Resoconto dettagliatissimo della serata di ieri. E altro.

Ieri ho compiuto un salto nel passato interessante. E c’ho pure guadagnato.
Avevo 13 anni e mezzo, ed era sabato: la prima volta che lavoravo “ufficialmente”. In realtà quel giorno non feci molto, era il mio primo giorno di lavoro in una pizzeria e soprattuto c’era Milan-Inter. Credo che non diedi l’impressione di essere un gran lavoratore quella sera; sarà anche per questo, forse, che il mio primo giorno di lavoro non coincise con il mio primo salario.
Da quel sabato fino ai diciotto anni ho trascorso il sabato sera vicino a un lavandino/friggitrice/forno/motorino per consegne.
Il lavoro è semplice, un quattro-cinque sabati ti permettono di saper cosa fare senza che qualcuno ti dia dritte. La paga è misera e la fatica è troppa. Guadagnavo 25euri a sabato, poi 30. Poi mi licenziai: volevo 35euri e non me li volevano dare. Me ne andai a lavorare dove 35euri me li davano. Dopo un pò non mi bastavano più e ne volevo 40. Poi mi licenziai, ne volevo 45. E il capo era un fottuto stronzo.
10 ore di lavoro, eseguite quasi per intero in piedi-di corsa-a quattro zampe. Non seduto, chiaramente. Quando ti va bene durante tutto l’arco della giornata lavorativa non hai crisi. Altrimenti verso le 11 avverti uno spiacevole senso di morte prossima. E’ ‘nta accianata cà si provunu i scecchi. Io ero solito lavarmi la faccia più volte e prendermi un caffè. E poi pensavo al letto di casa mia, e avevo brividi orgasmici lungo tutto il corpo. Dopodichè ero pronto a concludere la serata.

Cazzo, 4euro l’ora (la mia massima paga mai raggiunta), senza contributi, per 10 ore di lavoro dovrebbero sembrare pochi anche a chi questo lavoro non l’ho mai fatto. E’ il caso di fare una dicotomia: chi ha lavorato in una pizzeria e chi non c’ha mai lavorato ma anche chi ha lavorato nei campi e chi no, chi ha lavorato coi muratori e chi no, chi può comprarsi un motore nuovo e chi ha bisogno dei 25euro del sabato per la benzina, chi ha bisogno di capire cosa è il Lavoro e chi no. Tertium non datur.
Che poi pizzeria (o ristorante che sia) è facile a dirsi: io ho una particolare idea di cosa vuol dire lavorare là dentro, e il più delle volte non coincide con gente che ha lavorato in una qualsiasi pizzeria.
Istituirei un servizio di leva: dai 14 ai 15 anni si lavora in una pizzeria scelta dal sottoscritto tutti i sabati del mese. Portare e farsi portare rispetto, imparare ad aprezzare il denaro, comprendere le dinamiche della vita concreta, interagire con la fatica sono solo alcune delle parole chiave che stamperei nel manifesto di propaganda del mio servizio di leva appena ideato. E mi sa che dovrei metterlo obbligatorio…

Ieri sera è stata una bella giornata di lavoro. A fine serata non strisciavo a terra (ma sarebbe bastata un ora in più e bum!), ricordavo dove erano messi i piatti da primo, con quale sapone pulire la lavastoviglie a fine serata, come tagliare il prezzemolo e come interagire coi tipi che si fanno portare la pizza a casa per farmi riempire le tasche di mance. Erano gesti della mia adolescenza, e ogni movimento di ieri mi ricordava i miei pensieri di anni fa. Quando raccoglievo la legna e vedevo passare la ragazza più bella della classe andare a mare, quando canticchiavo con la testa interamente dedicata alle cose da fare prima di morire mentre preparavo il pomodoro per le pizze, quando attendevo impazientemente un messaggio e intanto lavavo montagne di piatti, quando andavo a fare consegne e al ritorno in pizzeria sfogavo tutto la pressione fra le macchine. Le risate in cucina nei rari momenti di pausa, i racconti dei grandi, gli aneddoti dei consegnatari. A un certo punto ieri mi sono chiesto se non fosse proprio questo il lavoro a cui sono naturalmente destinato. “Piacere, sono Giò il pizzaiolo laureato”. Se non fosse per la paga e per l’impossibilità di installare l’aria condizionata in cucina non suonerebbe proprio malissimo.
Concludo con un aneddoto da consegnatario di ieri sera. Porto queste tre pizze e una patatina (sineddoche) una casa di un tipo (che poi si scopre essere un tipo ricco e quindi la casa era una villa a due piani). Arrivo con la centoventisei, tiro il freno a mano, ripasso il prezzo da comunicargli e mi appresto a suonare al campanello. Solo che nonostante io provi a schiaccare il pulsante adibito ad avvertire la famiglia in questione che è arrivato il tipo delle pizze, nessuno mi risponde. Anzi sento una voce di una bambina provenire dal citofono stesso.

“Papà io c’ho fame, AAAAAAAAAAH, C’HO FAMEEE!”
“Stanno arrivando le pizze, ho chiamato più di mezz’ora fa…”

E io ero di fuori con le pizze a cuocermi le mani ad ascoltare questo scorcio di vita familiare…

“Ma quand’è che arrivano? AAAAAAAAARRGH!”
“Adesso provo a chiamare…”

A quel punto allora mi sono messo a suonare il clacson della macchina come se avessimo vinto i mondiali, ho iniziato a suonare tutti i pulsanti che trovavo senza leggere per bene a cosa erano adibiti.
Dopo cinque minuti mi ha aperto qualcuno, è sceso in ciabatte il padre e ho consegnato le pizze. 15euri e neanche uno di mancia. Ma vaffanculo va…a prossima vota a pizza mà manciu iu!

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