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FDC 10 – “Vabbè che ci sono le spine…ma 9€ cazzo?”

Battevo i pugni sul tavolo che con un pugno battevo un pugno e con l’altro mano tenevo il computer perché non cadesse. E io chiedevo perché io fossi caduto e a questo perché né questi né quegli altri avrebbero potuto rispondermi. Piangevo il calore dell’infermo nelle mie lacrime ed erano salate come il mare in tempesta.

Riempi la pilozza di acqua e poi presi della terra. Diventò un impasto di terra e acqua, era già una sorpresa. Poi ci infilai un dito e iniziai a dipingermi la faccia con quella crema naturale. Quando ritenni che era soddisfacente tornai in casa e mi feci vedere dalla mamma. Mi chiese che cosa avessi combinato. E io: guarda mà, come gli indiani.

Quando ero piccolo avevo un’altalena che se la oltrepassavi si viaggiava nel tempo (nel passato). E se la oltrepassavi nel senso opposto si viaggiava nel futuro. Il rischio era scordarsi da quale parte si era passati, così mettevo un ramoscello per ricordarlo.  Poi diventai grande e la macchina del tempo si ruppe.

La macchina del tempo

Uno scorpione doveva attraversare un fiume, ma non sapendo nuotare, chiese aiuto ad una rana che si trovava lì accanto. Così, con voce dolce e suadente, le disse: “Per favore, fammi salire sulla tua schiena e portami sull’altra sponda.” La rana gli rispose “Fossi matta! Così appena siamo in acqua mi pungi e mi uccidi!” “E per quale motivo dovrei farlo?” incalzò lo scorpione “Se ti pungessi, tu moriresti ed io, non sapendo nuotare, annegherei!” La rana stette un attimo a pensare, e convintasi della sensatezza dell’obiezione dello scorpione, lo caricò sul dorso e insieme entrarono in acqua. 
A metà tragitto la rana sentì un dolore intenso provenire dalla schiena, e capì di essere stata punta dallo scorpione. Mentre entrambi stavano per morire la rana chiese all’insano ospite il perché del folle gesto. “Perché sono uno scorpione…” rispose lui “E’ la mia natura”.

Mi piaceva questa ragazza. Nicol. Credo ci fosse una alla fine ma per me è sempre stata Nicol. Aveva una voce roca e i capelli corti ma a me piaceva e andava bene così. Le scrissi una scritta, MONOLITICA. Nicol ti amo. Poi migliorai con gli anagrammi, tendo a farlo. A migliorare. Decisi che se avessi avuto una figlia l’avrei chiamata Nicol. Poi decisi di chiarmarla Fabrizia, poi Giulia, poi fu Stefania, poi fu…Tendo a farlo, a perseverare.

Qualche anno fa ero ad un esame di Reti Logiche. Me ne andai prima della fine sbattendo una porta. E mi arrampicai su un albero, ci restai accovacciato finché ne avevo abbastanza. Poi scesi, presi un pezzo di ramo e me lo misi in tasca. E Giulia fin da allora si chiede perché lo tenevo in tasca.

Sul mio volto, sulla mia parte sinistra tra la mandibola e il collo ho una cicatrice d’acne. E’ un buco, un fottutusissimo buco dal diametro di un punta di stuzzicadente. Quando mi rado, la lametta non lo taglia: il pelo di barba dentro il buco resta salvo. Ma poi prendo una pinzetta e lo scippo. Anche se ho un buco d’acne lo deve sapere che sono io che decide chi resta attaccato al mio corpo e chi mi può cancellare dalla sua memoria.

Una volta ho finto di dormire mentre i miei genitori discutevano su come spendere undici milioni di lire. Mia mamma disse che era meglio comprare un divano che mangiarseli a cibo. Per circa 20 anni è stato il divano buono e quindi ci si sono potuti sedere solo gli ospiti. Del resto io mi sono convinto che è scomodo.

La mia prima memoria che ho di me che mi guardo allo specchio è me che mi dico mazza che sono brutto. Mi ma me a me e me. Meh!

Quando dico che sarò qualcuno lo dico davvero. Gli altri non lo sanno ma io ci credo veramente. E tristemente non c’è niente che mi può fermare. Sono nato povero e piangendo. Piangerò tutta la mia vita pure di morire ricco e piangendo. E se muoio giovane non potevano dire che avevo la volontà ma non mi impegnavo.

Un saluto alla signora Carmela che per una decina d’anni mi ha ingannato ogni mattina quando mi diceva che erano le 8 e facevo tardi a scuola. Erano sempre e dico sempre le 7:30.

Buon compleanno. E questo è l’unica volta che non parlerò di me. Ops…!

Buon compleanno.

L’attitudine giusta

Un giorno di vita

Quello sono io. 22 anni dopo sono gigantesco (si fa per dire) ma sono sempre io. Lì era caldo tanto caldo (così mi dicono) ed ero a Ragusa, all’ospedale. Qui il 20 Giugno mattina era soleggiato ma poi, la sera, la temperatura è scesa. E sono in Canada, dove neanche sanno come si pronuncia Ragusa. Ad analizzare cos’è cambiato ci vorrebbero altri 22 anni. Facciamo l’opposto.
Cosa mi piace di questa foto (che mi ha inviato mia madre per il mio compleanno) è la mia attitudine. Che sia perché c’erano 35° e m’avevano comunque coperto di lenzuola e messo il pigiama (a maniche lunghe epperò cavolo!) o perché ero felice di avercela fatta (prendetevi un secondo e riguardate la foto qui sopra, quell’uomo sta chiaramente esultando nel suo primo giorno di vita) non conta: l’attitudine è quella giusta e non è cambiata. Pugni chiusi e braccia all’aria: si stona ‘mpare (se fossi nato in Canada avrei detto: it rocks dude)!
Penso che quella mano è grande quando un ditino mio adesso e che sono sempre io, quando penso a questo mi vengono i brividi. Poi mi guardo il nasino e penso: ma certo che ero già un gran fico: nasino all’insù, braccia all’insù e una vita da vivere. Sarà stato il giorno più bello di sempre, il primo!

Di come ti hanno “salvato” il Natale con Skype e cavolfiori

Ero così pronto a scrivere un post sul falso stile di questo, su quanto ipocrita possa essere la gente quando il natale s’avvicina e su quanto io sia infastidito dalla libertà che il natale mi priva di essere triste, solo e incazzato. Badate bene, non ho particolari interessi a essere triste e incazzato (e infatti il Canadox mi sta guarendo) ma appartengo a quel genere di individui che amano la possibilità di essere tristi per poi non sceglierla. E a Natale le convenzioni sociali te lo proibiscono. E forse sarà per il mio spirito ribelle che sussulta quando vede il fiume di tradizioni pieno di natanti, felici di farsi trascinare a valle. Fatto sta che stavo per scrivere un posto intitolato “Buon Natale un cazzo” dato che più della metà dei blog che seguo hanno redatto un posto intitolato “Buon Natale”. Volevo essere pungente e un po’ blasfemo seguendo quella teoria che soltanto scuotendo con molta forza un albero è possibile far cadere i resistenti frutti della routine. Mi sono messo a citare frasi di Ebenezer Scrooge, il tipo che odiava il natale. Nella finzione della fiaba arrivarono tre spiriti e il tipo cambiò idea e iniziò anch’egli a percepire l’atmosfera natalizia (che per quanto mi riguarda significa: scacci, pastizza e baccalà!).
Anche nella mia realtà qualcosa mi ha fatto cambiare idea e quindi son qui a scrivere qualcosa di più moderato, il titolo non conterrà parolacce (ma comunque gli auguri non ve li faccio, tiè!).
E’ successo questo:

I tre spiriti

Quello al centro è mio nonno. Quel nonno che se vuoi vederlo devi farti 14 chilometri di cui 3 di strada non asfaltata a cui a stento può passare una macchina: e una volta arrivata ti aspetta con dei lavoretti da campagna da fare. Quel nonno che avrà detto si e no otto parole in un’ora e mezza di video chiamata, ma lo puoi vedere chiaramente che sta passando un felice momento. Ed è merito mio.
E poi  quello a sinistra è mio fratello. Lo si riconosce dai vestiti che orgogliosamente veste. Anche lui sta passando un felice momento, poggia una spalla su quello del nonno in una fantastica continuità di tradizioni e di sangue familiare che mi mette i brividi. Quel ragazzo a destra è uno dei miei cugini e anche se si sta mangiando le unghie lo vedi che ride sotto il baffo.
Io mica me lo aspettavo che mio nonno, mia nonna, mia madre e mio padre, mio fratello, una zia (che l’altra si scuddau a cù appatteni) e qualche cugino si ritrovassero tutti di fronte a una webcam che implica il dover stare in una stessa stanza con le gambe sotto lo stesso tavolo. Cose che se mi trovavo in Terronia non sarebbero probabilmente accadute. Ma si sa, il Canadox è un farmaco ad ampio spettro.
E così mi sono immerso pure io un poco nella ipocrisia del natale e questo – se voglio conservare un minimo di coerenza – mi vieta di spiegare dettagliatamente (almeno per quest’anno) perché a me le feste comandate non piacciono.
Ieri sera poi si è recuperata la tradizione siciliana e si è fatto la famosa cena all’italo-siculo-canadese. E incredibilmente ho sorriso spontaneamente, immergendomi un pochino in quella ilare serata che la vigilia di natale impone. Bello sto aggettivo, ilare, no?

Dio esiste e si chiama pastizzu chè ciurietti

Voglio ringraziare quella gente che mi ha fatto sentire a casa e in famiglia quando mi trovo a diecimila chilometri da casa e a nove ore indietro dalla mia famiglia. Voglio ringraziare dulietta che ha trovato un po’ di tempo per me (o io ho trovato il tempo per lei?), voglio ringraziare Sergio che non m’ha augurato “Buon Natale” e per questo lo apprezzo più di ogni altra persona. Voglio ringraziare la mamma che ha permesso l’inizio del capovolgimento emotivo del mio natale e voglio ringraziare chi si è fatto i fatti suoi senza inondarmi di messaggi e minchiate caratteristiche del Natale (ma Capodanno sta arrivando, minchia!).
Infine ringrazio chi ha preparato, cucinato e servito il ben di dio che potete vedere qui sopra. Senza scordarci che io ho girato la manovella del macchinario che metteva la salsiccia nel budello e che ho tagliato con precisione e accuratezza il formaggio che è condimento delle focacce col pomodoro. Miiiiiinchia!

“Negli antichi sentimenti delle nuove emigrazioni”

Questo sono io – in un video inedito per il grande pubblico – (…babbiavo.) alle 5 del mattino del 23 Ottobre 2011 all’aeroporto di Dusseldorf. Era appena comparsa la scritta Vancouver sul tabellone delle partenze (mancavano tre ore alla partenza e io stavo aspettando questa scritta da già sette ore) e prontamente mi stavo dirigendo verso i controlli dei metal-detector. Ricordo che il mio zaino era pieno e pesante: una nikon D90 e un mac 13” rappresentavano l’emigrante odierno. Un chilo circa tra focacce modicane e ravioli fritti (questi provenienti dalle tradizioni ragusane) invece mi ricordavano che prima d’essere odierno sono un siciliano. Quel tipo d’uomo che parte contadino ed arriverà terrone, quel tipo d’uomo che si porta i bastimenti per le Americhe lontane, quel tipo d’uomo che va per il mondo e si porta il sud nel cuore.
E oggi che è il 23 Novembre (lo so, in Italia è il 24 ma qua è ancora il 23) festeggio il mio primo mesiversario col Canada. Inutile ripetere che il matrimonio è felice, che non abbiamo mai litigato (anche se un giorno mi mancava la mia ex, nazione) e che stiamo trovando il nostro equilibrio chissà se destinato a durare ancora più a lungo. Ad ogni modo volevo solo dir a tutti che il primo mese è passato e che il presente è così vivo che a volte mi sento quasi sick. Che siccu lo sono già!

Miiinchia!!

La polo blu – anno I

Oggi non avevo intenzione di scrivere nulla, poi mi sono ricordato di questi due post, li ho apprezzati come li apprezzerebbe un lettore estraneo e allora ho deciso di autocitarmi, in un lancio estremo di presunzione d’autore.

bene bene..non credevo di essere tanto prolifico in questi giorni. beh di cose che dovrei dire (o forse non dire) ne ho in quantità. ma ho deciso che questo sarà un intervento leggero, felice, nessuna riflessione. ci provo quantomeno. ecco.dicevo..ehm..ah si. ecco, purtroppo dobbiamo andare un pò indietro nel tempo per scrivere qualcosa che si trovi velocemente tra i ricordi che affiorano zampillanti nella mia memoria. diciamo d’una decina d’anni indietro ? sisi può andare…
credo che mai nessuno come me abbia avuto un’infanzia…agitata!..ecco, da piccolo (solo da piccolo?) ero un diavolo. una bestia, un tormento, una catastrofe. non bastava mia mamma a fermare le mie pazze pazze genialità, i miei tentativi vani di suicidio, i miei silenzi (il silenzio in un essere come me promette poco di buono) .
non volevo il ciuccio se me lo volevano dare, volevo il ciuccio quando dovevo allontanarmene (piccoli gioeli crescono…). ho avuto un box, quelle piccole e simpatiche gabbie per bambini, dove colorati e felici balocchi tentano di alleviare quella assurda imposizione d’autorità. beh, io l’ho avuto. ma non ci sono mai voluto restare per più di qualche secondo. più precisamente il tempo che mammina impiegava per svoltare l’angolo della cucina e avviarsi nel suo letto per il meritato riposo: svoltato quell’angolo strillavo.Tutti i cassetti erano chiusi con dei nastri. li aprivo e tentavo di assaggiare tutto. qualsiasi cosa. di certo non potevo cercare su google, ma assaggiare è un ottima alternativa.Che fossi diventato quello che sono (vedi primo post, o qualsiasi altro: è indifferente) si sarebbe dovuto capire già da infante..diciamo da qualche ora dopo che son nato.Nell’ospedale in cui sono nato, si soleva far riposare i nascituri in una gabbia a metà fra la culla e l’incubatrice in modo da evitare scongiurate complicazioni (grazie ospedale Arezzi). Mia madre quella giornata di giugno, di caldissimo giugno (verrà ricordato da mia madre come il più caldo giugno dal ’88 ad oggi), riposava dalle fatiche di un parto. io no. col cazzo. avevo esattamente 2 ore. ed ero incazzato. nessuno mi aveva ancora fatto gli auguri di “ora-versario”. e poi m’avevano ingabbiato. cazzo se ero incazzato. e scommetto pure che avevo “a funcia”, quell’espressione che mi caratterizza più di tutte. e così, incurante della mia giovane età, provavo a vedere com’era il mondo(sarei potuto rimanere sconvolto nello scoprire che accanto a me c’erano decine di nascituri uguali a me. dovevo contraddistinguermi). così tentavo di sollevarmi sulle braccia e di alzare il collo. ecco questo i neonato lo fanno verso il primo/secondo mese di vita. perchè dovevo aspettare? In pochi istanti l’unico risultato raggiunto era un nasino arrossato e le ginocchia con il mercuro/cromo: la testa di volta in volta cadeva giù e sbattevo il naso. mi incazzavo e mi dimenavo. e le lenzuola ancora troppo spinose per la mia pelle inesperta mi graffiavano. a quello spettacolo di forza bruta mia nonna, ch’era venuta per ammirare il primogenito della stirpe, restò terrorizzata: chiamò l’infermiere in panico, iniziò a far casino, camminò di qua e di là, e infine andò da mia madre urlando: “maggherita, maggherita arruspiddgiti…tà fidggiu nunnè nommali, nun c’è nommali!!!mariamariamaria,pattrifiddgiuspiritusantu”.
Poi pian piano (dicono che da piccolo ero pure paffutello) son cresciuto ma stare ingabbiato non l’ho mai accettato del tutto.Così quand’ero nel girello, tentavo di sfondare la porta d’ingresso previa rincorsa nel lungo corridoio giallo. dicono che pochi istanti prima dell’impatto alzavo le gambe da terra. e pochi secondi dopo ridevo come un matto.Ad ora dei pasti, nel seggiolone, ero sfinito dai miei tentativi di evasione. e così m’appoggiavo su di una spalla. e dormivo. ma non rinunciavo di certo ad aprire la bocca e a masticare ciò che mammina gentilmente mi imboccava. (per i miscredenti ho le foto di me che mangio dormendo, nell’album di famiglia).Quando finalmente mi lasciavano libero, finalmente libero, nel lettone con le lenzuola color celeste mi raccontano che tentavo di nuotare. Nuotare, camminare, saltare. essere felici. ridevo sempre, e quando non lo facevo bastava che mà mi soffiasse sul pancino e producesse quel rumore simile a una pernacchia. e ridevo. e ridevo.
Ma fin qui non c’è ancora niente, o quasi, che possa far pensare a quello che sto per dire. Sangue, tanto sangue. E “peli sulle sopracciglia”, e cuscino sui volti tumefatti, e sangue. maronna ri sancu.Beh, mi si è stancata la schiena. E sto iniziando la trasformazione verso i ricordi infausti. meglio spezzare questa storia.
Il sangue nella seconda puntata ;)


Direttamente dal diario di mia madre sulla mia infanzia:


14 Agosto 1996:
…ti sei ricordato che papà ti aveva promesso che potevi farti il giro in bici nella strada di Busita. io t’ho fatto scendere e subito dopo una vigorosa pedalata…al solito sei sempre “furioso”..è iniziata una discesa, non sei riuscito a controllare la bici e dopo poco sei caduto a capofitto, ho sterzato subito a sinistra e t’ho preso per portarti in ospedale, dove ti hanno dato due punti al sopracciglio sinistro e ho visto che ti sei ridotto la faccia malissimo..”
[…]“Dopo 48 ore ti abbiamo fatto la T.A.C e abbiamo visto che tutto andava bene.Tu dopo hai fatto il primo giro in bici

Oggi: sono a casa, beh sono da solo. mamma è al lavoro e mio fratello è ancora uno studente “di quelli forzati”. Ho la musica forte, che la sente tutto il palazzo e oltre. fra meno di una settimana ritorno a milano, dovrò fare la strada inversa e non sono tanto sicuro che adesso i cata-siciliani siano disposti a spingersi per oltrepassare quel gate. del resto anch’io tenterò di prolungare il più possibile la mia permanenza al di qua, io su quel coso pilotato da Caronte nun ci voglio proprio andare.Beh dai iniziamo, vi devo raccontare di come sono arrivato ad oggi, ad essere quello che sono: sicuro ho sbattuto molte volte la testa.Beh si, dopo esser nato, aver tentato di sfondare ogni cosa che si intromettesse tra me e i cassetti della cucina pieni di oggetti tanto inutili quanto buoni d’assaggiare..ecco sono cresciuto. Beh cresciuto è una parola un pochino grossa, diciamo che mi son nati i dentini e tante nuovi pensieri per conquistare il mondo: ecco ora se trascuriamo i denti del giudizio (che chissà per quale misterioso motivo tardano a nascere), solo i dentini si sono “realizzati”.
Il primo incidente che ricordo è stato il più stupido, ma che m’ha procurato un 2/3 punti di sutura dietro nella nuca: sotto il tavolo di calcestruzzo m’era caduta na biglia, mi chino la prendo m’alzo sbatto piango. e così adesso, ogni volta che voglio tagliarmi i capelli corti devo raccomandare al barbiere di nascondere quella cicatrice, beh si sulle cicatrici non ricrescono più i capelli.Altro incidente insanguinato: m’avevano regalato il super liquidatore nuovo, beh non datemi mai una cosa che spruzza acqua nelle mani ( niente riferimenti eh ), dopo mio fratello e mio padre toccava a mia madre: ma ho calcolato male le distanze e sono finito dritto dritto nel cancello ferrato: e così c’ho na cicatrice pure sulla tempia e anche lì devo stare attento dal barbiere: 3 punti di sutura e siamo a 6. promemoria: buttare acqua addosso alla gente può arrecare seri danni alla salute. buon risultato ma è ancora poco. possiamo migliorare.Casa di mia nonna, ero più piccolino. meno di 6 anni. na volta sbatto sulla spalliera di una sedia, 2 punti al naso. quella volta non lo ricordo.Sempre da mia nonna, questo è uno dei più significativi…preparo con cura la scenografia, un cuscino a terra e uno fra le mani: mi metto sul divano, m’alzo prendo la mira e mi butto di testa. dovevo prendere il cuscino…e se non l’avessi preso avevo quello nelle mani..beh..adesso so che sotto il mento non mi cresce più la barba. e che l’attrazione gravitazionale è più giusta di quanto pensassi. e altri 2 punti s’aggiungono alla mia collezione. 8 punti. sto migliorando sempre più.Ancora più piccolo, avrò avuto 4 anni. Veglia di pasqua: io dico..ma perchè cavolo torturare i bambini e portarli in una chiesa dove tutti hanno sonno, anche il prete ne ha, se poi puoi andare in momenti più tranquilli dal prete e chiedere “scusascusascusa ho dimenticato di santificare le feste, e chiedo perdono anche per gli altri peccati già che sono qua. grazie.cià” ? bah, io dovevo andarci e dovevo pure impegnarmi: dovevo pur far capire a mia madre che non volevo stare lì. Vi siete mai chiesti perchè i bambini quando li portati in chiesa piangono a dirotto ? beh cazzo non è che le presentazioni d’apertura fra bebè-sacerdote siano delle migliori.. “senti bello mio, tu ora entri a far parte della nostra cricca, ma prima ti devo buttare un pò d’acqua qua e qua e qua. “partiamo dal presupposto che nessuno m’ha chiesto se volevo essere lì e se volevo entrare a far parte di partiti,associazioni e fan club.. poi ok..mi devi buttare anche l’acqua sulla testa..almeno abbi il buon senso di accendere lo scaldabagno no ? e poi che cazzo mi fai i flash in faccia che sto dormendo…e mamma e papà che cazzo c’hanno da essere felici ? bah…si ecco, così è capitato che quando s’è finita quella messa siamo tornati a casa e io ero felice, d’esser tornato a casa. pensavo pure fosse mattina data la lunga e santa runfata. Così mi sono messo a saltare sul lettone (saltare sul lettone è una delle gioie della vita che mai dovrebbero esser private ai bambini), e saltachetisaltasaltapiùinalto son caduto. ma non per terra, banale. con la fronte sulla sponda del letto. cazzo che male..stavolta nessun punto di sutura, solo qualche cerotto traente. adesso in piena fronte ho un taglio neanche tanto orizzontale che mi ricorda che anche le cose più belle possono far male a volte. ( beh in realtà mi ricorda anche che devo migliorare la mia tecnica di salto sul lettone ).Beh arriviamo all’ultima, che poi sarebbe la prima per coefficiente di avvicinamento alla morte. mia madre credo che lo ricordi tutt’ora quell’attimo. si mi riferisco all’incidente descritto nel mio/suo diario…io ricordo che dopo il patatrack lei scese dall’auto e mi alzò da terra e mi urlò: “riesci a star in piedi dieci secondi..prendo le scarpe ( ch’erano disperse sull’asfalto ) e metto di lato la bici (ch’era spalmata sull’asfalto) ok??”io annuì, lei mi lasciò e io precipitai al suolo. lei mi riprese, corsa all’ospedale e due punti di sutura al sopracciglio: ora ho un sopracciglio leggermente storto e il ricordo che il freno davanti NON si deve usare neanche nelle emergenze. e non si deve correre troppo coi pedali se sotto il culo non c’hai almeno una cosa che abbia 26” di diametro.In realtà ho capito che talvolta è meglio non frenarsi, che se magari non frenavo non cadevo. che prima di gettarsi a capofitto in un sogno, beh è meglio calcolare bene le distanze (non per niente mi sono iscritto ad ingegneria -LL). che anche troppa felicità fa male, così come troppa cocacola o troppa cioccolata..o saltare troppo in alto sul lettone!…che non conta quanto sangue ti manca in circolo, quanto forte sia stata la botta, se c’avevi ragione o torto, se è colpa del tavolino troppo basso o del cuscino troppo piccolo..48 ore sono un tempo sufficiente per rifarti un giro in bici: che t’abbia tradito o meno poco importa.

Se siete arrivati fin qui vi devo un ringraziamento. Alla prossima!

…e siamo in duecento!

E’ da un pò che non scrivo. C’ho avuto il blocco dello scrittore, anche se non sono uno scrittore. Ma c’ho avuto il blocco lo stesso. Questo è il duecentesimo post che sta scritto qua. Se, duecento. Ricordo ancora quando iniziai col primo: venivo dalla geniale invenzione della metafora dell’equilibrista, e bisognava fare sul serio. Così iniziai a parlare di cose a caso, poi di caso a cose e poi ho iniziato a raccontarmi. E così è stato che questo blog ha attraversato tutte le fasi dell’amore, tutti gli alti e i bassi della mia breve carriera di aspirante ingegnere e tutti i flussi di coscienza che soltanto chi vive può raccontare senza inventare.

Allora ho pensato che questo duecentesimo post doveva essere importante, parlare di argomenti considerevoli con un italiano quanto mai perfetto. Ma poi il tempo è venuto a mancare, gli esami stanno sfondando le porte e io mi sono bloccato. E poi ho detto, se voglio continuare a scrivere devo fare un altro post. Non c’è modo. Centonovantanove sono pubblicati, uno rimarrà per sempre una bozza. Diciamo che questo è il centonovantanovesimo-post-più-uno.
Riassunto: sono ancora un quasi-ingegnere: sto studiando come ordinare le cose (Algoritmi e principi dell’informatica), come fare in modo che tante cose entrino in poco spazio e riuscire a far funzionare il tutto decentemente (Reti logiche). Studio come funziona la rete, non quella per pescare (Reti di Telecomunicazioni e Internet) e l.b.n.l Basi di Dati: il corso che dovrebbe spiegarci come e perchè sono importanti le tabelle. 
Sto iniziando a guarire (no in realtà ho ancora la tosse, ma non mi riferivo a quello). Il mio prof di Teoria dei Sistemi (esame già svolto, non so come, chiedete a duli per queste cose) dice che i ricordi di ogni uomo tendono asintoticamente a zero col passare del tempo.
Questo blog è seguito sempre dalle solite persone, più qualcuna in più. Questo mi fa piacere, quando si è troppi a mangiare poi c’è troppo poco da mangiare. E a me piace mangiare, da matti. Mamma ha finalmente rinunciato all’utopia di farmi superare i 60 chili, e io quasi quasi per dispetto sono tentato di superarli.
Doveva parlare di cose insignificanti (Minciati cù l’uossi aruci è giusto un paradosso: non esistono ossa dolci, le minchiate più minchiate che esistono insomma) ma poi mi sono innamorato. E m’è presa la sindrome di Ivan (appena definita così) e tutto il mondo ha iniziato ad assumere un aspetto meraviglioso. E anche adesso è ancora così, come essere ubriachi anche senza bere. 
Sto leggendo un libro che tratta di numeri primi, quel tipo di numero che può essere diviso solo per sè stesso e naturalmente per uno. C’è molta magia nel campo della matematica dietro questi numeri, e le persone che nel passato hanno studiato tali numeri sono anch’esse magiche, talvolta bizzarre ma sempre uniche. E una frase mi ha così tanto colpito che in realtà è stata lei, la frase, a convincermi che fosse ora di scrivere.
“Ci sono un sacco di cose che giacciono sulla spiaggia e che non vediamo finchè qualcuno non ne raccoglia una. Allora, quella, la vediamo tutti”

E’ una frase di una donna, una delle uniche (favoloso errore, una delle uniche) donne matematiche riconosciute: Julia Robinson.
Non so perchè ma questa frase è magica, come il mistero dietro i numeri primi. Ogni discorso potrebbe iniziare con questa frase, e proseguire in modi variegati. Io non ho ancora deciso quale discorso della mia vita far iniziare con questa frase, ma ho in mente qualcosa. Come la foto che appare in alto.
Si sono io, anche se il mio culo sembra più grosso. Sergio dice che me l’ha pompato con qualche sua diavoleria. Ma oltre a questi discorsi anatomici mi piace l’idea di essere su dei binari. Con un piede, con l’altro faccio quel che voglio. Scarpe di ginnastica, jeans e capelli sparpagliati. Come vorrei essere per tutta la mia vita. Culo rivolto al passato e un infinità di futuro davanti a me. Chissà cosa c’è alla fine di quei binari, se incontrerò tram guastati o se ci saranno altri controllori a farmi le multe per eccesso di furbizia. Il passato è così vicino (il pezzettino di rotaia dietro il mio culo), non scordo quello che ho fatto: sono un flip-flop insomma. E c’ho molto pane e cipolla da mangiare, per diventare grande grandissimo. E chiaramente sono ben disposto a smentire i teoremi dell’ordinario. Un flip-flop ribelle che mangia la cipolla (questo è un flip-flop).
Vi hanno mai detto che due rette parallele non si incontreranno mai? Che due persone apparentemente inconciliabili non si uniranno mai? Perchè allora quei binari lì, alla fine della loro strada, si sfiorano, non vedete anche voi come danzano felici? E duecento post in questo piccolo blog non potranno mai bastare per spiegare la vita di quei due binari, del perché poi hanno deciso di unirsi a ballare all’infinito è meglio non provare neanche a parlarne. Ci sono momenti in cui si deve finire di raccontare, momenti in cui bisogna solo ascoltare.

231.584.178.474.632.390.847.141.970.017.375.815.706.539.969.331.281.128.078.915.826.259.279.871 è il più grande numero primo che si conosca. Non ha saputo dire su due piedi a chi importasse.

…come questi duecento interventi. Al prossimo racconto allora, per chi importa :)
P.S In realtà era divisibile per 47, ma è così importante dirlo dopo per chissà quanto tempo avranno calcolato quel numerone?

FDC – 5

Neanche adesso so cosa dire, adesso che è passato quasi un anno. La maggior parte dei miei interventi iniziano senza che io sappia cosa raccontare, e finiscono in un modo che io stesso non avevo immaginato.
Sono a casa, e stavolta ci resterò abbastanza da potermi cullare un pò con quest’aria nuova. Fra meno d’una decina di giorni m’appresto a vivere un mese importante, ho una decina di promesse da mantenermi. E mi piace da matti sfidare me stesso. Sono stato dall’orologiaio, dice che probabilmente l’orologio si può buttare. Prova verso fine settembre a portarlo con sè in Svizzera, ma non mi si assicura nulla.
Adesso non so se darei altri pugni, mi sento più mare a mezzanotte che onda da scogliera. Non c’è più bisogno di dover scolpire lo scoglio, e la cosa mi fa stare meglio. Posso cullarmi lento, senza dover necessariamente lottare contro qualcosa e qualcuno.
Ovviamente non mi sono trasformato: mi piace ancora mostrare la lingua a chi crede d’averne di più di me. E ho ancora quel vecchio vizio di giocare a giudicare, ma oggi vedendo quel ragazzo dal ferramenta e vedendo quella figlia di ignoranti siciliani all’aeroporto mi sono reso conto che mi sto salvando.
E’ un mondo pieno d’ignoranza, e io soffro per salvarmi. Certo quando poi gente ignorante prende 30 e lode, io giudico loro, poi giudico me e puoi ricu pacienza.
Non sono affatto perfetto, ma mi piace pensarlo. Di tanto in tanto chiedo scusa per gli sbagli compiuti, e poi torno a giocare a essere perfetto. Perchè la palla arrivi più lontano il cannone deve puntare in alto. E ci vuole anche quella persona che ti ricordi che stai andando troppo in alto, che devi correggere la mira se non vuoi fermarti prima dell’obiettivo.
Piante di basilico, gerani e citronella.
Il letto in ferro battuto, quanta anni sono passati dall’anno scorso ?

Come la sorpresa dell’uovo di pasqua

E’ successo, ed è stato tutto meraviglioso. Iniziano a tremare le gambe, guardo il cellulare e poi la guardo. E’ proprio lei, e inizio a pensare che il teletrasporto allora esiste davvero.

Come la sorpresa dell’uovo di pasqua come
se d’inverno uscisse una giornata di sole come
se domani gli esami fossero già finiti come
quando trovi due tuorli in un solo unico uovo come
quando apri il kinder bueno e finalmente trovi la scritta “Hai vinto!” come
quel giorno che mi dissero che avrei avuto un fratello come
quella volta che vinsi una gara quando io neanche volevo partire come
il mio primo trenta, in Analisi1 poi…come
quando trovi un biglietto della lotteria vincente e non ancora giocato come
quella volta che mia madre mi regalo il Gameboy giallo come
la prima volta che riuscivo a mantenere l’equilibrio su i miei piedi e come
quella volta che prima su di una bici e poi su di un motore e come
quel giorno in cui presi la patente.

Come quando c’abbracciammo per la prima volta sulla spiaggia gelata come
quando qualche giorno dopo c’abbracciammo sotto una tenda vicino ad un falò come
poi su quello scoglio che ogni giorno ricordo e ogni giorno ringrazio. Come
quando ci dicemmo “proviamoci…” e poi tutto andò bene e come
il nostro primo appuntamento ufficiale.

Intensi, unici, indescrivibili. Attimi della mia vita che non scorderò, sorprese che si schiudono e istanti da immortalare con la macchina fotografica dei ricordi.
Ma tu adesso sei lì, davanti a me. Butto il cellulare, dove non lo so, e ti corro incontro. Ti schiaccio un piede e l’altra gamba non se la passa bene. Ma la gioia è tanta: ho pure dimenticato che sono stato raggirato da una decina di persone, conosciute e fidate.
E’ tanto che non festeggiavo il mio compleanno con le persone importanti: prima la maturità, poi Fisica e adesso Automatica ed Elettronica. Ma oggi è stato un giorno che non avre immaginato neanche sotto tortura mentale, neanche nei miei viaggi ultra-sensoriali in cui sono solito immergermi.
Tutto è più facile quando si ha qualcuno disposto a mentirti per giorni pur di renderti un uomo felice.

P.S Anche se non l’ho fatto esplicitamente, è chiaro che fra i ringraziamenti è coinvolta in primo piano la cognata piccola, che in fondo è un pò come la nutella.

Non tutti gli undici sono uguali: -11

  1. Rappresenta la più alta vibrazione del 2
  2. È il più piccolo numero palindromo
  3. È il quinto numero primo
  4. Non è la somma di due numeri primi
  5. È l’unico intero a non essere Harshad-morfico in base 10.
  6. È il numero atomico del sodio (Na).
  7. Parthenope è un asteroide, battezzato così in onore di Partenope, una delle Sirene della mitologia greca.
  8. Nella Smorfia indica i topi.
  9. La forza rappresentata nei tarocchi esoterici da tale numero , mostra la figura di una principessa che senza alcun sforzo apre la bocca del leone, come se la bestia fosse domata o ipnotizzata.
  10. E mi si disse: alzati e misura il tempio di Dio, e l’Altare, e misura quelli che lo adorano.”
  11. Dal 3 dicembre all’11 giorno odierno a quello atteso da mesi: esattamente 11.

Tenco cento tonce.

Commento del 18 Marzo 2007

ao ma te me metti n’angoscia fio mio…..stai sempre a piagne sempre a fa er marmellonelui ti bacia e io rosiko e robba der genere le donne nn tele devi inkullaaa nn fa er sottone quanno te vedo e leggo qualkosa sul tuo blog me se pia a maleeee falla finita
sorridi alla vita

Così parlava lui (anche se questo tipo è particolarmente analfabeta) e chi mi girava intorno in quegli anni lì. Vabbè lo dico subito, questo è un post celebrativo! Il centesimo intervento in primo fu scritto di sabato, il 16 maggio 2009.

Faccio della mia vita universitaria la mia unica vita. In attesa che qualcuno mangi quella cazzo di fragolata con la panna.

Poi quella fragolata fu mangiata, e giungono notizie rassicuranti: non era poi così cattiva, anzi!
Non ha fatto indigestione, non ha “fatto andare al bagno” (leggesi sciolta), e ne mangiamo a cucchiaiate. Poco per volta, per via dei limiti geografici. Ma pare che nel mangiare le fragolate non si ragioni quantitivamente.
E così che sono diverso, in questi cento posto uno dopo l’altro mi sono trasformato. Sono un io nuovo, che sorride alla vita, e non sto più “sempre a piagne”. Alla fine ho dato Elettrotecnica con 32.5 arrotondato a 30, e molte altre materie. Adesso preparo Probabilità e Statistica; pertanto vorrei sottolineare che:

  • Il 54% del blog esprime felicità, Amore e interventi allegri
  • Meno del 10% è un post identificato con la parola Triste o ricordi (che non necessariamente sono tristi)
  • Il resto 36% è di carattere generico, esprimono volta per volta l’attualità della mia vita. Ma nessun piagnisteo, niente che possa avvicinarsi allo struggente.

Avevo deciso di chiamarlo così, il blog, perchè doveva trattare di notizie leggere, futili, stupidaggini. Dovevano essere Minciati con le ossa dolci (e quindi oltretutto inesistenti) ma mi sono innamorato (ele diabetico). Tutto ha preso un significato, in ogni intervento chi deve, coglie la sua frecciatina: ogni post in un modo o in un altro è stato un tiro con l’arco.  
Sono consapevole adesso: sono stato un piccolo uomo che ha tenuto tesa la corda del suo arco per mesi e mesi. Paziente non lo è stato sempre, così è successo di sbagliar mira, di far partire un colpo prima del giusto momento. Ma quando questo è arrivato, ha tentato. Quel piccolo uomo è felice, ha colpito.

 Donna, Deo mi dirà: «Che presomisti?»,
sïando l’alma mia a lui davanti.
  «Lo ciel passasti e ’nfin a Me venisti
e desti in vano amor Me per semblanti:
         ch’a Me conven le laude
e a la reina del regname degno,
per cui cessa onne fraude».
Dir Li porò: «Tenne d’angel sembianza
che fosse del Tuo regno;
       non me fu fallo, s’in lei posi amanza»
.
Cento di questi post!