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Ora, né prima né dopo

I understand how in this post I may not sound in full control of my mental abilities. The last person I have been with one day asked me if I was ever diagnosed with any attention disorder or speech difficulty. If I really had to have a disability I’d pick a damn good one, not any distracion-disease kind of thing. Anyway, being a good engineer I haven’t fully ditched the possibility of being medically insane.

Ho trovato nel mio vecchio grigio nokia delle note che scrissi fra il 2007 e il 2009. Prima e durante gli anni universitari, gli ultimi anni tra i più difficili che ho mai vissuto. Li riporto qua, senza filtri.

29 settembre 2007
Il disgusto, il suo “modo”. Ho la nausea.

30 settembre 2007
Preferirei essere una schifosa e fugace blatta che un uomo sconfitto in amore.
Preferirei essere vinto da una uomo con una spada che da una donna con una emozione.
Eppure continuo a vivere sconfitte inevitabili, gioie offuscate. Il dolore e l’amore necessitano ore e ore per potersi affermare con costanza. Tremendo!

10 Ottobre 2007
Non lo tollero. Sono triste anche quando c’è il sole. E piango insieme alla pioggia. Davvero triste

24 Ottobre 2007
Se non avrò riflettuto sulla caduta di una piuma mi uccideranno.

24 Ottobre 2007
La felicità è quell’istante in cui sogno e realtà coincidono.

26 Novembre 2007
Qualsiasi bomba prima di esplodere ha la pazienza di aspettare il momento opportuno.

04 Dicembre 2007
Non ho usato un bastone per imparare a camminare

30 Dicembre 2007
Gli uomini con la tristezza in cuore sono troppo pesanti affinché questo mondo li regga a lungo

30 Dicembre 2007
E’ più facile fermare una cascata che una triste lacrima. Ti riga il volto scalfendolo.

12 Gennaio 2008
X25S5R

13 Gennaio 2008
Perché piangere per la mia vita miserabile. E’ la sola che ho. Pertanto la sola che vorrei avere.

14 Gennaio 2008
Vi sono innumerevoli quantità di diversità. Esplorarle è un istinto, danzarle fino allo sfinimento una saggezza.

14 Gennaio 2008
Un cerchio impenetrabile da qualsiasi membro esterno ad esso. Qualora si riuscisse a penetrare si corre incontro a due diversi rischi: distruggere l’armonia o, cosa ben peggiore, venirne incatenato divenendo parte necessaria e inscindibile

17 Aprile 2008
Beh ci sono abituato a esser scaricato da una all’altra parte, da chi non ti vuole a chi neanche si è accorto che esisto. Non è difficile trovare l’equilibrio, il più è mantenerlo. Il freddo di Monaco ha gelato i restanti pensieri.

13 Settembre 2008
Quando le giornate smetteranno di essere sempre nuove e piene di scoperte, quando la pioggia diventerà un’abitudine triste e non necessario momenti di riflessione, quando la gente sarà caos e non più “nuove opportunità”…Allora avrò nostalgia di casa, della mia casa.

25 Settembre 2008
Sei accanto a me, in un paese freddo, da circa 3 ore. Tanto dura il tuo sonno. Non so calcolare quanto tempo ho speso a guardarti…Non sono secondi o minuti…Sono emozioni e sentimenti…e questi non conoscono orologio che li misuri…Hai un’aria rilassata, un naso raffinato, delle labbra sottili…Quanto darei perché tu adesso potresti guardarti dall’esterno, coi miei occhi!

27 Settembre 2008
Si sono spenti…Come torce quando c’è troppo vento…I tuoi occhi non sono più neri, non ti trafiggono più come un tempo. Non sempre tutto va per il meglio: ma domani il vento cesserà, e il fuoco tornerà a brillare. Nei tuoi occhi.

27 Ottobre 2008
Su quell’hamburger di carne di seconda scelta solo un po’ di maionese poteva camuffarne l’odore. Ma costava 1.99€.
Decisamente troppo.

05 Novembre 2008
Si avvicinò un vecchio e sussurrò: “mi può prendere quella cosa…su quello scaffale…”.
Poi aggiunse: “Cosa vuol dir diventar vecchio…”.
Si scusò.
Si voltò e scomparì.

24 Marzo 2009
Vado in palestra. Milano. La desidero per me. In realtà mi sono invaghito di una filosofa. Credo sia quella che cerco da un po’ di tempo e che ho ritenuto d’averla scovata un paio di volte. Nulla è casuale. O forse no. Forse lei ha ritenuto me quello giusto, ma questa è solo un’impressione.
Verificherò il modello immaginatomi.
Sarebbe veramente la botta di vita, anche se già prevedo centinaia di impervie.

8 Aprile 2009
I segreti dilaniano il destino. E se sono stati pronunciati da donne lo insultano, lo frustano, lo stuprano.
E ammazzano la monotonia.

10 Maggio 2009
Il mio modello era scoglionato. Diciamo pure che le impervie ci sono tutte. Ora dovrò alzare le maniche e ergermi ritto:
inizia la scalata..

30 Giugno 2009
Privatemi del cibo per un mese intero, mandatemi in un deserto senz’acqua, fatemi lavorare di giorno e rinunciare al sonno la notte. Picchiatemi frustatemi e umiliatemi. Ma se avrò una donna al mio fianco -una donna da amare- io non mi lamenterò.

20 Luglio 2009
Se morissi ora, né prima né dopo, sarei soddisfatto di ciò che sono stato, di ciò che ho sognato, di tutte le mie sconfitte.
Ora, né prima né dopo.

Post Vecchio: Dopo i 20 anni è tutta in discesa

Questo post sarà noioso. C’ho da scrivere per necessità ma è da qualche giorno che mi sento vuoto di contenuti.   Ho trovato un blog spettacolare, questa immagine l’ho presa da lì.

icanread.tumblr.com

Quando ho scritto le prime due righe di questo post volevo farvi il resoconto della mia giornata che è stata alquanto strana. Ma poi mi sono accorto che non avevo le cuffie e sono andate a cercarle. La ricerca è durata 5 minuti e anche se i tempi di lettura sono immediati queste parole sono state scritte dopo circa 6-7 minuti dalle prime del post. Nel frattempo ho cambiato idea su cosa scrivere e mi perdonerete se ritengo che il post che sto per scrivere sarà un post interessante. Fra l’altro non ho idea del perché parlo come se mi stessi rivolgendo a un pubblico vasto. Sarà perché da pochi giorni i “seguitori” delle mie minciati sono diventati quattro, numero stratosferico per gli standard del mio piccolo spazio.
In questo post vi racconto una brutta di un tema per un compito in classe. Anno scolastico 2005-2006, così ha appuntato mia madre a matita per ricordarlo. Vi avverto per chi è poco sensibile: la traccia era sull’arte dell’amore.

Traccia
L’arte dell’amore, osserva From, consiste nel dare liberamente senza interessi, è un atto creativo, dinamico e stimolante esente da qualunque egoismo. Chi non ama se stesso non può amar neppure gli altri ed è condannato ad una frustrata felicità.

Chi sia sto From non ne ho la più pallida idea, scriverò il tutto senza correggere nessun errore scrivendo anche le parti scritte e poi cancellate. Correggere il tutto sarebbe come distillare l’acqua di una sorgente, una minchiata appunto.

Svolgimento
Amare se stessi è l’inizio di un idillio che dura tutta una vita”. Così scriveva Oscar Wilde. Talvolta penso che veniamo al mondo soltanto per amare. Fin dagli inizi della nostra vita amiamo. Forse Amiamo Amiamo la mamma e il papà. Così si comincia ad amare. Crescendo si capisce che si può amare anche qualcun’altro, qualcuno che non sia un parente, qualcuno che mai si è visto prima, si può certamente amare qualcuno. Passato il primo decennio di vita si capisce quanto sia incontrollabile l’amore colle sue virtù e colle sue mancanze. Passato il secondo decennio talvolta l’amore viene confuso, sfruttato, si abusa nell’amore. Ma farà parte anche ciò del nostro amore. Dopo i 20 anni è tutta in discesa Amare. Solo amare. Ci vuole poco per innamorarsi, moltissimo per farsi amare. L’amore ti trasforma, ti traina, ti comanda. Mai qualcuno riuscirà a fermarlo. E’ nella natura dell’uomo amare. Spesso si ama per cercare la completezza nell’essere. Si ama un altra persona. Spesso non accade il contrario. Sempre ci sono ostacoli da saltare, da superare, da scavalcare. Sempre si deve sopportare, soffrire, penare. Un critico comico dice “E’ nella natura dell’uomo amare chi ti detesta e detestare chi ti ama”. Sembra una menzogna, una non può corrispondere alla realtà, tuttavia io penso che sia una non-bugia. [Si gira il foglio di bloc-notes]
Da questa frase si capisce quanto l’amore sia crudele. Si prende gioco di noi, ci umilia, ci fa felici ma sono sicuro che non si resta felici nell’amare un essere umano. Purtroppo l’amore è tutta la felicità che questo mondo ci può donare. Bisogna saper interpretare, L’unico amore sicuro di cui ti puoi sempre fidare è l’amore di se stessi. Sai che mai ti tradirai, mai ti potrai ingannare, non esiste la mancanza di fiducia. Tu e il resto. Tu. Pensa a te stesso che qualcuno prima o poi ti cercherà. E se non ti cercherà nessuno non ti sarai amato abbastanza. Mi viene spontaneo amare. Non amo per essere amato. Amo basta. Non so perché amo, ma so che non mi interessa. Amo. Amo il “mio” mondo, la mia vita forse amo anche qualche altro mondo. Il mondo degli altri. Pieno di incertezze, di pericoli. Ma è un mondo nuovo. Mai esplorato e pieno di ricchezze. Sempre si amerò. L’amore per se stessi è sicuro che dura tutta una vita, l’amore verso gli altri si spera. Purtroppo l’amore porterà anche odio. Odio e Amore camminano in braccetto. Sono come il sole e la luna. Mai insieme. Uno leva il posto all’altro. Da sempre funziona così. Mai amore e odio potranno incontrarsi insieme. Sono due sentimenti troppo forti per convivere insieme in una sola persona. Prima viene l’amore poi l’odio. Potrà accadere anche il contrario ma dovremo sempre ricordarci che al buio seguirà necessariamente la luce. C’è da esaltarsi nei periodi bui. La lu Un nato Così è l’amore. Dopo l’amore ci sarà l’odio a cui seguirà nuovamente l’amore. E’ un processo che dura da sempre. Non si può arrestare. Difatti Un noto proverbio siciliano afferma che l’amore è come un cetriolo: inizia dolce la prima parte è dolce, verso la fine è amaro. Godi del tuo stato ovunque tu sia. Se stai amando sei felice. Se stai odiando felice lo sarai. Forse è questo l’unico vantaggio nell’amore…

Adesso, mentre trascrivo il post.
Il muro, profezia numero uno.
 

Già che ci siamo in questo post inauguriamo la nuova rubrica BNG: Buona notizia del giorno.
BNG: ho richiesto in tribunale la visura del casellario giudiziale per via del visto. Risulto avere la fedina penale (e civica) pulita che, per chi mi conosce un poco, non è una cosa scontatissima.

 

Post risalente al 6 maggio 2011 (http://www.minciati.eu/2011/05/dopo-i-20-anni-e-tutta-in-discesa/). Riletto a causa di un lettore che lo ha trovato cercando su google “dopo i 20 anni in discesa”. Mi domando che volesse trovare

“Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano)”

Ieri notte mentre cercavo di trovare il sonno, ancora turbato dai miei recenti incubi, mi è giunto in mente uno dei sogni più terrificanti della mia infanzia. Ricordo chiaramente che Mattia non c’era ancora, quindi si parla degli anni precedenti al ’95. Dormivo già nella mia stanzetta ma facilmente mi trovavo a concludere la notte nel lettone, nel mezzo o nel lato della mamma. Insomma questo sogno, mi ricordo che era tremendo al punto che, in un pianto torrenziale, mi diressi verso il lettone. Mi ricordo la mamma che mi chiedeva con insistenza di raccontarle il sogno, io non volevo ma poi gliel’ho detto.
“..c’era un..LEONE che mi ha fatto bruuuuuaaaa“. “…e poi tu, mamma, sei caduta in una griglia, quelle nei marciapiedi”

Quello su cui ragionavo è quali atrocità mi hanno inflitto se adesso il mio peggiore incubo è il grigiore di una cella quando, dall’alto dell’innocenza di un piccolo bimbo, il re della foresta era la cosa più terrificante che potessi immaginarmi?


Last night  while I was trying to fell asleep, still worrying about my recent nightmare, it crossed my mind one of my most terrifying nightmares of my childhood. I clearly remember that Mattia wasn’t born yet, thus we are talking about the years before the ’95. I was already used to sleep in my bedroom but I was easily finishing my nights in my parents’ bed, either on the middle or on my mother’s side. So, this nightmare…I remember it was that scary that, crying my heart out, I moved to my mother’s bed. I remember my mother asking me insistently to tell her my dream, I didn’t want but at the end I told her.
“…there was…a LION, and it screamed to me bruuuuua” “…and then, mammy, you felt down in a grid, the ones in the sidewalks”.

What I was thinking is what kind of atrocities they have been committed to me if now my worst nightmare is the grayness of a cell when, from the top of the little kid’s innocence, the king of the forest was the scariest thing I could have imagine?
[Please tell me if I made mistakes]

Il cammino di Baiano

Lo ammetto questo posto lo sto scrivendo per riempire un ansioso buco di tempo di un’ormai appena ora e mezza. Era tuttavia un intervento che dovevo fare, in canna da giorni. Non si parlerà di Canada (giusto un pochettino) perciò coloro che sono interessati soltanto a quello possono fare marcia indietro.
Anni fa mi piaceva una ragazza. Come spesso è accaduto da queste mie parti le emozioni non erano ricambiate, ma come ancora più spesso è accaduto (sempre da queste parti) la cosa non mi riguardava. Cioè in effetti mi riguardava, ma io non l’avevo capito. E siccome ho sempre tenuto in gran considerazione l’importanza dei gesti (simbolici o meno) mi sono messo a dipingere l’Impresa. Una cosa illegale, infantile, tecnicamente infantile ma impreziosita da dei giochetti da settimana enigmistica. Stupido si ma con originalità. Credo che la spiegazione sia questa: per bilanciare tutto questo slancio di emozioni verso l’esterno ho creduto che una missione suicida in solitaria avrebbe creato un gesto almeno tanto grande da auto-celebrarmi (o auto-coglionarmi) per un po’, per il tempo necessario a ricominciare a dire io continuo ad esistere, guarda cosa sto facendo.
Ecco, detta così sembra una cosa poetica e bellina da raccontare. Ma sapendo ciò di cui sto parlando vi avviso che in realtà come gesti simbolici (con lo scopo sopra descritto) ho sempre fatto delle minchiate. “Divertenti” e un po’ fuori dall’ordinario. Del resto ubriacarsi per dimenticare è già stato fatto da centinaia di essere umani, dovevo fare qualcosa di nuovo. Di innovativo. Una minchiata diversa insomma. Eccone un’altra. Altro stile, altra storia.

 

Se sono qua a scrivere vuol dire che dal cavalcavia non sono caduto. Perché sono tornato indietro. Ma come dico nel video di “tornare indietro” non se ne parla. Esattamente mi trovavo qui:


Vedi mappa più grande

E sarebbero stati soltanto 600 e rotti metri di cavalcavia dico io:

 
Vedi mappa più grande

Beh, adesso che posso guardare su street view come quella strada continua devo dire che sono stato bravo ad immaginare che forse fare un passo indietro sarebbe stata la scelta giusta!
Vedete in questa storia che non sto raccontando (ma che la sto facendo vedere e intuire a pezzi) c’ero io, alla stremata e sfrenata ricerca di tappare qualche buco dai cui, sebbene fosse passato tempo, uscivano ancora emozioni. Ma di dipingere altri muri non se ne parlava. Le esperienze sono belle perché si può decidere di non ripeterle, perché se ne possono avere sempre di nuove e originali. E dopo aver lavorato tutta l’estate avevo il diritto (e i soldi) di fare la prossima esperienza. Il cammino di Baiano lo possiamo chiamare. Fu così che arrivato alla stazione dei treni più vicina invece di prendere a destra presi a sinistra. E c’è da dire che dritto non si poteva andare, praticamente ho avuto sfiga. Quando chiesi al bar come arrivare su per i monti quelli del bar mi dissero che oramai arrivati a quel punto potevo prendere l’altra strada, una strada secondaria della (già) secondaria strada. Praticamente una mulattiera asfaltata con pendenze di 25%. Quelli del bar forse pensavano che avessi una grossa moto o forse un 4×4.

Quando ricevetti la telefonata

Io avevo poco più che una graziella e tanta forza di volontà nei polpacci e nel cervello. Fu una scalata epica, sotto il sole cocente (ebbene sì, ad ottobre il sole non è solo in Sicilia), senza cibo nello stomaco (perché avevo girato a sinistra cazzo!) e pure la Taverna del Sole era chiusa. Fortunatamente ho una buona memoria, fortunatamente là fuori c’è ancora gente disponibile a dare un tozzo di pane agli affamati. Quella giornata è quella che io chiamerei una giornata perfetta: fatica, profonda spensieratezza, raggiungimento degli obiettivi prefissati. E poi vogliamo parlare del panorama, delle bellezze del caratteristico paesaggio? Di seguito una delle amenità riscontrate.


“‘more non dimenticherò mai il tuo budino” [cit. dal Guardrail]

La discesa è stata la parte più eccitante. Un po’ perché preferisco l’alta velocità, un po’ perché dopo quella salitaccia (per giunta avendone fatta di più dopo aver sbagliato strada) quella discesa fu la fine delle sofferenze. La liberazione. E poi si doveva correre che c’era un treno da prendere più di 13 chilometri lontano con 40 minuti rimasti. E il treno avrebbe condotto verso quella sera, graziosamente definita come l’ultima cena. Senza budino è chiaro, ma c’ho pensato lo stesso al dessert :D

 

La vita è come andare in bicicletta: se vuoi stare in equilibrio devi muoverti [Albert Einstein]

L’importanza d’avere due piedi e dieci dita

Piede sinistro
Piede destro

Li vedete questi? Questi sono i miei piedi. Vi fanno schifo? A me no. Mi permettono di correre, saltare di cadere e rialzarmi. Dite che non ve ne importa, che non sono i vostri? E il blog mio è, che facciamo…mettiamo su un concorso per feticisti con i vostri piedi? E poi voglio dire una cosa riguardo i piedi, i miei di piedi.
Effettivamente sono un po’ bruttini, tutti rotti e callosi. Ma è questo il punto. Vedete, io adesso sono in Canada e mi c’hanno portato i miei piedi. Vedete, tocca andare oltre l’interpretazione letterale di quest’ultima frase. Se ho potuto affrontare le spese non indifferenti che si devono sostenere quando vai a vivere dall’altre parte del mondo per otto mesi qualcuno si deve sacrificare (in verità bisogna dire che mi ritrovo essere uno dei più fortunati dato che adesso ho il supporto pieno della mia famiglia). A sacrificarsi sono stati loro, i miei piedi. Che adesso li guardate e gli dite brutti siete! ma quando c’era da fare il loro dovere – correre – lo hanno fatto egregiamente. Correre non per vincere una gara (non in quel senso almeno), correre per guadagnare soldi e speranze che adesso galoppano nelle lande canadesi (e no cazzo, orsi non ce n’è!).
Ogni volta che ne ho avuto il tempo, ogni volta che ne ho avuto l’opportunità i miei piedi erano con me nel lavorare senza sosta. L’ultima vigilia di natale, l’ultimo capodanno, l’ultima estate e fino a qualche giorno prima della partenza i miei piedi hanno onorato il loro compito senza preoccuparsi se sarebbero diventati brutti e rotti (a onore del vero anche i miei piedi hanno patito le pene d’amore e hanno cercato di dimenticare facendo l’unica cosa che sapevano fare: camminando passo dopo passo).

Quest’estate i miei piedi piangevano come mai avevano fatto. Il lavoro che avevo consisteva nel correre da un tavolo ad un altro, nel macinare chilometri sulla spiaggia e nel fermarsi solo quando si scriveva la comanda: dalle 10 alle 12 ore al giorno per 20 giorni, lavorare là dove la gente si ubriacava sudare là dove la gente vomitava l’alcool in eccesso. Ma i miei piedi il loro lavoro lo hanno fatto come due piccole trottole: sono stati egregi e l’intero Canada adesso gli è grato. Purtroppo fuor di dolce racconto loro hanno sofferto assai. Lo sa mia mamma che, mentre io provavo a dormire ormai giorno, continuava a sistemarsi la borsa col ghiaccio sulla pianta dei miei piedi per accelerare il loro ristoro (che -ahimè- risultava insufficiente). Lo so io che guidavo lungo i venti chilometri che separavano la spiaggia dalla mia casa a piedi nudi, che almeno mi facevano meno male. E quanta Lasonil c’ho spalmato e quante scarpe diverse ho provato. E quando la pelle era così consumata che ormai usciva il sangue dalle vene e quando la pelle è iniziata a morire ed erano ancora più indifesi. In quei momenti sapevo che lo stavo facendo per un motivo (anzi due) e non ho mai desiderato realmente di trovarmi in un luogo diverso dal mio posto di lavoro: sotto il sole prima e sotto la luna poi, quel lavoro l’ho scelto senza nessuna forzatura. E i piedi lo sapevano. E’ per questo che dopo tre mesi stanno ancora tentando di guarire da quelle settimane di straordinari, è per questo che s’incazzavano quando la gente si lamentava che non c’era niente da fare in spiaggia, è per questo che sono così orgogliosi di prendersi questo “anno sabbatico”.
Sono sempre loro che m’hanno portato lassù dove ho cercato di ritrovarmi prima d’andarmene, dove ho fatto la mia minciata “che sennò-chi-sono-io-senza?”. Sono loro i miei migliori amici e sono loro l’oggetto della risposta quando una professoressa mi ha chiesto di cosa ho più paura: di perdere l’indipendenza.
I miei piedi, che adesso toccano le Indie con orgoglio e rispetto. E a voi che facevano schifo…

Dove si torna punto e a capo.

Bei tempi…

[…] Quando la vita per un attimo ti sorride, come una donna incontrata per la strada e mai più rivista, quando le foglie cadono dagli alberi e tu sei lì ad ammirarle, quando tutto ciò che ti circonda ignora la tua presenza e tu non fai altro che goderne, quando provano a morderti i tendini e tu stai lì che saltelli con una fune gioendo..ecco, perchè io dovrei continuare a pigiare questi stupidi tasti ?
C’è un mondo là fuori che è marcio, e io porgo saluti e gentilezze ai miei futuri boia preferiti. E io non mi curo dell’attimo, e della pioggia e delle zanzare. Non posso far altro che ringraziare il corso degli eventi, provare a introdurre un elemento magico e illudermi che sia tutto frutto di qualcuno che mi vuole bene.
E guardarmi intorno, e non dover più lottare per ottenere ciò che m’è stato ingiustamente tolto. Non più adesso, adesso che nessuno può togliermi ciò che sta a fianco a me. Nemmeno ingiustamente.

La polo blu – anno I

Oggi non avevo intenzione di scrivere nulla, poi mi sono ricordato di questi due post, li ho apprezzati come li apprezzerebbe un lettore estraneo e allora ho deciso di autocitarmi, in un lancio estremo di presunzione d’autore.

bene bene..non credevo di essere tanto prolifico in questi giorni. beh di cose che dovrei dire (o forse non dire) ne ho in quantità. ma ho deciso che questo sarà un intervento leggero, felice, nessuna riflessione. ci provo quantomeno. ecco.dicevo..ehm..ah si. ecco, purtroppo dobbiamo andare un pò indietro nel tempo per scrivere qualcosa che si trovi velocemente tra i ricordi che affiorano zampillanti nella mia memoria. diciamo d’una decina d’anni indietro ? sisi può andare…
credo che mai nessuno come me abbia avuto un’infanzia…agitata!..ecco, da piccolo (solo da piccolo?) ero un diavolo. una bestia, un tormento, una catastrofe. non bastava mia mamma a fermare le mie pazze pazze genialità, i miei tentativi vani di suicidio, i miei silenzi (il silenzio in un essere come me promette poco di buono) .
non volevo il ciuccio se me lo volevano dare, volevo il ciuccio quando dovevo allontanarmene (piccoli gioeli crescono…). ho avuto un box, quelle piccole e simpatiche gabbie per bambini, dove colorati e felici balocchi tentano di alleviare quella assurda imposizione d’autorità. beh, io l’ho avuto. ma non ci sono mai voluto restare per più di qualche secondo. più precisamente il tempo che mammina impiegava per svoltare l’angolo della cucina e avviarsi nel suo letto per il meritato riposo: svoltato quell’angolo strillavo.Tutti i cassetti erano chiusi con dei nastri. li aprivo e tentavo di assaggiare tutto. qualsiasi cosa. di certo non potevo cercare su google, ma assaggiare è un ottima alternativa.Che fossi diventato quello che sono (vedi primo post, o qualsiasi altro: è indifferente) si sarebbe dovuto capire già da infante..diciamo da qualche ora dopo che son nato.Nell’ospedale in cui sono nato, si soleva far riposare i nascituri in una gabbia a metà fra la culla e l’incubatrice in modo da evitare scongiurate complicazioni (grazie ospedale Arezzi). Mia madre quella giornata di giugno, di caldissimo giugno (verrà ricordato da mia madre come il più caldo giugno dal ’88 ad oggi), riposava dalle fatiche di un parto. io no. col cazzo. avevo esattamente 2 ore. ed ero incazzato. nessuno mi aveva ancora fatto gli auguri di “ora-versario”. e poi m’avevano ingabbiato. cazzo se ero incazzato. e scommetto pure che avevo “a funcia”, quell’espressione che mi caratterizza più di tutte. e così, incurante della mia giovane età, provavo a vedere com’era il mondo(sarei potuto rimanere sconvolto nello scoprire che accanto a me c’erano decine di nascituri uguali a me. dovevo contraddistinguermi). così tentavo di sollevarmi sulle braccia e di alzare il collo. ecco questo i neonato lo fanno verso il primo/secondo mese di vita. perchè dovevo aspettare? In pochi istanti l’unico risultato raggiunto era un nasino arrossato e le ginocchia con il mercuro/cromo: la testa di volta in volta cadeva giù e sbattevo il naso. mi incazzavo e mi dimenavo. e le lenzuola ancora troppo spinose per la mia pelle inesperta mi graffiavano. a quello spettacolo di forza bruta mia nonna, ch’era venuta per ammirare il primogenito della stirpe, restò terrorizzata: chiamò l’infermiere in panico, iniziò a far casino, camminò di qua e di là, e infine andò da mia madre urlando: “maggherita, maggherita arruspiddgiti…tà fidggiu nunnè nommali, nun c’è nommali!!!mariamariamaria,pattrifiddgiuspiritusantu”.
Poi pian piano (dicono che da piccolo ero pure paffutello) son cresciuto ma stare ingabbiato non l’ho mai accettato del tutto.Così quand’ero nel girello, tentavo di sfondare la porta d’ingresso previa rincorsa nel lungo corridoio giallo. dicono che pochi istanti prima dell’impatto alzavo le gambe da terra. e pochi secondi dopo ridevo come un matto.Ad ora dei pasti, nel seggiolone, ero sfinito dai miei tentativi di evasione. e così m’appoggiavo su di una spalla. e dormivo. ma non rinunciavo di certo ad aprire la bocca e a masticare ciò che mammina gentilmente mi imboccava. (per i miscredenti ho le foto di me che mangio dormendo, nell’album di famiglia).Quando finalmente mi lasciavano libero, finalmente libero, nel lettone con le lenzuola color celeste mi raccontano che tentavo di nuotare. Nuotare, camminare, saltare. essere felici. ridevo sempre, e quando non lo facevo bastava che mà mi soffiasse sul pancino e producesse quel rumore simile a una pernacchia. e ridevo. e ridevo.
Ma fin qui non c’è ancora niente, o quasi, che possa far pensare a quello che sto per dire. Sangue, tanto sangue. E “peli sulle sopracciglia”, e cuscino sui volti tumefatti, e sangue. maronna ri sancu.Beh, mi si è stancata la schiena. E sto iniziando la trasformazione verso i ricordi infausti. meglio spezzare questa storia.
Il sangue nella seconda puntata ;)


Direttamente dal diario di mia madre sulla mia infanzia:


14 Agosto 1996:
…ti sei ricordato che papà ti aveva promesso che potevi farti il giro in bici nella strada di Busita. io t’ho fatto scendere e subito dopo una vigorosa pedalata…al solito sei sempre “furioso”..è iniziata una discesa, non sei riuscito a controllare la bici e dopo poco sei caduto a capofitto, ho sterzato subito a sinistra e t’ho preso per portarti in ospedale, dove ti hanno dato due punti al sopracciglio sinistro e ho visto che ti sei ridotto la faccia malissimo..”
[…]“Dopo 48 ore ti abbiamo fatto la T.A.C e abbiamo visto che tutto andava bene.Tu dopo hai fatto il primo giro in bici

Oggi: sono a casa, beh sono da solo. mamma è al lavoro e mio fratello è ancora uno studente “di quelli forzati”. Ho la musica forte, che la sente tutto il palazzo e oltre. fra meno di una settimana ritorno a milano, dovrò fare la strada inversa e non sono tanto sicuro che adesso i cata-siciliani siano disposti a spingersi per oltrepassare quel gate. del resto anch’io tenterò di prolungare il più possibile la mia permanenza al di qua, io su quel coso pilotato da Caronte nun ci voglio proprio andare.Beh dai iniziamo, vi devo raccontare di come sono arrivato ad oggi, ad essere quello che sono: sicuro ho sbattuto molte volte la testa.Beh si, dopo esser nato, aver tentato di sfondare ogni cosa che si intromettesse tra me e i cassetti della cucina pieni di oggetti tanto inutili quanto buoni d’assaggiare..ecco sono cresciuto. Beh cresciuto è una parola un pochino grossa, diciamo che mi son nati i dentini e tante nuovi pensieri per conquistare il mondo: ecco ora se trascuriamo i denti del giudizio (che chissà per quale misterioso motivo tardano a nascere), solo i dentini si sono “realizzati”.
Il primo incidente che ricordo è stato il più stupido, ma che m’ha procurato un 2/3 punti di sutura dietro nella nuca: sotto il tavolo di calcestruzzo m’era caduta na biglia, mi chino la prendo m’alzo sbatto piango. e così adesso, ogni volta che voglio tagliarmi i capelli corti devo raccomandare al barbiere di nascondere quella cicatrice, beh si sulle cicatrici non ricrescono più i capelli.Altro incidente insanguinato: m’avevano regalato il super liquidatore nuovo, beh non datemi mai una cosa che spruzza acqua nelle mani ( niente riferimenti eh ), dopo mio fratello e mio padre toccava a mia madre: ma ho calcolato male le distanze e sono finito dritto dritto nel cancello ferrato: e così c’ho na cicatrice pure sulla tempia e anche lì devo stare attento dal barbiere: 3 punti di sutura e siamo a 6. promemoria: buttare acqua addosso alla gente può arrecare seri danni alla salute. buon risultato ma è ancora poco. possiamo migliorare.Casa di mia nonna, ero più piccolino. meno di 6 anni. na volta sbatto sulla spalliera di una sedia, 2 punti al naso. quella volta non lo ricordo.Sempre da mia nonna, questo è uno dei più significativi…preparo con cura la scenografia, un cuscino a terra e uno fra le mani: mi metto sul divano, m’alzo prendo la mira e mi butto di testa. dovevo prendere il cuscino…e se non l’avessi preso avevo quello nelle mani..beh..adesso so che sotto il mento non mi cresce più la barba. e che l’attrazione gravitazionale è più giusta di quanto pensassi. e altri 2 punti s’aggiungono alla mia collezione. 8 punti. sto migliorando sempre più.Ancora più piccolo, avrò avuto 4 anni. Veglia di pasqua: io dico..ma perchè cavolo torturare i bambini e portarli in una chiesa dove tutti hanno sonno, anche il prete ne ha, se poi puoi andare in momenti più tranquilli dal prete e chiedere “scusascusascusa ho dimenticato di santificare le feste, e chiedo perdono anche per gli altri peccati già che sono qua. grazie.cià” ? bah, io dovevo andarci e dovevo pure impegnarmi: dovevo pur far capire a mia madre che non volevo stare lì. Vi siete mai chiesti perchè i bambini quando li portati in chiesa piangono a dirotto ? beh cazzo non è che le presentazioni d’apertura fra bebè-sacerdote siano delle migliori.. “senti bello mio, tu ora entri a far parte della nostra cricca, ma prima ti devo buttare un pò d’acqua qua e qua e qua. “partiamo dal presupposto che nessuno m’ha chiesto se volevo essere lì e se volevo entrare a far parte di partiti,associazioni e fan club.. poi ok..mi devi buttare anche l’acqua sulla testa..almeno abbi il buon senso di accendere lo scaldabagno no ? e poi che cazzo mi fai i flash in faccia che sto dormendo…e mamma e papà che cazzo c’hanno da essere felici ? bah…si ecco, così è capitato che quando s’è finita quella messa siamo tornati a casa e io ero felice, d’esser tornato a casa. pensavo pure fosse mattina data la lunga e santa runfata. Così mi sono messo a saltare sul lettone (saltare sul lettone è una delle gioie della vita che mai dovrebbero esser private ai bambini), e saltachetisaltasaltapiùinalto son caduto. ma non per terra, banale. con la fronte sulla sponda del letto. cazzo che male..stavolta nessun punto di sutura, solo qualche cerotto traente. adesso in piena fronte ho un taglio neanche tanto orizzontale che mi ricorda che anche le cose più belle possono far male a volte. ( beh in realtà mi ricorda anche che devo migliorare la mia tecnica di salto sul lettone ).Beh arriviamo all’ultima, che poi sarebbe la prima per coefficiente di avvicinamento alla morte. mia madre credo che lo ricordi tutt’ora quell’attimo. si mi riferisco all’incidente descritto nel mio/suo diario…io ricordo che dopo il patatrack lei scese dall’auto e mi alzò da terra e mi urlò: “riesci a star in piedi dieci secondi..prendo le scarpe ( ch’erano disperse sull’asfalto ) e metto di lato la bici (ch’era spalmata sull’asfalto) ok??”io annuì, lei mi lasciò e io precipitai al suolo. lei mi riprese, corsa all’ospedale e due punti di sutura al sopracciglio: ora ho un sopracciglio leggermente storto e il ricordo che il freno davanti NON si deve usare neanche nelle emergenze. e non si deve correre troppo coi pedali se sotto il culo non c’hai almeno una cosa che abbia 26” di diametro.In realtà ho capito che talvolta è meglio non frenarsi, che se magari non frenavo non cadevo. che prima di gettarsi a capofitto in un sogno, beh è meglio calcolare bene le distanze (non per niente mi sono iscritto ad ingegneria -LL). che anche troppa felicità fa male, così come troppa cocacola o troppa cioccolata..o saltare troppo in alto sul lettone!…che non conta quanto sangue ti manca in circolo, quanto forte sia stata la botta, se c’avevi ragione o torto, se è colpa del tavolino troppo basso o del cuscino troppo piccolo..48 ore sono un tempo sufficiente per rifarti un giro in bici: che t’abbia tradito o meno poco importa.

Se siete arrivati fin qui vi devo un ringraziamento. Alla prossima!

Il mio amico Paolo

Sono incazzato quanto un tricheco a cui hanno rubato i calzini profumati. Sono molto incazzato. Ho passeggiato per la residenza e la cosa non mi è passata, sono andato nella stanza in cui ruppi l’orologio, sono andato nelle segrete di questo posto. Ho bevuto un bicchiere di vino da 1,5€ e sto debuggando qualcosa che continua a non funzionare. E sono incazzato quanto un juke-box muto.
Prima mi ha contattato un ragazzo su Facebook, m’aveva aggiunto quest’oggi. Il suo nome è Paolo, abbiamo frequentato insieme le elementari. Ha i genitori divorziati e da piccolo faceva leva su questo fatto.
Sono una persona di merda, ho una morale scarsa e spesso, anche se riesco a camuffarlo per bene, sono un uomo disposto a tutto pur di ottenere ciò che vuole. Per tutto intendo ogni cosa, non una frase fatta.
Alcuni miei pensieri spesso accendano molte discussioni, uno più di tutti: i soldi. E il valore che gli assegno.
Premessa, i soldi causano dipendenza, sono belli e profumati. Ma alla lunga fottono il cervello e causano problemi. Chi ha i soldi ha più problemi di chi ne ha pochi. Chi non ne ha abbastanza è già morto, i suoi problemi sono ormai in un’altra vita.
Paolo, quello di facebook, è sempre stato ricchissimo. E tutte le ragazzine alle elementari pendevano dalle sue labbra, persino la mia prima fidanzata (era stato una cosa di un giorno soltanto, ma era la mia prima storia seria!). Quello di facebook, Paolo appunto, oggi mi contatta. Dice che lavora per il sindaco e che l’anno prossimo si scriverà a medicina omeopatica. Giuro che non l’ho fatto apposta: io mi sto per laureare in ing.Informatica a Milano. Lui lavora per il sindaco e forse passerà i test per un corso di Omeopatia, che a scriverlo con la o maiuscola sembra uno spreco.
Paolo è stato quel ragazzo che mi ha pagato i panini che mangiavo durante la ricreazione per tutti gli ultimi tre anni delle elementari. Lui era ricco e io no. Così rubavo i doppioni delle schede telefoniche a mio cugino più grande, le portavo a scuola e le vendevo a mille lire a lui, a Paolo. Con quelle con tiratura limitata riuscivo a tirare su anche duemilalire, quella banconota giallognola ormai estinta. E con quel millelire il giorno dopo mi comperavo un panino con la crema al cioccolato. Non con la nutella, quello costava milleecinquecento lire. E a me Paolo le schede telefoniche me le pagava solo mille. I miei ricordo che mi davano qualcosa per il panino. Non era moltissimo ma io li nascondevo da parte perché avevo un sogno. Volevo comprare la prima playstation, quella che aveva un vicino di casa. Costava duecento mila lire e conoscevo a memoria la brochure della sony, con tutti i joystick e i videogiochi. Babbo Natale non voleva saperne di portarne una e allora pensavo ingenuamente che potessi risparmiare per comprarne una da me, con i miei soldi. Conservavo tutti i cento lire che mamma mi dava dopo averli estratti dal carrello della spesa, conservavo anche i cinquanta lire quelli piccolini, che avevo già capito che è dalla merda che nascono i fiori.
Ricordo che alla fine riuscì a mettere da lato un poco più di duecentomila lire, sicuramente rimpinguati da qualche regalo di compleanno.
Una sera ebbi l’idea di dire a babbo che volevo comprare la playstation. Avrei messo io i soldi, soldi che conservavo in un salvadanaio di latta riposto nel bianco armadio centrale della mia stanza. Un bimbo vede le cose semplici, non pensavo potessero esserci troppi problemi dato che i soldi erano i miei.
Ma non fu così.
Qualche tempo dopo mio padre mi chiese se potessi prestare quei soldi alla famiglia intera. Non so bene a cosa sarebbero serviti, molto probabilmente a comprare del cibo per mangiare un giorno in più. Un bimbo è facile da convincere, prestai i miei soldi alla famiglia.
Anni dopo, ormai da adolescente, mia madre mi ha restituito metà della somma. L’altra metà non l’ho ancora ricevuta.
Io mangiavo i panini con la crema al cioccolato, io rubavo le schede telefoniche a mio cugino, io conservavo anche i soldi più piccolini, io ho prestato tutti i miei soldi ai miei genitori a sette anni.
E adesso studio per i soldi, e adesso mi dispero perché il lavoro che avevo trovato ad Agosto forse non me lo danno più dato che cercano un tipo anche per luglio, e io in quel mese sarò ancora a sgobbare sui libri. Io che l’estate scorsa ho sputato il sangue in un campo per raccogliere duecento quintali di carrubbe, io che le ultime parole che ho rivolto alla mia fidanzata sono state delle urla convulse che spiegavano che non so a chi appartengono originariamente i miei pinocchietto preferiti, io che i soldi sono fondamentali. Io che i soldi m’han fatto diventare questo, questo che adesso cerca di capire che in realtà duecentomila lire sono una schifezza, che c’è gente che muore di malaria e scabbia.
Ma oggi sono incazzato e ricordare la merda da cui esco mi fa incazzare ancora di più. E questo potrebbe essere molto bello se riuscissi a produrre cose buone di questa rabbia. Che se adesso la vendessi al chilo allora sì che sarei un uomo pieno di soldi, chissà se anche ricco…

Matti, mio fratello

Se dovessi scegliere una sola persona per cui io sarei disposto a dare la cosa più preziosa che ho, la mia vita, sceglierei mio fratello.
Del perché gli voglio così bene non mi sono mai domandato fino a trovare una risposta ma forse non ce n’è davvero bisogno. Spero che non sia solo perché abbiamo lo stesso sangue, in tal modo sarebbe una cosa assolutamente non arbitraria. E questo mi infastidisce.
Siamo maschi, ma questo non c’entra. Sono io che non riesco in alcune occasioni e con alcune persone a esprimere i miei sentimenti e mi viene perfino difficile scrivere questo di lui sapendo che potrebbe leggere. Trovo la forza oggi perché al momento si trova ad Ancona a sostenere i test fisici della Marina.
L’ultima volta che ho pianto è stato pensando a lui. Il momento era inopportuno ma non sempre si può scegliere e soprattutto alcune cose non si possono scegliere.

Durante l’ultima gara di Scherma

Lui è più di un fratello per me e talvolta è stato anche troppo per me. Nonostante ci separino solamente cinque anni e mezzo a volte i ruoli familiari si sono mischiati, intrappolati in dinamiche arzigorzolate. Ma il tempo e la maturità sbroglia anche i nodi più stretti.
Nonostante questo non gli ho mai detto cosa provo per lui e il massimo che gli ho concesso è stato dormire con me ogni notte precedente il mio ritorno a Milano. Se dovesse esserci una persona che possa fermare il mio Canada quella sarebbe lui, se potesse esserci un motivo per tornare in bici a casa quello sarebbe il suo motivo.
Dormire con mio fratello comunque, e lo dico a mia totale discolpa, è un atto di grande amore fraterno. Appiccicoso come un polpo, ti si avvinghia intorno sia nei mesi d’inverno che in quelli bollenti, ama mettersi di traverso nel lettone e non si sa ancora bene il motivo (pare sia oggetto di studio da parte di una famosa università) riesce sempre e comunque a spingerti all’estremità del lettone e a lasciarti in meno di quindici centimetri di spazio.
Ho scelto io il nome di mio fratello, sono stato io il primo a piangere dopo la sua tormentata nascita e sono stato io a spiegargli perché fosse tanto bello il gioco del calcio. Sono stato io a insegnarli a guidare un motorino, sono stato io a spiegargli i razionali e chiede di me quando ha qualche problema che la sola mamma non possa risolvere. Tipo versioni di latino o problemi di virus al computer.

Mio fratello è l’unico fratello che un fratello come me vorrebbe avere come fratello, è il miglior fratello che io abbia mai avuto. Direi anche l’unico. E il fatto che non avremo una eventuale ereditarietà, il fatto che le donne non possano poter scegliere contemporaneamente lui o me, il fatto stesso che sappiamo di volerci bene tacendo, questi fatti ci rendono fratelli molto indivisibili. Anche se presto ci saranno più di diecimila chilometri a separare i nostri sonni saprò che lui, se solo potesse, sarebbe avvinghiato a me gustandosi ogni singolo secondo col fratello maggiore. Io.

BNG: Il sito dell’immigrazione canadese non è più sotto manutenzione. Continuiamo con la procedura per il permesso di studio

…però la vita, che gran cosa è!

Le cose procedono. Fronte università ho finalmente iniziato a scrivere codice a pieno ritmo. Sono nella fase ottimistica e per adesso me la godo. C’è ancora qualche lacuna su come proseguirà questo semestre ma anche questo è normale. 
Fronte Canada nel fine settimana (che poi sarebbe o stasera o domani sera) devo abbozzare la lettera di motivazione, quantomeno in italiano. Nell’ultima email mi han fatto sapere cosa vogliono che scriva.

[…] it is most important that you tell us a bit the types of jobs and/or companies you’d like to work in (for example, do you hope to work for a large brand-name store, or a smaller locally owned business).

Vogliono sapere un pochetto che tipi di lavoro vorrei fare e se voglio lavorare per un negozio potente o in una putia). Ovviamente non posso dire che ho scelto il programma studio-lavoro principalmente per poter ammortizzare le spese della stessa scuola. Non so come la prenderebbero. Ma a inventare balle ragionate me la cavo, devo solo racimolare la voglia, da qualche parte si sarà nascosta. Puttana (parolaccia a caso).
Fronte vita va meglio di come io avrei previsto. Peggio di come vorrei, ma perché mi mantengo sempre un sottile margine per continuare a Desiderare.
Ieri sono stato al duomo. Ci stava Pisa.pia che diceva le sue quattro stronzate copiate dalla maggioranza (siamo il vero partito dell’amore, fermiamo il killeraggio mediatico, riprendiamoci la libertà, l’urgenza dell’adesso è in noi questa volta vinceremo noi, quelli la cultura non sanno neanche cos’è). Poi la gente si domanda perché nonostante la politica filo xenofoba e (soprattutto) separatista la gente vota Lega Nord. Perché quando Pisa.pia diceva che adesso c’ha un’urgenza, Bossi mussu stuottu faceva promettere alla Letizia di riparare le strade. Oddio dicono tutti minciati, minciati cù l’uossi aruci, ma quantomeno alcune si capiscono. Vuoi mettere?
Ieri sono stato al duomo. Dopo Pisa.pia ci stava Vecchioni. Io per lui sono andato al duomo. Di Vecchioni il primo ricordo che ho è io che canto “Dove” riprodotta da un lettore cd di quelli portatili mentre scalavo in bici una salita davvero pendente. Un altro ricordo è quando lo ascoltavo in scooter, in un giorno di pioggia. Mentre mi ammazzavo per superare un autobus su cui c’era una ragazza che mi piaceva. Andavo davanti casa sua prima che lei vi entrasse, la guardavo entrare e poi me ne tornavo a casa mia. Erano una ventina di chilometri andata e ritorno, e per sopperire alla minchiata che facevo ogni giorno ascoltavo Euridice.
E adesso insieme a questi ricordi c’è pure quello di ieri sera. Fra l’altro ricorderò di esserci andato con due amici, uno mi pare fosse romano. Chissà adesso cosa staranno facendo, se hanno superato i loro problemi o se si sono laureati come pensavano. 
E anche se adesso questi possono sembrare giorni difficili o pieni di curve in salita un giorno li ricorderò con nostalgia, quant’ero giovane quant’ero sbadato quant’ero diverso.
Durante la serata di ieri di canzone che ne conoscevo ne ha fatte pochine. Oltre a quella che m’ha dedicato (Sogna Ragazzo Sogna) e la sempreverde Samarcanda ha fatto in totale altre cinque sei canzoni. Poi a un certo punto è accaduto il miracolo. Di cui abbiamo una esclusiva testimonianza di un lettore che preferisce restare anonimo. Io.  


Questa canzone mi fa venire i brividi ogni volta, tutti i peli delle braccia si mettono in piedi e sento freddo. Ma era una giornata ventosa, può esser anche quello.

Poi c’è un’altra canzone, che per l’occasione ho cantato con Roberto. Io l’ho sempre cantato da solo, o in stanza o in bici. Ma adesso con la scusa del trambusto l’abbiamo cantata insieme. Chiaramente la scelta della canzone non è casuale, niente lo è.

Passano via così come acquiloni, 
corrono dietro un vento che non c’è: 
vincono a sogni, perdono a emozioni 
le mie ragazze, 
proprio come me; 
una me la ricordo più di tutte: 
che strano, è proprio quella che non c’è; 
manca una luce sola questa notte; 
però la vita, che gran cosa è!

“…senza desideri non c’è bisogno di un diario”

In questo post vorrei parlare di qualcosa di mio. Per non essere monotoni insomma. Due cose principalmente: la potenza dei sogni e il valore delle promesse.
Promesse e sogni sono cinicamente aria fritta. Sono orientati al futuro e il futuro è risaputo, muta più velocemente di quanto si possa immaginare. Ma nel mio caso ci sono delle piccoli ma evidenti eccezioni. Per spiegarmi meglio devo prendere un altro foglio da quella carpetta che contiene i temi della mia scuola media e superiore. Se nel post precedente avevo già quindici anni adesso trascriverò un tema scritto quando avevo ancora dodici anni, ben otto anni fa. Frequentavo l’ultimo anno della scuola media, e come quest’anno, ero destinato a grandi cambiamenti nella mia vita. Vediamo che scrivevo (ovviamente stesse regole: nessuna correzione nella trascrizione).

Traccia
Proiettati nel futuro e immaginati ormai adulto. E’ la sera del 20 Dicembre 2025 e tu, dopo una giornata intensa, ti fermi a riflettere scrivendo il tuo diario, come fai puntualmente tutte le sere da quando avevi dodici anni.

Svolgimento

20/12/2025

Caro Diario,
scusa se è da tanto che non ti scrivo, ma, sai, nel periodo natalizio c’è molto lavoro da fare e come al solito le cose più difficili sono assegnate a me. Oggi ho visitato una ventina di persone che avevano rotto il computer e cercavano di convincermi che si era rotto da solo. Poi al ritorno sono dovuto andare ad Ottawa per una riunione con il presidente francese dell’informatica locale e dopo mi ha offerto il pranzo in un ristorante cinese. Ho “ordinato” solo un bicchiere d’acqua perché i cibi scritti sul menù non erano di mio gradimento. Sono ritornato a Sidney e il mio capo mi ha detto di ritornare a casa. Sulla strada di casa sento un leggero sibilo e poi un botto. In cinque minuti ho montato la ruota di ricambio; così sono stato costretto ad andare dal carrozziere. Finalmente sono arrivato a casa. Mia moglie è in cucina che sta cucinando e mia figlia non è ancora tornata da scuola. Dopo la doccia mia moglie mi dice che quella sera avremo ospiti e che verranno verso le 19:00. Guardo l’orologio e mi sono accorto che sono le 17:00, Mia moglie non ha ancora iniziato a cucinare. Quindi la devo aiutare a cucinare, a tagliare le patate, a sbattere le uova e altri lavori noiosi. Arrive  Mentre  metto nel forno la pasta arriva mia figlia e gli le dico gentilmente di sistemare la stanza sua che come sempre è tutta disordinata. Finalmente arrivano gli ospiti e dopo la cena gli racconto la mia giornata. Ho sgridato tre volte mia figlia perché non voleva mangiare la pasta che in verità non piaceva neanche a me. Ho iniziato a parlare che col con l’avvicinarsi del Natale i bambini che dovrebbero essere più buoni diventano più monelli e inve(qualcosa di incomprensibile, potrebbe essere coprono di richieste) i loro genitori. Tutto questo mi fa pensare a quando ero piccolo io. Ti ricordi quella volta che mi dovevo trasferire e dovevo andare in Canada e la valigia era troppo pesante; allora decisi di lasciare al posto tuo il mio pallone preferito. Oppure quando ricevetti a otto anni per natale una bicicletta troppo alta per me. Allora quando dovevo andare a Milano dovevo prendere il traghetto per passare lo stretto di Messina e invece ora c’è un lungo ponte. Beh!! Ripensandoci ho avuto tutto nella vita da piccolo fino ad ora e penso che come avevo promesso ritornerò a Modica, (questa volta senza prendere il traghetto) e rivedere dopo molti anni la mia citta e prima di tutto mia madre. Penso che questa sia l’ultima pagina di questo diario perché non ho più tempo ma sopratutto perché ho finito i miei sogni ed ho ottenuto tutto e non ho un desiderio e senza desideri non c’è bisogno di un diario

A presto….
Gioele

Canada, informatica e Milano. Lo scrivevo nel 2002.
L’11 settembre del 2008 mi trasferisco definitivamente a Milano, il 15 settembre inizio la mia prima lezione di Ingegneria Informatica. E il 22 ottobre 2011 partirò per il Canada, e andrò ad abitare proprio a Sidney.
Esattamente come sognavo ben nove anni fa. Parlando con una persona mi ha detto che sono proprio determinato! Questo complimento perché l’anno scorso le avevo detto che sarei andato in Canada. E quest’anno ci vado sul serio!! Pff, i sogni di un anno sono da dilettanti(si, dilettanti) ma io c’ho i sogni lungimiranti. Anzi, preferisco prendermi qualche merito in più. Di solito non sogno cazzate e quando ho un sogno lo perseguito. Si, proprio lo perseguito. Perseguito chi si oppone, perseguo ciò che mi sono prefissato. E la cosa potrebbe impegnare dieci anni 180 crediti un viaggio di quasi 10000km (diecimila): tutto ciò non m’importa. Ad un certo punto penso pure che c’ho azzeccato sul ponte di Messina, che sarebbe degno di Nostradamus (ricordo che nel 1998, dopo che la Francia ci batté ai rigori, il telegiornale di Rai 2 pubblicava questa dichiarazione di Berlusconi che diceva che nel 2006 i lavori del ponte sarebbero terminati).
Ricordo ancora quando “progettavo” videogiochi nella terrazza della ModicaIn, pizzeria del cugino ormai chiusa. Non sapevo niente di codice, linguaggi di programmazione et similia ma mi sarebbe piaciuto farlo. Era divertente e la fantasia era gratis. E le cose gratis e pure divertenti sono rare a questo mondo, ecco spiegato perché dopo undici anni ho ancora lo stesso sogno.
Ovvio, adesso ho imparato che per riparare una gomma bisogna andare dal gommista e non dal carrozziere. Ho imparato che Ottawa è distante cinque volte l’Italia da Sidney, che forse non tornerò mai più a Modica e che forse sarà parte di essa che mi raggiungerà.
E ovviamente mi devo sbrigare. In quattordici anni secondo il mio tema di terza media devo finire i miei studi, trovare un lavoro e – quel che più importa – una moglie. E pure avere una figlia così grande d’andare già a scuola, insomma sembra saranno quattordici anni piuttosto intensi.
Il tema finisce con una affermazione forte. Forse la più forte che mai farò nella mia vita, e pare la farò nel 2025. Quando avrò la bellezza di 35 anni (si dice che si raggiunge l’acme della maturità psico-fisica in quella età) (sempre se avrò ancora qualche capello, duli non gufare più per favore!). Chissà quando smetterò di scrivere su un blog, chissà se mai sarò in grado di dire …e adesso che minchia sogno. Conoscendomi NO.

Dovevo parlare pure del valore delle promesse, ma il post è diventato lungo, io ho fame, scrivo da più di un ora e mezza e voglio guardarmi Rain Man in inglese. L’attesa è snervante, ma io lo sono di più.
Delle mie promesse scriverò un’altra volta. Lo prometto :D

Sidney, BC
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