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I love shopping ‘o Canadà!

Canadeggiandosi…

Se passate il mouse sopra l’immagine potete vedere i dettagli dei vestiti, se poi girate la rotella col mouse potete persino vedere la fabbrica del tessuto è di buon qualità.

Premessa: Un uomo può indossare ciò che vuole: resterà sempre un accessorio della donna. (Sarà giusto? Sarà vero?)
Questo è ciò che ho comprato la scorsa settimana. Tre pantaloni tre, due pinocchietto, quattro magliette dai colori vivaci che Sera dice che vesto sempre di nero e quattro camice a maniche corte (per altro non le ho mai avute prima, a maniche corte intendo). E poi un paio di scarpe e ne devo andare a ritirare un altro paio che ho prenotato da Vancouver. Ho comprato pure i fantasmini della puma (no, nn sono smarcati come quella della pIuma) e un paio di boxer per vedere l’effetto che fa (pare infatti che le canadesi non si aspettano di vederti in mutande quando si arriva a quel momento lì, dopo averti tolto i pantaloni vogliono trovarci di nuovo i pantaloncini) (‘è chi camurria, i boxers sono “lascivi”, nel senso che si lasciano andare…non credo siano più impudichi delle mutande). Ad ogni modo mi sono sentito un po’ come quei tipi che passeggiano per corso Buenos Aires con quattordici sacchetti di negozi per dire “guarda come sono figo, faccio gli acquisti”. Mi ero ripromesso che col primo stipendio avrei comprato un Iphone ma, a causa di problemi con la carta di credito (devo averne una canadese per avere un contratto), col primo stipendio ho fatto shopping. Shopping, chi io? Io che quando si va a fare shopping cogli amici resto fuori dal negozio col musone? Io che se devo spendare 100€ in un paio di scarpe mi prende l’ansia da Zio Paperone? Si cambia, si cambia. A volte bisogna attraversare l’oceano, altre bisogna sbattere il muso. Oppure bisogna aspettare che i giorni, in fila per tre, scivolano giù per la fessura di quella clessidra, quella classidra.

“Per essere insostituibili bisogna essere diversi” [Coco Chanel]

Inizia la vacanza – 2

Oggi 30 luglio. Secondo giorno effettivo di vacanza. Questa la cronaca di oggi.

  • Sveglia alle 10. Colazione con salame inglese;
  • Presto filati al mobilificio del mio paese, per definire la cucina. Dopo il semi-fallimento “ikeano” di ieri abbiamo perciò deciso di buttarci sul mobilificio che c’è sembrato il più serio. Perciò questa mattina fino a mezzogiorno avanzato abbiamo ristabilito le misure, il modello della cucina, la posizione della penisola e l’opportunità di farla con due piani sfalsati: uno destinato come piano d’appoggio e uno di una ventina di centimetri più alto adibito a piano colazione;  
  • Pranzo, tortellini in brodo. Col brodo. E’ stato prima dei tortellini che ho scoperto in pieno la mia debolezza. Lo diceva dulietta che sono emotivo. Sognatevi che vi verrò a dire che sono una persona delicata, o forse era troppo sensibile o forse ancora insicuro. C’ho due palle che fanno le scintille ma sarebbe da superbo dire che riesco a staccare il cuore. E per delle minchiate, e per dei sogni (oh dù t’ho sognato incinta di 6 mesi, be carrefour) e per cose patetiche divento l’uomo di dieci mesi fa. Quando a definirmi uomo ci voleva una gran dose di ironia.
  • Campagna. Dovevo andarci per le cinque, ma tra l’impegno con la cucina (ci siamo tornati nel pomeriggio) e la mia crescente voglia di sciogliere i nodi dei miei ricordi ho anticipato. Ho ripreso il ferrarino che fa di cognome 106, e sono andato in campagna con Matti. Il cagno bianco è diventato gigantesco. Matti ha giocato con Ciccio, l’istrice che babbo ha raccolto dalla strada (appena riesco metto qualche foto). Nonno mi ha raccontato un breve estratto del suo militare, e ho lavato ben due macchine. Ringrazio il cane bianco, Lux, per avermi fatto correre finché entrambi ci siamo stirati per terra con la lingua di fuori. A volta chiamarli cani è riduttivo.
  • Cucina ancora. Abbiamo visto il disegno in 3d della cucina che avevamo definito in mattinata. Adesso manca di prendere le misure in loco (lunedì) e di osservare con stupore crescente il prezzo di quello che si sta rivelando la parte più difficile da pensare dell’intera casa. Lunedì faccio qualche foto della casa, che dovrebbe finalmente avere delle porte. Vediamo…
  • Adesso appena finisco di scrivere mi vado a vestire bidduzzu. Devo andare a una cena di gala a scattare delle foto, credo. Dovrebbe essere un lavoro, “dovrebbe” perché non so se verrò pagato. Ma questo c’è fin quando il boss non mi risponderà…

Riguardo al cuorum

Questo blog non ha mai parlato di politica, è raro sentirmi parlare di politica. Per alcuni motivi. Non ci capisco quasi niente, parlare di politica mi sa una cosa stupida e ci sono altri argomenti più promettenti per allietare le serate d’estate in compagnia. Ma ieri notte mentre esercitavo il ripasso giornaliero prima di prendere sonno ho pensato a questo post che adesso scrivo, appena un attimo prima di fare il prossimo ripasso: quello giornaliero.
Io non ho votato per il referendum. Sono uno studente fuori sede, non ho mai votato alle elezioni nonostante ne abbia pieno diritto da almeno due anni. Non ho la tessera elettorale e non mi sento un colpevole, un traditore della patria, uno spreca-diritti. Non ho mai avuto le idee abbastanza chiare intorno agli argomenti che la politica tratta e credo che appartenga alla maggioranza persino di quelle persone che a votare va regolarmente.
Ma se ne avessi avuto la possibilità (o, meglio, se fosse stato molto più facile) questa volta sarebbe stato il mio personale battesimo del voto.
Dopo averci pensato a lungo, esattamente come se dovessi votare davvero, ho deciso che se fossi andato avrei votato null. Lo avrei fatto innanzitutto nel rispetto di coloro che tentano di raggiungere il quorum, qualsiasi sia il risultato connesso al referendum. Ma io non so molto di politica, non mi piace scegliere senza sapere.
Ieri durante il mio ripasso giornaliero mi sono posto delle domande a cui non so rispondere. Scrivo di seguito quelle che adesso ricordo.

  • Perché l’acqua privata è tanto demonizzata? 
  • L’acqua pubblica ha dei particolari vantaggi dal punto di vista del servizio offertoci?
  • Cosa dicono esattamente (e soprattutto cosa significano) i due quesiti sull’acqua?
  • Non è che aumentare la concorrenza potrebbe migliorare le prestazioni del servizio idrico riducendo persino i costi agli utenti finali?
  • Perché il paese con più petrolio al mondo sta costruendo una ventina di centrali nucleari?
  • Che fine hanno fatto quelle bellissime centrali al Torio, molto ecologiche e più economiche (in proporzione) e soprattutto esenti dalla produzione di scorie destinate a scopi bellici?
  • Quanti di quelli che han detto di no al nucleare sono provvisti o usano anche in minima parte della energia verde prodotta autonomamente?
  • Davvero le energie verdi possono rimpiazzare il nucleare o saremo costretti finché morte non ci separi ad affidarci alle nazioni estere per accendere il frullatore?
  • Come è pensabile la costruzione di acquedotti e nucleari in una nazione che se fosse spremuta come un’arancia produrrebbe litri di pregiato succo di mafia? Chi potrebbe assicurare che non vengano violate le principali norme di sicurezza nella costruzione del contenitore del nocciolo quando con un leggero terremoto sono cadute le case fatte di sabbia marina?
  • Come sarebbe possibile scongiurare che montagne di scorie radioattive non finiscano nei mari della Calabria?
  • Perché la Puglia perde il 50% dell’acqua immessa nei loro acquedotti e perché io sono costretto ad attivare un motorino elettrico affinché l’acqua raggiunga il serbatoio della mia casa giusto un giorno su due?
Quanti di voi conoscono una risposta anche a qualcuno di questi punti e ha votato qualcosa al referendum? Non vi sembra quantomeno irresponsabile fare una cosa simile, essendo senza una vera cognizione di quel che si sta facendo? Insomma spiegatemi il perché della vostra scelta se ne avete fatta una, io vorrei sapere di cosa è fatto quel pasto prima di portarlo in bocca, così io vorrei sapere quali sono le conseguenze della mia scelta quando scelgo! Votare è giusto, votare senza saper cosa si sta votando è irresponsabile più dell’astensione ed è più ignorante di quel che confonde le parole che iniziano con la c da quelle che iniziano con la q Solo gli stronzi si lasciano trascinare dalla corrente.
Su una cosa sono abbastanza sicuro: che non dovrà esistere un legittimo impedimento fintanto che anch’io, comune cittadino, non ne possa usufruire.

Di questi giorni silenziosi

In questi giorni scrivo moltissimo. Non sul blog, su un programma che permette di creare cose di questo genere.

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Pur essendo pressato dalla consegna sempre troppo vicina mi diverto molto a far funzionare il codice. Sono estasiato dall’eleganza e della assoluta perfezione che richiede un linguaggio di programmazione affinché esso funzioni. E non ci sono stati di incertezza: o va o ti si pianta. Perciò per adesso non faccio che questo.
Adesso sto a scrivere qui sul blog nuovamente per un motivo particolare. Per la gente che legge. Il blog lo legge la gente, anche gli sconosciuti. La maggior parte dei lettori li conosco perché ho scambiato parti della mia vita con parti delle loro e l’operazione è sempre andata a buon fine. Alcuni mi leggono perché sono incuriositi dai fatti miei. Potrei essere tacciato di esibizionismo effettivamente, chissà se l’avere un account su blogger.com deriva da  una repressa eccitazione sessuale per il voyeurismo. Queste cose io non le posso sapere. Ad ogni modo più gente legge più sono istigato a scrivere. Ovviamente la presenza di visitatori non è  una condizione né necessaria né sufficiente al mio scrivere un blog, ma senza scadere in trappole logiche, se la gente legge (e apprezza = commenta) a me piace.
Ho raggiunto un insperato e improvviso periodo di serenità estrema. Ho avanzato la giustificazione che fosse per via del progetto che mi sta sottraendo ogni briciola di tempo libero, prima destinato alla produzione della scenografia di scontati film mentali.
Sì, mi rendo conto che questa giustificazione è un po’ debole. Forse, come dicevamo col mio amico di dinosauro (Sergiuz), l'”intelligenza” può semplificare le cose. Alcune cose non sono del tutto semplici, sono pregne di dolore come un pan di stelle nel latte alle otto di mattina. Ma se davvero una cosa c’è, ciò che ci distingue dalle mere bestie non è l’istinto (di cui siamo colmi fino all’ultimo bulbo che abbiamo in testa) ma la nostra abilità nel semplificare cose difficili, nel trasformare i problemi e farli diventare a noi familiari.
A dire il vero c’è un’altra cosa che gli uomini fanno e le bestie no. Gli uomini (e pare anche i bonobo) fanno sesso per piacere, per saldare un legame o per saldare dei debiti: procreare è lo scopo più nobile, non l’unico. Ma la stessa chiesa che ha impiegato quattrocento anni a scusarsi con chi aveva compreso la perfetta magia che si cela dietro l’alba e il tramonto può mica essere tanto moderna da includere fra gli atteggiamenti umani il sesso non destinato alla procreazione? Fortuna che la gente se ne fotte e fotte. O per meglio dire, futti futti cà diu pidduna a tutti (futtiri significa anche fregare).
Mi sono preso una pausa col Canada. Per rigore morale voglio prima capire come minchiazza funziona questa storia del visto. In realtà temporeggio, non c’ho voglia di sborsare tutti quei dollari canadesi. Che poi essendo scritti in dollari sembrano tantissimi, già che sono abbastanza.
Per racimolarli sono stato piegato sulle ginocchia per dieci ore al giorno, raccogliendo frutti che avevo fatto cadere dagli alberi nelle dieci ore del giorno precedente. Dopo dieci giorni ero con la schiena a pezzi, che faceva pendant con il core. Poi ho lavorato la notte di natale, quella di capodanno, quella della befana e tutti i fine settimana del periodo natalizio in una discoteca per gente adulta, ho collaborato con tutto quel che il politecnico mi offriva come 150 ore (tranne spiegare le differenziali a quella matricola…), ho fatto il pagliaccio durante una manifestazione locale e lavori saltuari come delivery boy. E tutto questo basta giusto giusto a pagarmi le spese della scuola. Adesso resta da guadagnare il gruzzolo che farà da base per la esosa vita oltreoceano. Ma per quello c’è tutta Agosto Settembre e metà Ottobre, sempre che non riesca a prendere quest’ultimi 25 crediti e quindi laurearmi in tempo.
L’email che è arrivata mentre scrivevo non è il miglior modo per diffondere l’ottimismo a riguardo, ma come c’è scritto nel mio muro…devo pur fregarmi per rialzarmi. C’ho sto vizio.

Tributo a Diana

Questo post è un post cuscinetto. Ho finito di mangiare da poco e dovrei iniziare a studiare. Non ho voglia ed è allarmante dato che martedì ho un esame. Adesso che ho iniziato a scrivere dovrei decidermi al più presto cosa scrivere, prima che le cazzate divengano più numerose delle parole.
Ah ecco, il matrimonio del secolo. Nel 1997 quando morì Diana Spencer avevo sette anni. Ricordo un particolare. Avevo 7 anni, stavo sulla poltrona del nonno in campagna. Alla tv davano un documentario sulla vita di questa donna e io scoppiai a piangere. Non so cosa m’aveva colpito, non so cosa possa coinvolgere in tal modo un bimbetto di sette anni sette. Ma, e qui faccio una figura di merda, è ricapitato ieri notte. Durante la classica mezz’oretta di tv sotto le coperte prima del lungo sonno ci stava un documentario sulle nozze reali. Ricordano la madre dello sposo, e fanno vedere una scena di un concerto di Elton John. Questa:

Mi vengono i brividi, adesso e per continuare il racconto ieri notte. E inizio a singhiozzare ma riesco a fermarmi col freno a mano. Vedere la gente che si alza in piedi applaudendo, in un sincero e commosso sentimento comune, mi fa continuamente venire i brividi. Eppure non ho particolare feeling con gli inglesi, non conosco una e dicono una canzone di Elton John e nonostante da un paio di giorni cerco qualche documentario sulla vita di Diana non sono molto informato sulla sua vita.
Adesso il volto di quella donna mi ricorda determinate cose ma nel ’97 non so davvero cosa mi colpì. Sentirmi così coinvolto da cose talmente lontane dal mio mondo ho paura che sia una cosa stupida eppure appena avrò un po’ di tempo cercherò ancora quei documentari.
Questa storia m’ha dato da riflettere parecchio anche se fortunatamente non stanotte. Quante cose si potrebbero cambiare se ci fosse possibile ripercorrere le scelte all’incontrario e chissà se davvero ripercorrendole non si rischierebbe di fare ulteriori danni. Chissà se lei fosse ancora viva che mondo sarebbe. Che avrebbe detto riguardo gli attacchi in Libia, come avrebbe dato scalpore insultando la nuova moglie del suo ex-marito e quanto bene avrebbe ancora fatto per le persone meno fortunate.
Ma c’è quella bizzarra spiegazione che ci diamo per consolarci. Quando una persona è troppo, troppo per questo mondo, ecco che capita di morire. E il mondo se ne dispiace rivendicandone ancora la sua presenza. E si consola dicendo che era decisamente troppo per il mondo, che è giusto così.
Ecco che scopro che oltre ad essere ricco ricchissimo, vorrei che un giorno le persone si alzassero spontaneamente, iniziassero a battere le mani finché non brucino e desiderassero di essere me. Se poi riuscissi a far tutto questo senza morire sarebbe davvero figo. 
Adesso che ho messo un altro mattone sul mio palazzo dei sogni che ne dici, o lele, di andare a studiare? Ci può stare, ci può stare…

Aggiornamenti sulla morte

Il moscerino l’ho trovato morto questa mattina sulla scrivania. Forse l’ho ammazzato io per sbaglio o forse è stata la natura. Oggi sono passato dal portone in cui ieri c’era quella composta veglia funebre. Oggi davanti al portone c’era solo la signora delle pulizie con un maglietta dai colori sgargianti. Questa notte ho sognato e non sono morto neanche un pochino. E poi ho visto un nuovo moscerino che gironzolava nella stanza.
E adesso sto scrivendo perché non sono andato in piscina e quindi devo aprire questa altra valvola di sfogo per non far la fine del pollo arrosto.
Appena ho tempo voglio mettere qui sul blog una checklist delle cose che mi rimangono da fare per il Canada. E non sono poche, e alcune non le so ancora. Chiudo il post.

Entropia e ritmi circadiani

PARTE 1
Non mi ricordo cosa stavo facendo di preciso – se in doccia o a gambe divaricate sul cesso – ma ero in bagno. E pensavo. Esatto, sono un sincero seguace di quella linea di pensiero che suggerisce i momenti più disparati per pensare: mentre si tromba giù per le scale…cioè mentre si  scende per la tromba delle scale, mentre ci si fa la barba (le donne possono sostituirlo col silchepil o mentre aspettano che la ceretta si scaldi (se usate le strisce a freddo cazzi vostri)), mentre si attende che il sonno arrivi e ogni qualvolta un paio di secondi potrebbero andare sprecati. Che quando si perde il tram per un soffio si ripensa sempre che se si fosse data una sola mandata alla porta lo si sarebbe potuto prendere in tempo (non m’assumo la responsabilità per la morte della consecutio e altre regole della grammatica involontariamente violate). Capito dù, dare una o due mandate non preclude che la signora della pulizia entri e ti fotta il computer che sta nel secondo cassetto ma potrebbe farti perdere il tram su cui c’è l’uomo della tua vita. Certe cose bisogna che siano dette…
PARTE 2
Inoltre per terminare il prologo di questo post è importante sapere che per mia natura sono un pò diverso, anti convenzionale. Non per questo fumo i sigari o indosso la camicia per metà dentro le mutande e per l’altra metà fuori dai pantaloni. Però a cominciare dai capelli e a finire nella oramai celeberrima unghia del pollicione sono un pò ribelle.

PARTE 3 (1+2)
E’ più giusto seguire sinceramente ciò che si vuole e non si vuole fare o rimanere schiavo delle immobili convenzioni sociali? Una cosa che per galateo o per semplice educazione andrebbe fatta la si deve fare anche se non si ha voglia? E’ giusto reprimere i propri sinceri atteggiamenti?
Avverto che il discorso non è generalizzabile, un pedofilo anche se ha una voglia matta di usare una bambina dovrebbe contenersi. Così quella signora delle pulizie anche se eccitata sessualmente dai miei occhiali (e, dio, chi non lo sarebbe?) avrebbe dovuto reprimere la sua, seppur giustificata, voglia di fotterseli (notate il sottile doppio senso).
Faccio alcuni esempi che semplificano i miei dubbi:

  • Al termine di un concerto la platea sta applaudendo. A me il concerto m’ha fatto cagare. E’ meglio applaudire (e mentire al proprio cervello) o stare con le braccia conserte (e fare irretire la vecchia ossequiosa al fianco)?
  • Entra il professore in classe e tutti si alzano in segno di rispetto (?). Con la giacca di quel prof io mi pulirei il culetto (anche se non c’è impellente necessità) e allora sono combattuto: alzarsi (e fare un torto al proprio culo) o prendersi il rimprovero del prof (per assoluta inadempienza alle dinamiche sociali)?
  • E’ morto il fratello del cognato del cugino di tua moglie. Non conosco il morto, e mi fa antipatia anche a guardare la bara da fuori. Preferirei guardare le prove libere del venerdì di F1 piuttosto che stare seduto in disparte a guardare gente che non conosco frignare. Devo fare le condoglianze (e in tal modo scomodarmi dalla sedia ormai scaldata) o posso manifestare la mia noia in disparte (venendo etichettato come un porco satanista)?
  • Un amico di un amico che ho visto due volte è venuto a trovare un amico di quell’amico (che poi tanto amico non è). E fuori la temperatura fa rabbrividire i pinguini. Devo manifestare gioia e sfrontatezza nell’affrontare il gelo per andarlo ad accompagnare chissà dove (e stravolgere i miei ritmi circadiani) oppure posso manifestare sinceramente il mio interesse riguardo la sua venuta (magari sbavando sul cuscino dopo una mangiata al caldo di un termosifone)?

Da quando questo mondo ha bisogno di ulteriore entropia? E perchè si inveisce contro gli ipocriti e poi si rispettano pedissequamente (e con questo avverbio mi sono assolutamente riscattato) le convenzioni sociali?

Frizzy

Il discorso di questo posto è incentrato sui piccioli. I sordi, la sostanzia praticamente.
Un giorno qualunque con Sergio e Duli principalmente, eravamo incappati nel solito discorso. Andare all’estero, il futuro insomma. Le posizioni sono ormai da tempo quasi definite, ognuno sa cosa pensa l’altro ma nonostante questo torniamo a fare i soliti discorsi che terminano sempre con “minchia di freddo che fa”. Duli non ha intenzione di andare all’estero. Meglio, c’andrà ma in realtà crede più di ogni altro che troverà il lavoro vicino casa. Le sue speranze effettivamente sono un pò migliori delle mie e di Sergio, in un Italia in cui la speranza che coincide con la concreta realizzazione di essa cresce proporzionalmente alla latitudine. Per questo lei svolge la parte di quella che vede bastoni fra le ruote un pò ovunque, di quella che in fondo bisogna valutare anche i contro e che dopo averli valutati questi sono di più dei pro. Magari è l’unica che ha ragione, la più obiettiva e coi piedi piantati per terra. Di questo ne riparleremo fra una decina d’anni, giusto il tempo che il transitorio si esaurisca.
Sergio invece ha una linea di pensiero che tende asintoticamente alla mia, di sicuro non ammette soluzioni se la mettiamo a sistema con quella di Duli. Lui vorrebbe andare all’estero a studiare una volta terminati gli studi, ma è alquanto spaventato dal dover fallire, da non riuscire a ripagare col successo ciò che i suoi genitori dovranno sborsare. Più o meno sa che in Sicilia sarà difficile tornarci, sa che sarà fottutamente difficile che suo figlio dirà minchia a ogni virgola, non conoscerà la bontà della ricotta con la cioccolata e avrà la carnagione chiara con capelli e occhi chiarissimi.
Io voglio andare all’estero. Non so ancora bene in che modalità, come farò e cosa m’inventerò. So che tre giorni dopo aver quasi perso un occhio e la mobilità di un pò d’arti per una caduta in bici ero nuovamente sul sellino di una bici. Di una cazzo di bici, la stessa che m’aveva tradito. Con questa stessa filosofia sono pronto ad affrontare i dieci anni a venire, e spero che qualcuno nel frattempo riesca ad apprezzarmi. Ho scoperto che è tutto molto più facile quando una donna passa una mano fra i tuoi capelli e ti dice che si risolverà tutto. E questo lo so adesso, quando l’unica mano estranea che accarezza i miei ciurli è di quel barbiere cinese da cui sono andato per risparmiare qualche dollaro.
Per loro i soldi non sono il problema principale, per tutti i soldi sono importanti è chiaro. Ma loro possono permettersi di porsi anche qualche dubbio sui restanti aspetti che bisogna valutare quando si parte per l’estero. Magari per me non sarà tutto come lo descrivo, come lo vivo. Magari è tutto più facile di come io pensi a riguardo, ma in tal modo sono sicuro che sto facendo più del necessario per riuscire a prendere quell’aereo che mi porterà lontano. Magari si scopre che è molto più difficile, che devo rinunciare a qualcosa di veramente importante – il tempo per esempio – per riuscire a raggiungere i miei ambiziosi obiettivi. Ma di quel che non so non posso scrivere adeguatamente, e sono già tanti i pensieri che rimbalzano nel mio cranio come atomi al Cern. Stanotte per esempio ho sognato di non aver giocato i numeri vincenti al lotto, pur sapendoli in anticipo in una sorta di premonizione. Di chi voi ha mai sognato qualcosa del genere? Ci sono i commenti per le risposte…
In quel giorno qualunque ognuno di noi stava cercando di imporre la propria linea di pensiero, e quel che ne usciva era una accozzaglia sicuramente divertente di opinioni, ipotesi e sogni da universitari.
Quando arrivammo al discorso dei soldi però io ero l’unico a pensare d’avere la soluzione. Sergio e Duli fecero comunella nel dire che sono un problema. Io non capivo, io pensavo che il problema dei soldi con le dovute proporzioni era esclusivamente il mio. Io che sono quasi costretto a chiedere il contributo straordinario al Politecnico di Milano, io che sono costretto a vergognarmi di me stesso e delle mie azioni per riuscire a terminare con la dovuta serenità l’ultimo anno universitario. Vergognarsi di se stessi è un non-senso. E’ come un semaforo che vorrebbe volare insieme ai fenicotteri, è una cosa stupida e priva di ogni senso logico.
Ho dovuto resistere, e quando loro continuavano a vedere i bastoni fra le ruote io mi sono sentito in dovere di frantumarglieli, di dimostrargli che non esiste il non si può fare, solo questione di tempo, sudore e volontà.
L’altro giorno un giovane ragazzo senza nessuna apparente malformazioni fisica era davanti un supermercato a fare l’elemosina. L’avrei malmenato con la bottiglia d’acqua appena acquistata, un colpo di ananas magari gli avrebbe reso meglio chiare le idee. Là fuori il mondo è pieno di posti di lavoro, solo che molti ritengono che questi siano inadatti per le proprio capacità/competenze/richieste. Altri semplicemente hanno la noia nelle ossa, altri si fidano dei genitori prima e dei mariti poi. A raccogliere carrui sotto i 40° del mese d’agosto.
Non esiste un lavoro che non mi merita, soprattuto in questa fase di transizione. Farò ogni cosa che mi farà guadagnare qualche picciolo, ho un sogno in testa e ho due braccia, due gambe che riusciranno a renderlo concreto. A Sergio e Duli, sbagliando nei toni, rimproveravo di mettere in bocca cibo non proprio, parlavano senza conoscere il significato di quei concetti usati. In un mese riesco a tirare su 2000€, forse. Con le giuste ambizioni potrei fare di più. Della mia schiena poco mi importa. Smette di pungermi solo quando non faccio altro che star su un letto a cazzeggiare. Della mia vita privata, beh è già andata allegramente a farsi fottere. Ho  molto tempo libero che non vorrei, e che posso distribuire fra lavoro e il modo per rimediare ai miei danni strutturali. Credo che dovrò fare un pò di movimento, e così anche mamma è contenta che divento più pesante.
Di come farò non lo so, adesso però farei di tutto.

Non si può dire che non mi sia divertito, anche se alla fine c’era un pò troppa gente che mi toccava il culo e voleva togliermi la maschera. Sicuramente avranno pensato che fossi una ragazza, per via della mia taglia XS delle mutande forse. Dentro quella maschera si appannavano gli occhiali e “vedevo” da quella apertura della bocca. Ho fatto più foto oggi che in tutti i miei compleanni, è veramente bello giocare coi bambini. Alcuni iniziavano a singhiozzare quando mi avvicinavo a loro, ma dopo aver abbracciato i loro genitori la loro innocenza li spingeva a credere che fossi affidabile. Ho riso, scherzato, ballato e dato il cinque a molti di loro, moltissima gente adulta ha fatto foto con me e il bello è che io per via del “casco” non riuscivo a vederle neanche in faccia. Chiaramente non volevo farmi riconoscere, così spesso quando si avvicinavano gentaglia tenevo la maschera ben fissa. Lo considero di per sè un lavoro umiliante, fare il buffone. Poi in realtà lo faccio spesso, ma mai con dei pantaloni blu fosforescenti. Pagano bene, 15€ l’ora che uniti a quei soldi che mi dovrebbero dare per le foto alla manifestazione dovrebbero fare un mucchietto sostanzioso.
A un ragazzo che mi ha tormentato per mezza serata avrei voluto rispondergli togliendomi la maschera, dimostrandogli che avevo trenta centimentri in più di lui. Oltre che una quasi laurea in Ingegneria Informatica e sicuramente dieci chili di buon senso in più nella capoccia. Avrei anche voluto picchiarlo fino a staccargli uno di quei piersing, ma in realtà io dovevo sorridere per contratto. D’altronde la maschera che indossavo mi obbligava a essere entusiasta. Quel pocopiù che ragazzo non sa però che sono disposto ad avere vergogna di me, a umiliarmi facendo il buffone e a spaccarmi la schiena per andare all’estero, per pagarmi un volto oltreoceanico e per sognare Chicago. A 15€ l’ora, anche a meno. Ogni occasione per raccogliere un granello di speranza e metterlo nel proprio sacco è buona, non c’è limite alle mie ambizioni. Non c’è limite alle mie ambizioni.
Certo se solo ci fosse qualcun’altro oltre al barbiere cinese…

P.S Credo di essere al limite della sobrietà, forse l’ho superato. Ho ricevuto una brutta notizia riguardo un esame dopo aver concluso una quantomeno anomala giornata di lavoro, e così ho preso la beck’s nel frigo. Per come sono fatto 50cl di questa roba mi fanno girar la testa e pisciare come un idrante. Di ogni cosa che ho scritto mi assumo la più totale responsabilità, i modi non saranno gentili ma le idee sono profondamente radicate in me (i congiuntivi saranno andati a farsi una vacanza). Anche dopo tutta questa schifezza.

Lo stato interessante

Ci sono un paio di motivi che mi convincono d’essere nato appartenente al sesso giusto, maschio.
Le elenco in ordine d’importanza che in questo caso coincidono col presunto fastidio che arrecono: non sono obbligato a sanguinare una volta al mese per circa cinquecente volte, non devo spalmarmi necessariamente una colla calda lungo il corpo per togliere i peli superflui, non c’è il pericolo che mi diano della buttana e se ottengo un ottimo posto di lavoro nessuno avrà il sospetto che mi sono trombato la boss (coi tempi che corrono ognuna di queste cose potrebbe aver contaggiato anche noi uomini, la cosa mi fa un pò ‘mpressioni).
Ma poi oggi mentre ero in coda per sapere dove pagare il ticket, il tipo dietro il vetro antisputacchiamento chiede alla tipa davanti a me in fila se si trovava in uno stato interessante.
Basta questo. Lo stato interessante. Minchiuni!
E’ stato un maschio a toccare per primo il suolo lunare, è un maschio l’uomo più veloce del mondo, è un maschio l’individuo che ha inviato per prima un messaggio di posta elettronica, è un maschio l’inventore dell’aereo, della macchina di Turing, della lampadina, del telefono, della bomba nucleare.
Ma poi un tipo chiede a una tipa se è in uno stato interessante e quella donna – in un sol colpo – si fa beffa di tutti i maschi illustri nella storia dell’umanità.
La tipa davanti a me all’ospedale di via Rugabella:1/Armstrong&Bolt&Tomlinson&fratelli Wright&Alan&Edison&Marconi&Fermi 0.
La sola cosa che m’è concessa, giusto per nn farmi sentire un fallito, è di ospitare dei cosini irrequieti e schifosi che hanno come unico scopo nella loro breve vita di trasformare una donna in una donna interessante. Già li vedo tutti lì, come nel film di Allen, a scalpitare e a menarsi su chi è più adatto a trasformarsi in una creatura; tuttavia nessuno è mai potuto tornare dagli altri girini a vantarsi della sua performance (oddio, sto pensando al concepimento come un insieme frattale!) .
Quindi, scusatemi, ma limitandoci ai lettori maschi di questo blog (Sergio, siamo io e tu…), ma è normale se mi sento un pò usato? Chessò, una sorta di serbatoio vagante pieno di cose potenzialmente interessanti ?!?
E poi, per i restanti lettori, ci vuole una cosa così schifosa a rendere una donna interessante?
E’ proprio vero allora che dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori…

P.S Spero di scordarmi di questa citazione quando, nella mia vita, una donna mi chiederà in dono un diamante…
P.P.S Giornata mondiale contro gli abusi sul mondo femminile
P.P.P.S Questo non è uno STATO interessante
P*4.S Non parlare di me e dei miei lagni non è poi così male, quand’è che ci vediamo allora?

Resoconto dettagliatissimo della serata di ieri. E altro.

Ieri ho compiuto un salto nel passato interessante. E c’ho pure guadagnato.
Avevo 13 anni e mezzo, ed era sabato: la prima volta che lavoravo “ufficialmente”. In realtà quel giorno non feci molto, era il mio primo giorno di lavoro in una pizzeria e soprattuto c’era Milan-Inter. Credo che non diedi l’impressione di essere un gran lavoratore quella sera; sarà anche per questo, forse, che il mio primo giorno di lavoro non coincise con il mio primo salario.
Da quel sabato fino ai diciotto anni ho trascorso il sabato sera vicino a un lavandino/friggitrice/forno/motorino per consegne.
Il lavoro è semplice, un quattro-cinque sabati ti permettono di saper cosa fare senza che qualcuno ti dia dritte. La paga è misera e la fatica è troppa. Guadagnavo 25euri a sabato, poi 30. Poi mi licenziai: volevo 35euri e non me li volevano dare. Me ne andai a lavorare dove 35euri me li davano. Dopo un pò non mi bastavano più e ne volevo 40. Poi mi licenziai, ne volevo 45. E il capo era un fottuto stronzo.
10 ore di lavoro, eseguite quasi per intero in piedi-di corsa-a quattro zampe. Non seduto, chiaramente. Quando ti va bene durante tutto l’arco della giornata lavorativa non hai crisi. Altrimenti verso le 11 avverti uno spiacevole senso di morte prossima. E’ ‘nta accianata cà si provunu i scecchi. Io ero solito lavarmi la faccia più volte e prendermi un caffè. E poi pensavo al letto di casa mia, e avevo brividi orgasmici lungo tutto il corpo. Dopodichè ero pronto a concludere la serata.

Cazzo, 4euro l’ora (la mia massima paga mai raggiunta), senza contributi, per 10 ore di lavoro dovrebbero sembrare pochi anche a chi questo lavoro non l’ho mai fatto. E’ il caso di fare una dicotomia: chi ha lavorato in una pizzeria e chi non c’ha mai lavorato ma anche chi ha lavorato nei campi e chi no, chi ha lavorato coi muratori e chi no, chi può comprarsi un motore nuovo e chi ha bisogno dei 25euro del sabato per la benzina, chi ha bisogno di capire cosa è il Lavoro e chi no. Tertium non datur.
Che poi pizzeria (o ristorante che sia) è facile a dirsi: io ho una particolare idea di cosa vuol dire lavorare là dentro, e il più delle volte non coincide con gente che ha lavorato in una qualsiasi pizzeria.
Istituirei un servizio di leva: dai 14 ai 15 anni si lavora in una pizzeria scelta dal sottoscritto tutti i sabati del mese. Portare e farsi portare rispetto, imparare ad aprezzare il denaro, comprendere le dinamiche della vita concreta, interagire con la fatica sono solo alcune delle parole chiave che stamperei nel manifesto di propaganda del mio servizio di leva appena ideato. E mi sa che dovrei metterlo obbligatorio…

Ieri sera è stata una bella giornata di lavoro. A fine serata non strisciavo a terra (ma sarebbe bastata un ora in più e bum!), ricordavo dove erano messi i piatti da primo, con quale sapone pulire la lavastoviglie a fine serata, come tagliare il prezzemolo e come interagire coi tipi che si fanno portare la pizza a casa per farmi riempire le tasche di mance. Erano gesti della mia adolescenza, e ogni movimento di ieri mi ricordava i miei pensieri di anni fa. Quando raccoglievo la legna e vedevo passare la ragazza più bella della classe andare a mare, quando canticchiavo con la testa interamente dedicata alle cose da fare prima di morire mentre preparavo il pomodoro per le pizze, quando attendevo impazientemente un messaggio e intanto lavavo montagne di piatti, quando andavo a fare consegne e al ritorno in pizzeria sfogavo tutto la pressione fra le macchine. Le risate in cucina nei rari momenti di pausa, i racconti dei grandi, gli aneddoti dei consegnatari. A un certo punto ieri mi sono chiesto se non fosse proprio questo il lavoro a cui sono naturalmente destinato. “Piacere, sono Giò il pizzaiolo laureato”. Se non fosse per la paga e per l’impossibilità di installare l’aria condizionata in cucina non suonerebbe proprio malissimo.
Concludo con un aneddoto da consegnatario di ieri sera. Porto queste tre pizze e una patatina (sineddoche) una casa di un tipo (che poi si scopre essere un tipo ricco e quindi la casa era una villa a due piani). Arrivo con la centoventisei, tiro il freno a mano, ripasso il prezzo da comunicargli e mi appresto a suonare al campanello. Solo che nonostante io provi a schiaccare il pulsante adibito ad avvertire la famiglia in questione che è arrivato il tipo delle pizze, nessuno mi risponde. Anzi sento una voce di una bambina provenire dal citofono stesso.

“Papà io c’ho fame, AAAAAAAAAAH, C’HO FAMEEE!”
“Stanno arrivando le pizze, ho chiamato più di mezz’ora fa…”

E io ero di fuori con le pizze a cuocermi le mani ad ascoltare questo scorcio di vita familiare…

“Ma quand’è che arrivano? AAAAAAAAARRGH!”
“Adesso provo a chiamare…”

A quel punto allora mi sono messo a suonare il clacson della macchina come se avessimo vinto i mondiali, ho iniziato a suonare tutti i pulsanti che trovavo senza leggere per bene a cosa erano adibiti.
Dopo cinque minuti mi ha aperto qualcuno, è sceso in ciabatte il padre e ho consegnato le pizze. 15euri e neanche uno di mancia. Ma vaffanculo va…a prossima vota a pizza mà manciu iu!

“Pronto!? ciao Ivan , stasera che hai da fare ?”

Se dopo la seconda o terza lezione non lo ricordo più, ma questo post è stato ripromesso tempo fa. Qualsiasi sia stato l’esito io avrei scritto quello che segue.
Salve prof, sono lo studente che oggi le ha scritto due email, che l’ha chiamata al telefono come si fa con un amico, che poi è venuta a trovarla in ufficio ed ha assistito come studente alla riunione per decidere la frequenza del Tac (che ho scoperto oggi non essere solo quella pratica più o meno fastidiosa a cui ci si sottopone quando si sbatte la testa). Sono quello studente che sbaglia i conti banali, e quelli difficili non li fa o li da per scontati. Si sono io, quello studente che le assomiglia fisicamente. M’hanno soprannominato suo figlio o suo fratello (a seconda delle versioni che circolano) (ad avercelo un padre così).
Nella seconda o terza lezione – adesso proprio non ricordo – mi sono promesso che a fine corso t’avrei detto che io da grande sarei voluto essere esattamente come te (basta formalismi, ormai il voto me l’hai messo).
Per tutto quelle cose per cui non ci si può far niente siamo già apposto, fisicamente c’assomigliamo. Per le altre siamo ancora ammenzu na strata, ma su questo ci possiamo quantomento impegnare. Non sono un istruttore di apnea, riesco a resistere un minuto e qualcosina ma solo nella vasca da bagno; un annetto fa ho smontato il gruppo termico del mio F15 (che nonostante il nome altisonante non è che un 49cc (era)). L’ho rimontato scordandomi di rimettere al suo posto la gabbia a rulli nella biella e senza guarnizione tra il blocco e il cilindro. Risultato: il pistone giocava pericolamente mentre sbatteva in testa (diciamo che lo squish tendeva asintoticamente a zero). Nessun danno però, era in ghisa e adesso dopo una rettifica fa ancora il suo dovere. Ma nonostante tutto ciò il controllo di trazione era sul mio polso destro, non ho mai avuto le possibilità di andare in pista e così mi sono sempre accontentato delle strade comunali (ma con il casco indossato contro ogni pregiudizio). In piscina poi ci sono stato un paio di mesi, e le due vasche non le ho mai cronometrate: un giorno mi buttarono a mare e mi dissero che dovevo saper galleggiare prima, nuotare poi. E io c’ho creduto. E non ho neanche il costume intero, che in fin dei conti fa tanto figo.
Non ho mai fatto free-climbing e non sono mai stato in America, nè per lavoro nè per svago.
Ma io voglio diventare come te, da grande.
Avere una lavagnetta in un ufficio con annotati gli articoli da dover scrivere e sbarrati quelli già scritti. Chiamare un LaBanca per controllare di non aver sbagliato i conti (e a me questo servirebbe). Una moto di quelle che puoi aprire senza stare attento che ti si stacchi la serpentina del carburatore (ma che se succede comunque a terra non ci finisci), una pista dietro casa dove fomentarmi la domenica mattina, un’auto abbastanza bella (anche se la tua non mi esalta) che porti la moto nella pista dietro casa. Avere un lavoro che mi eccita al solo entrare in ufficio, e dire a un citofono agli amici di munirsi di pass per salire. Comprare una casa mentre tutto il resto della gente intorno a te sta cercando di capire che minchia vuol dire dimensionare R4…, sposare una donna che si chiama Marta, avere tutti i bianconi, avere ancora tutti i capelli (e quasi tutti neri) a 34 anni e farmi le foto cogli amici sui tetti del politecnico senza necessariamente essere arrestato.
Quei suoi (o tuoi) discorsi su come va il mondo fuori da quest’edificio chiamato Politecnico durante la seconda o terza lezione mi hanno fatto riflettere, hanno alimentato dibattiti e discussioni tra i miei amici (quello che disgraziatamente ha sempre il tram rotto, la ragazza della seconda fila e il tipo appassionato di fotografia). Non mi laureerò (ma come minchia si scrive sta parola, boh!) con i suoi 110 e lode, e la mia media non è invidiabile. Queste parole m’ero ripromesso di dirgliele in faccia, che è assai più interessante osservare la reazione della gente negli occhi. Ma oggi quando quasi elemosinavo un 23, ho avuto vergogna di me. Potevo dirle che volevo diventare come lei? Non ho mica scordato la sua attenta analisi (peraltro assolutamente veritiera) quest’oggi sul mio 24 e poi 23. Insomma non sembro esattamente il tipo che può seguire le sue orme. Ma è un pò come quando m’hanno buttato in mare dicendomi che dovevo saper galleggiare, così adesso. Voglio avere una vita come la sua, e io di ciò ne sono abbastanza convinto (magari cercherò di non puntare troppo sui convertitori analogici-digitali). Si, proprio abbastanza convinto.

Credo d’aver finito le cose che dovevo dirle, o forse s’è solo esaurita la vena di follia che m’è pigliata durante la seconda o terza lezione, quando ho deciso di dirle tutto ciò.
Se posso, però, avrei ancora delle ultime domande:

  • Cosa si prova ad aver tutto ciò che si vuole ? E se non è così, cosa vuole ?
  • Si è mai accorto che m’assomiglia ?
  • Non è che alla luce di tutto ciò, possiamo rivalutare (occhiolino) quel “±2V” ? 

(Scherzo eh). Accetto il 23, ho un fratello, una mamma e tutta la mia isola che non mi vedono da 4 mesi. Sto tornando a casa finalmente.

RingraziandoLa anticipatamente,
Distinti Saluti.