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“Please, touch me” – Ti scongiuro, toccami!

Sto ascoltando i Pooh. A tempo di carestia (d’italiano)…
In queste ultimi giorni ne ho fatto di cose, nei prossimi giorni ne farò di prime cose. Ne elenco qualcuna se non vi dispiace.
E’ chiaro a tutti che m’hanno rubato il mio portafoglio di cuoio, quello che avevo dal natale 2005? Bene io ho già dimenticato, l’ho tradito con uno di pelle nera e perciò non condogliatemi. Avendo perduto in un colpo solo due ID (Documenti identificativi) (tra cui uno era la patente!) mi sono ritrovato ad avere solo il passaporto e la patente internazionale, che per altro non vale come licenza di guida se non associato al rispettivo documento italiano. Perciò, consigliato da Joanna, sono andato in un ufficio, una specie di motorizzazione italiana. Ho richiesto il BCID, l’ID della provincia British Columbia. Se dovessi definire la mia nazionalità la percentuale di canadesità sta gradualmente incrementandosi. Resterete ancora più sorpresi quando vi dirò, proprio adesso, che ho ottenuto pure la “CareCard”, una carta che certifica la mia idoneità ad aver assicurato la mia salute tramite B.C. (che ormai è chiaro che vuol dire British Columbia). Altri punti di canadesità nel cestino.
Direzione Banca, stesso giorno altro impegno. Bloccare la carta precedente, richiederne un’altra e nel frattempo riceverne una temporanea. Tempo dell’operazione: una manciata di minuti. I’d like to report my missing card, may I have a new one?
Missing
(Mancante) perché in Canada è considerato impoliteness (maleducazione) dire che qualcuno m’ha rubato il portafoglio. Non posso provarlo perciò bisogna dire che è sparito.
Quindi in quel giorno l’ultima tappa era la stazione di polizia. I poliziotti italiani vogliono che gli faxo un pezzo di carta che dice che il mio portafoglio non c’è più. Del numero che gli sbirri canadesi m’hanno dato al telefono dopo una breve telefonata in cui riportavo la scomparsa del mio amico su cui ho poggiato il culo per anni non sanno che ne farne: loro vogliono la carta, loro non vogliono dimenticare il secolo scorso. Perciò dopo qualche spiegazione (non ci credevano che avevo bisogno di un materiale definito “cartaceo”(Ant.)) ho avuto ciò che desideravo. E sono tornato a casa e ho attivato una scheda Rogers (la TIM del posto) di una mia amica  tramite telefono.
La ragione per cui vi ho raccontato tutto ciò è per pavoneggiarmi (che non è altro che una parola complicata per dire farsi figo): ho sostenuto una chiacchierata col tipo della banca, il tipo dell’ufficio che sembrerebbe essere una specie di motorizzazione, il poliziotto disponibile e la centralinista di Rogers in inglese, usando articoli congiunzioni adverbial clauses noun clauses avverbi e ho perfino coniugato i verbi al passato distinguendo il passato semplice dal passato progressivo e da quello che inizia col verbo “have” all’inizio che ora mi sono scordato come si chiama. A scuola sono uno dei migliori per ampiezza di vocabolario, riconosco le mie buone listening skills anche se devo realmente lavorare ancora a lungo sul suono “h” e sul mio forte accento. Addirittura sono quello che parafrasa quando c’è da spiegare qualcosa ai nuovi arrivati, sono quello che spiega gli errori e fornisce le correzioni.
Come quando la brasiliana mi ha chiesto se per cortesia la potevo toccare (!). Ma si è scoperto che mi stava solo chiedendo di insegnarle una frase in italiano.
E io per poco ci rimanevo morto dallo shock!

Per queste cose… – 3

Inizio questo post con un ringraziamento a Bluescuro, quello non troppo alto e con non troppi capelli.
I ringraziamenti poi si dirigono lesti lesti a coloro che hanno partecipato alla giornata di ieri, la più bella giornata da mesi. Due o tre giorni così all’anno potrebbero bastarmi per ritenermi felice di tutta la mia vita. Ovvio, sono felice lo stesso: la febbre m’è passata.

Posso quindi ringraziare tutti i partecipanti a questa bella giornata e a questa foto…e vabbè che non si vedono, ma dietro ve lo posso assicurare si dovrebbe trovare la gente che m’ha accompagnata in questi tre anni di vita universitaria. Poi c’è Simone che si vede, ma il discorso non cambia. Anche per Duli sotto l’ascella il discorso è analogo. Fra di noi c’è molto affetto, con qualcuno di noi molto di più. Vediamo un paio di esempi:

Siamo andati in giornata nel vicino parco del Ticino. Zona Motta Visconti, città di poche anime ma alcune davvero molto gentili e disponibili. Alle 9 del mattino eravamo già in sella ad una bici, mezzo che avrebbe lasciato segni indelebili nei cuori di qualcuno e altri meno piacevoli nel culo di altri. Alcuni hanno provato entrambe le sensazioni, ed è a questo che il prof. Vecchioni si riferiva quando scrisse “Il tuo culo e il tuo cuore“. Sinceramente neanche io pensavo che il percorso potesse essere tanto lungo e pieno di atmosfere mozzafiato. Quando avevo pensato questa giornata l’avevo costruita considerando il nostro limite superiore: due ragazze al seguito. Ma avrò sbagliato qualcosa: le salite c’erano e il fango non mancava. Eccetto qualche pianto liberatorio e una topless mud-fight (sto scherzando…) le femminucce si sono rivelate abbastanza maschi. Questo il percorso che, eccetto alcune deviazioni, (1. Quando ci siamo ritrovati in mezzo a un campo e nient’altro; 2. quando ci siamo trovati in una distesa di sassi e nient’altro; 3. quando abbiamo lasciato il sentiero per imboccare una provinciale piuttosto trafficata; 4. Nient’altro.) abbiamo percorso:

Non è segnalata la strada che abbiamo dovuto percorrere per raggiungere il sentiero, ma all’incirca saranno stati una ventina di chilometri scarsi.
La bici è un attrezzo fantastico. Il mio utilizzo principale di queste due-ruote è stato come valvola. Di quelle da sfogo. Ho percorso molta “strada” col sellino sotto il culo e spesso con l’incazzatura nel sangue.
Ma ieri era diverso: doveva essere una giornata fantastica, solo divertimento e zero pensieri, una giornata per dimenticare gli esami (…ma abbiamo brindato col Nero d’Avola al nuovo semestre). Ed è stato così, porca puttana ladra, è stato tutto così.

Io poi c’ho aggiunto la mia dose. Anche se Duli ci scherza su, è proprio così: c’ho un modo un poco diverso di intendere il divertimento. L’imprevidibilità, le soluzioni istintive, le salite estreme e i jeans bagnati per aver guadato il fiume con la bici. E il rischio di farci un bagno non proprio gradito. C’ho bisogno di cose un po’ fuori dall’ordinario per far rilasciare quella chimica necessaria che mi faccia sentire il divertimento. Al solito vediamo qualche esempio:


Sono nato in campagna, figlio di contadini, figli di contadini. Non sono un tipo molto “raffinato”. Conosco la buona educazione, non faccio rutti in pubblico se non con gli amici, odio essere diplomatico e quando voglio dico le cose in chiaro, così come sono. Ma è in campagna che riconosco di essere il vero me, quello senza filtri. Soffiarsi il naso “alla contadina”, arrampicarsi sui muri, correre qua e là, usare gli alberi come scale, mangiare con le mani, non curarsi della cenere che svolazza sulla carne. Accontentarsi e adattarsi. Forse niente di tutto questo è frutto dei luoghi della mia nascita e forse queste caratteristiche si adattano più a un porcidduzzu che a un cristiano. Ma semplicemente questo è il mio modo di intendere il divertimento: divertimento, non pagliacceria.
La giornata dopo le fatiche del viaggio è proseguita con la classica grigliata. Dopo qualche problema col fuoco dovuto ai legni umidi e alla non praticità del luogo del focolare, siamo riusciti a pranzare (alle 3 p.m.) pezzi di carne cotta più o meno a puntino.

  
Spiedini: specialità dell'”Uomo nero”

La fame avanza…
…e le donne!
Gli uomini…

Che spettacolo, che spettacolo. Che giornata. Oggi è un giorno importante, è un 27. Il ventisette c’è da sapere che per la mia esistenza è un giorno potente. Un mucchio di cose sono accadute di 27. Alcune sono belle, altre stupende e purtroppo ce n’è qualcuna che non sono cose piacevoli. E poi ci sono quelle cose che non sai se sono un bene o un male, se portano più problemi o più sollievi. Tutte cose che son successe di 27. Quelle cose su cui sospendi ogni giudizio. Aspetti cosa accadrà, cosa sarebbe cambiato, provi ad andare avanti e intanto organizzi il tuo tempo. E talvolta escono fuori delle giornate meravigliose come quella di ieri.
Che però è caduta di 26, uffa! (Però questo post è stato scritto di 27. Ed è il post con più foto in assoluto)

Per tutte queste cose, insomma.

Di questi giorni – Racconti Sparsi

Riesco a non cambiare stazione quando ci sta una canzone smielata alla radio. Se questo non lo chiamate un piccolo passo avanti allora la prima piedata di Armstrong era aria fritta.
Di contro un giudizio obiettivo non nasconderebbe che non riesco ancora a indossare il maglione blu, e altre decine di cose che è meglio far girovagare un pò nella mia testolina. Che in fin dei conti è tutto così meraviglioso, anche quando le cose vanno a rotoli. Ci vogliono mesi a tirarsi su le maniche ma sembra che ce la sto facendo. Inciampo ancora di tanto in tanto ma non commetto più stupidaggini.
Per il resto sono reduce da due giorni nella discoteca gioiosa. Reduce nel senso che ho ancora dolori ai polpacci e forse è stato lì che mi sono beccato il mio primo raffreddore dell’anno. Mi c’è voluto una ventina di ore di lavoro per guadagnare l’equivalente di quanti ne avrebbe presi qualcun’altra (colpo di tosse accusatoria) per meno della metà del tempo. Evabbè le occasioni della vita torneranno, spero che passano da qui qualche volta.
Per il resto ho parzialmente assistito a uno spettacolo burlesque (un semplice spogliarello a cui han cambiato nome), ho scoperto che esistono madri che portano in discoteca i propri figli, e la cosa bizzarra è come l’ho scoperto. Il vocalist ha urlato mentre le tipe si spogliavano sul palco che c’era una bambina che piangeva in consolle perché cercava la sua mamma. Il tutto è impreziosito dal fatto che una delle due spogliarelliste era un trans.
Bimba di quattro anni si perde in una discoteca mentre la madre guarda spogliarello di un trans
Qualsiasi giornale farebbe uno scoop con una notizia del genere. E qualsiasi assistente sociale toglierebbe quella figlia dalla “protezione” della madre. Ma questo è un giudizio affrettato e allora non chiamerò il telefono azzurro.
Gli ultimi due giorni di lavoro sono stati veramente massacranti. Ho un’alta sopportazione della fatica, capita dopo che l’hai provata a lungo. Ma sono state diverse le volte in queste due sere che mi sono chiesto se stavo davvero lavorando in quei giorni che sarebbero di vacanza; in realtà il lato ludico di questi giorni era stato già violato dagli obblighi universitari, che adesso sono a sua volta naufragati fra le banconote arancioni. Non c’è cosa più energetica – e la RedBull è una puttanata – di una motivazione salda per sconfiggere il dolore alle caviglie (e avevo le scarpe di ginnastica). Io devo pagarmi un volo transeoceanico, devo pagarmi per quanto mi è possibile una scuola che m’insegni questa astrusa lingua che mi è necessaria. Necessaria per studiare ancora e ancora, per acquisire altri titoli e trovare lavori sempre più remunerativi. Per soddisfare quei piccoli sogni che mi porto appresso, e che m’aiutano a sopportare la fatica. Che pregare non serve a un emerito cazzo, solo come palliativo (con l’ipotesi del dubbio, non lo nego…) per sconfiggere le fatiche del lavoro.
Quello che m’aspetta sono dei mesi d’in(f || v)erno. Tutti in salita, con tornanti in salita, e la neve in salita. E niente catene a bordo. Due mesi effettivi di sessione d’esame, poi ci vuole la volata finale per laurearsi in tempo. E poi il mese d’agosto in cui devo dimostare che non è da tutti ma che io 2000€ li tiro su solo in quel mese, a costo di impararmi finalmente l’Ave Maria. Non vedo l’ora di volare sull’atlantico, di trovarmi su quell’aereo vicino a un giapponese con la cravatta. Chissà come sono gli aerei intercontinentali, chissà se hanno i sedili reclinabili, chissà se il cibo è buono e chissà se mi danno quel coso da mettere sugli occhi per dormire. Chissà se anch’io soffrirò del jet lag, chissà se mi verranno a prendere all’aeroporto come si usa qui, con quei cartelli con su scritto Sicilian guy here! C’ho un pò di sogni da esaudire, e spero che non ne produrrò più. Almeno per qualche giorno dai…

:)

Messaggio a mia madre

Cazzo. Come ho fatto a non pensarci prima. Ho fatto un pò di chiamate, una a dire al vero, per sentire la voce di qualcuno. Qui in stanza c’è il frigo che fa uno strano rumore, la ventola del fanculor che soffia aria calda e quella d’aspirazione. Ma nessuno di questi silenzi riesce a farmi compagnia realmente. In realtà mi trovo in quello spiacevole momento della vita in cui ti ritrovi a necessitare dell’unica cosa che ti manca. Terribile.
Allora ho pensato, per farmi ridere, che ho trovato la giustificazione della mia secchezza. Non delle mucose, non delle labbra, di tutto insomma. Di me.
Mà, peso 62kg con i vestiti perchè sono sciupato dalle pene (questo termine è piuttosto cacofonico in questo contesto). Mi stanno consumando, le vertebre stanno prendendo il sopravvento, puoi farmi  una radiografia a occhio nudo, puoi vedere se il cuore batte senza poggiare l’orecchio al petto.
Ma poi, un giorno, tutto questo passerà, avrò molti soldi, sarò felice (è una coimplicazione della speranza precedente) e allora sì che ingrassero (eeeh avojia).
Ho un motivo per essere secco, finalmente. La bilancia che pesa la felicità. Ci voleva proprio…

Le palle

Devo, lo devo fare. Usare una espressione colorita, abusata dagli autoctoni di Grezzaland e che provoca e ilarità e disgusto nel resto della gente civilizzata:

Me ne sto andando a sciacquarami i baddi!

Si, sto soltanto andando in piscina. Ma io in questa frase così intensa ci leggo la tensione accumulata in una sessione d’esame che pare essersi finita, ma che potrebbe nascondere ancora qualche insidia deplorevole. Ci si (Pardon: si ci!) legge l’ansia di uno studente serio, rispettoso dei principi che stanno alla base del far ingegneria (uno solo in realtà: interrompere i contatti col mondo esterno == abbrutirsi).
Tornando alla nostra immagine pittoresca io l’ho sempre immaginata così.
Una fila di uomini, di quelli con le palle (non quelli particolarmente impavidi, quelli proprio con le sfere) sul bagnasciuga di una spiaggia. Quell’uomini pelosi, che non c’hanno (quanto mi piace usare questi dialettismi) bisogno di mettere la crema, che comunque resterebbe solamente al primo stadio, al pellicciotto.
Lì, con le gambe leggermente divaricate a lasciare che le onde accarezzino sinuosamente (e qui gli ingegneri potrebbero iniziare lunghe discussioni…) quegli attributi, oramai note come palle (che poi tale appellattivo potrebbe essere fuorviante date le indiscusse qualità ellittiche di quest’ultime).

Ci sono giorni che cambiano interi mesi di studio, giorni che cambiano anni e anni di vita e di quest’ultimi ne ho ancora ricordi tanto vivi da provare brividi fra i capelli, giorni che finiscono rantolandosi in un letto, apparentemente solo.

Restiamo allegri quest’oggi, quest’oggi sarà un giorno con le palle (pardon, con le ellissi!).

Pulizia dei Denti

C’è una cosa che mi ha fatto ridere l’altro giorno, e ieri ripensandoci. Merita di essere scritta, che poi le dimentico ‘ste cose.
Fra qualche giorno torno a casa, di passaggio come passa un temporale d’agosto. Breve e intenso, e lascia il segno: devo fare delle cose importanti, scegliere i punti luce, donare all’Avis, e andare dal dentista. Se ci fosse tempo per qualche altra stronzata non resisterei a farle (forse “prendo in prestito” il motore di Mattia e ritorno a fare il matto, ma solo per un pò, sono maturato ormai…pff).
Dicevo, devo andare dal dentista, perchè mamma dice che ho la saliva di papà. Cioè, io lo giuro, i denti me li lavo ogni sera e ogni mattina, mentre faccio pipì mi disinfetto tutto col colluttorio (quando si dice il fordismo applicato eh) e comunque mi ritrovo con i denti con le carie (non so se si dice carie, ho sempre fatto confusione fra carie, placche e robe varie…io so che sono convinto dopo che da piccolo ho visto “Esplorando il corpo umano” che c’ho dei brutti muratori che stanno nei miei denti col martello pneumatico) . ‘nnaggia, la soluzione è una Pulizia dei Denti dal dentista. Già lo vedo chino su di me con un trapano e un sorriso maligno: “Tranquillo lè, non ti faccio niente muahahah“.

“Mà, m’ha prenotasti a visita ‘nto dentista?”
“Se, dgjoia sabbatu viessu e novi anfacci ‘o spitali”
“Mà, ma quantu si fa paiari?”
“Nun ti preoccupare, nun ci pinzari…”
“Ma tu rimmillu, quantu voli ?”
“‘A come a tutti, chi sarannu…cinquanta, sissanta euru”
“Fiddgju ri doppia buttana…mmm…”

“Mà, sai chi ci rici…cà mi pulizia sulu i quattru rienti ravanti, chiddu ri supra e chiddu ri sutta…l’autri tantu nun si virunu,accussi quanti soddi cecca ?

Non mi si può dire che non sia un bravo ragazzo. No ?

Storie di bacinelle assassine.

AVVERTENZA
[Questo intervento è quasi del tutto esente da errori ortonormali]

Ho da poco scritto il miglior intervento ( a mio giudizio) di questo blog. Sgrammaticato più degli altri (se possibile) centodue pezzi di vita ma comunque il migliore. Come ognuno dei 103 interventi migliori di questo blog, anche questo è selettivo. Chi ride vuol dire che è (in)direttamente interessato, chi si pone delle domande sul perchè non ride è interessato a capire ( e per questo può chiamare il 187 come suggerisce l’elvetica indomata). Per tutti il resto del campione (inteso in senso statistico (venti e sette) )…ah…non c’è un resto del campione (io sono un campione, l’unico campione muahahaha).
Mi sono confuso, sto perdendo il filo… (mi confondo sempre io…) (Ah si?) (Non fa per te, è troppo poco ingegneristico) (Non c’ha sentito nessuno, giuro!)
Ah si, ora ricordo. La mia risposta è carina/dolce mia maestrina/che mi dici che dovrei tornare in primina:

  • Chissà se ce la farò
  • Chissà se ce la farai
  • Chissà se ce la farà
  • Chissà se ce la faranno
  • Chissà se ce la farete
  • Chissà se ce la faranno

Chissà se hai capito, io intanto ce l’ho fatta!

Sviluppi sulla (ex) graziosa bacinella
Ricordate la bacinella che ha vissuto da protagonista per qualche minuto (s’è pure messa in posa per la foto). Si la ricordate. Io lo dicevo ch’era in combutta con loro, i bastardi. Quella figlia di buona bacinella ha complottato. Attacco ai buoni !!!, i cattivi stanno in vantaggio!!. Ha fatto i manici dolci alla signora delle pulizie (quella figlia di buona donna che m’ha fottuto i miei Carrera, non la Asia, la marca degli occhiali intendo) e questa, la donna della pulizia (?), ha gettato dentro la graziosa bastarda bacinella tutto ciò che le capitasse per le mani. Non di striscio, nè per quei fisiologici innocui cinque minuti. La signora (?) della pulizia (?) ha buttato dentro per ore, giorni, settimane, lustri e bilustri saponi, sciampi, deodoranti, bagno schiuma, schiuma da barba, la crema Veet®.
Questo è anarchia bella e buona, è una cattiveria imperdonabile. Mettere delle cose come saponi ipoallergenici e saponi disinfettanti-disincrostanti in una bacinella (non so se avete capito, in una b.a.c.i.n.e.l.l.a ma come si fa dico io…), per di più in un bagno (b.a.g.n.o cazzo)!!. E pure dentro il box doccia, assurdo. La gente di oggi è troppo violenta, troppo sadica, troppa. Si c’è troppa gente oggi.

P.S.
Nonostante il dispiegamento di ingenti forze, il cucchiaio proprio non si trova. Nell’attesa continuiamo a mangiare con le mani, a sporcarci di pomodoro, e a fottere loro, i bastardi.

Filtramente

La mia macchina va più veloce perchè c’ho pulito il filtro dell’aria nel motore.
Ma io vado più piano perchè ho pulito il filtro del raziocinio nel cervello.
Solo che, chi ci putiemu fari, entrambi i filtri s’incrostano subito.
Per fortuna che il/la meccanico/a pulisce di tanto in tanto quel filtro.

Però quelle fantasie con la tuta da meccanico non sono da scartare…vero ?