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“Negli antichi sentimenti delle nuove emigrazioni”

Questo sono io – in un video inedito per il grande pubblico – (…babbiavo.) alle 5 del mattino del 23 Ottobre 2011 all’aeroporto di Dusseldorf. Era appena comparsa la scritta Vancouver sul tabellone delle partenze (mancavano tre ore alla partenza e io stavo aspettando questa scritta da già sette ore) e prontamente mi stavo dirigendo verso i controlli dei metal-detector. Ricordo che il mio zaino era pieno e pesante: una nikon D90 e un mac 13” rappresentavano l’emigrante odierno. Un chilo circa tra focacce modicane e ravioli fritti (questi provenienti dalle tradizioni ragusane) invece mi ricordavano che prima d’essere odierno sono un siciliano. Quel tipo d’uomo che parte contadino ed arriverà terrone, quel tipo d’uomo che si porta i bastimenti per le Americhe lontane, quel tipo d’uomo che va per il mondo e si porta il sud nel cuore.
E oggi che è il 23 Novembre (lo so, in Italia è il 24 ma qua è ancora il 23) festeggio il mio primo mesiversario col Canada. Inutile ripetere che il matrimonio è felice, che non abbiamo mai litigato (anche se un giorno mi mancava la mia ex, nazione) e che stiamo trovando il nostro equilibrio chissà se destinato a durare ancora più a lungo. Ad ogni modo volevo solo dir a tutti che il primo mese è passato e che il presente è così vivo che a volte mi sento quasi sick. Che siccu lo sono già!

Miiinchia!!

Inizia la vacanza – 3 & 4 (post lungo)

C’ho due giorni da raccontare in questa personalissima e monotona cronaca dei miei primi 4 giorni di vacanza. Lato polimi il prof non ha ancora verbalizzato l’esame che mi darà la laurea, a stento riesco ancora a crederci.
Fine lato Polimi.
Lato emotivo – insicuro: va meglio. La cura che avevo pensato funziona. Non avere il tempo manco per cagare, figurati se c’è tempo per piagnè d’amore (in realtà non è che funziona al 100% ma ogni fichietieddu ri musca è sustanza)!
Fine degli argomenti che annoiano tanto.
Inizio degli argomenti che annoiano di meno (me, almeno…). Iniziamo da ieri mattina.

  • Col titolare del mobilificio, designato (finalmente!) per essere quello che “costruirà” la nostra cucina, siamo andati in cantiere a prendere le misure effettive della casa. Abbiamo scoperto che i muratori hanno interpretato un po’ a senso le misure fornite dall’architetto. Così un muro ch’era sulla carta 1.55cm è quasi un metro e sessantacinque. Fin quando vanno ad aumentare ringraziamo a dio!
  • Dato che eravamo in cantiere abbiamo assistito alla consegna delle porte (ci saranno foto giù in fondo al post). Le ritengo molto belle, soprattutto quella a vetro. Anche se non vi dirò mai di cosa ho scoperto essere fatte (non mi ricordo se “essere fatte” è italiano, mah…).
  • Ho portato il motore di Matti dal meccanico. Avevamo qualche problema già da una settimana e ad una mia accensione ho capito subito che il problema stava nella trasmissione. Inizialmente ho pensato ai rapporti ma mi sono presto corretto: è la frizione che non stacca mai! Il meccanico a una prima occhiata infatti conferma. 
  • Appena tornato a casa (saranno state le dodici…) mi chiama mio padre. Ha il pc in riparazione (si è dissaldata la scheda video dalla madre!!!) e perciò adesso usa il portatile di una decina di anni fa. Pentium 3, 850 MHZ, 128MB di ram e scheda video integrata! Solo un’altra cosa: ha come SO il millennium (brivido lungo la schiena!). Dopo un primo tentativo poco riuscito di installarci un N95 come modem esterno ho provato a montarci su con l’assistenza del 119 connessioni remote, connessioni native su Windows e infine a montarci un Nokia PC suite dell'”15-18″. Ma niente, internet è non funzionante o troppo lento. Si fa l’ora di pranzo.
  • Pasta col brodo integrata col salame inglese. Che il brodo non è sostanza, meglio scolarlo via!
  • Alle tre e mezza avevamo appuntamento con il padrone dell’appartamento di due piani più sotto per vedere come si è montato lui il bagno buono, il bb. Puntuali alle tre e mezza noi eravamo lì, lui alle quattro. Nel mentre perciò abbiamo assistito al montaggio delle porte consegnateci in mattinata. E non vi dirò mai come appiccicano gli angoli. MAH! Il bagno del futuro vicino comunque si è rivelato ispirativo, capirete fra qualche riga perché. Inoltre mà mi fa vedere che nella leggera discesa che porta al portone d’ingresso (e ai garage) manca una griglia taglia-acqua. In caso di pioggia torrentizia infatti l’acqua guidata dalla rampa giungerebbe dritta dritta all’interno del nostro garage. E questo solitamente non è un servizio offerto da capitolato!
  • Si fanno tipo le cinque del pomeriggio. Torno dal meccanico per vedere l’ammontare del danno. Sarebbe solo una molletta distrutta, ma il meccanico ritiene a ragione che la cinghia è consumata e ci vuole nuova (45€). In più Matti ha intenzione di mettere una marmitta più spinta che abbiamo già. Tarare il tutto (rulli, mollette e carburare) e cambiare i pezzi rotti costerà intorno ai 100€ che fortunatamente spenderà Matti coi suoi risparmi. Fun Fact: nei dieci minuti che sto dal meccanico arriva un ragazzo con un motard-gli mette il cavalletto-si appoggia sulla moto-la moto casca-distrugge una carena del motore di qualcuno che lo aveva fatto riparare dal meccanico in questione. A quel punto vedendo l’ira negli occhi del meccanico me ne sono scappato di corsa :D
  • Alle otto e mezza ho appuntamento col boss per il lavoro ufficiale della mia estate. Si trova in una località marittima a una ventina di chilometri da casa mia. Mi vesto elegante, camicia col colletto alla coreana e Terre D’Hermes dappertutto, e vado. Pare che non lavorerò tutta l’estate. Le due settimane a cavallo di ferragosto, qualche giorno di questa settimana e qualche giorno dell’ultima settimana di Agosto. Gli orari non sono neanche pessimi, 18:30-04:00. Dovrei fare lo scopino del boss, andare a prendergli quel che gli serve, sparecchiare, apparecchiare, fare i viaggi col cestello del ghiaccio dalla macchina crea-ghiaccio al bancone consuma-ghiaccio. Non chiedetemi quanto mi pagano, non lo so. Mi vergogno sempre a fare questa domanda. Lo scoprirò solo lavorando. Spero di avere abbastanza soldi per prendermi una fotocamera nuova, in caso avverso ripiegherò su un usato.
  • Sono le 21. Dritti filati a una cena. Non di gala, una cena con amici di papà. La trovo già iniziata ma tant’è…inizio a mangiare nel tavolo dei piccoli, o meglio dei non-grandi. La casa è una villa bellissima, la compagnia è piuttosto spiacevole nonostante vi sia un giornalista che scrisse un articolo su di me non molto gentile. Ma non era serata da occhiatacce. L’unica nota stonata è stata la madre di una ragazza. Lei voleva che la figlia si iscrivesse a Lingue a Ragusa. Io sostenevo che a Ragusa non è buona. Che cù nesci arrinesci, che se proprio bisogna fare lingue allora conviene andare alla Federico II. Lei a un certo punto fa: ma tu sei zito? No, rispondo io (brutta puttana, che minchia di domande sono, non lo vedo che sono in riabilitazione?!). E lei di petto: si vede…sisi si vede proprio che non sei zito. Ovvio… Che minchia intendeva? E poi da dove si vede? Così tanti capelli mi sono caduti? Così brutto sono? Eppure avevo le lentine…
Fine della giornata di ieri.
Oggi.
  • Sveglia per le dieci. Per il problema del pc di mio padre tocca spedire decine di MB di foto per email dal mio computer. E vabbè.
  • Mezzogiorno. Arriva la chiamata del mobilificio. Tocca andare là per vedere il disegno adattato alle misure reali. Rimando l’email di mio padre a dopo. Al mobilificio ci fanno vedere le ultime modifiche. Scegliamo gli elettrodomestici: piano cottura con quattro fuochi con la griglia solo sopra i fornelli che per altro sono incassati e non sporgenti come un normale piano cottura. Lavandino ad angolo per un totale di due pozzetti e uno sgocciolatoio. Fornello con 5 funzioni. Ventilato d’ncapo di sutta davanti e darreri. Scegliamo anche il colore del piano lavoro. Ad un determinato punto la mamma sceglie dopo un anno in questa direzione che forse è meglio togliere la penisola. Femmine sono, che ci possiamo fare. Ci tocca leggere pure il preventivo. Non è malaccio, forse ci permettiamo pure qualche sfizio tipo pensili alti 90cm, top in quarzo e non impiallacciato, tavolo in vetro. Bah si vedrà…
  • Ritorno a casa e tento di finire il lavoro di papà che però diventa un problema NP e perciò anche per la fame incalzante sono obbligato ad arrendermi. Do la colpa alla porta USB che è una 1.0.
  • Alle 14:30 sono già fuori casa. Andiamo in cantiere per scegliere se davvero togliere la penisola è un vantaggio effettivo e non solo economico. Prendiamo le misure dalla piantina e realizziamo con la carta gommata le sagome dei mobili della cucina, del divano e del tavolo, della colonna forno e del frigo. Effettivamente è meglio senza penisola, mi sa che optiamo per questa soluzione. In cantiere abbiamo beccato pure l’omino dell’elettricista ufficiale del cantiere. Con lui abbiamo controllato che l’impianto (interruttori, punti luce e prese) sia stato fatto come da noi richiesto. Tutto sommato poteva andare peggio, tutto sommato poteva andare meglio. Appena l’aiuto-elettricista ci ha lasciato con mamma abbiamo ritagliato un cartone che è diventata la sagoma del piano su cui poggerà il lavandino del bb. Sarà di quelli che stanno sopra, non di quelli incassati nel top. Saremo due ignoranti ma la sagoma c’è venuta proprio bella. Un ringraziamento al vicino che gentilmente c’ha aperto le porte della sua casetta. La prossima tappa sarà andare dal marmararo a controllare l’effettiva realizzabilità, il costo e i tempi di consegna.
  • Cinque del pomeriggio quasi. Ritorno nella villa bellissima in cui una signora mi aveva insultato il giorno prima. Devo fare un lavoro per la proprietaria. Spiego brevemente: lei ha registrato delle antiche preghiere in dialetto siciliano, perlopiù preghiere mariane. Tocca a me adesso sistemare l’audio, ritagliarlo, pulirlo, eliminare e montare. Niente di difficile, quasi piacevole insomma. Solo che intanto si fanno le sette e io devo andare dalla mamma.
  • Devo andare alla riunione dei responsabili della cooperativa: il presidente della cooperativa, l’architetto, l’impresario e un altro tipo che non so chi sia. Mi piacciono queste riunioni: poca burocrazia, tutti parlano in dialetto e si fanno esempi concreti. Alla fine non si risolve mai nulla, si fa sempre tardissimo (le 21:00) ma quantomeno si esce dallo studio un po’ meno stressati e più confusi che mai. Ad esempio si è scoperto che dovremo pagare chissà quanti mila euro perché si sono accorti che devono spostare la giunzione con la fogna comunale dato che collegandola dov’era previsto si rischierebbe un ritorno delle acque per via della pendenza insufficiente. Si è deciso l’interno dell’ascensore e altre cose secondarie. Bello bello bello!
  • Sono andato a prendere Matti da suo cugino e sono tornato a casa. E mi fa male la testa. Anche dopo il bicchiere di limoncello che ho bevuto durante la scrittura di questo breve intervento. Allego qualche oggetto! 

Qualche preghiera adesso…

Le nostalgie

Stamattina non avevo molta voglia di studiare. Mi manca solo mezzo esame e mi basta un punto per considerarmi laureato. Certo, se ne prendessi 5 (è un esame in quindicesimi) otterrei un voto di laurea con un punticino in più. Il concetto però è che sono stanco di questo posto, di studiare e il fatto che tutti scendono a casa per iniziare le vacanze non aiuta nello studio. Se poi penso che un anno fa di questi tempi ero già a casa da circa cinque giorni, aspettando freneticamente il primo d’agosto, se penso a questo mi viene anche il broncio.
Questa mattina quindi mi son messo a cercare video della mia terra su youtube. E ne ho trovato uno fantastico.

E’ il viaggio in deltaplano di qualcuno, che da Siracusa raggiunge la pista in terra battuta situata all’Oasi del Re, un posto tra Sampieri e Marina di Modica.
Io adesso sono a Milano. Fra tre mesi andrò in Canada. Ma fra cinque giorni tornerò a casa. In Sicilia. Zona sud-est. E sarà che ci sono nato ma guardando quelle riprese aeree mi emoziono. Mi emoziono vedendo quanto è bella la mia terra, mi emoziono pensando con orgoglio che io provengo da questa meraviglia. Che adesso è una terra sottosviluppata, che costringe ogni anno decine di migliaia di giovani a partire per le terre del Nord, una terra senza infrastrutture, ancorata spesso a tradizioni di secoli fa. Ma quando osservo quel mare, quelle coste su cui sono cresciuto facendo castelli di sabbia e ridendo con l’innocenza della fanciullezza, quei problemi che solo adesso riesco a riconoscere, quando guardo tutto questo mi sento il re del mondo. Per quanto possa andare lontano il mio sangue resta legato al mio luogo d’origine. E se Trenitalia qui non esiste, e se le autostrade più vicine sono ad almeno 20 chilometri dalla mia città, se l’animo medio della gente è ancora paesano, tutte queste cose il mio sangue davvero non le conosce.
Ed è per questo che se c’è posto in cui vorrò ritornare per vivere la mia vecchiaia sarà a Modica, altrove sentirei troppo nostalgia. Ma per adesso mi sento costretto ad andare altrove. Le mie frenetiche ambizioni cozzano con questa terra congelata nel tempo.

P.S Della nostalgia, dicevamo… In questo istante del video di prima potete vedere il punto più a sud dell’isola, l’isola delle correnti. Ed è lì che è stata scattata questa mia foto, che rievoca la nostalgia di cui prima.

Ci su tanti ricchizzi n’ta st’America !
Però iu pensu a la Sicilia mia.
Su chiuru l’occhi, ccu la fantasia,
Mi pari ca sugnu propriu ddà !

E’ già Pasqua alla 244/2 ( o forse /1…)

La pasqua quest’anno anticipa. La pasqua quest’anno arriva con le poste italiane. La pasta anche quest’anno è un evento di immensa gioia, di quelli che sai che sono belli belli bellissimi. E poi però saranno ancora più belli. Non mi sognerei mai di paragonare l’estate di un anno fa a quella di quest’anno. Le cose cambiano, le persone cambiano, tutto cambia. Come il mio orologio, per quanto monotono possa sembrare il suo lavoro, non si trova mai in una situazione precedentemente affrontata. Come bagnarsi nell’acqua di un fiume che scorre, ma questa l’ha già detta qualcun’altro e allora io faccio finta di niente.
E’ arrivato il pacco, quello che avevo richiesto. E tutta la mia pasqua sta lì dentro. C’ho trovato quel che cercavo ma le quantità sono stratosferiche. Insieme alle decine di litri d’acqua adesso ho anche il cibo per restare rinchiuso in casa per mesi.
C’era anche qualcosa che non avevo richiesto ed è stato come quando si conosce una nuova persona. Ci sta fuori tutta quella carta e scotch (particolare importante: ho squarciato tutto con un coltellaccio): bisogna riuscire a guardar dentro se si vuole davvero scoprire quanto potrà essere importante. Una volta eliminate le ovvie barriere di protezione trovi ancora carta da imballaggio. L’attesa è snervante e appena vedi il suo cuore inizi a sorridere. E poi più vai in fondo più scopri cose nuove, che non pensavo potessero esserci. E invece sono lì in attesa che tu li colga. E li mangi. Ho trovato di tutto, pastieri mandorle 2kg di biscotti fini cioccolata cobaita torrone nutella vape integratori piselli verdi ‘mpanatiddghi  noccioline savoiardi pane di casa due profumi diversi deodoranti ciunghe salatini arance cedri limoni chili di grana padano (che per inciso o mia Duli in Sicilia costa meno di 10€/kg). Perfino un giubbotto c’era in mezzo a questa roba.
Non merito che meno della metà della roba che c’è lì dentro. Tutta questa fiducia riposta sul mio capo ritengo sia eccessiva. Mangerò tutto di gusto, offrirò qualcosa agli altri ma io m’ingozzerò finché la mia pancia non mi farà male. Il fatto stesso che quelle cose siano state comprate vicino casa mia rende tutto favoloso, di un profumo maestoso, di un gusto paradisiaco. Sarò felice una pasqua…
E poi ci lamentiamo se ci dicono terroni, casa mia è l’emblema della Terronia. Arance, cedri e cioccolato modicano. E poi strani biscotti con la carne e carne messa dentro a una rosa fatta di pasta dei biscotti. 
E io mi trovo in mezzo a loro, loro che festosi mi diranno sottovoce mangia lè.
Come posso dir di no? 
Un attimo prima…
…e quello dopo.
I famosi pastieri, due stanno già dentro di me…
Oggetti di varia natura. Vediamo di non dare il Sustenium alle zanzare e bersi il vape

…cosa c’è? Ancora nutella?
Che vita sarebbe senza…
Mi ammalerò lo so, mi ammalerò!
Valli a ordinare poi… 
Confronto fra la dimensione della Pasqua e la mia mano
Fortuna che peso 64kg…

Ed è così che sono in cerca di una casa

Sono un emigrante. Adesso è ufficiale, c’è scritto in questo coso che conta cinquanta pagine e costa quasi cento dollaroni. Ma come per l’età che non ha bisogno di una carta per certificarla così questa mia condizione non necessita di un passa(aereo?)porto per essere autentica, di questo colore orrendo poi.
Me ne sono accorto quando sono tornato a casa, da Milano. Casa. Che concetto strano. Casa è il posto in cui hai vissuto per più tempo o è casa dove ti trovi meglio? E’ il posto dove vivono i tuoi genitori o è quel posto in cui sei più comodo a dormire e a fare la cacca? Perché casa mia non so più qual è, questi criteri se applicati forzatamente sono inadeguati per decidermi.
Sono felice ogni volta che torno, ovvio, anche il vecchio di Como che ho incontrato sul bus terminal-aereo era euforico alla sola idea di vivere in Sicilia anche solo per qualche giorno: e io qua, in questo paradiso italiano, ci sono cresciuto e vissuto per quasi vent’anni. Ma casa è un posto bello? O è forse un posto spazioso e luminoso?
Perché dopo l’inevitabile felicità iniziale, sono iniziate a mancarmi alcune comodità che soltanto la mia due.quattro.quattro, la casa di Milano, mi fornisce. Qua a casa mia è tutto diverso, ma come può essere una cosa diversa se sei già a casa tua? Diverso da cosa? Qual’è la mia casa, ditemelo voi, io non lo so. La mia mamma e mio fratello non sono una casa, altrimenti sarebbero loro la mia casa. E a quel punto sarebbe molto facile traslocare, perché basterebbe fare un biglietto per tre persone. Ma la casa è un posto, fatto di cemento o anche di legno. E’ un posto che non si sposta, è quel posto che fai sempre fatica ad accettarlo ma che poi farà un’impronta nei tuoi ricordi e ogni volta che la lascerai, anche se per qualche giorno, lei te lo rinfaccerà lei lo ricorderà e tu piangerai la sua lontananza. Ma quando torni casa è lì aperta per te, come se non te ne fossi mai andato. Casa potrebbe essere una fidanzata fedele, un po’ gelosa e capricciosa, ma fedele.
E io, io non posso essere poliga(casa)mo. Di casa se ne ha una per volta, con i relativi tempi di guardia. 
Oggi ho chiamato lo zio Joe, hello joe, i’m gio..ele. joe? Joe, lo zio dell’America.
Manca poco e cambierò di nuovo casa. E quella Milano di merda, quella Milano che qualche volta piove e c’è tanto freddo, quella Milano un poco mi mancherà. Diecimila chilometri un mare e un oceano sono così tanti che anche la “vicina” Milano mi mancherà. E il mio pensionato, un po’ perfino la mia casa degli ultimi tre anni mi mancherà. Che strano, è tre anni che dico che tutti questi posti fanno schifo.
Conosco una vecchia amica che è felice di non avere casa, di viaggiare il mondo come fosse una trottola. Così io penso di lei. Come si può scegliere di non sognare una casa? E’ bello il viaggiare l’esplorare il mondo e il conoscere nuovi mondi di idee, ma io ho bisogno di pensare che in qualche parte del mio futuro ci sarà una casa ben ancorata al suolo e sempre quella sarà la mia casa. Non riesco a sognare di fare del viaggio la mia casa, io quando viaggio sono esterefattamente strano. Vedere luoghi che potresti non rivedere mai più mi rendono malinconico, che è soltanto una tristezza un po’ divertente. Chissà quando dovrò tornare in Italia se sarò triste di lasciare la mia nuova casa, chissà dove sarà la mia casa ben ancorata.
Forse sono nato per partire via. Non so se è perché sono del meridione, perché sono italiano o perché sono semplicemente Gioele. Ma quand’ero nell’era pre-polimi io se ero triste andavo via da casa, e adesso nell’era odierna è un continuo partire, un continuo sognar progetti di partenze. E in tutto questo, dicevo, mi sono scordato dov’è la mia vera casa, che senza ancore è pericoloso partire per l’oceano.
Ed è così che sono in cerca di una casa.

Sia dato un array bidimensionale…

Questo è un super-post, mille cose da scrivere che ho tutte appuntate. Prima cosa, è necessario aver letto questo post qui (http://gas12n.blogspot.com/2011/02/verso-il-paese-immaginario.html) per capire tutti i nessi di questo intervento qui. E comunque questo sarà un post luuuungo lunghissimo.

E’ finito il semestre. E’ una liberazione di cui però non mi sono ancora reso conto. Sarà che ho la testa che scoppia ma pian piano sono sicuro che la leggerezza della ritrovata libertà tornerà a farsi sentire. Non possiamo definirlo il mio miglior semestre, ma sono sicuro che ho fatto altri passi avanti verso la mia laurea breve. Breve è soltanto un altro nome per dire insignificante. Fatto sta che devo passare da qua, e ci sto passando il prima possibile. Proprio oggi ho fatto il mio ultimo esame, Reti Logiche. Ho fatto qualche errore che certificano l’autenticità, diciamo che la mia firma è già il primo errore: sono comunque molto soddisfatto della prova complessiva. Tanto per provare, copio un esercizio dell’esame del 25febbraio. Il corso si chiama “Algoritmi e principi dell’informatica”. Principi non sta per cose iniziali quindi semplici. A dire il vero ho il sospetto che sia l’ennesima illusione del politecnico: viene ritenuto ad ogni modo insieme a Fisica il corso più difficile della triennale. Ecco il testo:

Sia dato un array bidimensionale A di m righe ed n colonne. Supponendo che ciascuna riga sia ordinata in ordine crescente descrivere un algoritmo che riunisce le m righe di A in un’unico array ordinato B di n*m elementi. L’algoritmo deve richiedere tempo O(nm log m).(Suggerimento: mantenere il primo elemento non ancora copiato in B di ciascuna riga in un heap H di m elementi).

Un array bidimensionale è una matrice, una sorta di scacchiera con emme righe ed enne colonne. Bisogna inventarsi un algoritmo che richiede come tempo massimo (il tempo è strettamente collegato al numero di mosse che si fanno per ordinare gli elementi e metterli nell’array monodimensionale, che invece sarebbe una lunga sequenza di caratteri) nm*log(m).
Il suggerimento aiutava un po’ ma vi assicuro che non era affatto semplice. Io ho trovato un algoritmo(=sequenza di passi eseguibili con una benda sugli occhi) che lo risolve in O (nm*log(nm)). Sembra essere buono, quasi uguale. Invece è una ciofeca, è una soluzione ritenuta banale e sarò fortunato se mi daranno 4-5 punti sui 10 circa che valeva l’esercizio. Gli altri due esercizi del compito di sicuro non miglioravano, perciò scusate se quando vado in giro mi riempo la bocca dicendo I N G E G N E R I A. Ogni facoltà ha la sua importanza, senza dubbio, ma non iniziate a dire che sono tutti difficili uguali. Neanche sono difficili ma in una maniera diversa mi sa di una frittata rigirata. Ci sono facoltà più difficili e altre meno difficili: ed ingegneria è più difficile. Quando farò Scienza del fiore forse dirò che sarà quello il corso più difficile, che sti cazzi, mica è facile far girare un girasole…per adesso faccio ingegneria informatica.

Ecco, questo sono io. Commento alla mia foto. Innanzitutto la mia faccia è a colori, ma Sergio (qui potete vedere il suo canale su flickr), l’uomo che ha ritoccato questo bel visino adotta spesso il b&n.
La barba sembra meno lunga in foto, in realtà il baffo sta iniziando a darmi fastidio e a volte mi rantolo grattandomi il viso. Io la barba l’ho sempre tenuta corta. Una volta la tagliavo con la lametta due volte alla settimana, perché mamma mi diceva che altrimenti sarei sembrato disordinato. Poi mi dissero che la barba poteva essere una cosa bella, cioè che mi stava bene la barbetta. E allora mi dissi che era un buon pretesto per evitare questa scocciatura, perciò ora mi limito a spuntarla col rasoio elettrico una volta a settimana. Tania, la signora della mensa, dice che sembro un barbone: di quelli che vagabondano per strada, si capisce. Il portiere ragusano della residenza dice che devo fare la comparsa in un film, per questo c’ho la barba lunga. In realtà è come dicevo nel post precedente, frutto di scaramanzia. Anche se oggi in segreteria ci hanno scambiato per dei ragazzi in erasmus, ce l’ho la faccia da spagnolo o no?
Il mio nasino sembra storto, e lui non lo è. Però sembra nella foto effettivamente. E poi è così strano vedersi così da vicino. Le mie cicatrici sembrano ancora più profonde, ma ho superato la fase della vergogna. Adesso sono quasi un vanto, mi danno l’aria del tipo dall’adolescenza burrascosa. Lo è stata del resto. Si vede pure il piccolo neo sul labbro, sembro uno importante solo per quel neo. E poi sotto l’occhio sinistro c’è la fossetta dovuta alla caduta in bici, che testimonia che oltre all’adolescenza anche la mia infanzia non è stata esente da “infortuni”.
Chissà cosa starò facendo quando rivedrò questa foto, cosa mi ricorderà rivederla dopo anni e cosa dirà mia figlia quando vedrà questa foto dentro una cornice in una mensola polverosa di una vecchia libreria. Come dici duli, le racconterò un’altra lunga storia. Di quella volta che ero amico con uno che si chiamava forse Sergio, di quando vivevo a Milano e c’era sempre freddo, di quando vivevo in una stanza che mi sembrava un’intera casa. Di tanto le parlerò, sono un chiacchierone infatti.

G: fratello
G: nn funziona la somma in binario
G: sto pensando a quanto si è felice da ziti..
G: nn m sembra un pensiero attinente all’aritemica
S: compare io qua non ti posso dire che non è vero
S: ma si può essere felici da ziti così come da single
G: lo sai con me che da ziti è n’altra cosa
S: la felicità non risiede necessariamente nello stare insieme
G: si può andare a 50 anche di prima
G: ma in seconda è tutta n’altra cosa
S: tutto è relativo, bro. Tutto è relativo!
G: il più piccolo si adegua al più grande con l’esponente no?
S: se
S: anche quando si è ziti

Questo è una normale discussione in periodo d’esame. Passato, ricordi, e presente: esame imminente! Capita così che si mischiano i discorsi e talvolta si fanno ragionamenti del tutto spettacolari intrecciando il presente e il futuro.
Io adesso sono appena tornato da casa di Sergio. Sono andato lì proprio per prendere un libro che leggerò domani, nel lungo viaggio che mi riporterà in Sicilia. Ho finito il libro sui numeri primi, gran bel libro. Per tante cose, alcune le ho scritte qua. Adesso tocca iniziare questo libro che Sergio dice che è bellissimo. Inizia così:

Tu mi ricordi una poesia che non riesco
a ricordare una canzone che non è mai esistita
e un posto in cui non devo essere mai stato.

Beh l’inizio non è promettente, io mi ricordo di molte cose. Sono molto abile a ricordare le cose del passato, sarà questo il mio problema? Lo scoprirò solo leggendo.
Io adesso devo andare a togliermi questa barba, sennò domani al metal detector mi fanno levare pure le mutande. La valigia è già stata fatta, l’umore è abbastanza positivo anche se continuo a percorrere le mie strade di prima, Khadir non è ancora rientrato dal suo viaggio a Valencia e sto ascoltando Mistero in tv. Mi godo questi attimi, che ne so che domani l’aereo fa crac e domani tutti voi piangerete leggendo questo intervento. Però sono o non sono stato un bravo ragazzo?

…e siamo in duecento!

E’ da un pò che non scrivo. C’ho avuto il blocco dello scrittore, anche se non sono uno scrittore. Ma c’ho avuto il blocco lo stesso. Questo è il duecentesimo post che sta scritto qua. Se, duecento. Ricordo ancora quando iniziai col primo: venivo dalla geniale invenzione della metafora dell’equilibrista, e bisognava fare sul serio. Così iniziai a parlare di cose a caso, poi di caso a cose e poi ho iniziato a raccontarmi. E così è stato che questo blog ha attraversato tutte le fasi dell’amore, tutti gli alti e i bassi della mia breve carriera di aspirante ingegnere e tutti i flussi di coscienza che soltanto chi vive può raccontare senza inventare.

Allora ho pensato che questo duecentesimo post doveva essere importante, parlare di argomenti considerevoli con un italiano quanto mai perfetto. Ma poi il tempo è venuto a mancare, gli esami stanno sfondando le porte e io mi sono bloccato. E poi ho detto, se voglio continuare a scrivere devo fare un altro post. Non c’è modo. Centonovantanove sono pubblicati, uno rimarrà per sempre una bozza. Diciamo che questo è il centonovantanovesimo-post-più-uno.
Riassunto: sono ancora un quasi-ingegnere: sto studiando come ordinare le cose (Algoritmi e principi dell’informatica), come fare in modo che tante cose entrino in poco spazio e riuscire a far funzionare il tutto decentemente (Reti logiche). Studio come funziona la rete, non quella per pescare (Reti di Telecomunicazioni e Internet) e l.b.n.l Basi di Dati: il corso che dovrebbe spiegarci come e perchè sono importanti le tabelle. 
Sto iniziando a guarire (no in realtà ho ancora la tosse, ma non mi riferivo a quello). Il mio prof di Teoria dei Sistemi (esame già svolto, non so come, chiedete a duli per queste cose) dice che i ricordi di ogni uomo tendono asintoticamente a zero col passare del tempo.
Questo blog è seguito sempre dalle solite persone, più qualcuna in più. Questo mi fa piacere, quando si è troppi a mangiare poi c’è troppo poco da mangiare. E a me piace mangiare, da matti. Mamma ha finalmente rinunciato all’utopia di farmi superare i 60 chili, e io quasi quasi per dispetto sono tentato di superarli.
Doveva parlare di cose insignificanti (Minciati cù l’uossi aruci è giusto un paradosso: non esistono ossa dolci, le minchiate più minchiate che esistono insomma) ma poi mi sono innamorato. E m’è presa la sindrome di Ivan (appena definita così) e tutto il mondo ha iniziato ad assumere un aspetto meraviglioso. E anche adesso è ancora così, come essere ubriachi anche senza bere. 
Sto leggendo un libro che tratta di numeri primi, quel tipo di numero che può essere diviso solo per sè stesso e naturalmente per uno. C’è molta magia nel campo della matematica dietro questi numeri, e le persone che nel passato hanno studiato tali numeri sono anch’esse magiche, talvolta bizzarre ma sempre uniche. E una frase mi ha così tanto colpito che in realtà è stata lei, la frase, a convincermi che fosse ora di scrivere.
“Ci sono un sacco di cose che giacciono sulla spiaggia e che non vediamo finchè qualcuno non ne raccoglia una. Allora, quella, la vediamo tutti”

E’ una frase di una donna, una delle uniche (favoloso errore, una delle uniche) donne matematiche riconosciute: Julia Robinson.
Non so perchè ma questa frase è magica, come il mistero dietro i numeri primi. Ogni discorso potrebbe iniziare con questa frase, e proseguire in modi variegati. Io non ho ancora deciso quale discorso della mia vita far iniziare con questa frase, ma ho in mente qualcosa. Come la foto che appare in alto.
Si sono io, anche se il mio culo sembra più grosso. Sergio dice che me l’ha pompato con qualche sua diavoleria. Ma oltre a questi discorsi anatomici mi piace l’idea di essere su dei binari. Con un piede, con l’altro faccio quel che voglio. Scarpe di ginnastica, jeans e capelli sparpagliati. Come vorrei essere per tutta la mia vita. Culo rivolto al passato e un infinità di futuro davanti a me. Chissà cosa c’è alla fine di quei binari, se incontrerò tram guastati o se ci saranno altri controllori a farmi le multe per eccesso di furbizia. Il passato è così vicino (il pezzettino di rotaia dietro il mio culo), non scordo quello che ho fatto: sono un flip-flop insomma. E c’ho molto pane e cipolla da mangiare, per diventare grande grandissimo. E chiaramente sono ben disposto a smentire i teoremi dell’ordinario. Un flip-flop ribelle che mangia la cipolla (questo è un flip-flop).
Vi hanno mai detto che due rette parallele non si incontreranno mai? Che due persone apparentemente inconciliabili non si uniranno mai? Perchè allora quei binari lì, alla fine della loro strada, si sfiorano, non vedete anche voi come danzano felici? E duecento post in questo piccolo blog non potranno mai bastare per spiegare la vita di quei due binari, del perché poi hanno deciso di unirsi a ballare all’infinito è meglio non provare neanche a parlarne. Ci sono momenti in cui si deve finire di raccontare, momenti in cui bisogna solo ascoltare.

231.584.178.474.632.390.847.141.970.017.375.815.706.539.969.331.281.128.078.915.826.259.279.871 è il più grande numero primo che si conosca. Non ha saputo dire su due piedi a chi importasse.

…come questi duecento interventi. Al prossimo racconto allora, per chi importa :)
P.S In realtà era divisibile per 47, ma è così importante dirlo dopo per chissà quanto tempo avranno calcolato quel numerone?

Essere insignificante

In questi due giorni dopo che una canzone di Venditti (cazzo lo sapevo che ci sarei cascato nella sua trappola!) mi ha fatto regredire di ben due settimane di progressi, in questi due giorni mi è ripassato di nuovo lo stesso film per la testa. Che ancora una volta tento di censurare. Ci provo con Charlie Chaplin. Buonanotte Sicilia, ci rivedremo fra mesi. Buonanotte a noi, che sogniamo di andare lontano. Quando torneremo sapremo ridere dei nostri ricordi, e tutto allora sarà diverso. Che vita meravigliosa la nostra!

Ho perdonato gli errori quasi imperdonabili,
Ho provato a sostituire persone insostituibili

E dimenticato persone indimenticabili

Ho agito per impulso,
sono stato delusa dalle persone che non pensavo lo potessero fare,
ma anch’io ho deluso.

Ho tenuto qualcuno tra le mie braccia per proteggerlo;
mi sono fatto amici per l’eternità.

Ho riso quando non era necessario

Ho amato e sono stato riamato,
ma sono stato anche respinto.
Sono stata amato e non ho saputo ricambiare.

Ho gridato e saltato per tante gioie tante
Ho vissuto d’amore
e fatto promesse
di eternità,
ma mi sono bruciato
il cuore tante volte!

Ho pianto ascoltando
la musica o guardando le foto

Ho telefonato solo per ascoltare una voce
Io sono di nuovo innamorato di un sorriso

Ho di nuovo creduto di morire di nostalgia e…
ho avuto paura di perdere qualcuno molto speciale

…ma sono sopravvissuto!

E vivo ancora !
E la vita, non mi stanca…
E anche tu non dovrai stancartene.
Vivi!!

E’ veramente buono battersi con persuasione,
abbracciare la vita e vivere con passione,
perdere con classe e vincere osando,
perchè il mondo appartiene a chi osa!


LA VITA E’ TROPPO BELLA
per essere insignificante !

Di questi giorni – Racconti Sparsi

Riesco a non cambiare stazione quando ci sta una canzone smielata alla radio. Se questo non lo chiamate un piccolo passo avanti allora la prima piedata di Armstrong era aria fritta.
Di contro un giudizio obiettivo non nasconderebbe che non riesco ancora a indossare il maglione blu, e altre decine di cose che è meglio far girovagare un pò nella mia testolina. Che in fin dei conti è tutto così meraviglioso, anche quando le cose vanno a rotoli. Ci vogliono mesi a tirarsi su le maniche ma sembra che ce la sto facendo. Inciampo ancora di tanto in tanto ma non commetto più stupidaggini.
Per il resto sono reduce da due giorni nella discoteca gioiosa. Reduce nel senso che ho ancora dolori ai polpacci e forse è stato lì che mi sono beccato il mio primo raffreddore dell’anno. Mi c’è voluto una ventina di ore di lavoro per guadagnare l’equivalente di quanti ne avrebbe presi qualcun’altra (colpo di tosse accusatoria) per meno della metà del tempo. Evabbè le occasioni della vita torneranno, spero che passano da qui qualche volta.
Per il resto ho parzialmente assistito a uno spettacolo burlesque (un semplice spogliarello a cui han cambiato nome), ho scoperto che esistono madri che portano in discoteca i propri figli, e la cosa bizzarra è come l’ho scoperto. Il vocalist ha urlato mentre le tipe si spogliavano sul palco che c’era una bambina che piangeva in consolle perché cercava la sua mamma. Il tutto è impreziosito dal fatto che una delle due spogliarelliste era un trans.
Bimba di quattro anni si perde in una discoteca mentre la madre guarda spogliarello di un trans
Qualsiasi giornale farebbe uno scoop con una notizia del genere. E qualsiasi assistente sociale toglierebbe quella figlia dalla “protezione” della madre. Ma questo è un giudizio affrettato e allora non chiamerò il telefono azzurro.
Gli ultimi due giorni di lavoro sono stati veramente massacranti. Ho un’alta sopportazione della fatica, capita dopo che l’hai provata a lungo. Ma sono state diverse le volte in queste due sere che mi sono chiesto se stavo davvero lavorando in quei giorni che sarebbero di vacanza; in realtà il lato ludico di questi giorni era stato già violato dagli obblighi universitari, che adesso sono a sua volta naufragati fra le banconote arancioni. Non c’è cosa più energetica – e la RedBull è una puttanata – di una motivazione salda per sconfiggere il dolore alle caviglie (e avevo le scarpe di ginnastica). Io devo pagarmi un volo transeoceanico, devo pagarmi per quanto mi è possibile una scuola che m’insegni questa astrusa lingua che mi è necessaria. Necessaria per studiare ancora e ancora, per acquisire altri titoli e trovare lavori sempre più remunerativi. Per soddisfare quei piccoli sogni che mi porto appresso, e che m’aiutano a sopportare la fatica. Che pregare non serve a un emerito cazzo, solo come palliativo (con l’ipotesi del dubbio, non lo nego…) per sconfiggere le fatiche del lavoro.
Quello che m’aspetta sono dei mesi d’in(f || v)erno. Tutti in salita, con tornanti in salita, e la neve in salita. E niente catene a bordo. Due mesi effettivi di sessione d’esame, poi ci vuole la volata finale per laurearsi in tempo. E poi il mese d’agosto in cui devo dimostare che non è da tutti ma che io 2000€ li tiro su solo in quel mese, a costo di impararmi finalmente l’Ave Maria. Non vedo l’ora di volare sull’atlantico, di trovarmi su quell’aereo vicino a un giapponese con la cravatta. Chissà come sono gli aerei intercontinentali, chissà se hanno i sedili reclinabili, chissà se il cibo è buono e chissà se mi danno quel coso da mettere sugli occhi per dormire. Chissà se anch’io soffrirò del jet lag, chissà se mi verranno a prendere all’aeroporto come si usa qui, con quei cartelli con su scritto Sicilian guy here! C’ho un pò di sogni da esaudire, e spero che non ne produrrò più. Almeno per qualche giorno dai…

:)

Afanculu Piola. Again

Previsione per oggi.

  • Partenza da Studentato: fra 5 minuti.
  • Arrivo alla fermata del 90/91: fra 6 minuti.
  • Scambio con la 73 direzione linate: 16 minuti e una manciata di secondi.
  • Arrivo a Linate: 25/30 minuti c.a. (variabile pilotata dalla noia dell’autista del 73)…

previste a questo punto lunghe ore d’attesa, le più lunghe da 2 mesi ad oggi (omettendo le eccezioni necessarie)

  • Partenza aereo: 3h e 15minuti c.a. (variabile pilotata dalla noia dell’autista dell’airbus della windjet)
  • Arrivo a Catania: …uhm..facciamo le 22 ?
  • Arrivo sull’uscio di casa mia: sempre trooooppo tardi..ma beh “arrivai..cù cazzu si ni futti ciui”

Previsti lunghi interventi scritti nelle lunghe ore in assenza della “ragnatela” (web, ndr ) che verranno aggiunti solo quando la noia dell’autista della mia vita sia minore dell’interesse che spende nell’aggiornare questo spazio.

Caricamento stato emotivo felice ed eccitato: fatto!
Caricamento stato emotivo campanilista: fatto!
Caricamento desiderio di sole e mare e granita e caldo e goduria: fatto!
Caricamento desiderio di permanenza in loco siculo: ah era già fatto questo ?dici che è sempre attiva questa voce…boh!
Caricamento “portati l’occhiali che poi Sergio non può farti il favore che parte anche lui oggi, ricchione! (sergio)” fatto!
Caricamento Valigia…quasi fatto!
Caricamento “monta la testa sul collo in senso antiorario previa lubrificazione degli ingranacci” Fallito!!!

ops..cazzo..mi sa che dovrò riavviare..

Tratto da un post vero: http://gas12n.blogspot.com/2009/05/afanculu-piola.html

Un sogno per amico

Ci sta la vita è bella in tv. La sto guardando. Trasmette allegria, trasmette la voglia di cambiare il mondo. E fa ridere. Riderissimo, c’è la scena dell’ombelliiiiccooo. Guardate che bell’ombelico, che nodo ma non si snoda. Questo è l’ombelico italiano. C’hanno provato a copiarlo gli scenziati tedeschi…
In questo post niente lagne, che poi sono i cani a lagnare…ma in fondo ho detto che siamo animali, tutto quadra. Ho tolto i ricordi dal muro, chissà quando ne affisserò di nuovi, ma quello che c’era lì non andrà via, non così presto. Non posso ignorare il contenuto di questo tuo blog, neanche tu potrai mai farlo: te lo garantisco.

Me ne andrò presto dall’Italia, andrò dall’altre parte del mondo. E sarà così. E’ semplice fare le cose, è semplice sognare. Basta andare a dormire e svegliarsi il giorno dopo. Vivere perlappunto (o si scrive perla appunto, o per l’appunto…ma poi di quale appunto stiamo parlando?), vivere è (ma anche senz’accento, la e dico) sognare.
So farlo benissimo, e questo non lo può dimenticare nessuno. Questo no per lo meno (e varianti annesse). Non importa il numero di problemi che il sogno si porta a braccetto; io sogno i sogni, i problemi io non li ho mai sognati. Non me lo sogno mica. Espatrierò per la seconda volta: un altro paese dove non si parla la mia lingua, ma neanche qui a Milano poi conoscono in tanti il dialetto. Un paese che non festeggia i santi, che non si lamenta ma opera, che mi lascia sognare. Che poi qua talvolta pure sognare è proibito, taluni sognano solo di notte.
Il mio ultimo sogno ricorrente è diventare famoso, importante, ricco, di sani principi e robusta costituzione. E poi tutti a guardarmi alla tv, a dire quello io lo conoscevo. Tutti lì in fila a vendere una testimonianza di quando m’avevano visto cantare in motorino, tutti miei amici/nessuno mio nemico. Quello c’ha provato con me, tutti così diranno. Mia moglie riderà di loro, già la vedo su quella poltrona davanti al fuoco della casa dei miei sogni. Anche la moglie è nei sogni, tutto nei sogni per adesso.
Poi cerco su facebook è vedo una che sta fra le mie amiche che va, che viaggia, gira per l’italia divertendosi. Boh dico io, io sto studiando per Reti di Telecomunicazioni e Internet (la prima lezione era per imparare a pronunciare il titolo del corso). Quella là spassa la passera a destra e a manca, non un titolo di studio, non un lavoro e io qua a rincoglionire? Ah giusto, io c’ho tutto nei sogni. Devo giocare ancora la mia carta Realizza un sogno a tua scelta, per adesso non c’è nel mio mazzo. E tocca studiare, per non farsi trovare impreparato quando esce la carta giusta. Un pò come la prima lezione, s’impara il titolo e al momento giusto lo si tira fuori.
A quella spassosa passera che se la spassa i miei migliori auguri, ma io quando sarò il momento sarò un qualche migliaio di passi avanti. Due tre migliaia se tutto va storto (tocca farci l’abitudine).
Una piroetta, il sogno proiettato bene in testa e va, e va testa dura. Vai dove nessuno andrebbe, tocca calpestare la sabbia liscia e lasciarci la propria impronta. Il susseguirsi delle mie orme sarà affascinante, ma dubito che rimarrò a fissarlo a lungo. Tocca iniziare a correre. C’è una spiaggia interminabile da segnare, da sognare.