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Meh*

Sul perché scrivo qua non lo so. Il blog è morto, si sa. Ho perso la vena, si sa. E’ successo pressoché quando la romana è entrata nella mia vita. La correlazione in sé non prova che ci sia causalità. Rileggendo vecchi post non mi riconosco. Come ho mai potuto scrivere tali perle? Ho un altro problema. Sebbene scriva in italiano i pensieri spesso vengono fuori in inglese. Ciò crea problemi di traduzione vari e previene ogni sorgente di umore basata su interessanti giochi di parole. Gli ultimi post sono aridi, secchi. Vuoti. Non c’è niente negl’ultimi post che mi renda fiero di come scrivo.
C’è da dire inoltre che la mia vita è cambiata. Da povero adolescente soppresso da doveri e obblighi, costretto fra divani e amori vani sono presto diventato, una volta arrivato in Canada, un uomo responsabile della sua vita, con capacità economiche discrete con strade aperte avanti a me. Nel  corso della mia giornata tipo non c’è niente per cui lottare. Non c’è più quel digrignare i denti, quello sbattere le nocche sui muri, quel dipingere i muri che ha condizionato la mia vita adolescenziale. Credo che la gente che ancora legge questo blog sappia di cosa sto parlando. Nella mia giornata media di oggi vado a lavoro do il mio meglio vado a squash do il mio meglio torno a casa faccio le faccende e poi via di nuovo con un nuovo giorno. Non ho problemi, non ne ho. Non ne ho avuti in 2-3 anni. Il Canada mi sorprende sempre meno, d’altronde vivo a Victoria da tanto oramai (sebbene non c’è verso che riconosca Fort da View St.). Di cosa dovrei scrivervi? Cosa volete che vi scriva? Ci sarebbe quella gita che sto per fare in Brasile. Quella si che mi mette la felicità sotto i piedi e me li fa danzare a ritmo di samba.
La verità è una. La mia vita non è più vissuta giorno per giorno. Ho ancora obiettivi e sogni. Ma si dilungano, si allungano. Il mio prossimo obiettivo, di tipo lavorativo -si capisce, potrebbe essere raggiungibile fra un anno. L’avevo detto che sono lontani. Che stia diventando finalmente grande? E’ questo che succede? Non mi lamento di questa vita. Nè desidero quella precedente. A volte sono nostalgico si, è vero. Ma non troppo. Erano giorni duri e adesso sono dietro di me. Che siano il vento che soffia alle spalle e adesso sto tranquillamente galleggiando con le vele spiegate? Dovrei fare qualcosa al riguardo? Remare o lasciar la barca andare? Io queste domande le so tutte, sono le risposte che non so molto bene. Per adesso aspetto, non scrivo da nessuna parte e aspetto. Magari c’è un tornado avanti a me e un momento come questo non lo avrò mai più. Io mi sa che non c’ho voglia di remare. Non ancora.

 

*Meh – è un’interiezione in uso nei paesi angofoni utilizzata per esprimere indifferenza o insofferenza

Della morte e della vita (in Canada)

Della morte non se ne parla. Poi è troppo tardi e tutti giù a parlarne. Ne ho già parlato io, anni fa. Qualcuno non tanto caro ma caro abbastanza da essere personalmente impattato alla notizia era venuto a mancare. O morto. La gente odia dire la parola ed è così che gli eufemismi non si sprecano.
Quando lo stesso è accaduto qualche giorno fa io mi sono chiesto una cosa sola: come reagirei io se qualcuno così vicino a me morisse? E il pensiero mi ha devastato. Solo il pensare mi ha fatto alzare dalla sedia e girare in tondo. Se succedesse io uscirei matto. I miei mood swings oramai acquietati esploderebbero incontrollati. Per quanto ci pensi non c’è niente che mi possa preparare a quando avverrà. E avverrà. A quanti di voi è capitato di innamorarvi della persona sbagliata? Non è perché il vostro caro amico/a è stato lasciato/a di recente che voi non vi innamorati di uno stronzo. Ci sono sentimenti ed emozioni che non si impareranno mai, è come se ognuno viaggiasse sul proprio binario e niente ne può cambiare il suo corso. Uno pensa che una persona a noi cara ha dovuto vivere una morte, uno pensa che uno possa imparare da ciò e prevenire? No fuck that, there is nothing I can do, il binario non si sposta. Lui va.

Adesso sto qui a scrivere, davanti una piantagione di rabarbaro. La vita va avanti, o indietro se cambiamo il sistema di riferimento. Vivo in Canada da tre anni, a breve festeggerò il mio quarto Thanksgiving, lavoro per la compagnia del GPS da 2 anni, mi sono appena trasferito più vicino a downtown, ho conosciuto una persona che a breve lascerà il Canada permanentemente. Ho la vita in pilota automatico e al momento pare sia la scelta migliore. Ma la prossima curva, te lo assicuro, la faccia tirando il freno a mano.

Della pensata che ho fatto dopo il mio viaggio in Italia

Questo post l’ho iniziato a scrivere in Italia, a Milano. Sul letto di Giulia, che ha ancora il piumino blu con le penne che escono di fuori di tanto in tanto. Il contenuto di ciò che avevo scritto, se ancora vi interessa, lo trovate in fondo alla pagina.
Adesso mi trovo in Canada e tutto è cambiato: non ritengo più attinente ciò che avevo scritto e perciò ho iniziato da capo. O daccapo che si voglia dire.

E’ proprio questo il punto. Chiunque mi abbia incontrato nelle mie due settimane spente in Italia ricorderà gli elogi che ho speso nei confronti del Canada e della vita che vivo qui. Sono diversi i fattori che hanno contribuito e sottoscrivo tutte le ragioni che ho spiegato alle persone incontrate. Ma adesso vorrei aggiungerne un altro che ho potuto notare solo grazie a una pensata che ho fatto dopo una conversazione avuta con Joanna.

Il Canada è il mio foglio bianco, la mia bella copia. Dove non ho ancora fatto errori gravi, dove la gente non mi conosce ancora e dove il mostro è ancora a bada. Qui la gente conosce un altro Gioele che si chiama Joel o Joe a secondo della persona a cui chiedete. Raramente ho vissuto giorni tristi qui, nessuno ha lasciato un segno. Neanche un segnetto, tutto è scivolato via. Dinamiche familiari, posti della memoria e amori del passato non esistono qui in Canada. Un oceano, foreste di pini Douglas e una miriadi di laghi hanno bloccato tutto ciò. E lo dico perché quando torno indietro, quando torno in Italia, quel mostro (che a questo punto potremmo chiamarlo il ‘mostro italiano’) torna in me. Il turbinio di emozioni, la testa pensierosa e la Rabbia.
Se leggerete ciò che sta scritto giù, capirete quanto sono importanti i posti in cui sono cresciuto, in cui ho vissuto. Avrò speso centinaia di euro soltanto per dare un’occhiata a quei posti e per imprimerli nella mia memoria. Perché in fin dei conti quel mostro italiano sono io, lo devo ammettere. Se oggi scrivo su questo foglio bianco è perché ieri ho pasticciato sul foglio di prima. E pasticciando pasticciando che mi ritrovo qui.

Quando torno in Canada tutto scivola via, torno pulito. Mi sento puro. Mi sento leggero. Non esagero, ve lo giuro sul mondo: sto bene. Sto bene sebbene sto a parlare dell’Italia appena ne ho l’occasione e sento il bisogno di pensarti, Italia. E quei posti pure. E le persone, che diamine di speciale avranno che non smetto di sentirmi attratto a coloro che hanno segnato la mia vita? Amici dell’università tutti, familiari buoni brutti e cattivi pure, amori vari e indefiniti: sappiate che quando c’ho un momento io vi penso e vi immagino, che tornate a casa stanchi e che lavate i piatti sperando che quel fine settimana fuori porta arrivi presto. Io non smetterò un attimo di ricordarvelo, che io esisto. Che non uscirò dalla vostra vita per quanto lontano potete essere: un pezzo di me lo devo a voi e perciò non posso lasciarvi andare. Semplicemente non posso.

Gioele, Joel, Jo, Joe.

DCIM101GOPRO

 


 

La gente non pensa come me. Vede tristezza in assenza di sorrisi e legge problemi in facce pensierose.
Io non sono come la gente. Come il Muro ha dimostrato, spesso, mi affeziono più ai posti che alle persone. Le persone cambiano ogni giorno i posti no. Ci sono posti che non cambiano mai e a volte anche persone che cambiano mai, anche se spesso cambiano.
Così io vado a salutare i posti e le persone che mi sono importanti, che mi hanno cresciuto e che mi hanno cambiato. E se i posti e le persone sono lontane io aspetto e aspetto anche la notte io aspetto, anche la notte quando ad aspettare a lungo vengono i crampi.
E non so cosa dire, io non so mai cosa dire. Le parole giuste ho fatto sempre fatica a trovarle. Ormai non le cerco più che tanto io non son capace a spiegarmi. Io non ho congiuntivi e non c’ho bisogno di rallentare il pensiero quando non dico le parole. Anche le parole aspettano. E quando finalmente i miei piedi si affiancano a quelli di quelle persone quando i piedi siedono sui posti, in quel fottuto momento il tempo si ferma. Dopo aver aspettato per anni il tempo è adesso fermo, e corre e sta fermo. Ho fretta, che succedesse se mi conoscesse davvero per quel che sono? Il tempo è fermo e io ho fretta. E i piedi miei, e le parole e la mente hanno perso il controllo. Ho rovinato questo momento? Ho fatto la cosa giusta? Correre, via da qui. Che se i piedi sono seduti sui posti, le ginocchia invece non si tengono più in piedi. Devo sedermi e cercare di ricordare tutto. Fissare tutto in memoria. Quella fossetta sul labbro e quel fosso nella terra, i capelli cortissimi e il pozzo che dentro c’è il bau. Ricorda, ricorda. Non scordare. Che già non hai le parole. Non puoi scordare anche i ricordi. Resisti. Aspetta

La sinusoide (da non confondersi con la sinusite)

Riesco a sentire i tuoi battiti sulla tastiera, il respiro dentro al microfono , quasi percepisco i battiti del cuore attraverso la camicia, poi ti guardo negli occhi e ho paura. E’ bastato un attimo, un solo messaggio per riportarmi indietro con gli anni, anni di litigi e incomprensioni, di amore e di odio. Ricominciare a vivere … ne vale la pena? Se avessi una palla di cristallo avrei proprio svoltato … “imbocca la strada questa dritta di fronte a te, non quelle parallele, che poi sono senza uscita!” ma che pizza, io la palla di cristallo non ce l’ho, ho una testa, si, che però per queste cose non funziona neanche tanto bene (meno male che fin’ora non si è spaccata!). Perché esistono gli “altri?”, non potremmo semplicemente essere tutti come Raperonzolo che nonostante non sia mai uscita di casa le piomba il principe azzurro dentro la stanza?! Che gran botta di culo che ha! E invece no, io devo attraversare il Mondo, spendere ben 800 euro e andare fino in Canada. E se poi il mio principe azzurro si rivela, che ne so … un rospo? Va bene che la fiaba è al contrario ma la realtà non funziona proprio così.

Riesce a sentire i miei battiti sulla tastiera. Quella tastiera che adesso delimita il mio essere. 26 caratteri, centinaia per alcuni linguaggi. Combinazioni di questi caratteri generano infiniti numeri di parole diverse che tuttavia falliscono comunque a definire chi io sono, cosa sento, cosa provo. E quando una infinità di parole non riescono a esprimere una (1) emozione abbiamo un problema. L’altro giorno mia mamma mi ha scritto un messaggio su facebook: “Non importa quanto hai sofferto. Ti innamorerai di nuovo.”.
E’ verità. E’ realtà. Le fiabe non esistono e sebbene hai sofferto immensamente il prossimo ciclo è lì disposto ad aspettarti.
Ricominciare a vivere, ne vale la pena? E’ una domanda comprensibile, quel settembre sapevo che sarebbe successo eppur soffrivo. E mentre cercavo di rispondere a quella domanda ho risalito la cresta ed eccomi qua in cima al ciclo. Questa è la verità: per quanto sono andato in basso, per quanto spendessi del tempo a chiedermi se ricominciare a vivere avesse un senso, per quanto ho sbattuto qua e là come una di quelle palle pazze che amavo portarmi in giro…tutto questo è ciò che mi ha portato quassù alla cima di questo ciclo.
Ogni ciclo va su e poi va giù.

Il seno

Ma non siamo rane morte in questa piscina chiamata vita. Ogni volta che inizierò ad andare giù ci appoggeremo spalla a spalla e batteremo braccia e gambe per non ritornare al punto di partenza. Ed è così che la risalita sarà più breve, ed è così che il prossimo massimo locale sarà assoluto, è così che diventeremo unici.

Ho dimostrato debolezza ultimamente e non sono felice di ciò. Avrei potuto far meglio e non sarebbe stato neanche troppo difficile. E’ stato un piccolo fallimento che mi ha fatto e mi farà riflettere. Perché i piccoli fallimenti non si ripetano mai più, perché i grandi fallimenti siano mitigati.

E sto giro tocca a me essere Raperenzolo :D

FDC 10 – “Vabbè che ci sono le spine…ma 9€ cazzo?”

Battevo i pugni sul tavolo che con un pugno battevo un pugno e con l’altro mano tenevo il computer perché non cadesse. E io chiedevo perché io fossi caduto e a questo perché né questi né quegli altri avrebbero potuto rispondermi. Piangevo il calore dell’infermo nelle mie lacrime ed erano salate come il mare in tempesta.

Riempi la pilozza di acqua e poi presi della terra. Diventò un impasto di terra e acqua, era già una sorpresa. Poi ci infilai un dito e iniziai a dipingermi la faccia con quella crema naturale. Quando ritenni che era soddisfacente tornai in casa e mi feci vedere dalla mamma. Mi chiese che cosa avessi combinato. E io: guarda mà, come gli indiani.

Quando ero piccolo avevo un’altalena che se la oltrepassavi si viaggiava nel tempo (nel passato). E se la oltrepassavi nel senso opposto si viaggiava nel futuro. Il rischio era scordarsi da quale parte si era passati, così mettevo un ramoscello per ricordarlo.  Poi diventai grande e la macchina del tempo si ruppe.

La macchina del tempo

Uno scorpione doveva attraversare un fiume, ma non sapendo nuotare, chiese aiuto ad una rana che si trovava lì accanto. Così, con voce dolce e suadente, le disse: “Per favore, fammi salire sulla tua schiena e portami sull’altra sponda.” La rana gli rispose “Fossi matta! Così appena siamo in acqua mi pungi e mi uccidi!” “E per quale motivo dovrei farlo?” incalzò lo scorpione “Se ti pungessi, tu moriresti ed io, non sapendo nuotare, annegherei!” La rana stette un attimo a pensare, e convintasi della sensatezza dell’obiezione dello scorpione, lo caricò sul dorso e insieme entrarono in acqua. 
A metà tragitto la rana sentì un dolore intenso provenire dalla schiena, e capì di essere stata punta dallo scorpione. Mentre entrambi stavano per morire la rana chiese all’insano ospite il perché del folle gesto. “Perché sono uno scorpione…” rispose lui “E’ la mia natura”.

Mi piaceva questa ragazza. Nicol. Credo ci fosse una alla fine ma per me è sempre stata Nicol. Aveva una voce roca e i capelli corti ma a me piaceva e andava bene così. Le scrissi una scritta, MONOLITICA. Nicol ti amo. Poi migliorai con gli anagrammi, tendo a farlo. A migliorare. Decisi che se avessi avuto una figlia l’avrei chiamata Nicol. Poi decisi di chiarmarla Fabrizia, poi Giulia, poi fu Stefania, poi fu…Tendo a farlo, a perseverare.

Qualche anno fa ero ad un esame di Reti Logiche. Me ne andai prima della fine sbattendo una porta. E mi arrampicai su un albero, ci restai accovacciato finché ne avevo abbastanza. Poi scesi, presi un pezzo di ramo e me lo misi in tasca. E Giulia fin da allora si chiede perché lo tenevo in tasca.

Sul mio volto, sulla mia parte sinistra tra la mandibola e il collo ho una cicatrice d’acne. E’ un buco, un fottutusissimo buco dal diametro di un punta di stuzzicadente. Quando mi rado, la lametta non lo taglia: il pelo di barba dentro il buco resta salvo. Ma poi prendo una pinzetta e lo scippo. Anche se ho un buco d’acne lo deve sapere che sono io che decide chi resta attaccato al mio corpo e chi mi può cancellare dalla sua memoria.

Una volta ho finto di dormire mentre i miei genitori discutevano su come spendere undici milioni di lire. Mia mamma disse che era meglio comprare un divano che mangiarseli a cibo. Per circa 20 anni è stato il divano buono e quindi ci si sono potuti sedere solo gli ospiti. Del resto io mi sono convinto che è scomodo.

La mia prima memoria che ho di me che mi guardo allo specchio è me che mi dico mazza che sono brutto. Mi ma me a me e me. Meh!

Quando dico che sarò qualcuno lo dico davvero. Gli altri non lo sanno ma io ci credo veramente. E tristemente non c’è niente che mi può fermare. Sono nato povero e piangendo. Piangerò tutta la mia vita pure di morire ricco e piangendo. E se muoio giovane non potevano dire che avevo la volontà ma non mi impegnavo.

Un saluto alla signora Carmela che per una decina d’anni mi ha ingannato ogni mattina quando mi diceva che erano le 8 e facevo tardi a scuola. Erano sempre e dico sempre le 7:30.

Buon compleanno. E questo è l’unica volta che non parlerò di me. Ops…!

Buon compleanno.

I puntini neri della nostra vita

Scusa un attimo ma qui tocca fare l’ingegnere per un attimo. Ci sono alcuni concetti nella vita che l’ingegnere apprende quando continua i suoi studi. Questo ragionamento è stato coperto dal mio amico Sergio nel suo blog che io sintetizzo (e semplifico) con un albero binario. Per chi si stia chiedendo cosa sia un albero binario, no…non è quell’albero che fa frutti chiamati binarini. L’albero binario è questo qui sotto:

La vita

Ora, l’ho intitolato vita perché l’albero binario è un’ottima rappresentazione di cosa fronteggiamo ogni giorno in questa cosa chiamata vita. A dire il vero è assolutamente più semplice della realtà ma i fisici c’hanno insegnato che se vuoi capire una cosa la semplifichi la capisci e poi la fai diventare più difficile ma tanto ormai l’hai capita, apposto!
Vengo e mi spiego. Oggi ci troviamo su in alto a quell’albero, nel puntino chiamato 1. Per Sergio 2 è tornare a casa a studiare al poli, 3 è trovarsi un lavoro. Per me 2 è comprare un laptop, 3 una bici coi controcazzi per evitare di fare la fine di ieri. Per Federica 2 è Trastevere 3 è Bastion Square.
Ora che il concetto di 2 e 3 è chiaro, potete fare voi i conti quante possibilità ci sono di fare la cosa giusta, la migliore scelta. Torniamo a fare i matematici. Ma semplici eh. Mettiamo che ci vogliono, quanti..4, 5 scelte per avere i primi risultati concreti? Del tipo:

  1. Scegliere il Canada e non l’Italia,
  2. Scegliere Victoria, BC e non Toronto, ON;
  3. Scegliere di imparare l’inglese prima e non escluderlo dalla mia educazione;
  4. Scegliere la parola giusta da scrivere nel curriculum invece che quella ambigua;
  5. Trovare parcheggio dove era necessario per arrivare in orario al primo colloquio invece che trovare tutto pieno e arrivare in ritardo.

In 5 passi diciamo che ho ottenuto il lavoro. Ora se consideriamo che ogni volta avevo due scelte (Canada o Italia per esempio) il numero di diverse situazioni possibili è 25. Ovvero 2 scelte possibili per ogni puntino, il che fa 32 situazioni possibili. Ho azzeccato la migliore delle 32? O se in una delle cinque ne prendevo un’altra mi trovavo in una situazione diversa ma più molto migliore assai?
Adesso, sappiamo tutti che per un problema non ci sono solo due soluzioni, non ci sono solo due scenari per evento. Facciamo 3, così per non farla troppo difficile (in realtà quante sono, 5? 10? 25? i?). Adesso solo considerando 3 opzioni possibili (invece di 2 per ogni puntino), per un totale di 5 puntini prima di ottenere il lavoro (o davvero qualsiasi cosa) il conto è 35. 243.

Ciò vuol dire che se lasciassimo decidere che fare ad un lancio di moneta (non truccata) per 5 volte si avrebbe lo 0.41 % di probabilità di ritrovarsi alla fine della fiera nella miglior situazione possibile. Adesso, bisogna tenere bene in mente due cose:

  • Che abbiamo limitato il problema a 3 scelte per ogni puntino (e abbiamo richiesto solo 5 puntini per raggiungere il successo). A volte potrebbe essercene due (trovare parcheggio/non trovarlo) altre potrebbero essere centinaia (quante città in Canada? (160 se consideriamo città quelle con una popolazioni superiore ai 10000 ab.));
  • Che in realtà non tiriamo una monetina nelle scelta della vita. Prima di scegliere se imparare l’inglese in una scuole o no c’ho pensato su per un po’, ho ragionato e ho scelto quello che ritenevo la scelta migliore.
How real life looks like

Ora. Come fanno le persone a stabilire quale è la scelta migliore quando il numero di passi prima del successo è potenzialmente nell’ordine delle centinaia e il numero di scelte potrebbe variare fra una decina a una migliaia ad ogni passo?
Ci sono almeno due strade riconducibili a dei concetti informatici di esplorazioni di grafi: cerchiamo di ottenere la scelta migliore secondo un algoritmo goloso o secondo un algoritmo “torno all’indietro”.

Quello goloso è il concetto alla base di “meglio un uovo che una gallina domani”. Oggi restare in Italia sembra meglio perché la pizza che sto mangiando è deliziosa e settimana prossima ne voglio un’altra uguale, si mi porti pure un acqua tonica cà m’accianau l’acitu.

Quello di ritorno all’indietro è il concetto di chi cerca di vincere a scacchi. Che succede se io muovo l’alfiere, lui me lo mangia col cavallo ma poi la regina è scoperta e io la mangio con la torre che viene mangiata dal re che però si sposta dove la mia regina può fare scacco matto? Che succede invece se io muovo l’alfiere e lui lo mangia con la torre invece col cavallo e venne il gatto che si mangiò il topo che alla fiera mio padre comprò? Come potete capire quest’ultimo procedimento è eccessivo per decidere se è meglio la frittata oggi o il brodo domani ma allo stesso tempo non abbiamo abbastanza risorse per calcolare tutte le possibili combinazioni a cui la nostra vita potrebbe condurci.

Noi invece usiamo un algoritmo goloso ragionato, non ci porta davvero lontano e la maggior parte delle volte andremo a finire dove non avevamo previsto. Non possiamo calcolare tutto l’albero. E’ una cosa buona? E’ una abilità che vorremmo avere se potessimo scegliere? E, inoltre, qual’è la situazione migliore? Quando quella signora ha perso il primo treno perché la figlia non voleva svegliarsi e il secondo treno era arrivato in ritardo e poi s’era pure fermato non credo che credesse di trovarsi nella situazione migliore. Poi quando ha scoperto che il posto dove doveva andare era stato colpito da due aerei di linea (si, è una storia vera quella che dico risalente all’11 Settembre) avrà realizzato che il puntino su cui si trovata era davvero un puntino fortunato.
Vero, non abbiamo neanche considerato il caso nella nostra semplice matematica.

Il concetto è semplice. Io faccio il meglio che posso lavorando quanto più duramente mi sia concesso dalla mia mente e dalle mie braccia. Se ho fatto la scelta sbagliata non è ancora perduta. Ci sono milioni di puntini là fuori pronti ad “ospitarci”. Se il puntino in cui ci troviamo fa schifo e puzza non vuol dire che il prossimo sia tanto brutto quanto questo qua su cui stiamo piangendo proprio adesso. Non so voi, ma io nei puntini che puzzano non ci voglio stare. Ed è per questo che non c’ho paura a saltare al puntino successivo…

Se consideriamo 10 opzioni ad ogni passo e 50 passi prima di avere i risultati delle nostre fatiche allora abbiamo un bel po’ da lavorare per avere successo (tirare la moneta non serve, avremmo 0.0000000000000000000000000000000000000000000000001% di probabilità di trovarci nell’occasione migliore.

[Ispirato da eventi recenti]

Verso il prossimo puntino
Me stesso mentre salto verso il prossimo puntino…

Io non voglio essere pregato!

In Italia succedono cose ma io me ne accorgo solo 9 ore dopo. Ad esempio stanotte sono morte quante, 13, 15 persone. Una briciolina, ma che dico, una bricioletta se contiamo i bambini massacrati in Siria (giusto per fare un esempio, sia chiaro). Ma l’Italia si sfoggia dell’appellativo di paese civilizzato, moderno e all’avanguardia. Anche se poi al primo terremoto qualsiasi (se confrontato a quello del Giappone, giusto per fare un esempio sia chiaro) le case e le cose cadono giù. Gli operai, ritenuti fortunatissimi assai fino al giorno prima per il solo fatto di avere un lavoro, muoiono come quando si sbattono le uova per fare le crepes. Dato che è da un po’ che la parola terremoto è collegata a quella della morte ogni volta che sento una notizia simile sui giornali penso, chissà quanti saranno i morti. L’Italia bellissima cade a pezzi perché l’Italia di bello ha tante cose vecchie nel passato e molte poco belle nel presente. E poi siamo il paese delle contraddizioni. La bimba ha appena perso i suoi genitori e farebbe di tutto per averne indietro almeno uno, che è meglio di niente. E il prete che era salvo rientra nella chiesa per salvare la statua della madonna. Di chi? Boh. Che poi il Signore lo disse che non bisogna abusare della sua clemenza, che l’idolatria è un peccato e, che cazzo, i preti non dovrebbero aiutare la gente invece di fare i pompieri delle statue?
Per non parlare di quella vecchietta che non ha più un tetto sotto cui guardare “C’è posta per te” ma si lamenta alle televisioni che la domenica non può più andare a messa perché la casa del signore è inagibile. Ma pensa te ‘sti barocchiani del ‘600 che fanno le chiese che poi cadono giù! L’Italia è un paese strano. Chi non emigra evade. Ma poi al momento del terremoto tutti con le mani giunte a chiedere i buoni “Terremoti, casa omaggio (usufruibile fra una trentina d’anni) “. Sotto quale punto di vista lo stato deve risarcire? E ben pochi possono urlare ai quattro venti di aver pagato le tasse (ma anche se fosse…). Una volta ero in bici, uno con la vespa m’ha inculato, io sono caduto e mi sono sbucciato il ginocchio. Pensate che abbia chiesto il risarcimento allo stato? Se c’è un rischio che non si è disposti a correre ci sono le assicurazioni. C’è quella sulla salute, quella sull’automobile, quella sulla lavastoviglie (leggesi garanzia), furto, incendio, rapina col cacciavite, rapina a mano disarmata e c’è pure quella sul terremoto. La casa casca giù? Rimettila su in 4+4 = 8 con noi! Le assicurazioni costano care e sono praticamente un furto? Vuol dire che dovete pregare più forte che il terremoto succede da qualche altra parte e no a casa vostra. Mi chiedete se c’ho un’assicurazione a casa mia in Italia? NO, non ce l’ho. Abbiamo a stento i soldi per pagare il mutuo. E allora sono ipocrita? No, se la mia casa casca giù insieme a loro vengono giù i santi, Beatrice e il paradiso tutto. Mica Monti o le preghierine del Papa. Che, tanto per dire, per me portano pure un poco di sfiga. Vabbene che è il suo mestiere ma che pregasse su qualcun’altro.
Io non voglio essere pregato!

The airMan

This post is dedicated to a friend of mine, her name is Marina.
I met her during my school period at GV, the name of my canadian school. Marina is just sixteen years old but she is way too beautiful and smart to be so young, there has been something wrong somewhere. You can still smell her innocence in her words, I like her being a dreamer without adult thoughts that, as everyone knows, pollute the fantasies.
I don’t think I’ll see her again in my life. And because my life is all the time I have, I think I won’t see her again. What a pity, she will be wow in few years. She lives in Brazil, I’m living in Canada and usually my residence is in Italy. Worst case scenario there are less than 10000 km between us, best case scenario we are more than 9500km far from each other. And, if someone hasn’t understood yet, I have a pretty long dream-list to satisfy, I have to meet my own deadlines. And I can’t see me taking a vacation (especially in Brazil!!) in the next 10 years. Being italian I know that rules are there to be broken, being respectful to myself I’ll do my best to follow my plans.
I skyped with Marina few days ago, I chatted with her this afternoon. She looks happy (and here the age doesn’t matter, I was tremendously sad in that period of my life) and fine. Well, I’m glad to know that she will be okay in the next years. At least her mood is the right one!
I can’t say I had friends here. I can’t blame anyone, well I could blame me. So worried about being hurt that I didn’t let anyone touch my feelings. Someone accidentally was almost being able to do it, but fortunately now it’s gone. I had a great time, not the greatest of my life but still a nice one. No thoughts, being around people younger than me avoided me to engage in serious profound topics. That is what people are scared of, they would rather have fun that hanging out with me. Because, apparently, serious topics aren’t funny. I choose my friends according to their capability of defending their thoughts. How can I rely on a person when he/she can’t be sure even of him/herself?
I love provoke people and push their ideas, I love trying to break them and I love when people try to do the same on me. Life is not drinking until being unconscious or doing girlish talks. Life has to be more than that…or well, my life will be more than that.
I can be wrong in every thing I do. But I will be wrong just in two cases.
If I will stop doing what I think it ought to be done.
If I will keep doing what I believe I shouldn’t do anymore.
That’s it, until the blood is willing to flow in my veins, my hopes will be flown in the air.
The airman, Marina!

Il paese dei balocchi c’ha la trappola ma ora lo so

Sto passando un periodo che non è dei più felici. Lo continuo a negare perché sono in Canada e il Canada l’ho sognato per mesi e mesi. Perciò essere tristi in Canada e come piangere mentre si nuota fra i soldi mangiando pane e nutella. Ma tant’è, è così che mi sento. Analizziamo razionalmente i recenti avvenimenti.

  • Ho finito il periodo scolastico, ho iniziato il lavoro. Sto iniziando a diventare autonomo e inizio a prendere familiarità con i clienti e tutto il resto. Il tutto però dovrà essere rivalutato alla luce di ciò che m’è successo oggi. A quanto pare qualcuno ha stalkato una delle mie colleghe e loro hanno pensato bene di chiamarmi a casa (oggi non lavoravo) chiedendomi se avessi dato le sue informazioni a qualche sconosciuto al posto dove lavoro. E poi ha pensato bene di spiegarmi che è fra le loro politiche che i lavoratori non diano informazioni private agli sconosciuti. Già che c’era poteva dirmi che un’altra regola è non rubare il denaro dalla cassa. Joanna dice che non la devo prendere sul personale, il manager mi ha detto che non mi stava accusando. Ma la cosa mi ha disturbato e sarà chiarita il prima possibile.
  • Una svizzera sta tornando in Svizzera. Una delle mie politiche (ormai che siamo in tema) sin da quando sono arrivato qua è stata non dedicare a nessuno delle emozioni. Ciò mi ha permesso di dire addio a tante persone senza che ne soffrissi neanche un po’. Ma stavolta qualcosa è cambiato. Non l’ho deciso io, anzi diciamo di si va’. Ma quanto prima anche queste leggere emozioni si depositeranno nel dimenticatoio come la polvere agitata dopo aver voltato una pagina di un piccolo libro.
  • E’ successo qualcosa nella mia ricerca di lavoro. Non dirò molto, Joanna dice che è il nostro piccolo segreto. Non ci sarà verso che lo dica fintanto che non ci saranno certezze. Questa è una di quelle cose che devo caricarmi sulle spalle e portarla a termine. Come quando ci si mette il sacco di carrube sulla spalla, si cammina barcollando per qualche decina di metri e non lo si posa fintanto che non si è arrivati alla pala del trattore.
  • Il mio futuro è incerto. Troppe variabili da considerare. Elenco, ma non esaustivamente, le possibilità. Tornare in Italia e fare la specialistica al PoliMi. Restare qua e lavorare part-time presso il negozio dove sto lavorando adesso e continuare a cercare un lavoro sfruttando la mia laurea in Ingegneria (da qui si può separare un altro branch che includerebbe espandere la ricerca in Vancouver), restare qua e chiedere un prestito governativo e iscrivermi alla magistrale qui in Canada. Ciò potrebbe includere, in qualche modo, la richiesta della cittadinanza canadese (oppure della residenza permanente) per pagare fino a tre volte meno le tasse universitarie. In tutto questo il discorso danaro non è stato neanche citato (ma lo si dovrà necessariamente fare).
  • Ho appena bevuto il secondo bicchiere di vino.

Alla luce di queste razionalizzazioni (soprattutto dell’ultima) devo ammettere che sono dannatamente fortunato. Pochi potrebbero avere le possibilità che sto avendo io, io sono stato bravo e appunto fortunato a coglierle. Adesso però ho realizzato che anche in America ci sono le salite e quello che devo fare è soltanto cambiare marcia. E’ questo il periodo in cui si schiaccia la frizione, si deve far veloci che sennò si perdono giri ma bisogna pur stare precisi e senza troppi dubbi altrimenti si gratta. Cambiare marcia non è troppo difficile, in tanti lo sanno fare. Quello che pretendo da me stesso è cambiare in salita. Veloce, chiaro, preciso, sapendo cosa si sta per fare dopo aver trovato il momento giusto. I giri giusti, il momento giusto.

Vaneggiamenti di un giovedì notte diventato un venerdì

Oggi è un giorno di scoramento. E porca troia, sbaglierò i congiuntivi uno si e l’altro pure ma so che cosa vuol dire scoramento. E ne faccio un uso inteliggente ( o intelligente che dir si voglia). L’ondata d’entusiasmo insensata come ogni cosa è terminata e adesso è sopraggiunta la normale paura di fronte alla montagna troppo alta ( o isola troppo vasta, per chi sa). Siccome la mia vita è simile al moto di una palla pazza e io non metto di certo un freno a questo sballottamento, sempre oggi è capitato pure che andassi a rileggere un post felice. Felice quando lo scrivevo ma adesso che l’ho letto di felice conservavo soltanto il ricordo. Vabbò, siccome ero scoraggiato questo pomeriggio mi sono visto un film horror al posto del tradizionale studiacchiare. E poi ho finalmente scritto la lettera d’accompagnamento. Adesso fa ancora abbastanza schifo, c’è un pericoloso crogiolo (e adesso ho proprio fatto l’amplein) di linguaggi e modi di dire. Ma domani o al più sabato, giuro, diventerà interamente in inglese aulico. E poi il mio amico pakistano Hassan gli darà un occhio.
Ci mancava solo che mi ascoltassi Cinque Giorni di Zarrillo (a proposito, io e Sergio siamo gli unici che invece di interpretare la canzone nel modo convenzionale – cantando – abbiamo contato quante lacrime al giorno perdeva il tipo…).
Invece volevo pure scrivere questa cosa. Quando facevo Fisica1 ricordo che ebbi una diatriba col docente sulla impossibilità di effettuare una misura precisa. Effettivamente la cosa è vera. Se miglioriamo continuamente la granularità delle misurazioni offertaci dal nostro strumento di misura otterremo una misura sempre più precisa (ovvio). Teoricamente il discorso potrebbe continuare all’infinito ma appare a tutti evidente che un tavolo debba avere una dimensione finita. Forse incalcolabile, ma pur sempre finita. Il prof. calvo rispose che se ci spingessimo sufficientemente oltre potremmo osservare la vibrazione dell’ultima molecola dell’estremo del tavolo. E continuando a penetrare nella materia diventerebbe impossibile misurarne la pur continuamente variabile posizione dell’atomo senza alternarne il moto.
Poi oggi ho iniziato a leggere la voce sulla teoria dei multiversi. Alla sottovoce “Teoria delle stringhe e superstringhe”. E recita così: Il costituente primo della materia sono stringhe di energia che vibrano ad una determinata frequenza o lunghezza d’onda caratteristica, e che si aggregano a formare particelle.

Secondo questa teoria che tra l’altro riscuote grande plauso fra la comunità scientifica la materia è un pezzo d’energia che un pochetto vibra con un movimento sempre uguale, poi s’attacca ad un’altra stringa che vibra anch’essa e così via. E ho pensato.
Tutto questo attaccarsi di stringhe (che io personalmente immagino come lacci di scarpe) genera gli atomi, che costituiranno il tavolo di prima e anche l’essere umano. Poi queste cose vibranti generano l’intero mondo e il mio stesso pensiero. Il mio cervello è tutta fatto di cose energiche che vibrano. E il dolore e l’amore, la paura e l’orgasmo sono tutte composte da quelle cose che scodinzolano come code di folli cani.
Cazzo, io quando sono molto triste non ho mai pensato che fosse per colpa di qualche sostanza distribuita da qualcosa all’interno della mia calotta cranica che è fatta da cose come i lacci delle scarpe che s’ingarbugliano in modi assurdi. Io sono triste e basta, altre volte invece sono molto euforico. E basta. Ma non penso mai alle stringhe.
Poi la gente si stupisce perché ci sono così pochi atei in giro. Credere in dio, vista così, è una sciocchezza. Adesso sì che è naturale crederci, è la spiegazione più breve e razionale: ci ha fatti, poi ha messo i sentimenti dentro di noi e questi poi girano per il corpo e quando colpiscono le zone sensibili si fanno sentire. 
Su questo ci devo ancora pensare bene, per adesso concediamogli una possibilità.
BNG: Oggi i tipi delle dailies (quelli delle lentine) m’hanno regalato un paio di lentine giornaliere e pure un buono di 10€ per un pacco di lentine. Se non è una buona notizia questa…

E perché perché…?

Perché quando si piange gli occhi sono caldi?
Perché quando ci abbracciamo si ha caldo?
Perché i mesi più belli dell’anno sono i mesi più caldi?
Perché per riprenderci abbiamo bisogno di un cibo caldo?
Perché il latte della mamma è caldo?
Perché quando si vedono quegli occhi si ha caldo dappertutto?
Perché qualsiasi elemento che si muove è caldo?
Perché le nostre guance diventano calde quando ci emozioniamo?
Perché quando dormiamo dobbiamo stare al caldo?
Perché l’ansia ci rende le mani calde?
Perché il nostro sangue è caldo?
Perché qualsiasi fonte di luce è calda?

Perché perfino il respiro è caldo?
Perché sotto terra è così caldo?

Perché sono nato in un giorno così caldo?
Perché la vita inizia col caldo e termina col freddo?