Archivi del mese: settembre 2012

Il forte Victoria

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Questo è l’edificio dove lavoro

L’edificio bianco dopo il carretto è l’edificio dove lavoro. A dire il vero lavoro al secondo piano, non ancora presente al momento della foto. L’edificio dove lavoro è nel bel mezzo dell’originario forte Victoria, il posto che i primi europei ad arrivare da queste parti usarono come riparo. Dentro l’edificio ci sono ancora i resti del pozzo che usavano quotidianamente. Tutto questo intorno al 1843. Quasi 170 anni dopo un altro europeo valica le porte di quell’edificio ogni giorno, dal lunedì al venerdì dalle 8:30 alle 5 (ma spesso resta fino a tardi a lavoro). Viene in pace, vuole restare in pace e promette di non fare nessuna scritta sui muri del forte.
A questo punto la domanda è: o voi, abitanti del forte, accettate questo forestiero fra di voi, autoctoni, secondo il rispetto che sempre c’è stato fra le vostre popolazioni?

“O sono di un gran bello io o si era un po’ distratto Dio”

Questo è il fatto. Ho avuto una promozione, dopo 4 mesi il mio stipendio è aumentato del 40%. Quando avevo detto che volevo diventare ricco facevo sul serio. Adesso tocca aspettare l’immigrazione, loro possono abbattermi da un momento all’altro. Lo so, lo sanno, bisogna conviverci. Ho aperto un nuovo conto, ho attivato un RSP (non so se c’è in Italia, metto soldi da parte da giovane per avere una pensione d’oro da vecchio), ho aperto un TFSA (un conto risparmio senza tasse) e ho fatto il mio primo investimento in banca. Ho comprato dei Bond Canadesi, qualche stock, qualche bond in US e qualcosa internazionale. In 5 anni avrò aumentato il mio capitale del 6% circa.

So che vieni nel blog tutti i giorni, Sergio dice che dovrei goderci. Ma non è proprio così.

Oggi Barney ha trovato in 20 minuti nove bugs (un bug è un comportamento inaspettato di un programma) di cui la metà circa era un problema bloccante. Per chi vuole essere perfetto nove è un numero bello grosso.

Oggi Barney mi ha raccontato le origini della nostra spin-up (di cui sono l’impiegato numero 2, Barney è il primo). Stava per accettare una offerta migliore ma poi ha cambiato idea. E sono stato assunto. Quante coincidenze mi hanno portato qui adesso? Mi sa che sono saltato sul puntino-teletrasporto.

Un anno fa oggi mi ero laureato in Ingegneria Informatica. Oggi lo avete capito che mi succede. E fra un anno? Come lo vedi fra un anno, Tipa?

La presa d’aria, chi sei veramente?

I gotta think, I’ll let the words flow out of my mind. Drinking a beer, per la gioia della mamma. Questo post è mezzo in inglese e mezzo in italiano, lascio che le parole escono dalla testa così come sono. Non è un post smielato, non ancora. Forse lo diventerà ma non sono questo gli intenti iniziali. Sorso di birra dal boccale. Mamma dice che mi diventa la pancia grossa ma io tanto sto andando in palestra. Perché vado in palestra? Tralasciando le balle della salute che non è che me ne sia sbattuto tanto durante l’ultimo anno. Si l’ultimo anno. Un paio di chiodi e anche a volerlo non c’avrei cavato un ragno da un buco. To take a spider out of an hole.

Mi ricordo che quando mi rantolavo nella disperazione del vuoto che mi ero ritrovato mi domandavo come un ossesso: ma chi minchia me l’ha fatto fare, io non m’interesserò mai più a nessuna figliola. Datemi carrube, libri da studiare, bugs da debuggare. Di femmine non ne voglio più sapere. Poi finivo di pensare questo e mi mettevo a ridere: lo sapevo che erano parole dettate dal momento ma io giuro che lo provavo veramente: non avrai mai più guardato il culo di nessuna. Per dirla terra terra che tanto bevo la birra e l’alito già puzza. Quando il 4 settembre ci fu quella telefonata io rinunciai alla mia unica ora di sonno in 14 sotto un albero in agosto. Hai capito cazzo? 14 ore a guardare in alto, 14 ore rannicchiato con le mani fra le spine. Rinunciai a quell’ora, presi il decespugliatore e iniziai a distruggere rovi intorno agli alberi. Poi mi venne da cacare, mi misi vicino a un muro feci il mio e mi asciugai con le foglie di carrubbo. Come mi aveva insegnato papà quando ero piccolo.

Poi venni in Canada e ho passato un anno fra le nuvole. Leggero da poterle sorvolare senza fatica. Leggero che potevo respirarle.

Fino a un paio di settimane fa, che a quanto pare il mio cervello (si è finita la birra) e il mio cuore hanno fatto, ‘mpare deal!, tocca trovarsene un’altra. Tocca fare quello per cui sei nato, trovati una donna e amala finché puoi, fin quando lei ti ridurrà di nuovo a pezzettini. Ci saremo noi, cuore e cervello, a farti uscire le palle di nuovo a quel punto. A farti rinascere un’autostima, a farti credere che non sei la merda ma quello che la spala, a convincerti che sì, si possono avere giorni felice di nuovo.
No in realtà non è stato così. E’ stato che io mi scrivevo i miei post dementi, di quelli che dimostrano quanto sono schietto e me stesso (da qui la diversione di prima sulla cacca nel campo, non posso più nasconderlo: io sono fatto in questo modo e se non sono piaciuto consiglio un decespugliatore e un gigantesco campo…aiuta!). Scrivevo questi post, una serie di fortuiti eventi e bum!

BATAPUM

…cazzo sta succedendo. Sergio mi ha contattato una Tipa, non ci sto capendo un cazzo. Ha gli occhi verdi ed è figa. No che non è un trans. Cioè non lo so. Fatto sta che è da un bel po’ che ho ripreso il viaggio su quella cazzo di montagna russa che ha il nome di romA. O forse è da leggersi al contrario…E la cosa freak me out. Perché? Perché il suddetto Tipo s’è messo in una situazione ben più complessa di quella che può gestire. E pensate un po’ che non c’ho manco una minchia di decespugliatore a portata di mano (anche se le foglie d’acero, ora che ci penso, sono belle più larghe di quelle di carrubbo). C’è l’immigrazione di mezzo, la mia e la tua, un oceano e tutta quella cazzo di incertezza dovuta al fatto che sappiamo noi. Cioè whatsapp è una applicazione spettacolo, skype ancora di più, ma non so neanche se hai una voglia da qualche parte o che odore ti fanno gli ascelle dopo una giornata a spasso.

E nel frattempo io te lo dico: questa è la mia tattica. Perché su di me non mi posso fidare neanche io (ed è inutile che dico a Sergio tutti i giorni, no no tanto io ci vado piano che io non la voglio pigliare nel culo), io faccio in modo che tu non ti fidi di me. Ed è così che me ne esco con la puzza delle ascelle, la cacca nei campi e qualsiasi altro abominio che io possa suscitarti.
Che tattico che sono, che tattico! Dovevo fare lo stratega o l’ingegnere. O cazzo io sono un ingegnere!

Inizia a girarmi la testa, ci credo la birra l’ho bevuta in 3 sorsi.

I tell ya. I am screwed up, my mind is messed up, my family is fucking broken. E’ tutto un up, c’è qualcosa di diverso in me che non so controllare neanche io. Quando sono felice mi faccio mille domande di cui la prima è: ma sono sicuro che mi merito questa dose di felicità? Nel passato ogni volta che me la sono posta è andata a finire maluccio.

Adesso queste sono le clausole, le ho scritte da mezzo brillo ma me ne assumo le responsabilità. Leggile e capiscile, compito per casa. Prima che parte l’aereo pensace, dopo non mi fare dire uomo avvisato mezzo salvato (tutto intero diciamo, dato la statura in questione (ho fatto la battuta cattiva pure!)). Io provo a dare il meglio di me ogni fucking day che dio ha fatto ma talvolta I gotta be different. It’s who I am, available to improve, not willing to change.

Per chi non ha capito niente, non so che dirvi, non ho capito niente neanche io. Chiedete a Sergio, lui magari ha un consiglio anche per voi. Per la mamma, no, niente di serio. Lo sai com’è, uno si beve una birra e finisce in giro per il Canada a bucarsi ubriaco e con la pancia tutta grossa e gonfia (e i capelli gli diventano lisci e corti tutti di un colpo). No scherzo. L’unica cosa che c’ho bucata è il pigiama, mi serve un ritapunto sotto l’ascella che c’ho la presa d’aria.

La presa d’aria, chi sei veramente?

I puntini neri della nostra vita

Scusa un attimo ma qui tocca fare l’ingegnere per un attimo. Ci sono alcuni concetti nella vita che l’ingegnere apprende quando continua i suoi studi. Questo ragionamento è stato coperto dal mio amico Sergio nel suo blog che io sintetizzo (e semplifico) con un albero binario. Per chi si stia chiedendo cosa sia un albero binario, no…non è quell’albero che fa frutti chiamati binarini. L’albero binario è questo qui sotto:

La vita

Ora, l’ho intitolato vita perché l’albero binario è un’ottima rappresentazione di cosa fronteggiamo ogni giorno in questa cosa chiamata vita. A dire il vero è assolutamente più semplice della realtà ma i fisici c’hanno insegnato che se vuoi capire una cosa la semplifichi la capisci e poi la fai diventare più difficile ma tanto ormai l’hai capita, apposto!
Vengo e mi spiego. Oggi ci troviamo su in alto a quell’albero, nel puntino chiamato 1. Per Sergio 2 è tornare a casa a studiare al poli, 3 è trovarsi un lavoro. Per me 2 è comprare un laptop, 3 una bici coi controcazzi per evitare di fare la fine di ieri. Per Federica 2 è Trastevere 3 è Bastion Square.
Ora che il concetto di 2 e 3 è chiaro, potete fare voi i conti quante possibilità ci sono di fare la cosa giusta, la migliore scelta. Torniamo a fare i matematici. Ma semplici eh. Mettiamo che ci vogliono, quanti..4, 5 scelte per avere i primi risultati concreti? Del tipo:

  1. Scegliere il Canada e non l’Italia,
  2. Scegliere Victoria, BC e non Toronto, ON;
  3. Scegliere di imparare l’inglese prima e non escluderlo dalla mia educazione;
  4. Scegliere la parola giusta da scrivere nel curriculum invece che quella ambigua;
  5. Trovare parcheggio dove era necessario per arrivare in orario al primo colloquio invece che trovare tutto pieno e arrivare in ritardo.

In 5 passi diciamo che ho ottenuto il lavoro. Ora se consideriamo che ogni volta avevo due scelte (Canada o Italia per esempio) il numero di diverse situazioni possibili è 25. Ovvero 2 scelte possibili per ogni puntino, il che fa 32 situazioni possibili. Ho azzeccato la migliore delle 32? O se in una delle cinque ne prendevo un’altra mi trovavo in una situazione diversa ma più molto migliore assai?
Adesso, sappiamo tutti che per un problema non ci sono solo due soluzioni, non ci sono solo due scenari per evento. Facciamo 3, così per non farla troppo difficile (in realtà quante sono, 5? 10? 25? i?). Adesso solo considerando 3 opzioni possibili (invece di 2 per ogni puntino), per un totale di 5 puntini prima di ottenere il lavoro (o davvero qualsiasi cosa) il conto è 35. 243.

Ciò vuol dire che se lasciassimo decidere che fare ad un lancio di moneta (non truccata) per 5 volte si avrebbe lo 0.41 % di probabilità di ritrovarsi alla fine della fiera nella miglior situazione possibile. Adesso, bisogna tenere bene in mente due cose:

  • Che abbiamo limitato il problema a 3 scelte per ogni puntino (e abbiamo richiesto solo 5 puntini per raggiungere il successo). A volte potrebbe essercene due (trovare parcheggio/non trovarlo) altre potrebbero essere centinaia (quante città in Canada? (160 se consideriamo città quelle con una popolazioni superiore ai 10000 ab.));
  • Che in realtà non tiriamo una monetina nelle scelta della vita. Prima di scegliere se imparare l’inglese in una scuole o no c’ho pensato su per un po’, ho ragionato e ho scelto quello che ritenevo la scelta migliore.
How real life looks like

Ora. Come fanno le persone a stabilire quale è la scelta migliore quando il numero di passi prima del successo è potenzialmente nell’ordine delle centinaia e il numero di scelte potrebbe variare fra una decina a una migliaia ad ogni passo?
Ci sono almeno due strade riconducibili a dei concetti informatici di esplorazioni di grafi: cerchiamo di ottenere la scelta migliore secondo un algoritmo goloso o secondo un algoritmo “torno all’indietro”.

Quello goloso è il concetto alla base di “meglio un uovo che una gallina domani”. Oggi restare in Italia sembra meglio perché la pizza che sto mangiando è deliziosa e settimana prossima ne voglio un’altra uguale, si mi porti pure un acqua tonica cà m’accianau l’acitu.

Quello di ritorno all’indietro è il concetto di chi cerca di vincere a scacchi. Che succede se io muovo l’alfiere, lui me lo mangia col cavallo ma poi la regina è scoperta e io la mangio con la torre che viene mangiata dal re che però si sposta dove la mia regina può fare scacco matto? Che succede invece se io muovo l’alfiere e lui lo mangia con la torre invece col cavallo e venne il gatto che si mangiò il topo che alla fiera mio padre comprò? Come potete capire quest’ultimo procedimento è eccessivo per decidere se è meglio la frittata oggi o il brodo domani ma allo stesso tempo non abbiamo abbastanza risorse per calcolare tutte le possibili combinazioni a cui la nostra vita potrebbe condurci.

Noi invece usiamo un algoritmo goloso ragionato, non ci porta davvero lontano e la maggior parte delle volte andremo a finire dove non avevamo previsto. Non possiamo calcolare tutto l’albero. E’ una cosa buona? E’ una abilità che vorremmo avere se potessimo scegliere? E, inoltre, qual’è la situazione migliore? Quando quella signora ha perso il primo treno perché la figlia non voleva svegliarsi e il secondo treno era arrivato in ritardo e poi s’era pure fermato non credo che credesse di trovarsi nella situazione migliore. Poi quando ha scoperto che il posto dove doveva andare era stato colpito da due aerei di linea (si, è una storia vera quella che dico risalente all’11 Settembre) avrà realizzato che il puntino su cui si trovata era davvero un puntino fortunato.
Vero, non abbiamo neanche considerato il caso nella nostra semplice matematica.

Il concetto è semplice. Io faccio il meglio che posso lavorando quanto più duramente mi sia concesso dalla mia mente e dalle mie braccia. Se ho fatto la scelta sbagliata non è ancora perduta. Ci sono milioni di puntini là fuori pronti ad “ospitarci”. Se il puntino in cui ci troviamo fa schifo e puzza non vuol dire che il prossimo sia tanto brutto quanto questo qua su cui stiamo piangendo proprio adesso. Non so voi, ma io nei puntini che puzzano non ci voglio stare. Ed è per questo che non c’ho paura a saltare al puntino successivo…

Se consideriamo 10 opzioni ad ogni passo e 50 passi prima di avere i risultati delle nostre fatiche allora abbiamo un bel po’ da lavorare per avere successo (tirare la moneta non serve, avremmo 0.0000000000000000000000000000000000000000000000001% di probabilità di trovarci nell’occasione migliore.

[Ispirato da eventi recenti]

Verso il prossimo puntino
Me stesso mentre salto verso il prossimo puntino…

L’angelo gigantesco

Lo avevo detto chiaramente che venivo in Canada per diventare un Gioele migliore. Adesso parlo inglese, adesso ho le camice a maniche corte, adesso indosso i mocassini e le scarpe da lavoro sono di cuoio senza lacci. Le mie prime scarpe senza lacci da quando ho smesso di indossare i sandali. Adesso Gioele è diventato migliore, lo posso dire con certezza. Radicalmente cambiato? No. Faccio i miei soliti discorsi non-senso, talvolta parlo in siciliano e intercalo un picchì nei miei discorsi su come progettare il nostro prodotto segreto. La doccia non la faccio tutti i giorni e i denti li lavo una volta al giorno. E adesso non sono più 60kg e rotti ma 145 pounds. Che poi è la stessa cosa, ma a dire 145 mi fa sentire muscolosissimo.

Ma ti sogno, ti sogno ancora.

Passano mesi e poi una notte ti sogno. E il risveglio è difficile da accettare. Ti corteggiavo come feci un tempo. Di quei tempi felici e spensierati quando io ero solo uno con la barba folta, compagno di stanza del calabrese (si seeente che sono calabRese?).

Le cose cambiano, omnia mutantur, ma ti volevo far sapere del mio sogno. Una chiesa grande, molto grande,C’era una statua di un angelo, gigantesca. E tu ne eri estasiata, quella era la mia Sicilia e ti piaceva. Era solo un inizio ma come autoctono non potevi che rimanere estasiata anche di me. E continuavo a ridere e a farti ridere.

Poi mi sono svegliato e con un po’ di nostalgia sono andato a costruire il mio pezzettino di futuro. Giorno dopo giorno. Lontano, in Canada.

 

Se non sapete di che sto parlando, parlo di questa donna qua