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L’amore e il led della webcam

  • In questo post non si parla della scuola che ho frequentato in Canada,
  • Questo post non è stato scritto sotto l’effetto di alcool se escludiamo un bicchiere di Chianti durante la cena,
  • Questo post non è influenzato da avvenimenti recenti, in qualsiasi modo ciò possa essere congetturato (volpe e uva/cù si vaddau si savvau/il lupo come opera pensa, come mangia rutta),
  • Alcune esagerazioni potrebbero essere “esagerate” ma necessarie per esprimere validi concetti,
  • Preferendo la teoria delle stringhe e la simmetria tra spazio e tempo all’imperscrutabilità divina, sebbene mi sono tutte assolutamente indecifrabili, questo post è stato scritto sotto l’influenza della scienza (vedi post sul cervello).

L’amore non esiste. Il burro d’arachidi esiste, l’olio esausto esiste, la serranda esiste (non in Canada, abbiamo le veneziane noi). Ma l’amore non esiste. Cioè esiste ma…vengo e mi spiego.
Il bacio, cos’è l’amore se non la conseguenza di un bacio (“Amore mio ti bacio sulla bocca che fu la fonte del mio primo amor…”). Ci vogliono 34 muscoli facciali e 112 posturali per dare un bacio, c’hanno scritto poesie e canzoni, città e dolci sono diventate famose per un bacio e, personalmente parlando, ha aggiunto un altra data a quelle che definirei una interessante serie di eventi che mi accadono il ventisettesimo giorno del mese. Ma il bacio non è nient’altro che un lascito della nostra evoluzione (perché si, non ci ha fatto dio. Al massimo dio ha fatto le scimmie, se non i pesci…). Il bacio era il modo che la madre aveva per rigurgitare il cibo pre-masticato al figlio, la lingua era il modo per spingere il cibo nella bocca del figlio che beneficiava sia del cibo sia dell’atto del succhiare la lingua della madre[*]. Attualmente si ritiene che il bacio abbia anche la funzione di cercare partner con sistema immunitario diverso dal proprio, al fine, in termini evolutivi di favorire il riassortimento genico e aumentare le probabilità di sopravvivenza della prole. That’s amore, ci rissi chiddu.
E se il bacio era l’origine dell’amore, e il bacio abbiamo capito cos’è, cos’è l’amore? Esiste? Possiamo scegliere di amare o è come il led della webcam (paragone ardito, il led della webcam infatti è collegato in hardware alla webcam stessa: se si accende l’una si accende pure l’altro)?
L’amore è ossitocina, neurotrofina e feromoni. E testosterone, chi se lo scorda quello, c’ho fatto le più belle minchiate della mia vita. Anzi dovrei cambiare il titolo: Testoteruni cù l’uossi aruci.
La maggioranza della popolazione umana è monogama perché ad essere poligomi si rischia di contrarre delle malattie sessuali che possono causare fertilità, danni al feto e maggiori rischi duranti il parto. Non si chiama amore quella cosa che unisce due persone per l’eternità: si chiama voglia di non estinguersi e questa voglia è come il led della webcam: è quello che sappiamo fare meglio, sopravvivere finché morte non giungerà.
Perfino il linguaggio umano, cosa di cui andiamo tanto fieri, si pensa sia stato selezionato durante la nostra evoluzione per scambiare segnali, riscontri e cenni comprensibili per giudicare la potenzialità di eventuali amanti[**]. Perché se non ci accoppiamo moriamo per sempre, hai capito?

La capacità umana di provare l’amore si è evoluta come segnale inviato a potenziali compagni sessuali, segnali che suggeriranno che il partner sarà un buon genitore e che sarà altamente probabile che passerà alla prole ottimo codice genetico[***]. Noi non amiamo, noi amiamo sopravvivere come specie e faremmo di tutto per non estinguerci. Sotto quest’ottica una visione più istintiva, dolce e romanzata dell’amore ha assolutamente senso. Sono perfino grato di tutto ciò, cosa credete che un ipotetico alieno possa pensare se sapesse cosa facciamo nelle nostre camere da letto (a riguardo vedesi qui e qui)?

Il fatto che sono capace di razionalizzare non vuol dire che non riesco a vivere la Favola. Anzi proprio in questo momento è quello che spero di più (insieme a quel discorso dei soldi, quello va senza detto). Ma io sono un ingegnere e più importante credo nella scienza. In più sentivo la necessità di dire la mia a tutti quelli che vanno dicendo che dato che noi crediamo nell’amore senza vederlo, allo stesso modo dovremmo credere in dio senza vederlo. Perché si sente. Se accettiamo la validità del primo sillogismo dovremmo pure accettare il secondo (che ne è un derivato): se l’amore è una frottola raccontata da Darwin e dalle sue teorie, la frottola di Dio chi ce l’ha raccontata?
Ma per fortuna io credo che il primo sillogismo è falso…

Detto tutto ciò, io ho un segreto che solo un’altra persona conosce (oltre a me, sia chiaro). Non so che farci, proverò a nuotarci su. O forse ci si può pensare a Parigi. O quando scendo le scale, o quando dormo (no quando dormo no, che penso ai bug).

Chemical basis of love

 

[*] = Eibl-Eibesfeldt, Irenäus (1983), “Chapter 3: A comparative approach to human ethology”, in Rajecki, D. W., Comparing behavior: studying man studying animals, Routledge
[**] = ^ The Mating Mind: How Sexual Choice Shaped the Evolution of Human Nature by Geoffrey F. Miller in Psycoloquy (2001) 12,#8
[***] = ^ Sexual selection and mate choice in evolutionary psychology (PDF) by C. Haufe inBiology and Philosophy doi:10.1007/s10539-007-9071-0

Ce l’ho pesante e duro

Sono Gioele. Quello lì insomma, lo sapete no?

Ho due post in canna, come una doppietta ha due cartucce. Chiaramente il primo, questo, è quello che mi diverte di più. E si parla del cervello e di Dio. O almeno si parte da questo. Via!

Il nostro cervello ha tra gli 80 e i 120 miliardi di neuroni. Non lo sappiamo di preciso. Ma dai cazzo. 120.000.000.000. Se avessi 120 miliardi di dollari a colpi di loonie e ne contassi 1000 al giorno mi servirebbero 328 mila e 767 anni per contarli tutti (finirei tra marzo e aprile del 330.779 dopo cristo). Questo è nel mio cervello, nel vostro non lo so ma neurone più neurone meno siamo lì. Di tanto in tanto (ogni giorno) me ne muoiono 190 mila ma, vaffanculo, sareste incazzati se un giorno mentre camminate vi cade il portafoglio con 190 mila euro ma tanto chissenè che a casa c’ho altri 120 miliardi. Ah, il vostro cervello ogni anno perde un grammo. Fanculo, ne ho quasi un chilo e mezzo. E non bevo, e non fumo, e non mi drogo e faccio attività fisica regolarmente. Per questo ce l’ho pesante e voi ce l’avete leggero, per questo io sono figo e voi pure (ma io sono figo più a lungo).

Un computer normale ha 2.6 miliardi di transistor. Ci vorrebbero 32 computer per fare un cervello. Avete presente quanto calore produce un pc? E adesso pensatene 32 e inoltre rinchiudetele in una scatola della grandezza della nostra scatola cranica. E non vi lamentate quando fate uno sbadiglio, dobbiamo pure raffreddarli ‘ste CPUs. Un transistor tuttavia è un coso che ha due stati, un interruttore: acceso/spento. Tuttavia abbiamo assunto che transistor=neurone ma in realtà ci vogliono 20 transistor almeno per simulare un neurone. Il che rifacendo i conti è come se avessimo 40960 computer nel nostro capo. Non il boss, il coso che avete attaccato alle spalle.
E non abbiamo considerato che in un normale pc ci sono solo 4 processori. Ed è, fidatevi, un macello farli comunicare efficientemente. Non è umanamente possibile avere quaranta mila processori che collegati con un filo sono tanto efficienti quanto quel coso che sta inviando impulsi elettrici ai nervi delle mie dita che si contraggono e rilassano a comando.

Tutto quello che ho scritto fino adesso è stato pensato mentre attraversavo le strisce pedonali di Langley Street, mentre tornavo a casa qualche giorno fa.


Taliella ciù ddanni

Chi sono io? Perché quando il mio collega si è tagliato il dito io non ho provato dolore? Perché quando tu ridi io rido ma quando tu piangi a me non me ne fotte un cazzo? (ma se ti conosco piango pure io). Perché? Perché? E non fate i faciloni, datemi un perché che il mio cervello possa capire.
Il mio cervello è “attaccato” per mezzo di connessioni a nervi, tendini, muscoli e schifo vario. Capisco perché le mie mani si contraggono, il cervello manda un segnale elettrico…cioè a una rana morta gli mandavano le scosse e quella si contraeva tutta. Il mio cervello vivo mi può fare contorcere, ne sono sicuro. Ma chi lo dice al cervello cosa fare? Il mio lavoro è dire a quei 12 miliardi di transistor cosa fare (dato un input dammi un output, no inventiva grazie!) (e per farlo ci vogliono i miei 120 miliardi più i 120 miliardi di neuroni di Barney), ma il cervello si comanda da solo? Non funziona. Se il cervello dice al cervello “comandati” chi lo dice al cervello di dire al cervello di dire…avete capito no? E chi mi fa percepire me stesso come me stesso? Io, Gioele. Vedo la gente ma non so cosa sono, cosa vivono. So chi sono io solo perché il mio cervello è appiccicato con dei filamenti al resto del corpo? E cos’è l’anima? Una parola che racchiude il tutto? Come quando io non mi ricordo una parola in inglese e dico stuff, così l’anima. Da qualche parte ci deve essere qualcosa, forse, chiamiamola nimaa, no aspetta, maina…non suona bene..inama…amani, anima.
Poi penso a dio e già non capisco un cazzo di come sono fatto e, dio mio, parlo di dio?

Il mio pensiero, un piede prima del marciapiede, fu che se dio esiste deve assolutamente coincidere col mio cervello. Io non sono dio, il mio cervello lo è. Io non mi sento il mio cervello, io sono il frutto di una serie di input elaborati dalla centrale su in cima e rispediti giù con un adesivo FRAGILE. Il tutto condito da un pizzico di sale.
Che nel mio caso possiamo pure dire che qua siamo in salamoia.

Io non voglio essere pregato!

In Italia succedono cose ma io me ne accorgo solo 9 ore dopo. Ad esempio stanotte sono morte quante, 13, 15 persone. Una briciolina, ma che dico, una bricioletta se contiamo i bambini massacrati in Siria (giusto per fare un esempio, sia chiaro). Ma l’Italia si sfoggia dell’appellativo di paese civilizzato, moderno e all’avanguardia. Anche se poi al primo terremoto qualsiasi (se confrontato a quello del Giappone, giusto per fare un esempio sia chiaro) le case e le cose cadono giù. Gli operai, ritenuti fortunatissimi assai fino al giorno prima per il solo fatto di avere un lavoro, muoiono come quando si sbattono le uova per fare le crepes. Dato che è da un po’ che la parola terremoto è collegata a quella della morte ogni volta che sento una notizia simile sui giornali penso, chissà quanti saranno i morti. L’Italia bellissima cade a pezzi perché l’Italia di bello ha tante cose vecchie nel passato e molte poco belle nel presente. E poi siamo il paese delle contraddizioni. La bimba ha appena perso i suoi genitori e farebbe di tutto per averne indietro almeno uno, che è meglio di niente. E il prete che era salvo rientra nella chiesa per salvare la statua della madonna. Di chi? Boh. Che poi il Signore lo disse che non bisogna abusare della sua clemenza, che l’idolatria è un peccato e, che cazzo, i preti non dovrebbero aiutare la gente invece di fare i pompieri delle statue?
Per non parlare di quella vecchietta che non ha più un tetto sotto cui guardare “C’è posta per te” ma si lamenta alle televisioni che la domenica non può più andare a messa perché la casa del signore è inagibile. Ma pensa te ‘sti barocchiani del ‘600 che fanno le chiese che poi cadono giù! L’Italia è un paese strano. Chi non emigra evade. Ma poi al momento del terremoto tutti con le mani giunte a chiedere i buoni “Terremoti, casa omaggio (usufruibile fra una trentina d’anni) “. Sotto quale punto di vista lo stato deve risarcire? E ben pochi possono urlare ai quattro venti di aver pagato le tasse (ma anche se fosse…). Una volta ero in bici, uno con la vespa m’ha inculato, io sono caduto e mi sono sbucciato il ginocchio. Pensate che abbia chiesto il risarcimento allo stato? Se c’è un rischio che non si è disposti a correre ci sono le assicurazioni. C’è quella sulla salute, quella sull’automobile, quella sulla lavastoviglie (leggesi garanzia), furto, incendio, rapina col cacciavite, rapina a mano disarmata e c’è pure quella sul terremoto. La casa casca giù? Rimettila su in 4+4 = 8 con noi! Le assicurazioni costano care e sono praticamente un furto? Vuol dire che dovete pregare più forte che il terremoto succede da qualche altra parte e no a casa vostra. Mi chiedete se c’ho un’assicurazione a casa mia in Italia? NO, non ce l’ho. Abbiamo a stento i soldi per pagare il mutuo. E allora sono ipocrita? No, se la mia casa casca giù insieme a loro vengono giù i santi, Beatrice e il paradiso tutto. Mica Monti o le preghierine del Papa. Che, tanto per dire, per me portano pure un poco di sfiga. Vabbene che è il suo mestiere ma che pregasse su qualcun’altro.
Io non voglio essere pregato!

Perché siamo più belli & Cose da insegnare: cultura generale!

Attenzione Attenzione, Acthung Acthung Mujito Obrigado Tu disc Wondershun. Eh, mò stacco il generatore di flussi di coscienza, giuro
Questo sarà un posto a capitoli, dato che è un po’ che non aggiorno.

Capitolo #1 – Dove lavoro
Finalmente vi posso mostrare il posto dove lavoro. Come premessa devo dirvi che è piccolino, non stupitevi. Ci troviamo dentro un centro commerciale nel cuore della Victoria bene, tra Governament Street e Douglas Street per intenderci.

Svelato il luogo dei misteri!

Possiamo notare l’immondizia vicino alla cassa, il casco per la bici che qua è obbligatorio sulla destra. Poi alla estrema sinistra i tre blender, frullatori (uno, quello del centro non si usa che è rotto).In alto il menù, ma fate bene attenzione, solo gli smoothies (frappè) nel menù giallo sono disponibile nel bicchiere più piccolo (14 ounces = meno di mezzo litro). Per il resto è tutto in large size, che s’intende ‘na botta di 70cc di frappè. Io non lo so come la gente riesce a finirselo. Infine una chicca. In linea d’aria, esattamente sopra i frullatori c’è l’erba che la gente acquista. Sembrano gli esperimenti che facevamo da piccoli con le lenticchie piantate nel cotone imbevuto, ma tant’è che costa 3$ a shottino!
Altra foto per mostrarvi il giusto spirito del lavoratore itagliano:

Minciati al lavoro (si fa per dire)

Qui da notare ci sono io. E la pulizia e l’ordine del locale che, come farò quest’oggi, avevo chiuso io.

Capitolo # 2 – Gli italiani sono più migliori
No che difendo la razza caucasica, ma si. Noi siamo ovunque, tipo il 15% della popolazione brasiliana (il 60% della popolazione di San Paolo (San Paolo, non Valguarnere Caropepe) è italiana). La nostra cultura, nel bene e nel male, è mondiale. Ma dopo alcuni esempi ritengo che siamo pure più sperti, che a tradurlo con “furbi” farei uno sgarbo al siciliano. Ma facciamo qualche esempio preso da delle normale conversazioni con i miei colleghi al lavoro:

  • Ma, quindi, fammi capire…voi avete ancora un papa? [Ora, dico io, non dico che devi sapere chi è l’ultimo papa(ma manco il penultimo) ma almeno il detto “Morto un papa se ne fa un altro”, almeno questo dovresti saperlo];
  • Io: Ci sono rimasti tanti Blushing Mango (ndr. nome di un frappè) quanti gli anni di Cristo. “E quanti sono?” [Era pure il giorno di Pasqua, ma come quanti sono? Scusa a Tombola c’hai mai giocato? Che hai fatto tu a Natale durante i primi decenni della tua vita?]
  • Io: “By the way, Scripta Volant Verba Manent” “What the hell are you talking about?(Che minchia stai dicendo??) [Latino è, cultura generale. Ti spiego. Nel mondo c’era il niente. Poi gli italiani hanno deciso di diffondere il verbo, hanno colonizzato l’europa, diffuso la civiltà e ucciso chi non si arrendeva. Poi, una volta che le basi c’erano tutte, noi del vecchio mondo vi abbiamo scoperto, abbiamo popolato le vostre lande (e ucciso chi non si arrendeva) e vi abbiamo reso i più forti del mondo prima che come i babbalucchi vi siete fatti fregare dai cinesi. Capisco che in tutto questo nel tuo liceo di provincia non hai avuto tempo per imparare il latino (del resti devi studiare, quanti quattro secoli di storia? Bestia sei io devo partire da millenni or sono), ma almeno dovresti sapere i motti generali. E se non quelli, imparate qualcosa di diverso. Chessò, avrai delle tradizioni? L’Hockey, dici? Padre Figlio e spirito santo? che dici? cosa faccio con le mie mani? Niente niente, lascia stare…cose europee!]
  • Oggi è venerdì, 13. Porta sfortuna! Io: Sai perché della diceria? No. Io: Perchè 13 erano le persone sedute al tavolo dell’ultima cena quando Cristo fu tradito (Sempre se l’hai capito che Cristo non è più vivo) e venerdì è il giorno in cui Gesù è stato tradito. Ah.

Io non è che credo in dio nella maniera appropriata. Ma un minimo di cultura generale sulle religioni ce le ho. E ho delle tradizioni che conosco, sebben superficialmente. E tu, mio collega, sei vegetariano? Pazzesco.
Una volta le chiesi: credi in Dio? Lei disse no. Fin qua ci siamo. Credi nelle medicine omeopatiche? Assolutamente sì, lei disse.
Perciò, tu credi ciecamente in qualcosa che è sicuro che non funziona ma non credi in qualcosa che non è sicuro che non esiste? Questo è quello che ho detto.
Ma subito dopo ho realizzato che mi trovavo in un negozio di frappè che vende l’erba che cura il cancro. Eh vibbè!

Sedici anni: Nathalia e la galera.

Scrivo su questo blog, che si è aperto recentemente alla conoscenza di gente sconosciuta, una cosa intima, riservata, probabilmente da non condividere neanche con gli amici. Ho avuto un incubo la scorsa notte. A causa della, la chiamerei empatia, per una ragazza (identificata probabilmente in una brasiliana di nome Nathalia conosciuta qui in Canada e che comunque non mai avuto alcuna importanza per me) avevo commesso una serie di reati. La polizia mi cattura, mi mostra una lista con i miei reati commessi (qualcosa come incendiare qualche auto et similia) e a fianco gli anni di detenzione prevista. La somma aritmetica fa sedici anni. Sedici anni di galera. Da quel momento l’incubo è stato ancor più tremendo. Mia madre cercava di calmarmi, ma io ero devastato dall’idea di trascorrere sedici anni della mia vita in prigione. Come se fossi stato innocente ma non lo ero. Come se fossi stato vittima di una ingiustizia che però stentavo a vedere nella realtà (del sogno). Speculavo sulle cose che mi sarei perso nei successivi sedici anni di galera.
E’ stato tremendo, quando mi sono svegliato non mi ero ancora costituito.
E’ stato talmente profondo che sono stato inquieto e turbato tutto oggi e, sebbene ma la mia pura fede nel tangibile, ho ancora paura che questo sogno abbia significati che non sono capace di leggere.
E ho una paura tremenda che possa accadere di nuovo, per favore no.

Inizia la vacanza – 3 & 4 (post lungo)

C’ho due giorni da raccontare in questa personalissima e monotona cronaca dei miei primi 4 giorni di vacanza. Lato polimi il prof non ha ancora verbalizzato l’esame che mi darà la laurea, a stento riesco ancora a crederci.
Fine lato Polimi.
Lato emotivo – insicuro: va meglio. La cura che avevo pensato funziona. Non avere il tempo manco per cagare, figurati se c’è tempo per piagnè d’amore (in realtà non è che funziona al 100% ma ogni fichietieddu ri musca è sustanza)!
Fine degli argomenti che annoiano tanto.
Inizio degli argomenti che annoiano di meno (me, almeno…). Iniziamo da ieri mattina.

  • Col titolare del mobilificio, designato (finalmente!) per essere quello che “costruirà” la nostra cucina, siamo andati in cantiere a prendere le misure effettive della casa. Abbiamo scoperto che i muratori hanno interpretato un po’ a senso le misure fornite dall’architetto. Così un muro ch’era sulla carta 1.55cm è quasi un metro e sessantacinque. Fin quando vanno ad aumentare ringraziamo a dio!
  • Dato che eravamo in cantiere abbiamo assistito alla consegna delle porte (ci saranno foto giù in fondo al post). Le ritengo molto belle, soprattutto quella a vetro. Anche se non vi dirò mai di cosa ho scoperto essere fatte (non mi ricordo se “essere fatte” è italiano, mah…).
  • Ho portato il motore di Matti dal meccanico. Avevamo qualche problema già da una settimana e ad una mia accensione ho capito subito che il problema stava nella trasmissione. Inizialmente ho pensato ai rapporti ma mi sono presto corretto: è la frizione che non stacca mai! Il meccanico a una prima occhiata infatti conferma. 
  • Appena tornato a casa (saranno state le dodici…) mi chiama mio padre. Ha il pc in riparazione (si è dissaldata la scheda video dalla madre!!!) e perciò adesso usa il portatile di una decina di anni fa. Pentium 3, 850 MHZ, 128MB di ram e scheda video integrata! Solo un’altra cosa: ha come SO il millennium (brivido lungo la schiena!). Dopo un primo tentativo poco riuscito di installarci un N95 come modem esterno ho provato a montarci su con l’assistenza del 119 connessioni remote, connessioni native su Windows e infine a montarci un Nokia PC suite dell'”15-18″. Ma niente, internet è non funzionante o troppo lento. Si fa l’ora di pranzo.
  • Pasta col brodo integrata col salame inglese. Che il brodo non è sostanza, meglio scolarlo via!
  • Alle tre e mezza avevamo appuntamento con il padrone dell’appartamento di due piani più sotto per vedere come si è montato lui il bagno buono, il bb. Puntuali alle tre e mezza noi eravamo lì, lui alle quattro. Nel mentre perciò abbiamo assistito al montaggio delle porte consegnateci in mattinata. E non vi dirò mai come appiccicano gli angoli. MAH! Il bagno del futuro vicino comunque si è rivelato ispirativo, capirete fra qualche riga perché. Inoltre mà mi fa vedere che nella leggera discesa che porta al portone d’ingresso (e ai garage) manca una griglia taglia-acqua. In caso di pioggia torrentizia infatti l’acqua guidata dalla rampa giungerebbe dritta dritta all’interno del nostro garage. E questo solitamente non è un servizio offerto da capitolato!
  • Si fanno tipo le cinque del pomeriggio. Torno dal meccanico per vedere l’ammontare del danno. Sarebbe solo una molletta distrutta, ma il meccanico ritiene a ragione che la cinghia è consumata e ci vuole nuova (45€). In più Matti ha intenzione di mettere una marmitta più spinta che abbiamo già. Tarare il tutto (rulli, mollette e carburare) e cambiare i pezzi rotti costerà intorno ai 100€ che fortunatamente spenderà Matti coi suoi risparmi. Fun Fact: nei dieci minuti che sto dal meccanico arriva un ragazzo con un motard-gli mette il cavalletto-si appoggia sulla moto-la moto casca-distrugge una carena del motore di qualcuno che lo aveva fatto riparare dal meccanico in questione. A quel punto vedendo l’ira negli occhi del meccanico me ne sono scappato di corsa :D
  • Alle otto e mezza ho appuntamento col boss per il lavoro ufficiale della mia estate. Si trova in una località marittima a una ventina di chilometri da casa mia. Mi vesto elegante, camicia col colletto alla coreana e Terre D’Hermes dappertutto, e vado. Pare che non lavorerò tutta l’estate. Le due settimane a cavallo di ferragosto, qualche giorno di questa settimana e qualche giorno dell’ultima settimana di Agosto. Gli orari non sono neanche pessimi, 18:30-04:00. Dovrei fare lo scopino del boss, andare a prendergli quel che gli serve, sparecchiare, apparecchiare, fare i viaggi col cestello del ghiaccio dalla macchina crea-ghiaccio al bancone consuma-ghiaccio. Non chiedetemi quanto mi pagano, non lo so. Mi vergogno sempre a fare questa domanda. Lo scoprirò solo lavorando. Spero di avere abbastanza soldi per prendermi una fotocamera nuova, in caso avverso ripiegherò su un usato.
  • Sono le 21. Dritti filati a una cena. Non di gala, una cena con amici di papà. La trovo già iniziata ma tant’è…inizio a mangiare nel tavolo dei piccoli, o meglio dei non-grandi. La casa è una villa bellissima, la compagnia è piuttosto spiacevole nonostante vi sia un giornalista che scrisse un articolo su di me non molto gentile. Ma non era serata da occhiatacce. L’unica nota stonata è stata la madre di una ragazza. Lei voleva che la figlia si iscrivesse a Lingue a Ragusa. Io sostenevo che a Ragusa non è buona. Che cù nesci arrinesci, che se proprio bisogna fare lingue allora conviene andare alla Federico II. Lei a un certo punto fa: ma tu sei zito? No, rispondo io (brutta puttana, che minchia di domande sono, non lo vedo che sono in riabilitazione?!). E lei di petto: si vede…sisi si vede proprio che non sei zito. Ovvio… Che minchia intendeva? E poi da dove si vede? Così tanti capelli mi sono caduti? Così brutto sono? Eppure avevo le lentine…
Fine della giornata di ieri.
Oggi.
  • Sveglia per le dieci. Per il problema del pc di mio padre tocca spedire decine di MB di foto per email dal mio computer. E vabbè.
  • Mezzogiorno. Arriva la chiamata del mobilificio. Tocca andare là per vedere il disegno adattato alle misure reali. Rimando l’email di mio padre a dopo. Al mobilificio ci fanno vedere le ultime modifiche. Scegliamo gli elettrodomestici: piano cottura con quattro fuochi con la griglia solo sopra i fornelli che per altro sono incassati e non sporgenti come un normale piano cottura. Lavandino ad angolo per un totale di due pozzetti e uno sgocciolatoio. Fornello con 5 funzioni. Ventilato d’ncapo di sutta davanti e darreri. Scegliamo anche il colore del piano lavoro. Ad un determinato punto la mamma sceglie dopo un anno in questa direzione che forse è meglio togliere la penisola. Femmine sono, che ci possiamo fare. Ci tocca leggere pure il preventivo. Non è malaccio, forse ci permettiamo pure qualche sfizio tipo pensili alti 90cm, top in quarzo e non impiallacciato, tavolo in vetro. Bah si vedrà…
  • Ritorno a casa e tento di finire il lavoro di papà che però diventa un problema NP e perciò anche per la fame incalzante sono obbligato ad arrendermi. Do la colpa alla porta USB che è una 1.0.
  • Alle 14:30 sono già fuori casa. Andiamo in cantiere per scegliere se davvero togliere la penisola è un vantaggio effettivo e non solo economico. Prendiamo le misure dalla piantina e realizziamo con la carta gommata le sagome dei mobili della cucina, del divano e del tavolo, della colonna forno e del frigo. Effettivamente è meglio senza penisola, mi sa che optiamo per questa soluzione. In cantiere abbiamo beccato pure l’omino dell’elettricista ufficiale del cantiere. Con lui abbiamo controllato che l’impianto (interruttori, punti luce e prese) sia stato fatto come da noi richiesto. Tutto sommato poteva andare peggio, tutto sommato poteva andare meglio. Appena l’aiuto-elettricista ci ha lasciato con mamma abbiamo ritagliato un cartone che è diventata la sagoma del piano su cui poggerà il lavandino del bb. Sarà di quelli che stanno sopra, non di quelli incassati nel top. Saremo due ignoranti ma la sagoma c’è venuta proprio bella. Un ringraziamento al vicino che gentilmente c’ha aperto le porte della sua casetta. La prossima tappa sarà andare dal marmararo a controllare l’effettiva realizzabilità, il costo e i tempi di consegna.
  • Cinque del pomeriggio quasi. Ritorno nella villa bellissima in cui una signora mi aveva insultato il giorno prima. Devo fare un lavoro per la proprietaria. Spiego brevemente: lei ha registrato delle antiche preghiere in dialetto siciliano, perlopiù preghiere mariane. Tocca a me adesso sistemare l’audio, ritagliarlo, pulirlo, eliminare e montare. Niente di difficile, quasi piacevole insomma. Solo che intanto si fanno le sette e io devo andare dalla mamma.
  • Devo andare alla riunione dei responsabili della cooperativa: il presidente della cooperativa, l’architetto, l’impresario e un altro tipo che non so chi sia. Mi piacciono queste riunioni: poca burocrazia, tutti parlano in dialetto e si fanno esempi concreti. Alla fine non si risolve mai nulla, si fa sempre tardissimo (le 21:00) ma quantomeno si esce dallo studio un po’ meno stressati e più confusi che mai. Ad esempio si è scoperto che dovremo pagare chissà quanti mila euro perché si sono accorti che devono spostare la giunzione con la fogna comunale dato che collegandola dov’era previsto si rischierebbe un ritorno delle acque per via della pendenza insufficiente. Si è deciso l’interno dell’ascensore e altre cose secondarie. Bello bello bello!
  • Sono andato a prendere Matti da suo cugino e sono tornato a casa. E mi fa male la testa. Anche dopo il bicchiere di limoncello che ho bevuto durante la scrittura di questo breve intervento. Allego qualche oggetto! 

Qualche preghiera adesso…

Very g(o)od!

Se questo dovesse essere davvero un mondo felice io vorrei dire che Dio esiste. Chi non ci crede storcerebbe un po’ il naso ma poi continuerebbe a vivere come prima. Gli altri, quelli che credono, sarebbero ancora più felici di non morire mai, di lottare contro istinti e tentazioni al fine di entrare nel regno di dio. Ma siccome questo mondo è un mondo misto di felicità e minchiate varie io mi sento di dire che di dio non ne so abbastanza per promettere la sua esistenza. Anzi se dovessi scegliere proprio io, io dio non lo vorrei (tranne se è come quello di Una settimana da Dio, il primo…il secondo a me non m’è piaciuto molto…).
Questo fatto di dio che sa tutto ma non fa niente, che fa tutto ma non ti dice niente, la sua onnipotenza e il nostro libero arbitrio, il suo vedo e non vedo…queste cose generano solo confusione in me. Più di quanta ne possa creare il pensiero che proveniamo tutti da scimmie scese dagli alberi per cercare del cibo.
In un mondo giusto i fedeli di dio non andrebbero in giro a dire che fare all’amore è peccato (Feconda una donna ogni volta che l’ami, così sarai uomo di fede), che l’omosessualità è reato, che gli altri sono da convertire pena l’inferno, che un neonato non battezzato va all’inferno, che un dubbioso (o agnostico che si voglia dire) va all’inferno. Sto cazzo di inferno mi sembra proprio un bel posto, pieno di gente che si diverte, di gente che si pone dei dubbi, di bambini finalmente felici e ricco crogiolo di modi di vivere, opinioni differenti e razze diverse. Se non fosse che manca il caffè (tutti sanno che lo vendono solo in paradiso) sarebbe un posto divertente, con caldo secco (no afa – no zanzare) durante tutto l’anno.
Se dovessi immaginare le caratteristiche di dio lo penserei spiritoso. Con un gran senso dell’humour, che prende in giro Gesù, che lo schernisce dicendogli d’essere stato inutile. E il figlio che ha chiaramente preso dal padre, gli risponderebbe che è tutta colpa sua in fondo, è stato lui, il dio-padre, che c’ha fornito questo fantomatico libero arbitrio.
E tu lettore che leggi (questa è per duli che odia quando chi scrive si rivolge a chi legge), non ho nessuna voglia di banalizzare la tua religione (non questo in post almeno), non voglio apparire blasfemo (al più quanto la pubblicità del caffè) e non voglio urtare la sensibilità di nessuno. Se fosse così è colpa di Milano, delle sue zanzare e del tempo incerto.
Il problema di dio è centrale in ogni essere umano che non sia del tipo barche-sesso-manicure. Sono sempre stato…dubbioso a riguardo. Ma crescendo ho maturato una maggiore razionalità (per quanto riguarda la visione di dio, s’intende…) e adesso posso finalmente dire che secondo me..dio…non so se esiste.
So però che odio il bigottismo di certa gente. Che questa gente poi sia la stessa gente che promette di amare il prossimo ogni domenica – anche se lo dovesse fare solo con le parole – mi fa indiavolare ancora più. Quella gente che vede Satana dappertutto (Obama è il demonio, il preservativo è un oggetto del demonio, internet è un oggetto del demonio), questo tipo di gente io la odio. E rinuncerei a dichiararmi cattolico per timore d’essere paragonato a sti tipi. Altro che timore di dio.
Se dio esiste è un dio buono (e so che dopo il se ci va il cong. ma qua non ci stava…). Se dio avesse scritto davvero le tavole delle leggi le avrebbe scritte così (sono prese da qua):

  1. Io preferirei davvero che tu evitassi di comportarti come un asino bigotto “più-santo-di te” quando descrivi la mia spaghettosa bontà. Se qualcuno non crede in Me, pace, nessun problema! Dico davvero, non sono mica così vanitoso. E poi non stiamo parlando di loro, quindi non cambiare argomento!
  2. Io preferirei davvero che tu evitassi di usare la Mia esistenza come motivo per opprimere, sottomettere, punire, sventrare, e/o, lo sai, essere meschino con gli altri. Io non richiedo sacrifici, e la purezza è adatta all’acqua potabile, non alle persone.
  3. Io preferirei davvero che tu evitassi di giudicare le persone per come appaiono, o per come si vestono, o per come camminano, o, comunque, di giocare sporco, va bene? Ah, e ficcati questo nella tua testa dura: donna = persona. Uomo = persona. Tizio noioso = Tizio noioso. Nessuno è meglio di un altro, a meno che non stiamo parlando di moda e, mi spiace, ma ho dato questo dono alle donne e a qualche uomo che capisce la differenza fra magenta e fucsia.
  4. Io preferirei davvero che tu evitassi di assumere comportamenti che offendano te stesso, o il tuo partner consenziente, maggiorenne e mentalmente maturo. Per chiunque avesse qualcosa da obiettare, penso che l’espressione corretta sia “Andate a farvi f******”, a meno che tale espressione non sia ritenuta troppo offensiva. Nel qual caso possono spegnere la TV e andare a farsi una passeggiata, tanto per cambiare.
  5. Io preferirei davvero che tu evitassi di sfidare, a stomaco vuoto, le idee odiose, bigotte e misogine degli altri. Mangia, e solo dopo prenditela con gli s******.
  6. Io preferirei davvero che tu evitassi di erigere chiese/templi/moschee/santuari multimilionari in onore della mia spaghettosa bontà, perché tali soldi potrebbero essere meglio spesi per (fai la tua scelta):
  1. Sconfiggere la povertà
  2. Curare le malattie
  3. Vivere in pace, amare con passione, e ridurre il prezzo delle pay-Tv. Posso anche essere un essere onnisciente dai carboidrati complessi, ma apprezzo le cose semplici della vita. Dovrei saperlo, No? Io SONO il Creatore!
  1. Io preferirei davvero che tu evitassi di andare in giro raccontando alla gente che ti ho parlato. Non sei mica così importante. Finiscila! E poi ti ho detto di amare il tuo prossimo, mi capisci o no?
  2. Io preferirei davvero che tu evitassi di fare agli altri quello che vorresti fosse fatto a te se sei uno che apprezza, ehm, cose che fanno largo uso di pelle/lubrificanti/Las Vegas. Se anche l’altra persona le apprezza (purché si rispetti il quarto punto), allora dateci dentro, fatevi foto, e, per l’amor di Mike, indossate un preservativo! In tutta onestà, è un pezzo di gomma. Se non avessi voluto che fosse piacevole farlo, avrei aggiunto delle spine, o qualcos’altro.


Vorrei proprio vedere una foto di questo dio, vorrei proprio scambiarci quattro chiacchiere. E non più per ucciderlo mentre si distrae, ma per spiegargli dove ha sbagliato e dove non poteva fare di meglio (ci credo, è dio…). Che secondo me le donne le doveva fare un po’ più brutte, così è troppo facile che ci tagliamo quando ci offrono il coltello dalla parte meno propizia. E poi avrei lasciato i continenti tutti attaccati, come nel modellino di prova. Così la gente avrebbe abitato una terra rotonda e Bossi non ci scassava la minchia con sto federalismo. Una cippa lippa che poi riesce a distinguere il sud dal nord. Poi se dio non è ancora convinto potrei spiegargli che sarebbe stato più economico disegnare le cartine, planisferi e che pure la geografia sarebbe stata più semplice da imparare.

Infine farei una richiesta per dio, sempre se esiste. Che non s’offenda se lo scomodo per così poco, ma per me è una cosa veramente importante.
Potresti farmi arrivare una mail dall’ambasciata di roma con allegato il visto per il Canada?
Tuo(ovvio), leluccio!

Vaneggiamenti di un giovedì notte diventato un venerdì

Oggi è un giorno di scoramento. E porca troia, sbaglierò i congiuntivi uno si e l’altro pure ma so che cosa vuol dire scoramento. E ne faccio un uso inteliggente ( o intelligente che dir si voglia). L’ondata d’entusiasmo insensata come ogni cosa è terminata e adesso è sopraggiunta la normale paura di fronte alla montagna troppo alta ( o isola troppo vasta, per chi sa). Siccome la mia vita è simile al moto di una palla pazza e io non metto di certo un freno a questo sballottamento, sempre oggi è capitato pure che andassi a rileggere un post felice. Felice quando lo scrivevo ma adesso che l’ho letto di felice conservavo soltanto il ricordo. Vabbò, siccome ero scoraggiato questo pomeriggio mi sono visto un film horror al posto del tradizionale studiacchiare. E poi ho finalmente scritto la lettera d’accompagnamento. Adesso fa ancora abbastanza schifo, c’è un pericoloso crogiolo (e adesso ho proprio fatto l’amplein) di linguaggi e modi di dire. Ma domani o al più sabato, giuro, diventerà interamente in inglese aulico. E poi il mio amico pakistano Hassan gli darà un occhio.
Ci mancava solo che mi ascoltassi Cinque Giorni di Zarrillo (a proposito, io e Sergio siamo gli unici che invece di interpretare la canzone nel modo convenzionale – cantando – abbiamo contato quante lacrime al giorno perdeva il tipo…).
Invece volevo pure scrivere questa cosa. Quando facevo Fisica1 ricordo che ebbi una diatriba col docente sulla impossibilità di effettuare una misura precisa. Effettivamente la cosa è vera. Se miglioriamo continuamente la granularità delle misurazioni offertaci dal nostro strumento di misura otterremo una misura sempre più precisa (ovvio). Teoricamente il discorso potrebbe continuare all’infinito ma appare a tutti evidente che un tavolo debba avere una dimensione finita. Forse incalcolabile, ma pur sempre finita. Il prof. calvo rispose che se ci spingessimo sufficientemente oltre potremmo osservare la vibrazione dell’ultima molecola dell’estremo del tavolo. E continuando a penetrare nella materia diventerebbe impossibile misurarne la pur continuamente variabile posizione dell’atomo senza alternarne il moto.
Poi oggi ho iniziato a leggere la voce sulla teoria dei multiversi. Alla sottovoce “Teoria delle stringhe e superstringhe”. E recita così: Il costituente primo della materia sono stringhe di energia che vibrano ad una determinata frequenza o lunghezza d’onda caratteristica, e che si aggregano a formare particelle.

Secondo questa teoria che tra l’altro riscuote grande plauso fra la comunità scientifica la materia è un pezzo d’energia che un pochetto vibra con un movimento sempre uguale, poi s’attacca ad un’altra stringa che vibra anch’essa e così via. E ho pensato.
Tutto questo attaccarsi di stringhe (che io personalmente immagino come lacci di scarpe) genera gli atomi, che costituiranno il tavolo di prima e anche l’essere umano. Poi queste cose vibranti generano l’intero mondo e il mio stesso pensiero. Il mio cervello è tutta fatto di cose energiche che vibrano. E il dolore e l’amore, la paura e l’orgasmo sono tutte composte da quelle cose che scodinzolano come code di folli cani.
Cazzo, io quando sono molto triste non ho mai pensato che fosse per colpa di qualche sostanza distribuita da qualcosa all’interno della mia calotta cranica che è fatta da cose come i lacci delle scarpe che s’ingarbugliano in modi assurdi. Io sono triste e basta, altre volte invece sono molto euforico. E basta. Ma non penso mai alle stringhe.
Poi la gente si stupisce perché ci sono così pochi atei in giro. Credere in dio, vista così, è una sciocchezza. Adesso sì che è naturale crederci, è la spiegazione più breve e razionale: ci ha fatti, poi ha messo i sentimenti dentro di noi e questi poi girano per il corpo e quando colpiscono le zone sensibili si fanno sentire. 
Su questo ci devo ancora pensare bene, per adesso concediamogli una possibilità.
BNG: Oggi i tipi delle dailies (quelli delle lentine) m’hanno regalato un paio di lentine giornaliere e pure un buono di 10€ per un pacco di lentine. Se non è una buona notizia questa…

“Dove sono sul viso di chi ha avuto l’amore”

Ho fatto la cosa che so fare meglio: sudare. Per la piscina era tardi e perciò c’andrò domani. Restava la bici e i piedi. Ho scelto la bici, perché si può correre più veloce perché si può andare più lontano e perché posso fare le sgommate.
Ho preso l’ipod di duli (con cui mi congratulo sinceramente per la musica che ascolta)(sincero, davvero! faccia con la barba) [Dovete sapere che ho fatto crescere la barba così  o quasi…e duli dice che sembro sempre incazzato, o indisponente…non l’ho ancora capito bene, ve lo spiega lei!), ho messo le cuffie e ho iniziato a pedalare. Per capirci, il mio stato d’animo quando sono uscito era così:

Dietro ogni porta un grido La casa è un muro stretto intorno a me 

Sergio mi chiede se ho bisogno di sfogarmi. Io rispondo si e una serie di volgarità che fungono a stento da preludio. Poi prendo la bici e inizia il vero divertimento. Pedalo finché ho forza nelle gambe, la strada la decido a naso. Penso che il mio percorso è caotico. Nel senso matematico del termine. Ogni decisione agli incroci introduce un livello potente di caoticità, un piccolo cambiamento nelle condizioni iniziali chissà dove mi avrebbe condotto. Mentre penso a ciò e canto a squarciagola – che tanto a Milano chi cazzo mi conosce – finisce prima la pista ciclabile, poi la provincia di Milano e alla fine l’illuminazione pubblica. Decido di tornare indietro, sebbene odio rifare la stessa strada due volte. Attraverso un sovrappassaggio e ricomincio a darci dentro. A volte oltre a cantare penso anche a ciò che sto urlando. Frasi del tipo Ognuno è figlio del suo tempo Ognuno è complice del suo destino oppure Ognuno è figlio della sua sconfitta Ognuno è libero col suo destino non mi lasciano indifferente. Anzi scatenano elucubrazioni matematiche varie e profondi quesiti su chi cazzo sia questo Celestino.
Non si sa come ma spunto a Porta Venezia, poi mentre guardo dei lavori in corso mi accorgo di essere arrivato a S.Babila. Ecco, il mio pedalare si è fatto lento. Si è finita tutta la forza esplosiva, la tensione che avevo si è esaurita. Andare in bici per me è come pregare. Non so cosa vuol dire pregare, se quelle poche volte che ci provo ci riesco. Se qualcuno mi ascolta, se basta dirlo a mente o bisogna anche parlare ma a bassa voce. Ma andare in bici fa circolare il sangue nelle cosce e i pensieri nelle tempie. E’ rilassante per il fisico e stimolante per la mente. A pennello ascolto questa canzone.

♫♪♪  
Avrei bisogno di pregare Dio.
Ma la mia vita non la cambierò mai mai,
a modo mio quel che sono l’ho voluto io
Lenzuola bianche per coprirci non ne ho
sotto le stelle in Piazza Grande,
e se la vita non ha sogni io li ho e te li do.
E se non ci sarà più gente come me
voglio morire in Piazza Grande,
tra i gatti che non han padrone come me attorno a me



Penso alla mia vita da eterno ribelle. Non tutta la mia vita, quando ho preso a lottare contro tutti e tutto. Come Don Chisciotte, urlavo e sferravo colpi all’aria dove c’era tempo e spazio. Senza una mira o un obiettivo. Era troppa delusione e il mio personale contenitore della delusione trasbordava. E io m’incazzavo.
Poi mi sono dato una calmata, ho incontrato le persone giuste, sto diventando grande. Ma non posso dimenticare chi sono stato e chi voglio essere. Mai.
Intanto arrivo in Duomo, poi Cairoli e Castello Sforzesco. Ci stanno tutte le coppiette che si sbaciucchiano. Innamorarsi a Milano, pff! Poi io sono un poco disilluso in questo periodo, e penso dentro di me tanto prima o poi vi lasciate anche voi, mi sento quello che c’è già passato, per un attimo riesco a sentirmi fortunato.
Mai sottovalutare gli effetti della bici.
Arrivo a Lanza, e mi dirigo verso Moscova. Lì ci trovi tutti i fighetti, qui non si dice “baciucchiare” ma “pomiciare forza quattro”. Tanto si lasciano, a maggior ragione questi! Vedo Porta Garibaldi, vicino c’è via Como. A me questa via mi sta particolarmente sul cazzo, sarà perché è l’habitat dei celebrolesi mentali che hanno i soldi. E io non tollero questa iniqua distribuzione della ricchezza. Perciò non mi avvicino a quel luogo diversamente radioattivo e mi dirigo verso casa dato che è circa un’ora e mezza che sto pedalando come un dannato. Repubblica, gialla. Parte De Andrè, Un chimico. Che vi ricordo fa così.

♫♪♪
Da chimico un giorno avevo il potere 
di sposare gli elementi e di farli reagire, 
ma gli uomini mai mi riuscì di capire 
perché si combinassero attraverso l’amore. 
Affidando ad un gioco la gioia e il dolore. 
Guardate il sorriso guardate il colore 
come giocan sul viso di chi cerca l’amore: 
ma lo stesso sorriso lo stesso colore 
dove sono sul viso di chi ha avuto l’amore. 
Dove sono sul viso di chi ha avuto l’amore. 

Mi sento ancora più fortunato. Non ho capito ancora le regole di questo gioco che pensavo ormai d’aver in mio possesso. Ma dacché gli ho affidato gioia e dolore ho dovuto vivere tutti i turni di questo meraviglioso gioco. E non c’è trucco e non c’è inganno.
Ricordo una frase sentita durante un intervista di Pif.
Non sono stato il migliore, non sono stato il peggiore. Sono stato il più determinato.
Sono molte le cose che mi possono essere rimproverate (chissà se sto usando l’italiano…) ma non la determinazione. Non so se basta, magari ci vuole la determinazione uno e pure la concentrazione e la furbizia. Ma io una cosa c’ho e so di essere il migliore in quello.
Adesso non so perché ma è un periodaccio. Potrebbe essere lo stress che Sergio dice che si sente sulle spalle. Io non lo sento sto stress, ho controllato sulle spalle non c’è niente. Ma sto zoppicando un po’, non posso negarlo. Tra un po’ tornerò a casa, forse aiuterà un po’.
Intanto arrivo in Centrale, faccio tutta viale Gran Sasso. Caiazzo e dopo una garetta con una macchina dei vigili del fuoco (sono passato col rosso e ho vinto!) arrivo a Piola e quindi casa. L’ipod adesso suona La via della povertà, canzone che andrebbe citata per intero. Salgo a casa e il resto e ordinaria amministrazione.
No, non è affatto vero.
Ma adesso si è fatto tardi, devo fare la doccia che puzzo di criceto agonizzante, sistemare la stanza che domani torna Khadir e recuperare la via del letto.
Giuro, adesso mi sento bene. Grazie bici di chissà chi.

Stretta la foglialarga la viadite la vostraio ho detto la mia.

Sogni in ordine sparso

Oggi ho sognato. Oramai ho imparato come si fa: la mattina ricordo la sintesi del sogno, so chi erano i personaggi principali e chi gli antagonisti ma non ricordo le loro facce, il loro profumo e tutto il resto.
Sveglia puntata alle nove, sveglia effettiva alle nove e un quarto. La solita mezz’oretta di pc a letto prima di iniziare a studiare; e alle dieci ero già sui libri. Non ho studiato molto oggi, pago un pò di flessione. Niente di preoccupante: sento che sono in ritardo, non mi sento molto preparato. Gli esami sono fissati alla finestra su un post-it. Ogni volta che alzo lo sguardo vedo quel susseguirsi di date che mi impongono di tornare a chinare la testa sul foglio. Sotto quel foglio in rigoroso ordine temporale c’è un altro post-it. Su questo ci sono dei conti a matita, la somma che la scuola d’inglese pretenderà per i miei studi. C’è scritto l’orario delle lezioni, i giorni di vacanza in Canada, il costo per settimana, date di inizio e di fine. E poi c’è il totale, che sembra scomparire fra la miriade di numeri e lettere che popolano il foglietto. Eppure è il totale quello che conta. E’ pur vero che lungo i fianchi si provano emozioni indescrivibili, le migliori, ma è soltanto se si raggiunge in cima e se questa è veramente imponente che la missione può ritenersi davvero compiuta.
Studiare per un esame potrebbe essere avvincente, a tratti piacevole. Ma se tutto non si conclude con un voto l’importanza dello studio improvvisamente diventa relativa, sicuramente opinabile.
Oggi ho visualizzato online il saldo del mio conto dedicato alla missione dell’anno venturo. Oggi ho sognato un’altra volta, ma questa volta sentivo il profumo dei soldi ed ero sul sito di unicreditBanca.
C’è un proverbio siciliano che dice che tri sunu li putenti: ‘u papa, ‘u re e cu nun avi nenti.
E per questo che, una volta deciso ad abbandonare la carriera religiosa, sto facendo di tutto per diventare un re. Non potrei di certo tollerare di diventare un debole, ora che sono un putenti.
Cerco un lavoro per l’estate, per tutto il mese d’agosto. Sono tentato dallo spiegare la mia situazione al presidente, nel caso dovesse concedermi per pietà settemila€. Per il resto ho trovato un posto che paga cinquanta€ a sera, ma i turni sono lunghi e il lavoro è più pesante della media. La figa che se la spassa a spasso mi ha detto che “…sì, è vero, si lavora tanto ma che in fondo alla fine ci si diverte tanto”. Lei che ha fatto un mese di università, un anno da apprendista commessa e ora è disoccupata cosa ne sa del lavoro?
Anche le puttane sanno che non è divertente, anche se il loro lavoro consiste nel fare la cosa più bella del mondo.
Per adesso non c’è molto di nuovo in giro, m’aspettano alcuni mesi di fatica e poi altri di molta fatica. Per i prossimi due anni la mia vita sembra già tutta programmata, sarebbe un peccato se tutto andasse in questo modo.
Non giocherà a dadi, ma spero che giochi con me a monopoli.

Come il cielo a Milano

L’altro giorno avevo in mente un post, volevo raccontare di un bel sogno. Piangevo visitando finalmente la mia vecchia casa, ero terrorizzato dal dover accompagnare una donna alla sua condanna, il taglio della lingua. Ho visto dio che l’ha salvato, e come ogni volta che sogno dio, mi sono chiesto come faccio a sapere che ho sognato dio se dio non l’ho mai visto da sveglio. Poi ho parlato con Stefania, ma come al solito la situazione era assolutamente imbarazzante e così non ricordo di aver effettivamente parlato.
Poi i giorni sono passati e adesso non ho più quella vivezza di dettagli che mi permetterebbero di trarre vantaggio dello scriverne.
Sono giorni difficili, cupi, pregni di importanza. Come il cielo a Milano. Non so far altro adesso di pensare ai momenti felici; 21 giorni oggi un anno fa era decisa la meta di Capodanno. E anche quella del capodanno successivo: Copenhagen.
Adesso spero che a Capodanno non mi chiederanno di soddisfare i convenievoli, spero che ci sarà qualcuno sui server di Cod, l’ultimo gioco che impiega i pochi istanti del nostro tempo libero.
Trʌbls, solo la parola fa pensare a qualcosa di problematico. Ma è giusto così, in fondo è giusto così. Il corso della vita di un uomo non è come un lancio di una moneta. Ciò che succede dopo è strettamente dipendente da ciò che è appena successo. Il divertimento sta nella nostra reale possibilità di cambiare il corso delle cose senza curarci dei calcoli probabilistici e dei formalismi logici. E adesso lasciatemelo dimostrare…