. Musica che a me fa giusto muovere il ginocchio a ritmo, magari con qualche consumazione muoverei anche l’altro.
Dalle 2 alle 3 è l’orario critico. La gente ha solitamente già preso la prima bottiglia e adesso ne vuole ancora. A me e al mio primo capo spettano 5 tavoli. Non sono molti, ma bisogna considerare che per raggiungerli bisogna attraversare per intero la pista da ballo e che oltre al servizio ai tavoli ho la responsabilità di raccogliere i bicchieri che la gente sparge per il locale.
Ecco puntualmente in queste ore il mio capo cameriere (che tengo a dirlo ha il mio stesso ruolo) inizia a fare il pagliaccio, scrocca un bicchiere di ogni bottiglia che stappa e inizia a scherzare con le signorine. Ieri a un certo punto l’ho visto in ordine in consolle che ballava-in cucina con il rossetto di qualcuna stampato ovunque sulle sue labbra (sembrava il suo…)-seduto su un divano dicendo di non farcela più. In più ho trovato un altro ragazzo addetto alla pulizia del locale (i bicchieri sono molto fragili, figuriamoci in mano agli ubriachi che pretendono di ballare) che si era nascosto dietro un divano, seduto fumandosi una sigaretta. E io ignaro di tutto questo chiamavo la capo del mio capo (che si strusciava con le femmine) chiedendole di mandarmi aiuto, che c’era da sparecchiare il 4 il 5 e il 6 e che il 7 lamentava una bottiglia di vodka mai arrivata. E il mio capo toccava le tette a qualche troia. Quando poi un mio ex compagno delle elementari con cui ho sempre litigato per la contesa di una ragazza (e poi è un figlio di papà, che non studia e non lavora=merda) mi ha fatto inzuppare tutto il cravattino in un bicchiere di champagne non c’ho più visto. Ho richiamato la capo del mio capo e le ho detto che a fine serata dovevo parlarle. Mezz’ora dopo la situazione era invariata, io sembravo la pallina in un incontro Nadal-Federer e il mio capo per rimanere nelle similitudine era l’attore protagonista di “Tutti gli uomini preferiscono Selen”.
A un certo punto sarà il maledetto raffreddore che mi fa tossire come un vecchio da tre giorni, sarà che non si respira con tutto quel caldo e sarà quel fumo che usano nei concerti che rendeva l’aria irrespirabile…sarà come sarà ma sono dovuto uscire fuori per non tramortire al suolo con una crisi respiratoria. Mentre ero intento a tossire tutta l’aria che avevo nei polmoni la capa mi vede, mi dice che adesso è lei che mi deve parlare e mi toglie il vassoio dalle mani. Licenziato per qualche colpo di tosse?
Ci sediamo in un divanetto e allora senza che lei apra bocca le dico ciò che ho meditato in tutta quella sera. Zittu zittu fino a un certo punto, buono si babbu no. Le dico che non mi sono fermato un attimo, che “c’è gente che fuma, gente che s’imbosca e gente che balla”. Le dico che io sto facendo la mia ultima giornata di lavoro in quel posto, ma che questo non cambia il motivo della mia collera. Non si prendono dei soldi per ballare, o per stare seduti. I soldi li metto in tasca se sudo, se quando torno a casa ho le gambe doloranti e la coscienza pulita avendo dato il massimo.
Lei mi risponderà che vede tutto, sa chi non lavora e chi lavora. Mi ha visto che “ho spinto tutta la serata”, che non mi sono fermato e che “forse faccio troppo”. Che purtroppo alcuni ragazzi le sono stati imposti dai suoi superiori, e che conosce i limiti del suo personale. Parliamo per un venti minuti buoni, lei mi dice come la pensa riguardo il modo di lavorare. Le racconto delle mie esperienze lavorative precedenti, quando prendevo a quattordici anni 25€ per lavorare 11ore consecutive (senza pause neanche per la tosse: epica quella volta nel 2006 che lavorai con la colite), quando il mio datore di lavoro si nascondeva dietro la porta per trovare il pretesto per sbraitarci. Le dico che io voglio dar il massimo di me, voglio lasciare la migliore impressione possibile e che non riesco a stare seduto se c’è del lavoro da fare. E se sono pagato bene, e se ne ho necessità non mi fermerò finchè il lavoro non si sarà esaurito.
Finita la chiaccherata mi sento più sollevato: mi ha detto che sa quanto lavoro, l’ha visto, m’ha visto spingere ininterrottamente dall’una fino alle quattro. Mi stanno riconoscendo i miei meriti, e non c’è combinazione di oki e RedBull che possa farmi sentire meglio. Anche se per la tosse mi sono dovuto ingoiare una quantità schifosa di caramelle alla menta.
A fine serata, le 6 del mattino, dopo aver preso la mia paga e aver messo la firma faccio il giro di saluti. In realtà solo il proprietario e la capa del mio capo sa che sarà l’ultimo giorno di lavoro lì. La mia capa mi abbraccia sinceramente, non me l’aspettavo, mi dice che le ha fatto piacere lavorare con me, che andrò lontano e che queste situazioni lei le ha vissute prima di me e sa cosa si prova.
Ma è il proprietario, nonchè capo della mia capo del mio capo, che mi lascia di stucco. E’ un maschio quindi mi stringe la mano, senza abbracci. E mi dice hai fatto davvero un ottimo lavoro. Hai lavorato in una maniera ottima, quando tornerai passaci a trovare, ci sarà sempre lavoro per uno come te. Veramente complimenti, hai fatto un lavoro eccellente.