Archivi del mese: gennaio 2011

Le lacrime di un uomo

Oggi è un giorno assolutamente da festeggiare. Il miglior giorno di questo 2011, il miglior giorno da molto tempo a dire il vero. Le lacrime di questo giorno sono della stessa natura di quelle del lontano 26 agosto, su un letto con delle rose affilate lo ricordo come fosse ora. Tante cose sono differenti da quel giorno ma le mie lacrime sono rimaste identiche. Stavolta come allora non c’è stato uomo in me. Due sani lacrimoni e pure le tirate di naso comprese nel prezzo. E le risate. Dopo la presenza improvvisa di un letto quando hai sonno, di un cesso quando hai bisogno e di una bottiglia d’acqua quando hai sete, nella top list delle cose più belle del momento le lacrime condite con risa si conquistano la loro porca(!) posizione.
Ma io sono un uomo, tutto questo non è mai successo. Un uomo non piange e se piange è solo un sogno (o era solo per amore?). Macché sogno!

Me la sto troppo quagliando

Questo post è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale, per il bene dell’uso dei congiuntivi. A volte bisogna pensare anche a loro.

Né il budino né le profezie. Niente di questo in questo posto, niente post almeno per questo giorno. Ma solo per questo: che a giorni inizia la valanga di esami e che il mio cervello è spugna. Scottex di quelli che asciugano tutto ma il mio non è come quelli che non finiscono mai. E’ proprio per questo ultimo particolare che c’ho bisogno dei pizzini sottobanco, proprio stanotte ho decretato dove e come saranno collocati questa volta. Vabbò potrei farne anche a meno, il mio scottex-cervello avrebbe però bisogno di più tempo per accumulare tutta questa acqua-conoscenza che si è sparsa per terra-libri.
Un mio prof, quello che ci ha cercato di insegnare la materia più difficile dell’anno (parole sue eh!), ha terminato il corso presentandoci un ulteriore presentazione di slide. Erano diverse, ci spronava ad avere hobby, a divertirsi a non morire d’ansia il giorno prima dell’esame e specialmente durante l’esame stesso. Che alla fine un esame è solo un apostrofo rosa tra le parole t’acquaddgiasti! (termine in siciliano stretto che è meglio lasciarlo in siciliano: nè stai diventando denso sei fritto possono rendere l’idea).
Io mi sto già trasformando per questi esami. Ad esempio, c’ho una maglietta da lavare. In realtà c’ho due sporte del gs piene zeppe di vestiti da mettere in lavatrice. Ma come dicevo in un mio precedente post non si può mica fare una lavatrice prima di un esame. Eppure lì c’è la maglietta porta fortuna, quella nera con la scritta motivante. Sono entrato in un ciclo infinito che forse mi porterà a farmi una doccia con la maglia addosso, per lavare me la maglietta ed evitare la maledizione della lavatrice prima di un esame. L’altro giorno sono entrato coi calzini dentro la doccia e me ne sono accorto troppo tardi: ingegneri, valli a capire!
Ho già iniziato ad assumere quelle sostanze dopanti che mamma dice che fa bene prendere: qualcosa che si scioglie in un bicchiere e poi lo bevi e diventi molto intelligente, non senti più la stanchezza e ti riescono gli esercizi. Io so che poi non è che avranno chissà quale effetto ma il trucco è convincersi che sì, col cazzo costano 10€, funzionano egregiamente! Ecco funzionano nel senso che io credo che funzionano, e quando si crede a qualcosa quella cosa inizia ad esistere, e dopo inizia a funzionare. Solo se si è veramente bravi quella cosa inizia a fare quello che vuoi tu. Io una volta credevo che saltando da un divano di testa con un cuscino in mano sarei potuto atterrare sano e salvo se nella fase di volo avessi posto quel cuscino fra la mia faccia e il pavimento. Effettivamente sarebbe stato come saltare su un cuscino. Poi mi sono sfracellato una narice, e non si sa come adesso non si vede nulla. Ma io c’avevo creduto veramente, è per questo che i bambini saranno sempre un passo avanti. Riescono a sognare e a immaginare anche cose totalmente insensate, riescono a buttarsi d’istinto. Del resto cos’è altro è la razionalità se non evitare ciò che è istintivo? E chi è mai riuscito a evitare un buco nell’acqua, chiaro, nessuno ci è mai riuscito. Senza buchi nell’acqua non si può sviluppare l’abilità nell’evitarli, non tutto quello che non si condivide è sbagliato.
Non sarò il più intelligente (che continuo a scrivere inteliggente e poi a correggere), non passerò tutti gli esami “a prima botta”, non sarò il più povero nè il più ricco, non sarò mai l’uomo perfetto ma un brav’uomo questo sì, ma una cosa la so tropp’assai: che sbatto i piedi più forti di tutti e tutto, nonostante tutto e tutti. C’ho una vita da riscattare, e anche se ciò non è vero, l’adrenalina-placebo che ne deriva mi rende così. Il migliore asino che si possa conoscere.

Gioia e Dolore

“Sai che fra un’ora forse piangerai 
poi la tua mano nasconderà un sorriso: 
gioia e dolore hanno il confine incerto 
nella stagione che illumina il viso… “
Vorrei scrivere tanto, c’ho già due post in mente: uno sulla teoria del budino e un altro sulle profezie. Ma da un paio di giorni l’aggettivo del giorno è sconforto, sarà per via degli esami o per qualche ritorno di ricordi probabilmente procurati dal muro. Gioia e dolore hanno davvero un confine incerto.
Intanto mi appresto a scrivere, non un intervento non qualcosa che voglio davvero scrivere. Scrivere contro voglia è come torturare un uomo, è qualcosa che non si dovrebbe mai fare. 

Il ritorno del muro – parte tre

Ci vogliono quasi tre anni per fare tutto ciò, e i ricordi che si accumulano nei momenti passati potrebbero fare del  male nei giorni del presente. Ma io sono lele. Devo ricominciare a prendermi i miei ricordi, che questi anni milanesi sono stati i più intensi. E’ da due anni che ho un muro che mi tiene compagnia; quest’anno non era ancora tornato al suo legittimo posto per paura che potesse fare anche del male.In questo muro c’è la mia prima dichiarazione, i miei pensieri e tutto quello che stravolge la quotidianità dei giorni. Ma c’è una frase che sembra una profezia che m’è balzato all’occhio quasi trafiggendolo.

Resterò solo fin quando non avrò capito a pieno ciò che io ho

Ricomincio da qui.

Quello sulla testa del letto è un muro ingegneristico. Ci sono scritti tutti i conti fatti nel corso dello scorso anno, è fantastico ritrovarci conti di probabilità misti a un disegno di un mos. E poi reti di Petri insieme a come funziona uno stack, che anni meravigliosi cazzo!
Potete trovare lo stesso muro in un altro post. Ve lo segnalo.
http://gas12n.blogspot.com/2009/07/e-finito-e-tutto-finito.html
Dicevo ch’era tutto finito, che cosa ne potevo sapere povero me. Lo faccio ancora, è tutto finito! Finitissimo.

[Il post continua nel privè]

Sogni in ordine sparso

Oggi ho sognato. Oramai ho imparato come si fa: la mattina ricordo la sintesi del sogno, so chi erano i personaggi principali e chi gli antagonisti ma non ricordo le loro facce, il loro profumo e tutto il resto.
Sveglia puntata alle nove, sveglia effettiva alle nove e un quarto. La solita mezz’oretta di pc a letto prima di iniziare a studiare; e alle dieci ero già sui libri. Non ho studiato molto oggi, pago un pò di flessione. Niente di preoccupante: sento che sono in ritardo, non mi sento molto preparato. Gli esami sono fissati alla finestra su un post-it. Ogni volta che alzo lo sguardo vedo quel susseguirsi di date che mi impongono di tornare a chinare la testa sul foglio. Sotto quel foglio in rigoroso ordine temporale c’è un altro post-it. Su questo ci sono dei conti a matita, la somma che la scuola d’inglese pretenderà per i miei studi. C’è scritto l’orario delle lezioni, i giorni di vacanza in Canada, il costo per settimana, date di inizio e di fine. E poi c’è il totale, che sembra scomparire fra la miriade di numeri e lettere che popolano il foglietto. Eppure è il totale quello che conta. E’ pur vero che lungo i fianchi si provano emozioni indescrivibili, le migliori, ma è soltanto se si raggiunge in cima e se questa è veramente imponente che la missione può ritenersi davvero compiuta.
Studiare per un esame potrebbe essere avvincente, a tratti piacevole. Ma se tutto non si conclude con un voto l’importanza dello studio improvvisamente diventa relativa, sicuramente opinabile.
Oggi ho visualizzato online il saldo del mio conto dedicato alla missione dell’anno venturo. Oggi ho sognato un’altra volta, ma questa volta sentivo il profumo dei soldi ed ero sul sito di unicreditBanca.
C’è un proverbio siciliano che dice che tri sunu li putenti: ‘u papa, ‘u re e cu nun avi nenti.
E per questo che, una volta deciso ad abbandonare la carriera religiosa, sto facendo di tutto per diventare un re. Non potrei di certo tollerare di diventare un debole, ora che sono un putenti.
Cerco un lavoro per l’estate, per tutto il mese d’agosto. Sono tentato dallo spiegare la mia situazione al presidente, nel caso dovesse concedermi per pietà settemila€. Per il resto ho trovato un posto che paga cinquanta€ a sera, ma i turni sono lunghi e il lavoro è più pesante della media. La figa che se la spassa a spasso mi ha detto che “…sì, è vero, si lavora tanto ma che in fondo alla fine ci si diverte tanto”. Lei che ha fatto un mese di università, un anno da apprendista commessa e ora è disoccupata cosa ne sa del lavoro?
Anche le puttane sanno che non è divertente, anche se il loro lavoro consiste nel fare la cosa più bella del mondo.
Per adesso non c’è molto di nuovo in giro, m’aspettano alcuni mesi di fatica e poi altri di molta fatica. Per i prossimi due anni la mia vita sembra già tutta programmata, sarebbe un peccato se tutto andasse in questo modo.
Non giocherà a dadi, ma spero che giochi con me a monopoli.

…e siamo in duecento!

E’ da un pò che non scrivo. C’ho avuto il blocco dello scrittore, anche se non sono uno scrittore. Ma c’ho avuto il blocco lo stesso. Questo è il duecentesimo post che sta scritto qua. Se, duecento. Ricordo ancora quando iniziai col primo: venivo dalla geniale invenzione della metafora dell’equilibrista, e bisognava fare sul serio. Così iniziai a parlare di cose a caso, poi di caso a cose e poi ho iniziato a raccontarmi. E così è stato che questo blog ha attraversato tutte le fasi dell’amore, tutti gli alti e i bassi della mia breve carriera di aspirante ingegnere e tutti i flussi di coscienza che soltanto chi vive può raccontare senza inventare.

Allora ho pensato che questo duecentesimo post doveva essere importante, parlare di argomenti considerevoli con un italiano quanto mai perfetto. Ma poi il tempo è venuto a mancare, gli esami stanno sfondando le porte e io mi sono bloccato. E poi ho detto, se voglio continuare a scrivere devo fare un altro post. Non c’è modo. Centonovantanove sono pubblicati, uno rimarrà per sempre una bozza. Diciamo che questo è il centonovantanovesimo-post-più-uno.
Riassunto: sono ancora un quasi-ingegnere: sto studiando come ordinare le cose (Algoritmi e principi dell’informatica), come fare in modo che tante cose entrino in poco spazio e riuscire a far funzionare il tutto decentemente (Reti logiche). Studio come funziona la rete, non quella per pescare (Reti di Telecomunicazioni e Internet) e l.b.n.l Basi di Dati: il corso che dovrebbe spiegarci come e perchè sono importanti le tabelle. 
Sto iniziando a guarire (no in realtà ho ancora la tosse, ma non mi riferivo a quello). Il mio prof di Teoria dei Sistemi (esame già svolto, non so come, chiedete a duli per queste cose) dice che i ricordi di ogni uomo tendono asintoticamente a zero col passare del tempo.
Questo blog è seguito sempre dalle solite persone, più qualcuna in più. Questo mi fa piacere, quando si è troppi a mangiare poi c’è troppo poco da mangiare. E a me piace mangiare, da matti. Mamma ha finalmente rinunciato all’utopia di farmi superare i 60 chili, e io quasi quasi per dispetto sono tentato di superarli.
Doveva parlare di cose insignificanti (Minciati cù l’uossi aruci è giusto un paradosso: non esistono ossa dolci, le minchiate più minchiate che esistono insomma) ma poi mi sono innamorato. E m’è presa la sindrome di Ivan (appena definita così) e tutto il mondo ha iniziato ad assumere un aspetto meraviglioso. E anche adesso è ancora così, come essere ubriachi anche senza bere. 
Sto leggendo un libro che tratta di numeri primi, quel tipo di numero che può essere diviso solo per sè stesso e naturalmente per uno. C’è molta magia nel campo della matematica dietro questi numeri, e le persone che nel passato hanno studiato tali numeri sono anch’esse magiche, talvolta bizzarre ma sempre uniche. E una frase mi ha così tanto colpito che in realtà è stata lei, la frase, a convincermi che fosse ora di scrivere.
“Ci sono un sacco di cose che giacciono sulla spiaggia e che non vediamo finchè qualcuno non ne raccoglia una. Allora, quella, la vediamo tutti”

E’ una frase di una donna, una delle uniche (favoloso errore, una delle uniche) donne matematiche riconosciute: Julia Robinson.
Non so perchè ma questa frase è magica, come il mistero dietro i numeri primi. Ogni discorso potrebbe iniziare con questa frase, e proseguire in modi variegati. Io non ho ancora deciso quale discorso della mia vita far iniziare con questa frase, ma ho in mente qualcosa. Come la foto che appare in alto.
Si sono io, anche se il mio culo sembra più grosso. Sergio dice che me l’ha pompato con qualche sua diavoleria. Ma oltre a questi discorsi anatomici mi piace l’idea di essere su dei binari. Con un piede, con l’altro faccio quel che voglio. Scarpe di ginnastica, jeans e capelli sparpagliati. Come vorrei essere per tutta la mia vita. Culo rivolto al passato e un infinità di futuro davanti a me. Chissà cosa c’è alla fine di quei binari, se incontrerò tram guastati o se ci saranno altri controllori a farmi le multe per eccesso di furbizia. Il passato è così vicino (il pezzettino di rotaia dietro il mio culo), non scordo quello che ho fatto: sono un flip-flop insomma. E c’ho molto pane e cipolla da mangiare, per diventare grande grandissimo. E chiaramente sono ben disposto a smentire i teoremi dell’ordinario. Un flip-flop ribelle che mangia la cipolla (questo è un flip-flop).
Vi hanno mai detto che due rette parallele non si incontreranno mai? Che due persone apparentemente inconciliabili non si uniranno mai? Perchè allora quei binari lì, alla fine della loro strada, si sfiorano, non vedete anche voi come danzano felici? E duecento post in questo piccolo blog non potranno mai bastare per spiegare la vita di quei due binari, del perché poi hanno deciso di unirsi a ballare all’infinito è meglio non provare neanche a parlarne. Ci sono momenti in cui si deve finire di raccontare, momenti in cui bisogna solo ascoltare.

231.584.178.474.632.390.847.141.970.017.375.815.706.539.969.331.281.128.078.915.826.259.279.871 è il più grande numero primo che si conosca. Non ha saputo dire su due piedi a chi importasse.

…come questi duecento interventi. Al prossimo racconto allora, per chi importa :)
P.S In realtà era divisibile per 47, ma è così importante dirlo dopo per chissà quanto tempo avranno calcolato quel numerone?

Gli amici maschi spaccano

La cosa bella degli amici maschi è tante cose belle. Ma proprio tantissime. Posso portare per esempio che ad un amico maschio puoi dire …comunque devo andare a cagare mentre gli stai facendo notare che il desiderio più bello da poter esprimere è chiedere di innamorarsi della donna che sarà l’unica della tua vita. E lui non dice che schifo, ma ti domanda quanta puzza fa. Di fronte a questo atto universale mi sembra uno dei pochi dubbi sensati, oltre se è come quella di una pecora o di una gallina.
Oppure, altro esempio, con un amico maschio puoi vantarti di fare gli scorreggi più puzzolenti. E puoi incazzarti perchè lui ne ha fatto uno solo ma ha battuto tutti i tuoi -chiamiamoli così- sforzi.

Con le amiche femmine avresti dovuto mentire in entrambi i casi: “Hanno suonato al citofono, torno subito!” e la classica “c’è un pò di aria viziata”.
Del resto in qualche modo dovevo bilanciare l’intervento precedente? Quale migliore occasione che parlare di cacca? Popò…scusate!

Essere insignificante

In questi due giorni dopo che una canzone di Venditti (cazzo lo sapevo che ci sarei cascato nella sua trappola!) mi ha fatto regredire di ben due settimane di progressi, in questi due giorni mi è ripassato di nuovo lo stesso film per la testa. Che ancora una volta tento di censurare. Ci provo con Charlie Chaplin. Buonanotte Sicilia, ci rivedremo fra mesi. Buonanotte a noi, che sogniamo di andare lontano. Quando torneremo sapremo ridere dei nostri ricordi, e tutto allora sarà diverso. Che vita meravigliosa la nostra!

Ho perdonato gli errori quasi imperdonabili,
Ho provato a sostituire persone insostituibili

E dimenticato persone indimenticabili

Ho agito per impulso,
sono stato delusa dalle persone che non pensavo lo potessero fare,
ma anch’io ho deluso.

Ho tenuto qualcuno tra le mie braccia per proteggerlo;
mi sono fatto amici per l’eternità.

Ho riso quando non era necessario

Ho amato e sono stato riamato,
ma sono stato anche respinto.
Sono stata amato e non ho saputo ricambiare.

Ho gridato e saltato per tante gioie tante
Ho vissuto d’amore
e fatto promesse
di eternità,
ma mi sono bruciato
il cuore tante volte!

Ho pianto ascoltando
la musica o guardando le foto

Ho telefonato solo per ascoltare una voce
Io sono di nuovo innamorato di un sorriso

Ho di nuovo creduto di morire di nostalgia e…
ho avuto paura di perdere qualcuno molto speciale

…ma sono sopravvissuto!

E vivo ancora !
E la vita, non mi stanca…
E anche tu non dovrai stancartene.
Vivi!!

E’ veramente buono battersi con persuasione,
abbracciare la vita e vivere con passione,
perdere con classe e vincere osando,
perchè il mondo appartiene a chi osa!


LA VITA E’ TROPPO BELLA
per essere insignificante !

L’ultimo giorno di lavoro

Ieri ultimo giorno di lavoro. Ed è stato più sconvolgente del primo, più “raccontabile” di tutto gli altri giorni di lavoro di queste due settimane. Sembrerebbe tutto normale, inizio alle 22-stiramento della colonna vertebrale su un letto per le 6:30 (dopo aver fatto colazione con latte e biscotti chiaramente).
Le cose importanti sono tutte successe in quelle 8 ore di estenuante lavoro.
A inizio serata finito il mio lavoro in sala mi sono prodigato ad aiutare la povera Michela, cambusiera. Mentre stavo togliendo il bianco dagli spicchi di mandarino Antonella, l’accompagnatrice ai tavoli (e non solo…), raccontava come s’era fatta regalare per il suo anniversario di fidanzamento un paio di scarpe. Seguiva una digressione con l’altra cameriera sui metodi per far capire al compagno come e cosa farsi regalare. Io al solito mio ascoltavo, non annuivo nè sorridevo: sbucciavo i miei mandarini per i fatti miei. Ma quando il cane non abbaia è il padrone a infastidirlo, così Antonella mi rivolge la parola:

Lei: “Zittu zittu Gioele è un fimminaru…vero?  Mio nonno lo dice sempre: t’ha scantari ri chiddi cà nun parranu”
Io: “Uhm…eh..si, coff coff (sono raffreddato da giorni)”
Lei: “Ce l’hai la zita Gioele?”
Io: “Si” [No, ho detto si? Perchè cazzo ho detto si? Ma che…cosa? spero non domandi altro..]
Lei: “E’ modicana?”
Io: “Nono, non è siciliana” [Ma cazzo continuo. Muto muto! Pipa Pipa, ma che minchia m’è preso…c’ho la bocca che ha problemi di connessione? Mah…speriamo si fermi qua!]
Lei: “Hai visto Gioele zittu zittu…”

Fortunatamente i mandarini si esaurirono e io scappai da quell’interrogatorio che stava mettendo in crisi cervello cuore e bocca in un sol colpo.
La capo del mio capo ci convoca tutti in sala, il locale sta aprendo. Vuole cambiare le coppie di lavoro per variare un pò e poi non vorrei che l’ultimo giorno Gioele…
Cosa Cosa? cosa potrebbe capitarmi l’ultimo giorno? Non lo sapremo mai perchè non terminerà la frase.
Le ore scorrono veloci, all’una la pista è ancora deserta mentre i tavoli iniziano a riempirsi. Al privè si accomodano i soliti figli di papà, quelli che per l’epifania in dieci hanno speso circa 700€ a vodka e champagne. All’una e mezza già non si può più passare, la gente si è scatenata al ritmo di musica. Musica che a me fa giusto muovere il ginocchio a ritmo, magari con qualche consumazione muoverei anche l’altro.
Dalle 2 alle 3 è l’orario critico. La gente ha solitamente già preso la prima bottiglia e adesso ne vuole ancora. A me e al mio primo capo spettano 5 tavoli. Non sono molti, ma bisogna considerare che per raggiungerli bisogna attraversare per intero la pista da ballo e che oltre al servizio ai tavoli ho la responsabilità di raccogliere i bicchieri che la gente sparge per il locale.
Ecco puntualmente in queste ore il mio capo cameriere (che tengo a dirlo ha il mio stesso ruolo) inizia a fare il pagliaccio, scrocca un bicchiere di ogni bottiglia che stappa e inizia a scherzare con le signorine. Ieri a un certo punto l’ho visto in ordine in consolle che ballava-in cucina con il rossetto di qualcuna stampato ovunque sulle sue labbra (sembrava il suo…)-seduto su un divano dicendo di non farcela più. In più ho trovato un altro ragazzo addetto alla pulizia del locale (i bicchieri sono molto fragili, figuriamoci in mano agli ubriachi che pretendono di ballare) che si era nascosto dietro un divano, seduto fumandosi una sigaretta. E io ignaro di tutto questo chiamavo la capo del mio capo (che si strusciava con le femmine) chiedendole di mandarmi aiuto, che c’era da sparecchiare il 4 il 5 e il 6 e che il 7 lamentava una bottiglia di vodka mai arrivata. E il mio capo toccava le tette a qualche troia. Quando poi un mio ex compagno delle elementari con cui ho sempre litigato per la contesa di una ragazza (e poi è un figlio di papà, che non studia e non lavora=merda) mi ha fatto inzuppare tutto il cravattino in un bicchiere di champagne non c’ho più visto. Ho richiamato la capo del mio capo e le ho detto che a fine serata dovevo parlarle. Mezz’ora dopo la situazione era invariata, io sembravo la pallina in un incontro Nadal-Federer e il mio capo per rimanere nelle similitudine era l’attore protagonista di “Tutti gli uomini preferiscono Selen”.
A un certo punto sarà il maledetto raffreddore che mi fa tossire come un vecchio da tre giorni, sarà che non si respira con tutto quel caldo e sarà quel fumo che usano nei concerti che rendeva l’aria irrespirabile…sarà come sarà ma sono dovuto uscire fuori per non tramortire al suolo con una crisi respiratoria. Mentre ero intento a tossire tutta l’aria che avevo nei polmoni la capa mi vede, mi dice che adesso è lei che mi deve parlare e mi toglie il vassoio dalle mani. Licenziato per qualche colpo di tosse?
Ci sediamo in un divanetto e allora senza che lei apra bocca le dico ciò che ho meditato in tutta quella sera. Zittu zittu fino a un certo punto, buono si babbu no. Le dico che non mi sono fermato un attimo, che “c’è gente che fuma, gente che s’imbosca e gente che balla”. Le dico che io sto facendo la mia ultima giornata di lavoro in quel posto, ma che questo non cambia il motivo della mia collera. Non si prendono dei soldi per ballare, o per stare seduti. I soldi li metto in tasca se sudo, se quando torno a casa ho le gambe doloranti e la coscienza pulita avendo dato il massimo.
Lei mi risponderà che vede tutto, sa chi non lavora e chi lavora. Mi ha visto che “ho spinto tutta la serata”, che non mi sono fermato e che “forse faccio troppo”. Che purtroppo alcuni ragazzi le sono stati imposti dai suoi superiori, e che conosce i limiti del suo personale. Parliamo per un venti minuti buoni, lei mi dice come la pensa riguardo il modo di lavorare. Le racconto delle mie esperienze lavorative precedenti, quando prendevo a quattordici anni 25€ per lavorare 11ore consecutive (senza pause neanche per la tosse: epica quella volta nel 2006 che lavorai con la colite), quando il mio datore di lavoro si nascondeva dietro la porta per trovare il pretesto per sbraitarci. Le dico che io voglio dar il massimo di me, voglio lasciare la migliore impressione possibile e che non riesco a stare seduto se c’è del lavoro da fare. E se sono pagato bene, e se ne ho necessità non mi fermerò finchè il lavoro non si sarà esaurito.
Finita la chiaccherata mi sento più sollevato: mi ha detto che sa quanto lavoro, l’ha visto, m’ha visto spingere ininterrottamente dall’una fino alle quattro. Mi stanno riconoscendo i miei meriti, e non c’è combinazione di oki e RedBull che possa farmi sentire meglio. Anche se per la tosse mi sono dovuto ingoiare una quantità schifosa di caramelle alla menta.
A fine serata, le 6 del mattino, dopo aver preso la mia paga e aver messo la firma faccio il giro di saluti. In realtà solo il proprietario e la capa del mio capo sa che sarà l’ultimo giorno di lavoro lì. La mia capa mi abbraccia sinceramente, non me l’aspettavo, mi dice che le ha fatto piacere lavorare con me, che andrò lontano e che queste situazioni lei le ha vissute prima di me e sa cosa si prova.
Ma è il proprietario, nonchè capo della mia capo del mio capo, che mi lascia di stucco. E’ un maschio quindi mi stringe la mano, senza abbracci. E mi dice hai fatto davvero un ottimo lavoro. Hai lavorato in una maniera ottima, quando tornerai passaci a trovare, ci sarà sempre lavoro per uno come te. Veramente complimenti, hai fatto un lavoro eccellente. 

I love shopping

Oggi giornata di shopping. Eh? Io shopping? No beh c’era anche la mamma, che m’accompagnerà da contratto fin quando non passerà il testimone a un’altra donna (qualità da inserire nella lista della “Donna per me, how to”).
Si è stato così, e sono pure alquanto soddisfatto di ciò che ho comprato. C’era questa opportunità, un negozio che faceva gli sconti. Uno di quei negozi che per entrare devi suonare (e chissà se ti apriranno…) manco fosse una gioielleria, manco fosse una banca. Quando mia mamma ha preso a casa un maglione da 400€ abbiamo capito l’andazzo.
Alla fine per meno della metà del valore di quel maglioncino (che io avevo impunemente etichettato da vecchio (cazzo era marrone chiaro e marrone scuro, coi rombi dappertutto)) ho acquistato un completo di Enrico Coveri ( l’ho appena cercato su google a testimoniare la mia familiarità con questi cosi) e un maglioncino rosso di Rodrigo o qualcosa di molto simile.
La novità è che ho comprato un pantalone invece che un jeans, sto proprio diventando un vecchio. Altra novità è che non è colore jeans ma questo credo sia giusto dato che non è un jeans.
Il commesso dice che c’ho le cosce piccole. Dammi sei mesi e tutti mi diranno quanto ce l’ho grosse, le cosce.
Il tutto in meno di un’ora, con tanti cambi quanti capi acquistati, indolore. Lo shopping dovrebbe essere così: guardi quello che vuoi, se ti piace tantissimi provi la tua taglia, se ti continua a piacere anche su di te allo specchio allora acquisti. Ed esci dal negozio. Tutto il resto è soltanto del tempo violentato e sottratto ad altre attività più interessanti, meno scomode e sicuramente più economiche. Cazzo tre giorni di lavoro per due maglioni e un pantalone. Però sono belli.

Un feroce bandito

Stanotte ho pensato tanto e poi ho sognato tanto.
Stamattina mi sono svegliato e sembra che sia tutto normale. Oggi l’ultimo giorno di lavoro e poi si viaggia per le vie di Milano, peccato qua in terronia avanzata c’è tanto sole e l’inverno pare si sia fermato a Reggio.
Poi mi sono ricordato di cosa avevo pensato ieri.
Pensavo a una canzone di Vecchioni, canzone che però non è possibile neanche nominare. E’ così importate il ricordo che ne ho che rimarrà nascosta nella coscienza di solo due persone.
Poi ne ho pensata n’altra che ascoltavo ieri mentre mi vestivo di tutto punto. Un verso di quella canzone fa così:

“…fu antica miseria o un torto subito a fare del ragazzo un feroce bandito…”
Ho pensato a delle importanti parole che riguardano me, il mio carattere e di come l’ho costruito.
Forse è così che mi faccio forza, ricordando da dove sono partito, che cosa ho vissuto. 
E’ un gioco pericoloso, a volte rischio di restare schiacciato dai miei stessi incitamenti. Ed è questo che talvolta mi dicono, che la mia rabbia è pericolosa innanzitutto per me stesso. Ma tutti abbiamo dei giorni tristi in cui riusciamo solo a buttarci giù. E io in quei momenti mi ripeto che ho avuto il vento contrario, che ce l’ho ancora e che sarà sempre così. Magari non è del tutto vero ma stranamente la cosa mi da la forza di reagire. Non nei modi corretti talvolta ma del resto quali sono i modi corretti?
Feroce bandito, mi piacerebbe che mi calzasse a pennello. Per il resto nessun problema.
Poi ho pensato ad altre due o tre cose, e infine mi sono addormentato.