Archivi del mese: aprile 2012

Del perché povero, in fondo, io non lo sono affatto

Mi piace lamentarmi, mi piace sentirmi vittima, colpito da qualcosa grande, più grande di me che mi batte e mi sbatte ma alla fine, come se fosse un film americano, io vinco. E dico nella mia biografia, e lo farò statene certi, e pensare che io sono figlio di contadini. Fantastico nel pensare che i giornali di gossip alla ricerca del mio passato troveranno il mio blog e mi esalteranno per la mia forza d’animo. Poi ci saranno quelli che diranno che sì ero determinato ma in fondo una volta rubai pure una bicicletta. Per non parlare di quel gesto egoistico che aveva rovinato il panorama di una delle città incluse nell’area protetto dall’Unesco più vasta al mondo. Cioè, non è che fui proprio uno stinco di santo. Ma manco una cistifellea per intenderci…
Sarò scemo, byronista o vittimista ma, sebbene non 24 ore al giorno, ho un lucido contatto con la realtà. Ho ripensato all’ultimo post, l’ho sognato la scorsa notte e ha occupato il mio cervello nei momenti di pausa. E per dimostrarvi(-mi) che riconosco ciò che ho e non lo rinnego ecco che tiro giù una lista che mi farà sembrare il primo dei fortunati. E chissà, e chissà…

  • Scrivo da un MacBookPro 13”, c’è connesso un HD da 280GB e un paio di cuffie da 30€;
  • Ho una fotocamera e un obiettivo da più di 1000€ e proprio ieri ho comprato una fondina e una cintura (120$) da aggiungere al mio personale equipaggiamento da fotografo amatore;
  • Scrivo dal Canada, ho vissuto qua 6 mesi e per quanto ne so adesso lo farò per altri 2 mesi. Ho visto la Groenlandia durante il viaggio in aereo e ho vissuto emozionantissime avventure in questo periodo: caccia a nord dell’isola di Vancouver, tour al museo di Sidney e all’istituto di Scienze oceaniche dove lavora Joe. Sono andato a sciare sui monti Washington e presto vedrò Seattle e Vancouver;
  • Ho un giubbotto e una cappotto da circa 300$, ho delle scarpe stilose e un blazer da svariate centinaia di €. E questo solo per citare i pezzi forti del mio guardaroba, che include svariate camice (qualcuna firmata) e maglioni apprezzati da chi me li ha visti indossare;
  • Mangio un burger ogni settimana circa, due tre volte al mese;
  • Ho la possibilità di utilizzare una Ford Fusion full-optional da 40000$ e vivo in una casa che se fosse venduta varrebbe non meno di cinquecentomila dollari;
  • Ho vissuto per tre anni a Milano, studiato e terminato con ottimi risultati il prestigioso Politecnico di Milano. Ho conosciuto gente che mi ha aiutato nei momenti di difficoltà e gente che mi ha fatto conoscere le sorelle (e non parlo di Daniele),ho lasciato conoscere il perché a molte mie domande;
  • Ho comprato una televisione e un decoder e per un anno sono stato abbonato a Mediaset Premium (anche se il segnale non era perfetto ho passato degli ottimi pomeriggi a Milano nel vedere la mia Inter vincere scudetto, Champions, Coppa Italia e quant’altro;
  • Ho una mamma e un fratello che mi amano e un papà che ci prova;
  • Ho da poco acquistato un appartamento che finiremo di pagare fra 20 anni ma intanto ci si ha i termosifoni e la cucina figa;
  • Ho una salute che un pesce al confronto sembra un malato terminale di cancro alle branchie;
  • Ho risparmi in banca che mi permetterebbero un acquisto di un auto usata o di fare il viaggio della vita per qualche settimana;
  • Ho uno zaino da 110€ e ne ho acquistato uno qualche giorno fa da 60$, solo perché sarebbe stato più comodo nei miei viaggi in bici;
  • Ho due cellulari marcati nokia che sono costati entrambi 400€ (uno nel 2004 e uno nel 2007). Mi appresto ad acquistare un Iphone 4S da 649,99$ come regalo nel caso dovessi ottenere una internship;
  • Sto per ricevere (FORSE) una offerta d’internship con una prestigiosa compagnia conosciuta in tutta il NordAmerica;
  • Sera mi ha prestato una bici da un paio di centinaio di dollari a cui ho acquistato un lucchetto e catenaccio da 35$ e un copertone anteriore da 40$;
  • Sono bello abbastanza dal poter rifiutare “l’affetto” di un paio di svizzere, due brasiliane e qualche asiatica (ma queste non fanno testo, hanno un debole per noi occidentali).
  • Se volessi domani potrei avere ospitalità in paesi come Svizzera (in tre cantoni diversi), Brasile (stato di San Paolo, di Santa Caterina, Minas Gerais e uno stato del nord Brasile di cui non ricordo il nome), Corea del Sud, Giappone, Taiwan, Turchia, Francia del Nord e Costa Azzurra;

Nel mondo la gente muore perché ha fame, perché ha freddo, perché è sola. Dichiararsi povero sembra un insulto a questa gente, stilare una lista come quel che ho appena scritto rende il peccato ancora più grave. Ma se commisuriamo il tutto all’ambiente in cui ho vissuto (una nazione ricca come l’Italia), paragoniamo la mia esperienza di vita a quella dei miei compagni di scuola e generici (generalmente benestanti) io risulto meno abbiente del figlio del dentista, del figlio del ristoratore, del figlio di professori, del figlio di dipendenti comunali, del figlio di giornalisti. Ed è in questo contesto che ho sviluppato quel fuoco di tenacia e ambizione che mi porta a sognare di diventare ricco. La povertà che mi ritraggo addosso nei momenti di sconforto è la diavolina che incendia i miei sentimenti, l’alcool che non permette ai miei sogni di spegnersi, la benzina che mi porta ad essere migliore di te. Sebbene sia nato mediocre.

Per il resto della mia vita, giuro che lo sarò

Si ritorna per un attimo ad un post con del significato, un post personale ma che involve parte di quello che ho sempre raccontato: me. L’avevo detto sin dall’inizio, la mia idea del blog è la mia. Nel senso che è di me che si parla e sono pronto a sfidare tutte le conseguenze che ne derivano, alcune recentemente rivelate.

Prendiamo la situazione di petto. Sono una persona mediocre, non ho particolari abilità da segnalare. No davvero, niente. E ne ho già parlato qua, qua e qua in tempi e situazioni diversi. Dopo averlo capito non ne ho mai fatto mistero, non sarebbe stato d’aiuto a nessuno. Ma, sebbene membro dell’A.M.I (associazione mediocri italiani) io mi contraddistinguo nel mio personalissimo club per ambizione e determinazione. Ma questi valori sono dei fattori derivati dall’ambiente in cui sono cresciuto. Sono nato povero, sono cresciuto povero e solo di recente ho appreso (o forse realizzato?) che, sebben membro dell’A.P.I (che non Algoritmi e Principi dell’Informatica, né tantomeno Alleanza Per l’Italia), ho avuto delle fortune che ben pochi hanno potuto solo immaginare. Ma sono cresciuto con quel senso di colpa che mi portava ad accendere solo una lampadina su due in bagno, che mi faceva rinunciare a Lugano e che mi ha fatto mancare la gita con le brasiliane sulle Rocky Mountains. E’ una colpevolezza con cui sono nato, un marchio che non ha niente da invidiare a quella voglia sul mio inguine (destro o sinistro? questo è un segreto da massoneria!). E’ un marchio di cui vado fiero perché tanto a vergognarsene ce se ne caverebbe ben poco. Fin dalla primina Federico(con cui oggi ho pareggiato a fantacalcio) mi chiamava “‘u campagnolo”. Forse puzzavo di campagna, lui sì che profumava, il figlio del dentista. E questa mia fierezza si strugge e si mostra in tutta la sua pienezza nelle sue due facce. Nel rendermi una persona migliore e, talvolta, una peggiore. E’ quella povertà che mi ha spinto a iscrivermi a Ingegneria a 18 anni appena compiuti, che mi ha fatto iniziare a lavorare nel marzo 2003 durante il derby Milan-Inter. Che mi ha condotto verso una stile di vita assolutamente salutista (o salutario? o saltuario? italiano, mah…), che mi ha portato a pensare una ottantina di volte prima di un acquisto di qualsivoglia genere e che, infine, mi ha condotto nell’odiare lo shopping (della volpe e l’uva è stato detto abbastanza, ma questo post sullo shopping e sull’amore ai primi tentennanti passi lo conoscono in due persone: pinocchietto alla riscossa sfogo beckstiale).
La mia povertà mi ha portato a desiderare il successo (o quantomeno i soldi che ne derivano) come un pesce fuor d’acqua, rantolandosi e battendosi con ogni forza rimasta, sogna di riguadagnare l’acqua. Ho una cosa in più rispetto ai miei amici, rispetto le persone che conosco. Quella cosa che mi porta a dire “fanculo l’Italia e gli affetti io vado dove il lavoro mi chiama” non è che mi venga difficile, non sono da lodare: è ciò che ho desiderato ogni volta che dovevo sognare qualcosa per addormentarmi durante il noioso sonnellino pomeridiano, è ciò a cui pensavo durante l’attesa in fila dal dottore e ciò che ho ambito durante ogni interminabile camminata che m’avrebbe condotto nell’aula dove si sarebbe svolto l’ennesimo anonimo esame. Diventare ricco è quello che rispondo a chi mi chiede il senso della mia vita e sono consapevole che ricco non lo sarò mai fintanto che avrò quella sensazione che potrei facilmente chiamare il senso di colpa del povero. E io povero lo sarò per sempre, perché sentirmi povero in fondo mi piace. Mi fa sentire il migliore in qualcosa, mi fa sentire diverso e inferiore a loro, quegli altri. Li guardo, li disprezzo, li odio. Stringo la mandibola dentro ma loro non lo sanno, li guardo e mi so che saranno pure più ricchi adesso ma quel ragazzo nell’angolo ha qualcosa che non hanno mai avuto e che forse non avranno mai. E loro, gli altri, sono i miei migliori amici, parenti vari, svizzere che girovagano per il nord-America e gente che leggo on line.
C’ho quella cosa dentro di me che non mi fa sentire un bastardo nel rubare una bicicletta e che non mi farà sentire mai un bastardo nel togliere agli altri per dare a me, per farmi ricco. Robin Hood non è un concetto che ho portato io nelle videocassette dei bambini piccoli ma io posso dire che ognuna delle centinaia di volte che l’ho guardato c’ho trovato gusto. Sono razionalmente consapevole dei disagi che tale ricerca sfrenata di appagamento possa recarmi, pare che abbia pure spaventato gente con la mia ambizione. Tempo fa lo faci con gli occhi, c’era il muro ed era un altro me. Ma vaffanculo, se è un bastardo che diventerò io lo sarò e proprio adesso sto ridendo senza aprir le labbra. Chissà che si prova a sentirsi povero da ricchi, un giorno son sicuro che ci scriverò qualcosa su.

”Vorrei ringraziare i miei genitori a Vergaio, un piccolo paese in Italia, grazie mamma e babbo. Loro mi hanno dato il regalo più grande: la povertà; e li voglio ringraziare per il resto della mia vita.”
[Roberto Benigni, Los Angeles, Premiazione Oscar, 1999]

Il processo di assunzione a “quelli del gps”

Traduco per esercizio e per vostro servizio la pagina dedicata al processo di assunzione nella compagnia per cui sto combattendo (o faitando come dice la zia Serafina nel suo siculinglish) per farmi assumere. Giusto per farsi un’idea delle differenze. Nella traduzione preferirò sostituire le espressioni per renderle meno ridicoli, non sono un traduttore perciò commetterò sicuramente errori linguistici. Inoltre ciò che trovate fra parentesi e sottolineato è ciò che non sono riuscito a tradurre propriamente. Consigli e suggestions sono ben accettati! Inoltre “quelli del gps” è la nostra parola segreta per riferirci all’azienda di cui parlo.

Processo d’assunzione
La concorrenza a volte osserva il nostro sito web cercando di capire i nostri segreti. Il nostro programma/processo di reclutamento è così. Attrarre e trattenere persone stupende è tutto; un’organizzazione deve essere capace di identificare persone stellari (stars) o potenziali stelle (e quindi essendo veramente capaci in modo che loro si uniscano e contribuiscono per la loro miglior carriera a lungo termine). 

E’ facile assumere velocemente, ma è difficile assumere bene. Quelli che capiamo è che persone al top vogliono lavorare con persone altrettanto al top. Il nostro processo cerca di separare magnifiche persone che creeranno profitti e porteranno stupendi risultati a “quelli del gps” da quelle persone che creeranno profitti e porteranno risultati da qualche altra parte.
Cerchiamo ruoli secondo specifici insieme di competenze (skill-set), vasta esperienza e conoscenza generale. Altre sono ruoli più agli inizi di carriera, provvedendo ai candidati un’opportunità di imparare e crescere . Alcuni ruoli sono nella via di mezzo. Il filo conduttore è il tipo di individuo che cerchiamo.
Noi cerchiamo intelligenti, poliedrici individui che capiscano l’importanza della differenza fra A e A+ (suggerimento: si tratta delle piccole cose). Avere un’abilità di pensare sia da soli che come parte di un team è fondamentale. Sei curioso, non spegni il cervello quando esci dalla porta. Non sei un servo del tempo. Tu vuoi che la tua vita abbia un senso, la mediocrità ti spaventa.

Cosa ti aspetta
Mentre la parte dei colloqui di lavoro potrebbe cambiare in base al tuo background e in base alla posizione considerata, se ti invitiamo ad esplorare le possibilità con noi seguendo la tua applicazione iniziale, ti puoi aspettare un processo di colloqui che è probabilmente più accurato di qualsiasi cosa tu abbia mai vissuto. Rappresenta un investimento per entrambi, ma noi crediamo profondamente nel valore del nostro approccio per assicurarci che gli uni siano in grado di fare la necessaria ricerca sugli altri per rendere sicuro un ideale e mutuo inserimento (fit).

  • Application
    Invii una lettera di accompagnamento e un curriculum. Se siamo positivamente sorpresi e vediamo un potenziale inserimento, faremo la nostra telefonata introduttiva.
  • Telefonata introduttiva
    Usiamo questa iniziale conversazione per parlare, fare qualche domanda l’un l’altro e assicurarci che sarà un buon investimento di tempo per entrambi nel procedere con un colloquio.
  • Colloqui
    Il nostro processo di colloqui ti darà una opportunità di conoscerci meglio, il nostro lavoro, e di incontrare alcuni di noi. Noi avremo anche l’opportunità di conoscerti meglio, i tuoi interessi in “quelli del gps” e seguire un processo strutturato che usiamo per misurare e valutare il tuo potenziale nel contribuire attivamente al successo di “quelli del gps”.
  • Seguito
    Se il colloquio va bene, ci metteremo d’accordo in modo da parlare con le tue referenze. Potremmo richiedere la copia ufficiale del documento che riporta le valutazioni della tua carriera accademica (transcripts) (in base a quando ti sei laureato) e potremmo avere una o più conversazioni, incontri o richieste.
  • Offerta
    Questa tipicamente è la parte del processo che tutti preferiscono. Faremo una offerta e il contratto di lavoro per la tua revisione. Se sembra accettabile (looks good), lavoreremo con te per assicurarci un vincente inizio di ciò che speriamo sarà una carriera che a ripensarci sarà qualcosa che non avresti scambiato con nient’altro.
Ma "more smarter" non era sbagliato?

Giorno 17 Aprile (Mount Doug Trip) + L’ennesima svizzera

Scrivere un post dopo quello che precederà questo è sempre una cosa difficile, ci sono dei post in questo blog che considero – pur tenendo conto tutto l’impegno ad essere obiettivo – dei capolavori, delle cose che se un giorno scrivono una mia biografia e trovano questo blog diranno “anvedi aoh!”.

Bene questo sarà un post un poco multimediale e persino interattivo, nel senso che ci saranno parole ma anche immagini, video e persino i dati gps della mia ultima scorrazzata in bici. Cioè, mi potete pure dire che sbaglio i congiuntivi ma no che non sono originale. Questo no!
Iniziamo con le anteprime. Simone dice che quello che ho fatto precedentemente è un vlog (non è uno sbaglio sebbene la b e la v siano vicini, vuol dire che un blog ma fatto da video, scemi!) e siccome l’esperimento non mi è dispiaciuto ho fatto un altro video in cui aggiorno quello che avrei dovuto fare oggi, che poi l’ho fatto pure ma questo ieri non si sapeva. Schiaffatevi questo video, breve promesso!

Adesso avete visto pure l’Io in abiti da ciclista (pure col caschetto eh, mica cetriolini e capperi sottosale!).
Mount Douglas è un’altura di appena 200 metri ma sono sembrati infiniti con quella bici. Cioè non sono affatto in allenamento, la vecchietta sessantenne a piedi mi stava sorpassando se non facevo lo scatto della disperazione. Il giorno era piuttosto nuvoloso e la vista non era delle migliori. In più era freddino, che il sudore si stava asciugando addosso (come amo inserire queste espressioni dialettali tradotte!). Ma è stata una esperienza spettacolare, in particolare la discesa che purtroppo non ho filmato. Ma c’andrò di nuovo solo solo per scendere di nuovo in quel sentiero. Vi faccio vedere qualche foto del monte, della vista e di me che faccio il minchione?

Se volete rivedervi le foto, scaricarle o stamparle come poster le trovate sulla pagina Canading, l’ultimo album ovviamente.

Ma, dulietta ora gli piglia il colpo, pensate che con tutto quel ben di dio di natura alberi e rami sarei rimasto coi piedi per terra? Ma quando mai, io sono fatto per fare le minchiate (sebbene indossando un caschetto che sono in Canada ed essendo di tanto in tanto responsabile). Altro video per far incavolare dulIetta che il giorno che mi farò seriamente male dirà ti l’avia dittu iù. In quel giorno dovrò stare zitto e dire c’avevi ragione (se sarò morto mando un telegramma con tanto di stop!).
Sto giro il video ce l’abbiamo in HD che l’ho fatto con la nikon:

Finiamo il capitolo Mount Doug inserendo i link ai tracciati gps dell’andata e del ritorno. Raccomando altamente di non fermarvi alla schermata generale che vi farò vedere qui sul blog ma di vedere tutti dettagli (ci sta il bottone sulla mappa): potrete così vedere la mia velocità collegata all’altitudine e al posto in cui mi trovavo, scoprirete quanto è alto precisamente Mount Doug, che ho raggiunto un picco di 65km/h in quasi pianura e cosa è successo alla mia velocità quando ho iniziato a confrontarmi con la salita.

Per finire questo post parlando d’altro vi racconta della nuova svizzera. Diciamo che a quanto pare c’ho un debole per le svizzere. Quando poi questa è bionda, occhi chiari, piercing sul dente (avete capito no?) e parla italiano ho deciso che sarebbe stata un interessante modo per spendere un po’ di tempo invece che continuare a farmi i video da solo e a scalare i rami sul monte. Dopo la mia frase in tedesco (l’unica che so) in cui le dicevo che mi pareva attraente, dopo aver ricevuto lo stesso complimento pensai: questa è la volta buona. Ma no, invece. Come breve premessa devo dire che avevo capito che forse non sarei stato il suo tipo dopo essermi sentito dire che sa dov’è Milano perché ci va a far shopping (cioè questa viene della Svizzera per fare shopping a Milano? Sarà che non sono del giro…ma io non ci sto capendo niente!). Altra cosa che mi aveva insospettito era quel suo fare un po’ da mignotella che ha trovato un altro italiano pronto a darle soddisfazioni. Non che io sia contento a sembrare gay, non che ne avevo le intenzioni. Ma questa prima ha iniziato a credere che Sergio fosse la mia fidanzata (correntemente è lui la mia relazione sullo stato di fb) e poi, dopo aver spiegato il quiproquo grazie all’intervento di Sergio in persona pirsonalmente ha continuato a credere che io c’abbia la zita e che la stia tradendo con lei. Qui le cose sono due: o sta mentendo e s’è trovata una scusa (originale però la bionda, aggiorniamoli ‘sti stereotipi!) o io sono troppo bello che mica ci si può credere che sia ancora sul mercato. Ed è qui che mi venne in mente una celebre battuta in un film di Celentano:
Sono così bello che ho dovuto ricorrere a un istituto di bruttezza.
Che dite? Possibile?

Il mio primo colloquio di lavoro con i controcazzi

Bene, i miei cari lo sanno già. A loro l’ho detto prima perché sono cari, nel senso che io care riguardo loro. Andiamo per passi ma in sintesi dato che seguiranno 36 minuti di video.
Oltre a imparare l’inglese, una volta arrivato qui, decisi che forse il Canada avrebbe potuto offrirmi di più. Così ormai da ben due mesi ho speso il mio tempo cercando un lavoro che non sia far succhi di frutta. Cioè, io ho studiato come un porco per tre anni per fare l’ingegnere. Questo è chiaro e auto-esplicativo (soprattutto la parte riguardo al porco). Durante questa ricerca ho suscitato l’interesse del Britanno (nome in codice, mi faccio misterioso), hiring manager di una compagnia che chiameremo d’ora in avanti…”Quelli del GPS”, Britanno che ha voluto prima la descrizione della mia laurea, poi dopo due settimane mi ha chiesto di sostenere un test e una volta avuto il risultato (un’altra settimana d’attesa) mi ha invitato ad avere un colloquio di lavoro presso i loro uffici. Chiaramente ho registrato ogni attimo dell’attesa e delle reazioni, sono momenti storici per la mia vita e un giorno li guarderò con mia moglie pensando ma quanto minchia ero scemo..iiiih e quanti capelli avevo!
Ora prima di fare i video avevo già in mente di pubblicarli qui sul blog (e questo sottintende un “metterci la faccia” al 100%) ma dopo averli fatti c’ho dovuto ripensare su. La tensione e il momento epico mi ha reso completamente onesto, quello che presto vedrete è il reale Gioele. Quello che ha ispirato il titolo di questo blog, minciati cù l’uossi aruci. Quello allegro e spensierato (tranne il primo video che ero cagato(cit.)), quello che parla una lingua che non è l’italiano e quello che mi piace di più: quello che fa ridere gli amici.

Attenzione: ho fatto i conti. Assumendo che una persona legga mediamente 400 parole al minuto, vedere questi video impiegherà un tempo pari a un po’ più 20 volte il tempo di lettura del post precedente. O se preferite, circa mezz’oretta.

Perché siamo più belli & Cose da insegnare: cultura generale!

Attenzione Attenzione, Acthung Acthung Mujito Obrigado Tu disc Wondershun. Eh, mò stacco il generatore di flussi di coscienza, giuro
Questo sarà un posto a capitoli, dato che è un po’ che non aggiorno.

Capitolo #1 – Dove lavoro
Finalmente vi posso mostrare il posto dove lavoro. Come premessa devo dirvi che è piccolino, non stupitevi. Ci troviamo dentro un centro commerciale nel cuore della Victoria bene, tra Governament Street e Douglas Street per intenderci.

Svelato il luogo dei misteri!

Possiamo notare l’immondizia vicino alla cassa, il casco per la bici che qua è obbligatorio sulla destra. Poi alla estrema sinistra i tre blender, frullatori (uno, quello del centro non si usa che è rotto).In alto il menù, ma fate bene attenzione, solo gli smoothies (frappè) nel menù giallo sono disponibile nel bicchiere più piccolo (14 ounces = meno di mezzo litro). Per il resto è tutto in large size, che s’intende ‘na botta di 70cc di frappè. Io non lo so come la gente riesce a finirselo. Infine una chicca. In linea d’aria, esattamente sopra i frullatori c’è l’erba che la gente acquista. Sembrano gli esperimenti che facevamo da piccoli con le lenticchie piantate nel cotone imbevuto, ma tant’è che costa 3$ a shottino!
Altra foto per mostrarvi il giusto spirito del lavoratore itagliano:

Minciati al lavoro (si fa per dire)

Qui da notare ci sono io. E la pulizia e l’ordine del locale che, come farò quest’oggi, avevo chiuso io.

Capitolo # 2 – Gli italiani sono più migliori
No che difendo la razza caucasica, ma si. Noi siamo ovunque, tipo il 15% della popolazione brasiliana (il 60% della popolazione di San Paolo (San Paolo, non Valguarnere Caropepe) è italiana). La nostra cultura, nel bene e nel male, è mondiale. Ma dopo alcuni esempi ritengo che siamo pure più sperti, che a tradurlo con “furbi” farei uno sgarbo al siciliano. Ma facciamo qualche esempio preso da delle normale conversazioni con i miei colleghi al lavoro:

  • Ma, quindi, fammi capire…voi avete ancora un papa? [Ora, dico io, non dico che devi sapere chi è l’ultimo papa(ma manco il penultimo) ma almeno il detto “Morto un papa se ne fa un altro”, almeno questo dovresti saperlo];
  • Io: Ci sono rimasti tanti Blushing Mango (ndr. nome di un frappè) quanti gli anni di Cristo. “E quanti sono?” [Era pure il giorno di Pasqua, ma come quanti sono? Scusa a Tombola c’hai mai giocato? Che hai fatto tu a Natale durante i primi decenni della tua vita?]
  • Io: “By the way, Scripta Volant Verba Manent” “What the hell are you talking about?(Che minchia stai dicendo??) [Latino è, cultura generale. Ti spiego. Nel mondo c’era il niente. Poi gli italiani hanno deciso di diffondere il verbo, hanno colonizzato l’europa, diffuso la civiltà e ucciso chi non si arrendeva. Poi, una volta che le basi c’erano tutte, noi del vecchio mondo vi abbiamo scoperto, abbiamo popolato le vostre lande (e ucciso chi non si arrendeva) e vi abbiamo reso i più forti del mondo prima che come i babbalucchi vi siete fatti fregare dai cinesi. Capisco che in tutto questo nel tuo liceo di provincia non hai avuto tempo per imparare il latino (del resti devi studiare, quanti quattro secoli di storia? Bestia sei io devo partire da millenni or sono), ma almeno dovresti sapere i motti generali. E se non quelli, imparate qualcosa di diverso. Chessò, avrai delle tradizioni? L’Hockey, dici? Padre Figlio e spirito santo? che dici? cosa faccio con le mie mani? Niente niente, lascia stare…cose europee!]
  • Oggi è venerdì, 13. Porta sfortuna! Io: Sai perché della diceria? No. Io: Perchè 13 erano le persone sedute al tavolo dell’ultima cena quando Cristo fu tradito (Sempre se l’hai capito che Cristo non è più vivo) e venerdì è il giorno in cui Gesù è stato tradito. Ah.

Io non è che credo in dio nella maniera appropriata. Ma un minimo di cultura generale sulle religioni ce le ho. E ho delle tradizioni che conosco, sebben superficialmente. E tu, mio collega, sei vegetariano? Pazzesco.
Una volta le chiesi: credi in Dio? Lei disse no. Fin qua ci siamo. Credi nelle medicine omeopatiche? Assolutamente sì, lei disse.
Perciò, tu credi ciecamente in qualcosa che è sicuro che non funziona ma non credi in qualcosa che non è sicuro che non esiste? Questo è quello che ho detto.
Ma subito dopo ho realizzato che mi trovavo in un negozio di frappè che vende l’erba che cura il cancro. Eh vibbè!

“Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano)”

Ieri notte mentre cercavo di trovare il sonno, ancora turbato dai miei recenti incubi, mi è giunto in mente uno dei sogni più terrificanti della mia infanzia. Ricordo chiaramente che Mattia non c’era ancora, quindi si parla degli anni precedenti al ’95. Dormivo già nella mia stanzetta ma facilmente mi trovavo a concludere la notte nel lettone, nel mezzo o nel lato della mamma. Insomma questo sogno, mi ricordo che era tremendo al punto che, in un pianto torrenziale, mi diressi verso il lettone. Mi ricordo la mamma che mi chiedeva con insistenza di raccontarle il sogno, io non volevo ma poi gliel’ho detto.
“..c’era un..LEONE che mi ha fatto bruuuuuaaaa“. “…e poi tu, mamma, sei caduta in una griglia, quelle nei marciapiedi”

Quello su cui ragionavo è quali atrocità mi hanno inflitto se adesso il mio peggiore incubo è il grigiore di una cella quando, dall’alto dell’innocenza di un piccolo bimbo, il re della foresta era la cosa più terrificante che potessi immaginarmi?


Last night  while I was trying to fell asleep, still worrying about my recent nightmare, it crossed my mind one of my most terrifying nightmares of my childhood. I clearly remember that Mattia wasn’t born yet, thus we are talking about the years before the ’95. I was already used to sleep in my bedroom but I was easily finishing my nights in my parents’ bed, either on the middle or on my mother’s side. So, this nightmare…I remember it was that scary that, crying my heart out, I moved to my mother’s bed. I remember my mother asking me insistently to tell her my dream, I didn’t want but at the end I told her.
“…there was…a LION, and it screamed to me bruuuuua” “…and then, mammy, you felt down in a grid, the ones in the sidewalks”.

What I was thinking is what kind of atrocities they have been committed to me if now my worst nightmare is the grayness of a cell when, from the top of the little kid’s innocence, the king of the forest was the scariest thing I could have imagine?
[Please tell me if I made mistakes]

Sedici anni: Nathalia e la galera.

Scrivo su questo blog, che si è aperto recentemente alla conoscenza di gente sconosciuta, una cosa intima, riservata, probabilmente da non condividere neanche con gli amici. Ho avuto un incubo la scorsa notte. A causa della, la chiamerei empatia, per una ragazza (identificata probabilmente in una brasiliana di nome Nathalia conosciuta qui in Canada e che comunque non mai avuto alcuna importanza per me) avevo commesso una serie di reati. La polizia mi cattura, mi mostra una lista con i miei reati commessi (qualcosa come incendiare qualche auto et similia) e a fianco gli anni di detenzione prevista. La somma aritmetica fa sedici anni. Sedici anni di galera. Da quel momento l’incubo è stato ancor più tremendo. Mia madre cercava di calmarmi, ma io ero devastato dall’idea di trascorrere sedici anni della mia vita in prigione. Come se fossi stato innocente ma non lo ero. Come se fossi stato vittima di una ingiustizia che però stentavo a vedere nella realtà (del sogno). Speculavo sulle cose che mi sarei perso nei successivi sedici anni di galera.
E’ stato tremendo, quando mi sono svegliato non mi ero ancora costituito.
E’ stato talmente profondo che sono stato inquieto e turbato tutto oggi e, sebbene ma la mia pura fede nel tangibile, ho ancora paura che questo sogno abbia significati che non sono capace di leggere.
E ho una paura tremenda che possa accadere di nuovo, per favore no.