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FDC 10 – “Vabbè che ci sono le spine…ma 9€ cazzo?”

Battevo i pugni sul tavolo che con un pugno battevo un pugno e con l’altro mano tenevo il computer perché non cadesse. E io chiedevo perché io fossi caduto e a questo perché né questi né quegli altri avrebbero potuto rispondermi. Piangevo il calore dell’infermo nelle mie lacrime ed erano salate come il mare in tempesta.

Riempi la pilozza di acqua e poi presi della terra. Diventò un impasto di terra e acqua, era già una sorpresa. Poi ci infilai un dito e iniziai a dipingermi la faccia con quella crema naturale. Quando ritenni che era soddisfacente tornai in casa e mi feci vedere dalla mamma. Mi chiese che cosa avessi combinato. E io: guarda mà, come gli indiani.

Quando ero piccolo avevo un’altalena che se la oltrepassavi si viaggiava nel tempo (nel passato). E se la oltrepassavi nel senso opposto si viaggiava nel futuro. Il rischio era scordarsi da quale parte si era passati, così mettevo un ramoscello per ricordarlo.  Poi diventai grande e la macchina del tempo si ruppe.

La macchina del tempo

Uno scorpione doveva attraversare un fiume, ma non sapendo nuotare, chiese aiuto ad una rana che si trovava lì accanto. Così, con voce dolce e suadente, le disse: “Per favore, fammi salire sulla tua schiena e portami sull’altra sponda.” La rana gli rispose “Fossi matta! Così appena siamo in acqua mi pungi e mi uccidi!” “E per quale motivo dovrei farlo?” incalzò lo scorpione “Se ti pungessi, tu moriresti ed io, non sapendo nuotare, annegherei!” La rana stette un attimo a pensare, e convintasi della sensatezza dell’obiezione dello scorpione, lo caricò sul dorso e insieme entrarono in acqua. 
A metà tragitto la rana sentì un dolore intenso provenire dalla schiena, e capì di essere stata punta dallo scorpione. Mentre entrambi stavano per morire la rana chiese all’insano ospite il perché del folle gesto. “Perché sono uno scorpione…” rispose lui “E’ la mia natura”.

Mi piaceva questa ragazza. Nicol. Credo ci fosse una alla fine ma per me è sempre stata Nicol. Aveva una voce roca e i capelli corti ma a me piaceva e andava bene così. Le scrissi una scritta, MONOLITICA. Nicol ti amo. Poi migliorai con gli anagrammi, tendo a farlo. A migliorare. Decisi che se avessi avuto una figlia l’avrei chiamata Nicol. Poi decisi di chiarmarla Fabrizia, poi Giulia, poi fu Stefania, poi fu…Tendo a farlo, a perseverare.

Qualche anno fa ero ad un esame di Reti Logiche. Me ne andai prima della fine sbattendo una porta. E mi arrampicai su un albero, ci restai accovacciato finché ne avevo abbastanza. Poi scesi, presi un pezzo di ramo e me lo misi in tasca. E Giulia fin da allora si chiede perché lo tenevo in tasca.

Sul mio volto, sulla mia parte sinistra tra la mandibola e il collo ho una cicatrice d’acne. E’ un buco, un fottutusissimo buco dal diametro di un punta di stuzzicadente. Quando mi rado, la lametta non lo taglia: il pelo di barba dentro il buco resta salvo. Ma poi prendo una pinzetta e lo scippo. Anche se ho un buco d’acne lo deve sapere che sono io che decide chi resta attaccato al mio corpo e chi mi può cancellare dalla sua memoria.

Una volta ho finto di dormire mentre i miei genitori discutevano su come spendere undici milioni di lire. Mia mamma disse che era meglio comprare un divano che mangiarseli a cibo. Per circa 20 anni è stato il divano buono e quindi ci si sono potuti sedere solo gli ospiti. Del resto io mi sono convinto che è scomodo.

La mia prima memoria che ho di me che mi guardo allo specchio è me che mi dico mazza che sono brutto. Mi ma me a me e me. Meh!

Quando dico che sarò qualcuno lo dico davvero. Gli altri non lo sanno ma io ci credo veramente. E tristemente non c’è niente che mi può fermare. Sono nato povero e piangendo. Piangerò tutta la mia vita pure di morire ricco e piangendo. E se muoio giovane non potevano dire che avevo la volontà ma non mi impegnavo.

Un saluto alla signora Carmela che per una decina d’anni mi ha ingannato ogni mattina quando mi diceva che erano le 8 e facevo tardi a scuola. Erano sempre e dico sempre le 7:30.

Buon compleanno. E questo è l’unica volta che non parlerò di me. Ops…!

Buon compleanno.

L’attitudine giusta

Un giorno di vita

Quello sono io. 22 anni dopo sono gigantesco (si fa per dire) ma sono sempre io. Lì era caldo tanto caldo (così mi dicono) ed ero a Ragusa, all’ospedale. Qui il 20 Giugno mattina era soleggiato ma poi, la sera, la temperatura è scesa. E sono in Canada, dove neanche sanno come si pronuncia Ragusa. Ad analizzare cos’è cambiato ci vorrebbero altri 22 anni. Facciamo l’opposto.
Cosa mi piace di questa foto (che mi ha inviato mia madre per il mio compleanno) è la mia attitudine. Che sia perché c’erano 35° e m’avevano comunque coperto di lenzuola e messo il pigiama (a maniche lunghe epperò cavolo!) o perché ero felice di avercela fatta (prendetevi un secondo e riguardate la foto qui sopra, quell’uomo sta chiaramente esultando nel suo primo giorno di vita) non conta: l’attitudine è quella giusta e non è cambiata. Pugni chiusi e braccia all’aria: si stona ‘mpare (se fossi nato in Canada avrei detto: it rocks dude)!
Penso che quella mano è grande quando un ditino mio adesso e che sono sempre io, quando penso a questo mi vengono i brividi. Poi mi guardo il nasino e penso: ma certo che ero già un gran fico: nasino all’insù, braccia all’insù e una vita da vivere. Sarà stato il giorno più bello di sempre, il primo!

I due fratelli – Aggiornamenti al mese di giugno (Inizi)

Questo è quello che succede in Canada, tra farfugliamenti vari. Non parlo, farfuglio con le sillabe. Non rido, sbellico. Non penso, trottorello coi sogni.

Ma nel frattempo, in Italia (chi si ricorda di BNG?)…

Piazza S.Marco
Festa della Marina Militare - 1
Festa della Marina Militare - 2
Festa della Marina Militare - 3
Festa della Marina Militare - 4
Festa della Marina Militare - 5

Questo è mio fratello. Spero avete cliccato sul link associato alla parola BNG (Buona.Notizia.del.Giorno). Di tanto in tanto, mentre raccontavo ciò che mi succedeva con l’università e i preparativi delle partenze, raccontavo dei suoi test, di come fosse faticoso andare ad Ancona per fare test ed esami che non sono obbligatori. Aveva 15 anni all’epoca, 16 adesso. Ma sono assolutamente certo che questo anno sia stato assai più lungo di quello che il calendario asserisce. Ci sono anni che durano molto più di quanto promesso, ci sono anni che non si scorderanno mai.

Una dedica infine. Alla gentilissima faccia buttana di chi adesso ha invidia di noi. Quando eravamo due bestie da nutrire, da crescere con buoni principi e da assistere, la gente tutta era impegnata altrove. E se adesso, gente buttana, spendete un solo secondo a desiderare di trovarvi dove adesso noi siamo, che quel secondo di invidia vi paia un anno, che non passi mai e che vi renda mutilati dalla vostra ignoranza. Gente buttana.
Per tutti gli altri, ma come cazzo ha fatto l’Olanda a perdere con la Danimarca?

“Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano)”

Ieri notte mentre cercavo di trovare il sonno, ancora turbato dai miei recenti incubi, mi è giunto in mente uno dei sogni più terrificanti della mia infanzia. Ricordo chiaramente che Mattia non c’era ancora, quindi si parla degli anni precedenti al ’95. Dormivo già nella mia stanzetta ma facilmente mi trovavo a concludere la notte nel lettone, nel mezzo o nel lato della mamma. Insomma questo sogno, mi ricordo che era tremendo al punto che, in un pianto torrenziale, mi diressi verso il lettone. Mi ricordo la mamma che mi chiedeva con insistenza di raccontarle il sogno, io non volevo ma poi gliel’ho detto.
“..c’era un..LEONE che mi ha fatto bruuuuuaaaa“. “…e poi tu, mamma, sei caduta in una griglia, quelle nei marciapiedi”

Quello su cui ragionavo è quali atrocità mi hanno inflitto se adesso il mio peggiore incubo è il grigiore di una cella quando, dall’alto dell’innocenza di un piccolo bimbo, il re della foresta era la cosa più terrificante che potessi immaginarmi?


Last night  while I was trying to fell asleep, still worrying about my recent nightmare, it crossed my mind one of my most terrifying nightmares of my childhood. I clearly remember that Mattia wasn’t born yet, thus we are talking about the years before the ’95. I was already used to sleep in my bedroom but I was easily finishing my nights in my parents’ bed, either on the middle or on my mother’s side. So, this nightmare…I remember it was that scary that, crying my heart out, I moved to my mother’s bed. I remember my mother asking me insistently to tell her my dream, I didn’t want but at the end I told her.
“…there was…a LION, and it screamed to me bruuuuua” “…and then, mammy, you felt down in a grid, the ones in the sidewalks”.

What I was thinking is what kind of atrocities they have been committed to me if now my worst nightmare is the grayness of a cell when, from the top of the little kid’s innocence, the king of the forest was the scariest thing I could have imagine?
[Please tell me if I made mistakes]

Pensieri recenti dispersi tra passati ricordi: un’insalata insomma!

Era dicembre e stavo attraversando il periodo più merdoso degli ultimi anni. Per quanto la torre di Pisa sia inclinata essa rimane uno spettacolo, un magnifico esempio di architettura italiana. Ma è quando che sarà cascata che si vedrà chiaramente il vuoto che lascerà, la gente inizierà a dare maggior valore alla loro foto-clichè mentre fingevano di sostenerla. Pensate adesso che io quella torre l’ho cercata di sostenere davvero, fin quando esausto, ho deciso di evitare il peggio e di lasciar accadere gli eventi. E’ un bel racconto per descrivere ciò da cui stavo cercando di riemergere, c’è qualche minchiata ma del resto che cosa ci si può aspettare da un blog con questo titolo.

L’altro giorno pensavo a quel dicembre 2010. Quando Khadir non era in stanza e io stavo quasi al buio, che tutti lo sanno che a me la luce di notte confonde. Mi rantolavo e abbracciavo un cuscino, battevo i pugni sul tavolo chiedendo a qualcosa fuori dalla finestra del terzo piena della Casa Dello Studente perché. E siccome nessuno mi ha mai risposto ho escogitato qualcosa altro. Mi alzavo da quel letto di sofferenza e sonno e mi mettevo al mio pc, con accesa la lampada grigia da 5€ dell’Ikea che adesso duli sta riciclando e sognavo del Canada. Cercavo la migliore scuola e la migliore in questo caso vuol dire la più economica. Cercavo il migliore programma ma ero un dilettante: 8000$ per 7 mesi era stata la migliore offerta. Dove cazzo li avrei trovati quei soldi? La cosa fuori della finestra sempre zitta.

Poi però trovai questo programma che prevedeva quattro mesi di lavoro pagato. Facendo quattro conti era già Febbraio e venivano 1000$ alla fine degli 8 mesi. 1000$ erano più facili da trovare, il mio culo era salvo ancora una volta. A quel punto dovevo studiare, laurearmi per tempo, darmi piattaforme, sperare che il mio doppio permesso studio/lavoro venisse accettato, lavorare per tutta l’estate e forse poi potevo andare in Canada.

E adesso io sono qua, mi sento completamente realizzato e non ho (ancora) rimpianti. Mi sento un uomo migliore, fuori dalla finestra non arrivano risposte ma da dentro il mio corpo c’è una energia che avevo dimenticato di avere. Inoltre riesco a sostenere una conversazione importante con una persona importante senza vomitare la bile, mi sembra un passo avanti da sottolineare.

Perciò mamma non puoi piangere, qua tutto va persino meglio di come avevo immaginato. E lo sai che c’ho una fantasia che non basta un muro da trenta metri per scriverle tutte. Prometto di fare il bravo, di fare il simpatico e di guadagnare tante mance che così vieni qua presto. Del resto si tratta di qualche mese.

Brasiliane, multe, dottori e giusto un po’ di neve

Bene, mamma mi ha chiesto se c’ha problemi al computer dato che non riesce a vedere i nuovi post sul mio blog. Il fatto è che di nuovi post non ne ho scritti. E’ non sono così prolifico come mi aspettavo di essere. E inoltre non ho ancora scritto un post di quelli sentiti, di quelli che alla fine dico “minchia se sono stato bravo”. Interventi generalisti, riassunti eccellenti ma niente di realmente serio. E forse neanche questo alla fine di questo dirò minchia se sono…

Bene, questo a quanto pare è il primo post del 2012. Anno quantomai importante e fatidico per me perché sarà l’unico in cui potrò scrivere 12/12/12 come data, e il dodici è un numero importante per me. Per adesso sta andando bene. Non posso dire di essere felici, perché quando sei felice come lo sono stato tempo fa c’hai la testa che ti scoppia (a me fa male la testa quando sono troppo felice). Ma sto bene, ho nuovi spunti e esperienze ogni fottuto giorno, imparo ed espando il mio vocabolario frequentemente e non c’è niente affatto per cui potrei lamentarmi. C’è però questo strano fenomeno che quando scrivo in italiano mi vengono in mente per prime le parole in inglese, è successo con “lamentare”: m’è venuto to complain, parola che fra l’altro ha il suo certo fascino.

Sembra che le storie riguardo il fascino italiano siano vere. Almeno, non sono così egocentrico da pensare che è tutto merito mio. Ma posso dire che almeno quattro cinque brasiliane e una svizzera e qualche colombiana potrebbero cedere (e alcune lo hanno già fatto) al fascino -seppur decadente- dei miei ricci scuri. Ma nonostante molti mi diedero come unico avviso (suggestion) quello di scopare il più possibile non ce la faccio a ferirle, neanche illuderle. E si spiazza dai sedici anni ai venti sette. Perciò la faccio parte del gay “dai che meglio se restiamo solo amici”. Ad onor del vero da quando sono qui due tre ragazze (girls) m’hanno animato qualche falena nell’intestino (o era farfalla nello stomaco?) ma accidentalmente paiono totalmente disinteressate. E una si trova già a Zurigo.

Tornando a parlare di cose serie ho due novità che riguardano la mia guida qui in Canada. Ho preso la mia cazzo di fottutissima prima multa. La seconda della mia vita. L’ho presa per aver parcheggiato qui: http://g.co/maps/cc5e6. Bene, dovete sapere che quel paletto verde significa qualcosa. Io ho controllato giuro, dopo le 18 il parcheggio è gratuito, così c’era scritto. E poi c’era scritto small cars (macchine piccole). La mia esperienza mi suggerì che perfino un SUV è considerata una “small car” qui in Canada. Dove la mia esperienza ha fallito (e il fallimento mi costerà 20$ se pagherò entro 14 giorni) è che la mia Ford Fusion è una macchina piccola solo se la scritta in questione è stampata sull’asfalto. Ma se la stessa identica scritta è riportata su un paletto (e se questo è verde ma non blu né giallo) la mia Fusion è un camion, non è più buona. E il bello che mi facevo pure il figo che nessuno aveva avuto il coraggio di parcheggiare lì, che solo io ero sperto nel far fittare (entrare) la mia macchina in quello spazio così angusto. Domani vado a pagare ‘sta multa, ma primo proverò la tattica del turista italiano: I noT spicK inglisciu veri uell, uot Tis minZ?

In questo momento sono senza copertura medica. Questo vuol dire che se avessi un serio incidente con la macchina i medici canadesi mi salverebbero la vita per poi stroncarmela presentandomi la parcella. Ho inviato ad inizi dicembre l’applicazione per aver la copertura medica governativa e ho telefonato qualche giorno fa alla tipa del customer service. Dice che ancora non ne sanno niente, devo chiamare questa settimana e in caso negativo re-inviare il modulo.

Oggi prima nevicata a Victoria. Il meteo (forecast) prevedeva il vento più freddo degli ultimi trent’anni. Questo perché qui ci sono delle ondate di fenomeni climatici chiamate El-Nino (leggesi el-nigno) e El-Nina.
Ma si è invece rivelato uno dei più miti. In una città chiamata Edmonton, capitale della provincia a fianco alla nostra famosa per il gioco Risiko, si è registrata una temperatura superiore di ben 20° celsius alla norma. Come se a Victoria, BC ci fossero 18° in pieno inverno.
Ma si sa, l’inverno deve fare il suo dovere e oggi ha spolverato un po’ di neve che ha reso le brasiliane incredibilmente ancor più pazze. E già tutta sciolta ma secondo ciò che google – meteo suggerisce prossima settimana dovrebbe nevicare ancora di più e per più giorni.

Si vede che dovrò guardarmi le spalle (leggasi metaforicamente) dalle brasiliane.

Neve filata

Di come ti hanno “salvato” il Natale con Skype e cavolfiori

Ero così pronto a scrivere un post sul falso stile di questo, su quanto ipocrita possa essere la gente quando il natale s’avvicina e su quanto io sia infastidito dalla libertà che il natale mi priva di essere triste, solo e incazzato. Badate bene, non ho particolari interessi a essere triste e incazzato (e infatti il Canadox mi sta guarendo) ma appartengo a quel genere di individui che amano la possibilità di essere tristi per poi non sceglierla. E a Natale le convenzioni sociali te lo proibiscono. E forse sarà per il mio spirito ribelle che sussulta quando vede il fiume di tradizioni pieno di natanti, felici di farsi trascinare a valle. Fatto sta che stavo per scrivere un posto intitolato “Buon Natale un cazzo” dato che più della metà dei blog che seguo hanno redatto un posto intitolato “Buon Natale”. Volevo essere pungente e un po’ blasfemo seguendo quella teoria che soltanto scuotendo con molta forza un albero è possibile far cadere i resistenti frutti della routine. Mi sono messo a citare frasi di Ebenezer Scrooge, il tipo che odiava il natale. Nella finzione della fiaba arrivarono tre spiriti e il tipo cambiò idea e iniziò anch’egli a percepire l’atmosfera natalizia (che per quanto mi riguarda significa: scacci, pastizza e baccalà!).
Anche nella mia realtà qualcosa mi ha fatto cambiare idea e quindi son qui a scrivere qualcosa di più moderato, il titolo non conterrà parolacce (ma comunque gli auguri non ve li faccio, tiè!).
E’ successo questo:

I tre spiriti

Quello al centro è mio nonno. Quel nonno che se vuoi vederlo devi farti 14 chilometri di cui 3 di strada non asfaltata a cui a stento può passare una macchina: e una volta arrivata ti aspetta con dei lavoretti da campagna da fare. Quel nonno che avrà detto si e no otto parole in un’ora e mezza di video chiamata, ma lo puoi vedere chiaramente che sta passando un felice momento. Ed è merito mio.
E poi  quello a sinistra è mio fratello. Lo si riconosce dai vestiti che orgogliosamente veste. Anche lui sta passando un felice momento, poggia una spalla su quello del nonno in una fantastica continuità di tradizioni e di sangue familiare che mi mette i brividi. Quel ragazzo a destra è uno dei miei cugini e anche se si sta mangiando le unghie lo vedi che ride sotto il baffo.
Io mica me lo aspettavo che mio nonno, mia nonna, mia madre e mio padre, mio fratello, una zia (che l’altra si scuddau a cù appatteni) e qualche cugino si ritrovassero tutti di fronte a una webcam che implica il dover stare in una stessa stanza con le gambe sotto lo stesso tavolo. Cose che se mi trovavo in Terronia non sarebbero probabilmente accadute. Ma si sa, il Canadox è un farmaco ad ampio spettro.
E così mi sono immerso pure io un poco nella ipocrisia del natale e questo – se voglio conservare un minimo di coerenza – mi vieta di spiegare dettagliatamente (almeno per quest’anno) perché a me le feste comandate non piacciono.
Ieri sera poi si è recuperata la tradizione siciliana e si è fatto la famosa cena all’italo-siculo-canadese. E incredibilmente ho sorriso spontaneamente, immergendomi un pochino in quella ilare serata che la vigilia di natale impone. Bello sto aggettivo, ilare, no?

Dio esiste e si chiama pastizzu chè ciurietti

Voglio ringraziare quella gente che mi ha fatto sentire a casa e in famiglia quando mi trovo a diecimila chilometri da casa e a nove ore indietro dalla mia famiglia. Voglio ringraziare dulietta che ha trovato un po’ di tempo per me (o io ho trovato il tempo per lei?), voglio ringraziare Sergio che non m’ha augurato “Buon Natale” e per questo lo apprezzo più di ogni altra persona. Voglio ringraziare la mamma che ha permesso l’inizio del capovolgimento emotivo del mio natale e voglio ringraziare chi si è fatto i fatti suoi senza inondarmi di messaggi e minchiate caratteristiche del Natale (ma Capodanno sta arrivando, minchia!).
Infine ringrazio chi ha preparato, cucinato e servito il ben di dio che potete vedere qui sopra. Senza scordarci che io ho girato la manovella del macchinario che metteva la salsiccia nel budello e che ho tagliato con precisione e accuratezza il formaggio che è condimento delle focacce col pomodoro. Miiiiiinchia!

E’ già Pasqua alla 244/2 ( o forse /1…)

La pasqua quest’anno anticipa. La pasqua quest’anno arriva con le poste italiane. La pasta anche quest’anno è un evento di immensa gioia, di quelli che sai che sono belli belli bellissimi. E poi però saranno ancora più belli. Non mi sognerei mai di paragonare l’estate di un anno fa a quella di quest’anno. Le cose cambiano, le persone cambiano, tutto cambia. Come il mio orologio, per quanto monotono possa sembrare il suo lavoro, non si trova mai in una situazione precedentemente affrontata. Come bagnarsi nell’acqua di un fiume che scorre, ma questa l’ha già detta qualcun’altro e allora io faccio finta di niente.
E’ arrivato il pacco, quello che avevo richiesto. E tutta la mia pasqua sta lì dentro. C’ho trovato quel che cercavo ma le quantità sono stratosferiche. Insieme alle decine di litri d’acqua adesso ho anche il cibo per restare rinchiuso in casa per mesi.
C’era anche qualcosa che non avevo richiesto ed è stato come quando si conosce una nuova persona. Ci sta fuori tutta quella carta e scotch (particolare importante: ho squarciato tutto con un coltellaccio): bisogna riuscire a guardar dentro se si vuole davvero scoprire quanto potrà essere importante. Una volta eliminate le ovvie barriere di protezione trovi ancora carta da imballaggio. L’attesa è snervante e appena vedi il suo cuore inizi a sorridere. E poi più vai in fondo più scopri cose nuove, che non pensavo potessero esserci. E invece sono lì in attesa che tu li colga. E li mangi. Ho trovato di tutto, pastieri mandorle 2kg di biscotti fini cioccolata cobaita torrone nutella vape integratori piselli verdi ‘mpanatiddghi  noccioline savoiardi pane di casa due profumi diversi deodoranti ciunghe salatini arance cedri limoni chili di grana padano (che per inciso o mia Duli in Sicilia costa meno di 10€/kg). Perfino un giubbotto c’era in mezzo a questa roba.
Non merito che meno della metà della roba che c’è lì dentro. Tutta questa fiducia riposta sul mio capo ritengo sia eccessiva. Mangerò tutto di gusto, offrirò qualcosa agli altri ma io m’ingozzerò finché la mia pancia non mi farà male. Il fatto stesso che quelle cose siano state comprate vicino casa mia rende tutto favoloso, di un profumo maestoso, di un gusto paradisiaco. Sarò felice una pasqua…
E poi ci lamentiamo se ci dicono terroni, casa mia è l’emblema della Terronia. Arance, cedri e cioccolato modicano. E poi strani biscotti con la carne e carne messa dentro a una rosa fatta di pasta dei biscotti. 
E io mi trovo in mezzo a loro, loro che festosi mi diranno sottovoce mangia lè.
Come posso dir di no? 
Un attimo prima…
…e quello dopo.
I famosi pastieri, due stanno già dentro di me…
Oggetti di varia natura. Vediamo di non dare il Sustenium alle zanzare e bersi il vape

…cosa c’è? Ancora nutella?
Che vita sarebbe senza…
Mi ammalerò lo so, mi ammalerò!
Valli a ordinare poi… 
Confronto fra la dimensione della Pasqua e la mia mano
Fortuna che peso 64kg…

Il pacco di pasqua [Aggiornato al 14 Aprile]

Questo post è per la mamma che mi deve spedire il pacco di pasqua.
Cose che vorrei trovare dentro il pacco:

  • Mandorle tostate. C’ho voglia di mandorle tostate, qua se ne trovano ma in sacchetti piccoli piccoli e cari cari;
  • Quattro-Cinque tavole di cioccolato modicano per me, che li ho finiti;
  • Poi un’altra cosa: avevo promesso a una signora della mensa che le avrei portato qualcosa. Mò scuddai, potresti metterci un pacchettino di ‘mpanatiddghi o di torroni o di cioccolata? Di qualsiasi cosa, ma ‘na cosa che costa poco.
  • Biscotti. Attenzione però: non i Mellin nè i Pan di stelle. Vorrei quei biscotti che non si trovano qua (per esempio hai presente quella specie di squisiti ma più fini?), e che durano tanto. Gli ‘mpanatiddghi sono graditi ma solo se non ti costa troppo tempo prepararli. Nun mi mannari i mustazzola cà nun mi piaciunu, sui tipi ci concordiamo per telefono…meglio và…;
  • Due pani di casa mandali. Di quelli di Scicli, così anche se passano 3-4 giorni prima che arriva il pacco non diventano troppo duri (ma la signora del forno il pane lo fa cò cruscenti?);
  • Vedi se quello delle lentine ti dice che riesce a dartele prima di venerdì: in caso di risposta positiva vorrei un pacco di giornaliere, in caso negativo le compro qua a Milano; 
  • Il passaporto. Non so quanto sia sicuro spedirlo con le poste, ma forse potrebbe servirmi al consolato. Quindi mandalo, in caso il pacco lo assicurate;
  • Ti ricordi quello sciroppo di..che era limone? Quello che facevi nella casa vecchia e che doveva essere diluito? Si può mandare o si fa brutto?
  • Ah, nel mio armadio ci dovrebbe essere un giubbotto estivo blu. Non quello di Navigare, un altro: lo riconosci perché ha la cerniera rotta ma tanto ci sono i bottoni e si ciuri ‘u stissu;
  • Solo se ti ricordi com’è fatto: le piastrine del Vape. In fondo c’è la diapositiva ad ogni modo;
  • Se ne hai la possibilità, mi compri un profumo di quelli tarocchi al mercato? Deve essere tintu, profumato e cà costa picca;
  • Gli integratori. Vedi che dice il dottore, in caso prendi quelli che m’ha dato papà quest’estate.
  • Formaggio di quello economico ma che assomiglia al grana padano.
Se mi viene qualcos’altro in mente lo scrivo qua. Grazie.

Ed è così che sono in cerca di una casa

Sono un emigrante. Adesso è ufficiale, c’è scritto in questo coso che conta cinquanta pagine e costa quasi cento dollaroni. Ma come per l’età che non ha bisogno di una carta per certificarla così questa mia condizione non necessita di un passa(aereo?)porto per essere autentica, di questo colore orrendo poi.
Me ne sono accorto quando sono tornato a casa, da Milano. Casa. Che concetto strano. Casa è il posto in cui hai vissuto per più tempo o è casa dove ti trovi meglio? E’ il posto dove vivono i tuoi genitori o è quel posto in cui sei più comodo a dormire e a fare la cacca? Perché casa mia non so più qual è, questi criteri se applicati forzatamente sono inadeguati per decidermi.
Sono felice ogni volta che torno, ovvio, anche il vecchio di Como che ho incontrato sul bus terminal-aereo era euforico alla sola idea di vivere in Sicilia anche solo per qualche giorno: e io qua, in questo paradiso italiano, ci sono cresciuto e vissuto per quasi vent’anni. Ma casa è un posto bello? O è forse un posto spazioso e luminoso?
Perché dopo l’inevitabile felicità iniziale, sono iniziate a mancarmi alcune comodità che soltanto la mia due.quattro.quattro, la casa di Milano, mi fornisce. Qua a casa mia è tutto diverso, ma come può essere una cosa diversa se sei già a casa tua? Diverso da cosa? Qual’è la mia casa, ditemelo voi, io non lo so. La mia mamma e mio fratello non sono una casa, altrimenti sarebbero loro la mia casa. E a quel punto sarebbe molto facile traslocare, perché basterebbe fare un biglietto per tre persone. Ma la casa è un posto, fatto di cemento o anche di legno. E’ un posto che non si sposta, è quel posto che fai sempre fatica ad accettarlo ma che poi farà un’impronta nei tuoi ricordi e ogni volta che la lascerai, anche se per qualche giorno, lei te lo rinfaccerà lei lo ricorderà e tu piangerai la sua lontananza. Ma quando torni casa è lì aperta per te, come se non te ne fossi mai andato. Casa potrebbe essere una fidanzata fedele, un po’ gelosa e capricciosa, ma fedele.
E io, io non posso essere poliga(casa)mo. Di casa se ne ha una per volta, con i relativi tempi di guardia. 
Oggi ho chiamato lo zio Joe, hello joe, i’m gio..ele. joe? Joe, lo zio dell’America.
Manca poco e cambierò di nuovo casa. E quella Milano di merda, quella Milano che qualche volta piove e c’è tanto freddo, quella Milano un poco mi mancherà. Diecimila chilometri un mare e un oceano sono così tanti che anche la “vicina” Milano mi mancherà. E il mio pensionato, un po’ perfino la mia casa degli ultimi tre anni mi mancherà. Che strano, è tre anni che dico che tutti questi posti fanno schifo.
Conosco una vecchia amica che è felice di non avere casa, di viaggiare il mondo come fosse una trottola. Così io penso di lei. Come si può scegliere di non sognare una casa? E’ bello il viaggiare l’esplorare il mondo e il conoscere nuovi mondi di idee, ma io ho bisogno di pensare che in qualche parte del mio futuro ci sarà una casa ben ancorata al suolo e sempre quella sarà la mia casa. Non riesco a sognare di fare del viaggio la mia casa, io quando viaggio sono esterefattamente strano. Vedere luoghi che potresti non rivedere mai più mi rendono malinconico, che è soltanto una tristezza un po’ divertente. Chissà quando dovrò tornare in Italia se sarò triste di lasciare la mia nuova casa, chissà dove sarà la mia casa ben ancorata.
Forse sono nato per partire via. Non so se è perché sono del meridione, perché sono italiano o perché sono semplicemente Gioele. Ma quand’ero nell’era pre-polimi io se ero triste andavo via da casa, e adesso nell’era odierna è un continuo partire, un continuo sognar progetti di partenze. E in tutto questo, dicevo, mi sono scordato dov’è la mia vera casa, che senza ancore è pericoloso partire per l’oceano.
Ed è così che sono in cerca di una casa.

Sia dato un array bidimensionale…

Questo è un super-post, mille cose da scrivere che ho tutte appuntate. Prima cosa, è necessario aver letto questo post qui (http://gas12n.blogspot.com/2011/02/verso-il-paese-immaginario.html) per capire tutti i nessi di questo intervento qui. E comunque questo sarà un post luuuungo lunghissimo.

E’ finito il semestre. E’ una liberazione di cui però non mi sono ancora reso conto. Sarà che ho la testa che scoppia ma pian piano sono sicuro che la leggerezza della ritrovata libertà tornerà a farsi sentire. Non possiamo definirlo il mio miglior semestre, ma sono sicuro che ho fatto altri passi avanti verso la mia laurea breve. Breve è soltanto un altro nome per dire insignificante. Fatto sta che devo passare da qua, e ci sto passando il prima possibile. Proprio oggi ho fatto il mio ultimo esame, Reti Logiche. Ho fatto qualche errore che certificano l’autenticità, diciamo che la mia firma è già il primo errore: sono comunque molto soddisfatto della prova complessiva. Tanto per provare, copio un esercizio dell’esame del 25febbraio. Il corso si chiama “Algoritmi e principi dell’informatica”. Principi non sta per cose iniziali quindi semplici. A dire il vero ho il sospetto che sia l’ennesima illusione del politecnico: viene ritenuto ad ogni modo insieme a Fisica il corso più difficile della triennale. Ecco il testo:

Sia dato un array bidimensionale A di m righe ed n colonne. Supponendo che ciascuna riga sia ordinata in ordine crescente descrivere un algoritmo che riunisce le m righe di A in un’unico array ordinato B di n*m elementi. L’algoritmo deve richiedere tempo O(nm log m).(Suggerimento: mantenere il primo elemento non ancora copiato in B di ciascuna riga in un heap H di m elementi).

Un array bidimensionale è una matrice, una sorta di scacchiera con emme righe ed enne colonne. Bisogna inventarsi un algoritmo che richiede come tempo massimo (il tempo è strettamente collegato al numero di mosse che si fanno per ordinare gli elementi e metterli nell’array monodimensionale, che invece sarebbe una lunga sequenza di caratteri) nm*log(m).
Il suggerimento aiutava un po’ ma vi assicuro che non era affatto semplice. Io ho trovato un algoritmo(=sequenza di passi eseguibili con una benda sugli occhi) che lo risolve in O (nm*log(nm)). Sembra essere buono, quasi uguale. Invece è una ciofeca, è una soluzione ritenuta banale e sarò fortunato se mi daranno 4-5 punti sui 10 circa che valeva l’esercizio. Gli altri due esercizi del compito di sicuro non miglioravano, perciò scusate se quando vado in giro mi riempo la bocca dicendo I N G E G N E R I A. Ogni facoltà ha la sua importanza, senza dubbio, ma non iniziate a dire che sono tutti difficili uguali. Neanche sono difficili ma in una maniera diversa mi sa di una frittata rigirata. Ci sono facoltà più difficili e altre meno difficili: ed ingegneria è più difficile. Quando farò Scienza del fiore forse dirò che sarà quello il corso più difficile, che sti cazzi, mica è facile far girare un girasole…per adesso faccio ingegneria informatica.

Ecco, questo sono io. Commento alla mia foto. Innanzitutto la mia faccia è a colori, ma Sergio (qui potete vedere il suo canale su flickr), l’uomo che ha ritoccato questo bel visino adotta spesso il b&n.
La barba sembra meno lunga in foto, in realtà il baffo sta iniziando a darmi fastidio e a volte mi rantolo grattandomi il viso. Io la barba l’ho sempre tenuta corta. Una volta la tagliavo con la lametta due volte alla settimana, perché mamma mi diceva che altrimenti sarei sembrato disordinato. Poi mi dissero che la barba poteva essere una cosa bella, cioè che mi stava bene la barbetta. E allora mi dissi che era un buon pretesto per evitare questa scocciatura, perciò ora mi limito a spuntarla col rasoio elettrico una volta a settimana. Tania, la signora della mensa, dice che sembro un barbone: di quelli che vagabondano per strada, si capisce. Il portiere ragusano della residenza dice che devo fare la comparsa in un film, per questo c’ho la barba lunga. In realtà è come dicevo nel post precedente, frutto di scaramanzia. Anche se oggi in segreteria ci hanno scambiato per dei ragazzi in erasmus, ce l’ho la faccia da spagnolo o no?
Il mio nasino sembra storto, e lui non lo è. Però sembra nella foto effettivamente. E poi è così strano vedersi così da vicino. Le mie cicatrici sembrano ancora più profonde, ma ho superato la fase della vergogna. Adesso sono quasi un vanto, mi danno l’aria del tipo dall’adolescenza burrascosa. Lo è stata del resto. Si vede pure il piccolo neo sul labbro, sembro uno importante solo per quel neo. E poi sotto l’occhio sinistro c’è la fossetta dovuta alla caduta in bici, che testimonia che oltre all’adolescenza anche la mia infanzia non è stata esente da “infortuni”.
Chissà cosa starò facendo quando rivedrò questa foto, cosa mi ricorderà rivederla dopo anni e cosa dirà mia figlia quando vedrà questa foto dentro una cornice in una mensola polverosa di una vecchia libreria. Come dici duli, le racconterò un’altra lunga storia. Di quella volta che ero amico con uno che si chiamava forse Sergio, di quando vivevo a Milano e c’era sempre freddo, di quando vivevo in una stanza che mi sembrava un’intera casa. Di tanto le parlerò, sono un chiacchierone infatti.

G: fratello
G: nn funziona la somma in binario
G: sto pensando a quanto si è felice da ziti..
G: nn m sembra un pensiero attinente all’aritemica
S: compare io qua non ti posso dire che non è vero
S: ma si può essere felici da ziti così come da single
G: lo sai con me che da ziti è n’altra cosa
S: la felicità non risiede necessariamente nello stare insieme
G: si può andare a 50 anche di prima
G: ma in seconda è tutta n’altra cosa
S: tutto è relativo, bro. Tutto è relativo!
G: il più piccolo si adegua al più grande con l’esponente no?
S: se
S: anche quando si è ziti

Questo è una normale discussione in periodo d’esame. Passato, ricordi, e presente: esame imminente! Capita così che si mischiano i discorsi e talvolta si fanno ragionamenti del tutto spettacolari intrecciando il presente e il futuro.
Io adesso sono appena tornato da casa di Sergio. Sono andato lì proprio per prendere un libro che leggerò domani, nel lungo viaggio che mi riporterà in Sicilia. Ho finito il libro sui numeri primi, gran bel libro. Per tante cose, alcune le ho scritte qua. Adesso tocca iniziare questo libro che Sergio dice che è bellissimo. Inizia così:

Tu mi ricordi una poesia che non riesco
a ricordare una canzone che non è mai esistita
e un posto in cui non devo essere mai stato.

Beh l’inizio non è promettente, io mi ricordo di molte cose. Sono molto abile a ricordare le cose del passato, sarà questo il mio problema? Lo scoprirò solo leggendo.
Io adesso devo andare a togliermi questa barba, sennò domani al metal detector mi fanno levare pure le mutande. La valigia è già stata fatta, l’umore è abbastanza positivo anche se continuo a percorrere le mie strade di prima, Khadir non è ancora rientrato dal suo viaggio a Valencia e sto ascoltando Mistero in tv. Mi godo questi attimi, che ne so che domani l’aereo fa crac e domani tutti voi piangerete leggendo questo intervento. Però sono o non sono stato un bravo ragazzo?

Le lacrime di un uomo

Oggi è un giorno assolutamente da festeggiare. Il miglior giorno di questo 2011, il miglior giorno da molto tempo a dire il vero. Le lacrime di questo giorno sono della stessa natura di quelle del lontano 26 agosto, su un letto con delle rose affilate lo ricordo come fosse ora. Tante cose sono differenti da quel giorno ma le mie lacrime sono rimaste identiche. Stavolta come allora non c’è stato uomo in me. Due sani lacrimoni e pure le tirate di naso comprese nel prezzo. E le risate. Dopo la presenza improvvisa di un letto quando hai sonno, di un cesso quando hai bisogno e di una bottiglia d’acqua quando hai sete, nella top list delle cose più belle del momento le lacrime condite con risa si conquistano la loro porca(!) posizione.
Ma io sono un uomo, tutto questo non è mai successo. Un uomo non piange e se piange è solo un sogno (o era solo per amore?). Macché sogno!