Archivi del mese: maggio 2010

Ventuno

Sono molto arrabiato. O arrabbiato. Io ce ne metterei tre di b, cazzzo. E non perchè ho preso 21, che in fin dei conti è pure un bel numero. E’ già nella seconda decina, e quindi mi sono evitato l’autoflagellamento. In più c’è quell’uno che libera la mia mente da ogni dubbio: non devo andare in un sexy shop a comprare frusta da usare da solo. E però come cazzo è che quando sono straconvinto di andare sicuro lì all’esame e poi guardo il prof con lo sguardo cazzuto come per dirgli: “Ti smembro tutto, ti smonto cazzo! Io sono un duro dalla testa ai piedi, spacco tutto. Dammi quel foglio che me lo mangio tutto, cazzo!”, come per dirgli questo e poi…niente poi il professore mi guarda, mi dice cazzo vuoi e mi stampa 21 vicino alla mia matricola.
Ma si, figa, si sarà sbagliato…21 è un bel numero, ma io non sono il tipo da ventuno. Guardami un pò, ‘spè mi metto di profilo…ti sembro mica che questo nasino visto per giunta di profilo si meriti un 21 ? Guarda il mio cazzo di nasino, se non vuoi un tronco su per l’intestino!
Ecco, vedo che ho la tua attenzione. L’accoppiata intestino-tronco fa sempre i suoi effetti.

C’è da rimontare ancora una volta, sono andato in svantaggio. E’ così qui all’università. Dopo lo stress post-esame, c’è lo stress post-valutazioni (e v’assicuro che non è poco), poi lo stress-pre-appello, quello durante l’appello di 3 ore 3 alle 4 del pomeriggio. Insomma, tutte cose già note: essere adolescenti quando si è felici è facile. E’ adesso che bisogna meritarsi il nome su quel cazzo di citofono.
Eh si, ho detto tante volte cazzo. Da ora parlo per bene.

Di quella volta che avevo l’acne

Adesso tocca a me. Parlo di ciò che mi è familiare, della mia adolescenza. Sono mediocre in molte delle qualità che un uomo definito come essere vivente dovrebbe possedere, ma se è vero che essere adoloscenti è una fase che ognuno di noi deve attraversare almeno una volta nella propria vita allora non sbaglio se affermerò di esser certo che io sono l’adolescente modello, una sorta di stereotipo per l’adolescente umano.
Nel senso che mia mamma potrebbe scrivere il manuale “Non sopprimere tuo figlio con età compresa fra i tredici e i venti anni: ecco come!“. Nel senso che ho tutti i requisiti necessari per partecipare al concorso universale che premia l’adolescente perfetto.
A 13 anni ho tediato (che goduria questa parola partorita da non so chi, ma presente nelle ricerche su goooogle e quindi usabile per ogni scopo immaginabile) mia madre perchè affittasse nel mese d’agosto una casa sulla spiaggia del mio paese: del mare non me ne fregava più di tanto, era della ragazzina “dai capelli neri con mesh colore oro, corti con le punte all’insù” per cui credevo di provare Amore che m’importava (mia madre che legge, lo scopre solo adesso che sono passati sette anni). Non so se piangevo più io o lei, ma in qualche modo quello era l’inizio della mia adolescenza: femmina, fu colpa di una femmina che io e mia mamma iniziammo a litigare. Passò un anno, e s’avvicinivano i miei attesi quattordici anni: volevo un motore (metonimia) ed ero disposto a tutto per ottenerlo. Lo ottenni, e di questo ringrazio mia madre (e siamo a due). Cosa facevo su quel motore è inenarrabile, quanti rischi si possono correre su due ruote invece mi è noto, più che quotidiano in quei giorni. Avevo bisogno di provare i rischi della vita. C’ero abbastanza affiatamento tra me e la mia vita, ma qualcosa non andava per il verso giusto, come per ogni uomo credo. E io solitamente pareggiavo i conti in sospeso che avevo con la mia vita fornendole la possibilità di riscattarsi, salvandomi in svariate occasioni. Adesso ci amiamo alla follia e abbiamo smesso di stuzzicarci, penso che ci siamo stancati di giocare, si fa sul serio da grandi.
Intanto avevo iniziato a credere che fosse un’altra la femmina della mia vita – e come un corridore che prima si misura con una campestre, dopo con il mezzofondo e infine vuole correre la più nobile della corsa, la maratona, – così io credevo di dover fare il massimo per riuscire nei miei sforzi. Cazzo ne so io cosa può un adolescente. Dicono che sia colpa degli ormoni, questa ribellione infinita, la mia cara vicina di casa dice che è la mancanza di sfuocu: ma è solo una fase della perfezione dell’uomo. Io nella mia perfetta adolescenza avevo visto crescere i peli un pò dovunque, era cambiato il mio tono della voce e mi radevo facendo lo slalom fra le pustole d’acne. Acne, bella storia quella. Inizialmente passavo delle creme (magari se avessi speso tutti quei soldi seguendo il consiglio della vicina di casa avrei ottenuto risultanti migliori), dopo ribellandomi ancora una volta non facevo più niente. Ma soffrivo a vedere che l’unica persona che avesse il coraggio di accarezzarmi fosse mia madre, e di questo ti chiedo scusa. Tre.
L’acne ci riconduce al nodo cruciale della mia adolescenza: la femmina. Un adolescente con dei nobili prìncipi, con le bolle in faccia, con un rapporto controverso con la propria vita non ha vita facile con le femmine. Non l’avrebbe neanche un non-adolescente. Quindi ho creduto opportuno trasformare un muro della mia città per tre metri d’altezza e una trentina di lunghezza in una straziante lettera d’amore. Beh, un uomo con degli occhiali non dovrebbe essere picchiato, così dice il codice d’onore. Ed a un sedicenne innamorato non si dovrebbe puntare una pistola alla tempia mentre scrive sentimenti, uomo della legge, solo perchè non ti fa dormire da notti e notti. Ma così è stato, e adesso ho da raccontare una storia in più ai miei nipoti adolescenti. Di quella volta che ho scoperto che la macchina della polizia non ha la leva per abbassare il finestrino, e che i sedili sono di dura plastica, di quella volta quando ho chiamato mia madre alle cinque di notte da un telefono del comando di polizia quando lei sapeva ch’io ero a letto nell’altra stanza. Potevo forse dirle ch’era colpa di una femmina quando invece di darmi uno schiaffo mi guardò quasi con le lacrime agli occhi chiedendomi perchè, perchè le facevo questo? L’ho fatto già diverse volte, ma le chiedo scusa ancora per la quarta volta.
Io poi ho vissuto, essendo l’adolescente perfetto, anche l’esperienza scappare da casa. Due volte l’ho fatto. In una occasione ho rubato arance per due giorni per sfamarmi, e ho bevuto dalla benevolenza delle signore anziane, ho fatto più di duecento chilometri in bici e sono tornato a casa a piedi dopo aver scoppiato una ruota. Nell’altra avventura lontano da casa mi sono solo lavato col sapone da bucato e studiato Cicerone per l’interrogazione in classico latino. In fondo si sa, sono un bravo ragazzo; e poi prendere otto e mezzo al ritorno da una fuga di tre giorni è una esperienza emozionante. La scusa che mi davo delle mie fughe convergevono tutte su quella femmina che m’aveva annebbiato la percezione della realtà ma in realtà stavo pareggiando i conti con la vita, chiedendole solo cosa sarei diventato. Avevo bisogno di puzzare di Aiax per poter apprezzare fino in fondo lo shampoo che mia madre con premura acquistava. In quei giorni ho visitato più volte la caserma della polizia, ma questo non lo racconterò ai miei nipoti. Vorrei che mantenessero la loro particolarissima originalità. Ovviamente non so esattamente con quale spirito mia mamma abbia passato quelle notte in cui io dormivo in chissà quale giaciglio, pensando chissà cosa. Sarei un ipocrita se dicessi che mio figlio così come me non deve fare, ma sono altrettanto certo che quando mio figlio vivrà la sua fuga da casa io fuggirò “con lui”, trascorrendo la notte a cercarlo.
Ho rotto porte, sfondato lavatrici e vetri delle finestre perchè ero un pò arrabbiato, ho nascosto l’uso della parola a mia madre perchè era in leggero disaccordo con le mie opinioni, ho fatto soffrire mio fratello per i miei capricci. E io lo so adesso, e lo sapevo allora: ho sbagliato. E adesso bisognerebbe chiedere scusa ancora, ma le scuse purtroppo tendono a ridurre la proprio efficacia se ripetute eccessivamente.
Ed è così che adesso io, dal mio letto di Milano credo di poter affermare con sufficiente certezza che la mia adolescenza è destinata a concludersi presto. Ancora una volta io sono rimasto ad osservare i miei cambiamenti, e se è così che è finisce devo ringraziare una donna, quella che adesso mi ascolta quando le mie ribellioni iniziano a ritornare e che, con la sua voce pacata, mi riporta alla calma tipica delle persone adulte. Quella donna che non è scappata dopo aver ascoltato la storia della mia perfetta adolescenza e quell’altra donna che non mi ha mai lasciato vivere da solo la mia adolescenza, queste due donne sono le uniche che devo veramente ringraziare. E le uniche con cui dovrò scusarmi quando inciamperò nelle trappole della mia vita che vorrà tornare a giocare con me.
Ma io sto diventando grande e non ho più tempo per i suoi giochi, adesso bisogna iniziare a far capire alle mie due donne che la loro pazienza non è stata vana.

“Tototo”

La mia cognata

“Fissa la luce…che così poi ti vengono gli starnuti”
“Ahhh, io la sapevo sta tecnica… mi sa che non mi funziona più”
“E dai, forza…guardiamola insieme ‘sta luce”

Ho una nuova cognata, un pò vecchia e molto grandine: esattamente come me, ma io in fondo non sono che un ragazzotto.

“Facciamo una passeggiata…chessò, una passeggiata di un paio d’ore…si andiamo al duomo, ho voglia di passeggiare!”
“Fino a che ? al duomo ?”

Mia cognata dice che le mani in un uomo sono importanti, dice che sono paziente buono e caro, che Promod H&M, Accessorize sono “divertenti”: sì, in effetti qualche volta spara qualche minchiata.
Ma poi si riscatta presto: dice che le spiagge della Sicilia sono paradiso, che fra tutti gli umbri posso star tranquillo e le piace il grana padano, il pecorino e tutto il commestibile.
La mia cognata è piccola e sorridente. S’arrabbia se non fai la differenziata e poi mette le spazzole tra gli spazzolini, butta gli asciugamani nel cestino. Sa pure che forse la cocacola ci ucciderà tutti.
Ha visitato il mondo intero e non resta mai più di qualche mese nello stesso posto. E poi appunta un sms importante per paura che perda il cellulare. Ma poi perde il foglietto col codice appena scritto. E anche il cellulare.
La domenica esce con un mollettone bianco fra i lisci capelli neri e la camicia a righe: di ciò ne sono piacevolmente strabiliato.
Per poco non ha gli occhi verdi, per poco non ha i capelli ondulati.
La mia cognata dice che resterà zitella, ma non sa che sarà la prima fra le sorelle a indossare il più importante abito bianco. Ma quel giorno avrà le scarpe rosse e un velo con spiccate tonalità floreali.
La mia è una cognata ribelle, ha un capo come amico e chiama il suo lavoro prigione.
Non ha le gambe lunghe, ma le sa far girare tanto veloci. Fa lunghe e veloci passeggiate, e poi la mattina non ha le forze per alzarsi dal letto. Ma dopo sei ore di treno è ancora in giro per negozi, per divertimento, per farsi i piedi.

Ah tichè, però vedi un pò eh ?

P.S. Avevi ragione, era Acqua di Giò. Ma è un falso d’autore. :)

Il sentiero provvisorio

Per scrivere ho bisogno che si attivi il tornado di emozioni che al mondo di tanto in tanto piace offrirmi. Ed è così adesso, che ho questa voglia di stringere a me la persona che più riesce a regalarmi emozioni. E il mondo non si sogna neanche di riuscirci allo stesso modo, con la stessa intensità.
Non lo nascondo, sto da solo in stanza con le luci spente e la musica lenta: insomma non è un bel momento. Le emozioni non sono meravigliose perchè ti rendono felice: lo sono perchè ti fanno impazzire di gioia quando non credevi di poterne provare così tanta. E perchè in un sabato tendenzialmente normale mi accompagnano per mano qua, a scrivere con l’umore che si scava la fossa.
Non posso nasconderlo più di tanto: essere stato consolato decine di volte non t’insegna a consolare, essere stato in errore qualche volta non ti esimerà di sbagliare ancora. Sbagliare in modi sempre diversi, che la noia non è affatto di questa vita.
Mi manchi, il resto adesso scorre lieve su di me. E lo so che ti manco. Per adesso è questo che sconfigge la noia: la lotta infinita fra la nostra voglia di stare insieme e i giorni che trascorrono a rilento.
Stiamo andando benissimo, abbiamo preso la giusta strada. Arriveremo presto alla fine di questo tedioso sentiero provvisorio…