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Della pensata che ho fatto dopo il mio viaggio in Italia

Questo post l’ho iniziato a scrivere in Italia, a Milano. Sul letto di Giulia, che ha ancora il piumino blu con le penne che escono di fuori di tanto in tanto. Il contenuto di ciò che avevo scritto, se ancora vi interessa, lo trovate in fondo alla pagina.
Adesso mi trovo in Canada e tutto è cambiato: non ritengo più attinente ciò che avevo scritto e perciò ho iniziato da capo. O daccapo che si voglia dire.

E’ proprio questo il punto. Chiunque mi abbia incontrato nelle mie due settimane spente in Italia ricorderà gli elogi che ho speso nei confronti del Canada e della vita che vivo qui. Sono diversi i fattori che hanno contribuito e sottoscrivo tutte le ragioni che ho spiegato alle persone incontrate. Ma adesso vorrei aggiungerne un altro che ho potuto notare solo grazie a una pensata che ho fatto dopo una conversazione avuta con Joanna.

Il Canada è il mio foglio bianco, la mia bella copia. Dove non ho ancora fatto errori gravi, dove la gente non mi conosce ancora e dove il mostro è ancora a bada. Qui la gente conosce un altro Gioele che si chiama Joel o Joe a secondo della persona a cui chiedete. Raramente ho vissuto giorni tristi qui, nessuno ha lasciato un segno. Neanche un segnetto, tutto è scivolato via. Dinamiche familiari, posti della memoria e amori del passato non esistono qui in Canada. Un oceano, foreste di pini Douglas e una miriadi di laghi hanno bloccato tutto ciò. E lo dico perché quando torno indietro, quando torno in Italia, quel mostro (che a questo punto potremmo chiamarlo il ‘mostro italiano’) torna in me. Il turbinio di emozioni, la testa pensierosa e la Rabbia.
Se leggerete ciò che sta scritto giù, capirete quanto sono importanti i posti in cui sono cresciuto, in cui ho vissuto. Avrò speso centinaia di euro soltanto per dare un’occhiata a quei posti e per imprimerli nella mia memoria. Perché in fin dei conti quel mostro italiano sono io, lo devo ammettere. Se oggi scrivo su questo foglio bianco è perché ieri ho pasticciato sul foglio di prima. E pasticciando pasticciando che mi ritrovo qui.

Quando torno in Canada tutto scivola via, torno pulito. Mi sento puro. Mi sento leggero. Non esagero, ve lo giuro sul mondo: sto bene. Sto bene sebbene sto a parlare dell’Italia appena ne ho l’occasione e sento il bisogno di pensarti, Italia. E quei posti pure. E le persone, che diamine di speciale avranno che non smetto di sentirmi attratto a coloro che hanno segnato la mia vita? Amici dell’università tutti, familiari buoni brutti e cattivi pure, amori vari e indefiniti: sappiate che quando c’ho un momento io vi penso e vi immagino, che tornate a casa stanchi e che lavate i piatti sperando che quel fine settimana fuori porta arrivi presto. Io non smetterò un attimo di ricordarvelo, che io esisto. Che non uscirò dalla vostra vita per quanto lontano potete essere: un pezzo di me lo devo a voi e perciò non posso lasciarvi andare. Semplicemente non posso.

Gioele, Joel, Jo, Joe.

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La gente non pensa come me. Vede tristezza in assenza di sorrisi e legge problemi in facce pensierose.
Io non sono come la gente. Come il Muro ha dimostrato, spesso, mi affeziono più ai posti che alle persone. Le persone cambiano ogni giorno i posti no. Ci sono posti che non cambiano mai e a volte anche persone che cambiano mai, anche se spesso cambiano.
Così io vado a salutare i posti e le persone che mi sono importanti, che mi hanno cresciuto e che mi hanno cambiato. E se i posti e le persone sono lontane io aspetto e aspetto anche la notte io aspetto, anche la notte quando ad aspettare a lungo vengono i crampi.
E non so cosa dire, io non so mai cosa dire. Le parole giuste ho fatto sempre fatica a trovarle. Ormai non le cerco più che tanto io non son capace a spiegarmi. Io non ho congiuntivi e non c’ho bisogno di rallentare il pensiero quando non dico le parole. Anche le parole aspettano. E quando finalmente i miei piedi si affiancano a quelli di quelle persone quando i piedi siedono sui posti, in quel fottuto momento il tempo si ferma. Dopo aver aspettato per anni il tempo è adesso fermo, e corre e sta fermo. Ho fretta, che succedesse se mi conoscesse davvero per quel che sono? Il tempo è fermo e io ho fretta. E i piedi miei, e le parole e la mente hanno perso il controllo. Ho rovinato questo momento? Ho fatto la cosa giusta? Correre, via da qui. Che se i piedi sono seduti sui posti, le ginocchia invece non si tengono più in piedi. Devo sedermi e cercare di ricordare tutto. Fissare tutto in memoria. Quella fossetta sul labbro e quel fosso nella terra, i capelli cortissimi e il pozzo che dentro c’è il bau. Ricorda, ricorda. Non scordare. Che già non hai le parole. Non puoi scordare anche i ricordi. Resisti. Aspetta

Ora, né prima né dopo

I understand how in this post I may not sound in full control of my mental abilities. The last person I have been with one day asked me if I was ever diagnosed with any attention disorder or speech difficulty. If I really had to have a disability I’d pick a damn good one, not any distracion-disease kind of thing. Anyway, being a good engineer I haven’t fully ditched the possibility of being medically insane.

Ho trovato nel mio vecchio grigio nokia delle note che scrissi fra il 2007 e il 2009. Prima e durante gli anni universitari, gli ultimi anni tra i più difficili che ho mai vissuto. Li riporto qua, senza filtri.

29 settembre 2007
Il disgusto, il suo “modo”. Ho la nausea.

30 settembre 2007
Preferirei essere una schifosa e fugace blatta che un uomo sconfitto in amore.
Preferirei essere vinto da una uomo con una spada che da una donna con una emozione.
Eppure continuo a vivere sconfitte inevitabili, gioie offuscate. Il dolore e l’amore necessitano ore e ore per potersi affermare con costanza. Tremendo!

10 Ottobre 2007
Non lo tollero. Sono triste anche quando c’è il sole. E piango insieme alla pioggia. Davvero triste

24 Ottobre 2007
Se non avrò riflettuto sulla caduta di una piuma mi uccideranno.

24 Ottobre 2007
La felicità è quell’istante in cui sogno e realtà coincidono.

26 Novembre 2007
Qualsiasi bomba prima di esplodere ha la pazienza di aspettare il momento opportuno.

04 Dicembre 2007
Non ho usato un bastone per imparare a camminare

30 Dicembre 2007
Gli uomini con la tristezza in cuore sono troppo pesanti affinché questo mondo li regga a lungo

30 Dicembre 2007
E’ più facile fermare una cascata che una triste lacrima. Ti riga il volto scalfendolo.

12 Gennaio 2008
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13 Gennaio 2008
Perché piangere per la mia vita miserabile. E’ la sola che ho. Pertanto la sola che vorrei avere.

14 Gennaio 2008
Vi sono innumerevoli quantità di diversità. Esplorarle è un istinto, danzarle fino allo sfinimento una saggezza.

14 Gennaio 2008
Un cerchio impenetrabile da qualsiasi membro esterno ad esso. Qualora si riuscisse a penetrare si corre incontro a due diversi rischi: distruggere l’armonia o, cosa ben peggiore, venirne incatenato divenendo parte necessaria e inscindibile

17 Aprile 2008
Beh ci sono abituato a esser scaricato da una all’altra parte, da chi non ti vuole a chi neanche si è accorto che esisto. Non è difficile trovare l’equilibrio, il più è mantenerlo. Il freddo di Monaco ha gelato i restanti pensieri.

13 Settembre 2008
Quando le giornate smetteranno di essere sempre nuove e piene di scoperte, quando la pioggia diventerà un’abitudine triste e non necessario momenti di riflessione, quando la gente sarà caos e non più “nuove opportunità”…Allora avrò nostalgia di casa, della mia casa.

25 Settembre 2008
Sei accanto a me, in un paese freddo, da circa 3 ore. Tanto dura il tuo sonno. Non so calcolare quanto tempo ho speso a guardarti…Non sono secondi o minuti…Sono emozioni e sentimenti…e questi non conoscono orologio che li misuri…Hai un’aria rilassata, un naso raffinato, delle labbra sottili…Quanto darei perché tu adesso potresti guardarti dall’esterno, coi miei occhi!

27 Settembre 2008
Si sono spenti…Come torce quando c’è troppo vento…I tuoi occhi non sono più neri, non ti trafiggono più come un tempo. Non sempre tutto va per il meglio: ma domani il vento cesserà, e il fuoco tornerà a brillare. Nei tuoi occhi.

27 Ottobre 2008
Su quell’hamburger di carne di seconda scelta solo un po’ di maionese poteva camuffarne l’odore. Ma costava 1.99€.
Decisamente troppo.

05 Novembre 2008
Si avvicinò un vecchio e sussurrò: “mi può prendere quella cosa…su quello scaffale…”.
Poi aggiunse: “Cosa vuol dir diventar vecchio…”.
Si scusò.
Si voltò e scomparì.

24 Marzo 2009
Vado in palestra. Milano. La desidero per me. In realtà mi sono invaghito di una filosofa. Credo sia quella che cerco da un po’ di tempo e che ho ritenuto d’averla scovata un paio di volte. Nulla è casuale. O forse no. Forse lei ha ritenuto me quello giusto, ma questa è solo un’impressione.
Verificherò il modello immaginatomi.
Sarebbe veramente la botta di vita, anche se già prevedo centinaia di impervie.

8 Aprile 2009
I segreti dilaniano il destino. E se sono stati pronunciati da donne lo insultano, lo frustano, lo stuprano.
E ammazzano la monotonia.

10 Maggio 2009
Il mio modello era scoglionato. Diciamo pure che le impervie ci sono tutte. Ora dovrò alzare le maniche e ergermi ritto:
inizia la scalata..

30 Giugno 2009
Privatemi del cibo per un mese intero, mandatemi in un deserto senz’acqua, fatemi lavorare di giorno e rinunciare al sonno la notte. Picchiatemi frustatemi e umiliatemi. Ma se avrò una donna al mio fianco -una donna da amare- io non mi lamenterò.

20 Luglio 2009
Se morissi ora, né prima né dopo, sarei soddisfatto di ciò che sono stato, di ciò che ho sognato, di tutte le mie sconfitte.
Ora, né prima né dopo.

FDC – 11

  • Pensavo che accadesse solo agli altri. Fatti hanno succhiato via la voglia di scrivere. Ma come dice la parola stessa, sono fatti. Passato. E’ passato.
  • Parlando di passato, ieri ho studiato il passato nelle mie lezioni di portoghese. Sì, sto imparando portoghese.
  • Parlando di passato 2: qualche giorno fa, forse ieri, ho visto una scena di un film. Normale un po’ violenta ma, come dice la parola stessa, da film. E ho capito che sono marchiato a vita. Sono entrato in panico, battiti cardiaci schizzati al cielo. Non c’è dimenticanza per ciò che più si ignora.
  • Torno in Italia il mese prossimo. Spendo una settimana al mio paese, un’altra quasi a visitare degli amici. Dell’università, quella che sembra ormai una vita fa per me ma che -per altri- è ancora la quotidianità.
  • Non hai fatto che metà del tuo dovere
  • Sono diventato un residente permanente del Canada. Un giorno scrivo come si fa.
  • Nel frattempo mi sono iscritto all’AIRE: Anagrafe Italiana Residente all’Estero. Pertanto ufficializzo il mio non pagare le tasse al paese italico. E per tutta risposta non avrò più un medico di famiglia. Uh uh uh Italia, calm down now!
  • Quest’anno farò per la prima volta quello che i ricchi fanno. Mi prendo la vacanza. Due settimane. Non so ancora se sarà lungo la costa ovest americana in camper o se sarà durante l’estate dell’emisfero australe da qualche parte nella costa atlantica del Brasile.
  • Parlando dei ricchi: adesso non ho più un solo paio di scarpe per tutto. Ad oggi il conto è il seguente: scarpe di ginnastica, scarponcini, scarpe intermedie (casual), scarpe da hiking marroni, scarpe da hiking rosse (nuove), scarpe buone nere che luccicano. Mancano le scarpe da palestra, ma 100$ erano tanti e non li volevo spendere.
  • “Mio padre pretende aspirina ed affetto e inciampa nella sua autorità” (da qui)
  • Mio fratello, di cui scrissi qua i troubles che dovette andare incontro per entrare in una scuola militare, si sta per diplomare. E ha fatto i concorsi per la scuola militare 2 (credo si dica accademia). Di tutti quelli che vogliono fare il pilota è arrivato 80° circa. Ce li abbiamo 80 aerei in Italia?
  • Sto cantando a squarciagola. Che brutta scena. Tutto il sangue che sgriccia e mentre si canta.
  • FDC per chi non lo sapesse vuol dire flusso di coscienza. Che avevo scritto coscenza ma poi ho corretto. Che perfino chi ha sbagliato può ritentar.
  • Sto diventando bravino a impastare la pasta. E’ da mesi ormai che faccio il pane regolarmente e di recente ho provato le focacce (che avevo scritto focaccie) del mio paese e son venute buone.
  • Ho finito il flusso.

Il foglietto con le risposte

Sara mangia poco. Raramente mangia con noi, con me e Joanna. Quando lo fa sono veramente felice, la felicità di un bambino che accoglie gli ospiti ed è subito festa. Ma oggi Sara non ha mangiato con noi, si è solo seduta allo stesso tavolo mentre finivamo il discorso. A un certo punto Sara ha frugato nella sua borsa e ha tirato fuori un’agenda. E poi ha cercato fra le pagine, lo si poteva vedere chiaramente che stava cercando qualcosa. Io ho avuto un tuffo al cuore.

Chissà se sta tirando fuori il foglio su cui c’è scritta la migliore delle risposte che adesso vorrei fosse qui ho pensato. Dov’è l’università che mi può offrire la migliore educazione in ottica di un futuro lavorativo probabilmente fuori dall’Italia, forse persino via dall’Europa. E il Politecnico di Milano – magari corredato con una esperienza di studio internazionale – oppure è l’Università di Victoria (o qualcun’altra da queste parti) più vicina alla realtà lavorativa nel mio campo di studio? E ancora, cosa voglio realmente essere da grande oltre essere ricco e felice?

Sara tirò fuori il foglio e disse ad alta voce: Oh shoot, my workout schedule says that I’m gonna run for 20 minutes today, oh my gosh! (Oh cacchio, il mio programma di lavoro dice che correrò per 20 minuti oggi, oh mio dio). Non era una buona notizia. Né per me né per lei.

Ringrazio chi mi ha concesso la possibilità di pormi questi dubbi che, sebbene mi stanno facendo attraversare uno dei periodi più confusi riguardo il mio futuro, rendono assai evidente quanto sia fortunato. E non sto qui a ricordarlo ogni giorno ma io ringrazio ad ogni risveglio.

Oggi all’università sono riusciti solo a darmi i contatti del professore a cui mi devo rivolgere per avere risposta alle mie domande (che tra l’altro non so ancora bene quali siano, come formularle). Domani sera ho chiesto a Joe (che è ing.informatico e ricopre un importante ruolo governativo per lavoro) di cenare assieme, vediamo che mi consiglia lui.

Nella perenne speranza che a un certo punto qualcuno tiri fuori dalla borsa il foglietto con le risposte.

Pacchi collaterali…

Sto sgomberando la stanza. E’ giunto il mio ultimo anno in questa struttura. Forse ci tornerò dopo il Canada ma per adesso sono costretto a uno sgombero totale. Mi do un buon 60% di roba già impacchettata, il resto andrà in valigia e negli ultimissimi pacchi. Ma c’è una cosa che è troppo importante per buttarla. C’è una cosa che è troppo dolorosa da portare a casa. Sono stato un po’ ad annusare la rosa rossa oramai secca, l’ho tenuta fra le mani. Mi avevi insegnato davvero bene come essiccare una rosa rossa. E anche la mimosa di una festa ormai troppo lontana è essiccata nel modo corretto. Posso farti solo due domande? Le ultime due per adesso, sì…
Cosa ne faccio di una rosa ormai secca?
Come posso ravvivarla ora che ho capito come si essicca?

Per queste cose… – 5

Stavo cercando della carne che venisse meno di 10€/kg. Essendo a Milano e cercandola al banco del GS la cosa ha impiegato un certo tempo. Fra tutti i vai e vieni lungo il bancone della carne preconfezionata m’è venuto un ricordo del passato, di quel passato prima dei miei otto anni.
Si doveva andare da qualche parte, si doveva uscire. E perciò io e la mamma eravamo davanti lo specchio della casa vecchia, quella che comprerò non appena avrò i soldi. Doveva essere un momentaccio quello per la famiglia, ricordo il clima teso di quei giorni. E io, un bimbetto che non aveva ancora capito il momento giusto per sparare le sentenze, esordì:

Tanto lo so che c’è accesa solo una luce per risparmiare la corrente…vedi mamma, questa qua funziona se la avvito…

Del tipo, so come vanno le cose anche se sono piccolo. E lo dico apertamente, che tanto sono piccolo.
Di quei tempi ho appreso che non si cambia un paio di scarpe perché la punta è sbiadita. Di quei tempi ho appreso che il lavoro è la cosa più importante per vivere una vita tranquilla, di quei tempi ho appreso che se hai undici milioni di lire (o forse erano cinque, non ricordo più…) è meglio che ci compri un divano nuovo piuttosto che spenderli per sfamarti e così perderli del tutto. Ho appreso tante cose di quel tempo che mi hanno condotto a essere il lele di oggi. Il tempo e qualcun’altro diranno se ciò che ho appreso è stato il meglio per me.
Oggi però pensare che vengo da una casa con un bagno con una sole luce accesa, ad oggi che non ho mai vissuto in una casa con i termosifoni alle pareti e con l’allaccio del gas, oggi che sto per laurearmi al politecnico di Milano, oggi che il fegato costa 16.90€/kg, oggi io SENTO che ho sensibilmente migliorato le mie fortune. Che il viaggio in Canada non migliorerà solo il mio inglese, che i miei nuovi amici abbiano cambiato me più di quanto io abbia cambiato loro, che ho incontrato te in un caldo giorno d’agosto mentre indossavo la mia polo nera sbiadita preferita.
Per queste cose devo andare più spesso a comprare la carne al GS: è illuminante, illuminante cazzo!

Si avvicina l’eclipse…

Non è ancora arrivato il momento del post degli addii ma tutti questi post con tag Ingegneria mi fan pensare che sia io il primo a doversi preparare a quel fatidico e inevitabile post. L’ultimo in ordine cronologico lo ha scritto un mio amico, che ormai tutti conoscono. Sergiuz, quello che fa la danza di Yoshi. Il suo blogghetto è questo: sergioandaloro.blogspot.com.
Tutto sommato siamo bravi ragazzi non giudicateci per come sembriamo.
Il vero Gioele, il vero Sergio, il vero piede di Simone è inesplorabile. Solo da soli si è sé stessi. Per il resto del tempo cerchiamo di adeguarci alla situazione. Ma in questo post mi sembra evidente che nessuno si sta sforzando di essere ciò che non è. Difatti la mia è la stanza del rutto libero, del fartaggio a iosa e delle parolacce senza censura. Tranne quando arriva quella bacchettona di duli…è femmina, si sa!

Ecco il post che ha scritto Sergio:

E questi siamo noi, ingegneri in erba. Ci puoi trovare davanti ad uno schermo per cercare di fare mangiare e camminare dei dinosauri o tra le aule del politecnico di Milano per cercare di capire qualcosa in questo mondo tutt’altro che semplice. Semplesso direbbe il cugino di Gioele (alla faccia di Google Chrome che me lo sottolinea in rosso). Abbiamo buttato l’anima su dei dinosauri (i quattru soddi direbbero dalle mie parti) per circa due mesi ed oggi è stato come vedere sfumare tutto questo. Ancora non è finita, intendiamoci, abbiamo la consegna del progetto tra una settimana ma è proprio quando si è vicini alla meta che si sente il peso della corsa (o forse il contrario? Direi che sarebbe da chiedere al fratello di Gioele visto che i commissari oggi si sono complimentati con lui per lo scatto finale. Avrà sentito tutto alla fine il peso della corsa o invece è stato tutto il contrario? Dimenticarsi della fatica?) Ad ogni modo dopo due mesi, tra la (tentata) realizzazione del gioco dei dinosauri e di un sito web per l’agricoltura biologica, è tornato anche Kadir, sarà tempo di esami anche per lui e Gioele è diventato una belva, la stanza di che era un salotto è diventato più o meno un gabinetto di un metro per uno e programmare lì dentro non sarà mai più tanto piacevole come lo è stato in questi giorni quando, tra uno scroscio di pioggia e l’altro, si cantava “Piove” di Jovanotti tra righe di codice in un clima che si potrebbe definire alticcio.
Questi siamo ancora noi, per l’appunto, aspiranti ingegneri che cercano divertimento dove apparentemente è impossibile, in quella stanza che allora era ancora un salotto. Bei tempi. Guardo il video e mi commuovo.

Per l’ennesima volta noi che cerchiamo di far funzionare ad intermittenza un misero led ed entriamo in estasi quando due sorgenti si scambiano dei pacchetti.

Poco fa tra i meandri di quello che è il mio Hard Disk esterno ho riesumato una vecchia foto, si fa per dire, scattata da me con la macchina fotografica a rullino di mio padre. E’ una foto della Marina Garibaldi a Milazzo, che avrò rivisto un centinaio di volte ma che mai mi aveva

attirato come oggi, quando è da più di 3 mesi che non torno a casa. Sarà che oggi ho sistemato a Gioele una foto panoramica di Marina di Modica(?) è m’è venuta nostalgia di casa. La foto è questa:
e per me c’è dentro tutto. La nostalgia di casa. La lontananza. Il perseguimento di un obiettivo. La solitudine. La contraddizione matematica. Quelle due rette parallele che all’infinito si incontrano nei pressi di quell’uomo seduto sul muretto. C’è la simmetria: da un lato il mare, apparentemente infinito, illimitato ma pur sempre confinato all’interno dei limiti di questa terra. Dall’altra la terra stessa, limitata ed infame. Che mentre ascolto non fa altro che urlare: andare!
Quello che vedete là in fondo potrei essere io, quell’ingegnere in erba che vedete nei fotogrammi di quei video passati, che conta le coordinate dei dinosauri, che non riesce a convertire una y in riga ed una x in colonna. Che cerca di fare visualizzare un orario su uno schermo riuscendo anche a fallire miseramente.
Negli spazi di questa foto che vedete io c’ho passato la mia infanzia. Pomeriggio e sera. In bicicletta, continuamente a cercare di mettere sotto i vecchietti che davano mangiare ai piccioni. A pescare, lasciando ai gatti quello che era il frutto della pescata pomeridiana. Tra il negozio di mio padre e le panchine. Tra la statua di Luigi Rizzo ed il Pala Diana.
Riguardare questa foto mi ha fatto venire in mente un flusso di così tanti ricordi che un libro di Sistemi Informativi aperto davanti a me, ed un progetto di Eclipse aperto con un paio di x rosse sparse qua e la non sono riusciti a fermare.
E’ un gioco strano quando la tua infanzia viene a collimare con quello che sei adesso. E se succede adesso chissà come sarà quando avrò dei figli a cui raccontare questi ricordi, sdolcinati se volete. Di quando quel mio amico di Roma che ad ogni parola diceva “carcola che…” si è seduto pazientemente accanto a me per cercare di spiegarmi il cambio turni di RMI e di quando quella mia amica invece, con quell’accento mai sentito, che adesso “fa cose difficili” tentò di contro di spiegarmi il cambio turni in socket. Di quando ero in stanza dal mio amico, adesso lavoratore in Canada e uomo di successo, a programmare ed intanto veniva giù la pioggia nel bel mezzo di Giugno. Di quando ci misimo a ballare e cantare sulle note di “Ti voglio bene Denver” noi, futuri ingegneri, studenti del Politecnico di Milano.



BNG: Il nome della ragazza più bella che io abbia visto è Margarita, è portoghese, parla italiano ma ha il tipico accento dell’Ungheria dell’est. 
BNG2 (addirittura): Il led alla fine si accese: http://www.youtube.com/watch?v=oyt2xQR9jd4

La nostra oberata vita

AVVISO: Questo è un post alcohol-free, nessuna pallina è stata maltrattata.

Piacere, son l’ingegner-architetto degli albanesi. E voi altri? Pff!

Capita che anche noi poliedrici ingegneri ci stanchiamo. Sì lo so, non possiamo permettercelo: dobbiamo salvare il mondo e il tempo è sempre troppo poco. Ma a volte tocca anche a noi il momento di riposo. E oltre a ballare la danza del drago Yoshi e cantare canzoni della Cristina d’Avena facciamo altre cose, cose come queste.  

La catapulta, a.k.a forchetta
La base di lancio, a.k.a. due coltelli e tanto scotch
La bomba, a.k.a. pallina anti stress
Il marchingegno disattivato.
Quel che stavo facendo…
Attenzione attenzione, abbiamo pure il video illustrativo perché ognuno di voi possa costruirsi la sua trappola anti-signora delle pulizie. 
Sì quelli sono i miei calzini, cammino sempre coi calzini per casa (che poi è una stanza con un bagno). E questo è il video dimostrativo. Il concetto profondo dietro tutto ciò è che ogni mattina (quando sorge il sole…) e ogni volta che ritorno a casa mi trovo davanti questa pallina col volto sorridente, che mi suggerisce di essere allegri. Cioè se uno nella vita fa la pallina anti stress e sorride, io che sto per andare in Canada (importanti aggiornamenti lunedì!) dovrei saltare sulle gengive dalla felicità, giusto?
Il concetto earth-earth  è che ero molto stanco e dovevo fare una minchiata, e ho partorito questa terribile trappola. Il prossimo passo è il ponte levatoio all’ingresso, i coccodrilli e il fossato. 
Architetto degli albanesi è un soprannome che mi ha dato il mio amico di dinosauro. E ho altri esempi che lo giustificano dall’avermi dato questo soprannome ingiurioso (si fa per dire, non c’ho niente contro gli albanesi a parte il fatto che avere una capitale nominata “Tirana” mi fa strano). Ecco gli esempi:

Serve ad inclinare la televisione quel tanto che basta per avere un angolo di visuale spettacolare restando coricati con, sotto la testa, tre cuscini con l’opzione di un quarto di colore verde. Naturalmente dietro ci stanno settimane di calcoli trigonometrici, mica cazzi.
Speriamo che se mai torni il mio roommate non mi prenda per schizzato ma non si fa vedere da mesi. E perciò largo alla fantasia, che ci siano più pause fancazziste nella nostra oberata vita. Oberata, mica frisca e pirita.

Ingegneria? Tosto!

Anche gli ingegneri si divertono. Quando decisi di fare il politecnico ero spaventatissimo. Qualche giorno prima del viaggio verso Milano mi misi pure a piangere perché mi avevano detto che al politecnico gli esami erano tutti scritti, o quasi. Al liceo il voto più alto che avevo mai preso in matematica era stato sette, in un compito sulle matrici. E poi un sei e mezzo negli insiemi e il resto erano dei quattro e cinque. Arrivai perfino a scappare da casa. Ritornai a casa ormai di notte, avevo bucato con la bici ed ero dovuto tornare nella mia città a piedi. Si capisce il motivo, avevo preso un ennesimo quattro e mezzo in un compito di matematica.
Poi venni al politecnico e le cose iniziarono a sembrare fattibili, crebbe l’autostima (soprattutto il tempo dedicato allo studio) e adesso mi manca poco a laurearmi (anche se adesso sto panicando, non mi laureerò mai in tempo cazzo).
Quando vai a dire in giro che fai ingegneria la gente sgrana gli occhi e ti dice: “ingegneria..?Tosto!”. E pretendono che tu sappia tutto quel che ha un meccanismo, dal fainculor della mia stanza (successo cinque minuti fa) all’appartamento in cui presto andremo ad abitare. Non è tollerabile che un ingegnere sia leggermente incompetente, un ingegnere informatico deve sapere ciò che sa un edile, perché siamo entrambi ingegneri. Ma non lamentiamoci troppo, che i filosofi stanno peggio di noi. Quando vanno a dire in giro che studiano filosofia la gente gli risponde: “Si, ma ora seriamente, cos’è studi quindi?” o l’alternativo “Ma precisamente cos’è che fai nella vita?
Ingegneria non è facile, non ho voluto dirlo subito metti che passava di qua un’ aspirante matricola d’ingegneria, non potevo scoraggiarla oltre misura. Ma se viene presa con lo spirito giusto, ogni cosa può assumere una prospettiva insolita. Basta pensare al solletico, una delle torture più usate dai servizi segreti (c’è gente che c’è morta col solletico). E così capita che noi ingegneri, che facciamo le cose toste!, capita che ce la spassiamo alla grande.
Nel video potete vedere il progetto di Ingegneria Informatica di Daniele. Si tratta di un quadricottero che spara alle cose vestite di blu, che in quel caso sarei io (sì, sembro una madonna è vero…). Queste cose blu, cioè io, si devono difendere ponendo fra il drone e sé stessi la spada rossa. Sergiuz è quello accovacciato in fondo allo schermo, vedeva incuriosito i parametri del drone . Accanto a lui c’è Dani, il proprietario dell’algoritmo che permette a questo coso di fare queste cose. Sembrano cose facili, ma ci sono dietro circa tre mesi di programmazione (se non cogliete ancora la difficoltà tocca ricorrere al luogo comune: è molto tosto!). Poi c’è Duli che fa il filmato perciò non dovrebbe vedersi (in realtà se guardate con gli occhi del drone la si vede qualche volta…). Non si vede, ma la si sente a un certo punto. E come promesso ecco il post sulla voce di duli, che peraltro si dulietta in una battuta molto da nerd (ma non diteglielo perché negherà tutto, perfino di esistere!), ispirata al nostro progetto di laurea: la realizzazione di un videogioco sui dinosauri
A tal proposito sono lieto di annunciarvi due video: il primo è il trailer della versione del gioco mia e di Sergio. Nel secondo potete vedere gli effetti permanenti che la programmazione di questo gioco ci causa.
Buona Visione.

Duli, per vostra (s)fortuna non c’è, era andata a giocare nel laboratorio degli elettronici. Non ho ancora capito bene in cosa consiste il loro gioco, ma pare debbano accendere dei led e poi instaurare un protocollo da spiegare ai professori che le hanno commissionato tale progetto. A me non mi sembra molto divertente (si tratta pur sempre di elettronici…), però c’è Ivan e gli altri dottorandi che rendono piacevole il tutto.
Sergio, beh lui lo riconoscete dal famoso “balletto del drago Yoshi”, che esegue sotto mia richiesta. E io sono il cameraman, quello che si diverte di più di tutti e che adesso sta qua a raccontarvi ‘sta storietta sul piacere d’avere amici ingegneri (coinvolgeteli se ne avete, sono molto timidi e riservati solitamente).
Siamo dei veri ingegneri, toast!

BNG: Matti, mio fratello, ha passato la prima selezione al concorso della marina. E bravo il fratellino!

Il parco Lambro

Parlavo di dio. Ecco a proposito – non c’entra niente – se dio esiste di sicuro la bici è opera sua. Se dio non esiste è un problema. Non potrei sapere chi ha inventato la bici.
Oggi dopo lezione, dopo tre ore di codice su quella che rappresenta la mia tesi col mio amico Sergio l’anguilla, ho posto il culo sul sellino e mi sono gettato nel misteriosissimo gioco d’equilibrio che è l’andare in bici. Poi io impenno pure, drifto e vado senza mani, giusto per far rimbalzare un poco la palla di cui parlavo un post fa. Per colpa di duli che poi s’annoia a risentirla ancora una volta, salto il racconto di come ho imparato ad andare in bici. In caso vorreste saperne di più chiedete pure a lei, mi raccomando si scrive duli non “dulietta”.

Insomma oggi Sergiuz mi voleva portare in questo parco che ho scoperto essere davvero molto bello. Forse il più bello di quelli che ho visto dentro Milano, parco Lambro lo chiamano. Addirittura ci sono pure le salite che è una cosa rara a Milano. I milanesi, tentando di sopperire alle mancate differenze di altitudine, sono arrivati pure ad ammucchiare tutta l’immondizia che si trovavano a portata di mano e le macerie della seconda guerra mondiale in un unico posto. Poi c’han fatto crescere su l’erba e un boschetto. E l’han chiamato monte Stella. Monte? Son fatti così, lo sappiamo…

Il posto è davvero bello, a saperlo primo. Il parco non è recintato perciò bisogna andarci di giorno, non perché chiuda ma perché la notte immagino che si trasformi in un parco “divertimento”. L’acqua che in queste immagini sembra spettacolare è in realtà parecchio sporca. Si tratta del fiume Lambro, saltato sulle pagine di cronaca qualche mese fa per un caso di inquinamento piuttosto serio. Ma anche così non scherza, se i moscerini si ammazzavano per potersi posare sull’acqua questo non è proprio un buon segnale. Comunque mi basta il rumore dell’acqua per apprezzare un posto, perciò ben venga il Lambro, anche se stra inquinato. Di moscerini ce n’è così tanti che uno rischia di saziarsi camminando a bocca aperta. In pochi minuti di giri all’interno del barco mi sentivo gli occhi colmi di insetti, le narici ostruite e qualcosa pizzicava la gola. Ma sorprendentemente ho avuto l’impressione che fosse un posto molto romantico, che strano un posto romantico a milano che strano innamorarsi a Milano. Che poi questa città non è che sia così schifosa. Più s’avvicina il giorno che la lascerò e più pare garbata, sarà che alla fine Pisa.pia ha vinto al ballottaggio? (ndr. è una profezia) o sarà che qualche volta esco di casa?

Adesso vi dico la cosa fica di questo post. In tutto questo giro abbiamo portato con noi il cellulare intelligente e un gps bluetooth. Un programma apposito ha tracciato per noi una quantità di statistiche enormi, che a noi ingegneri ci fanno godere da matti (pure a duli, SCOOP fra qualche giorno sentirete la sua voce qua sul blog…). Per esempio sappiamo che abbiamo consumato 520kcal (non so come l’ha calcolato e se è un dato plausibile), mantenuto una media orario di 11km/h (ma c’è da dire che ci siamo fermati spesso per sputare i moscerini e che abbiamo “scalato” il monte del parco), percorso quasi 10km e raggiunto la stratosferica altezza massima di 213 metri s.l.m.. Ma la cosa fica è che ha tenuto traccia esattamente dai posti che abbiamo attraversato, mostrando una linea in una mappa stile google maps. E accanto c’è un grafico ancora più fico che mette in relazione l’altezza rispetto al livello del mare e la velocità. E passandoci sopra col mouse si vede in che punto della mappa sono state rilevate quelle informazioni. Bisogna vederlo per crederci. Ecco qui il link: http://bit.ly/l8lpmX.
Andare in bici è favoloso. Se non fosse per quei moscerini che mi si sono attaccati sui polpacci e su tutte le braccia. Ma almeno per questa settimana c’ho una scusa per farmi una doccia.
Scherzo.
Non troppo.

…però la vita, che gran cosa è!

Le cose procedono. Fronte università ho finalmente iniziato a scrivere codice a pieno ritmo. Sono nella fase ottimistica e per adesso me la godo. C’è ancora qualche lacuna su come proseguirà questo semestre ma anche questo è normale. 
Fronte Canada nel fine settimana (che poi sarebbe o stasera o domani sera) devo abbozzare la lettera di motivazione, quantomeno in italiano. Nell’ultima email mi han fatto sapere cosa vogliono che scriva.

[…] it is most important that you tell us a bit the types of jobs and/or companies you’d like to work in (for example, do you hope to work for a large brand-name store, or a smaller locally owned business).

Vogliono sapere un pochetto che tipi di lavoro vorrei fare e se voglio lavorare per un negozio potente o in una putia). Ovviamente non posso dire che ho scelto il programma studio-lavoro principalmente per poter ammortizzare le spese della stessa scuola. Non so come la prenderebbero. Ma a inventare balle ragionate me la cavo, devo solo racimolare la voglia, da qualche parte si sarà nascosta. Puttana (parolaccia a caso).
Fronte vita va meglio di come io avrei previsto. Peggio di come vorrei, ma perché mi mantengo sempre un sottile margine per continuare a Desiderare.
Ieri sono stato al duomo. Ci stava Pisa.pia che diceva le sue quattro stronzate copiate dalla maggioranza (siamo il vero partito dell’amore, fermiamo il killeraggio mediatico, riprendiamoci la libertà, l’urgenza dell’adesso è in noi questa volta vinceremo noi, quelli la cultura non sanno neanche cos’è). Poi la gente si domanda perché nonostante la politica filo xenofoba e (soprattutto) separatista la gente vota Lega Nord. Perché quando Pisa.pia diceva che adesso c’ha un’urgenza, Bossi mussu stuottu faceva promettere alla Letizia di riparare le strade. Oddio dicono tutti minciati, minciati cù l’uossi aruci, ma quantomeno alcune si capiscono. Vuoi mettere?
Ieri sono stato al duomo. Dopo Pisa.pia ci stava Vecchioni. Io per lui sono andato al duomo. Di Vecchioni il primo ricordo che ho è io che canto “Dove” riprodotta da un lettore cd di quelli portatili mentre scalavo in bici una salita davvero pendente. Un altro ricordo è quando lo ascoltavo in scooter, in un giorno di pioggia. Mentre mi ammazzavo per superare un autobus su cui c’era una ragazza che mi piaceva. Andavo davanti casa sua prima che lei vi entrasse, la guardavo entrare e poi me ne tornavo a casa mia. Erano una ventina di chilometri andata e ritorno, e per sopperire alla minchiata che facevo ogni giorno ascoltavo Euridice.
E adesso insieme a questi ricordi c’è pure quello di ieri sera. Fra l’altro ricorderò di esserci andato con due amici, uno mi pare fosse romano. Chissà adesso cosa staranno facendo, se hanno superato i loro problemi o se si sono laureati come pensavano. 
E anche se adesso questi possono sembrare giorni difficili o pieni di curve in salita un giorno li ricorderò con nostalgia, quant’ero giovane quant’ero sbadato quant’ero diverso.
Durante la serata di ieri di canzone che ne conoscevo ne ha fatte pochine. Oltre a quella che m’ha dedicato (Sogna Ragazzo Sogna) e la sempreverde Samarcanda ha fatto in totale altre cinque sei canzoni. Poi a un certo punto è accaduto il miracolo. Di cui abbiamo una esclusiva testimonianza di un lettore che preferisce restare anonimo. Io.  


Questa canzone mi fa venire i brividi ogni volta, tutti i peli delle braccia si mettono in piedi e sento freddo. Ma era una giornata ventosa, può esser anche quello.

Poi c’è un’altra canzone, che per l’occasione ho cantato con Roberto. Io l’ho sempre cantato da solo, o in stanza o in bici. Ma adesso con la scusa del trambusto l’abbiamo cantata insieme. Chiaramente la scelta della canzone non è casuale, niente lo è.

Passano via così come acquiloni, 
corrono dietro un vento che non c’è: 
vincono a sogni, perdono a emozioni 
le mie ragazze, 
proprio come me; 
una me la ricordo più di tutte: 
che strano, è proprio quella che non c’è; 
manca una luce sola questa notte; 
però la vita, che gran cosa è!

“…senza desideri non c’è bisogno di un diario”

In questo post vorrei parlare di qualcosa di mio. Per non essere monotoni insomma. Due cose principalmente: la potenza dei sogni e il valore delle promesse.
Promesse e sogni sono cinicamente aria fritta. Sono orientati al futuro e il futuro è risaputo, muta più velocemente di quanto si possa immaginare. Ma nel mio caso ci sono delle piccoli ma evidenti eccezioni. Per spiegarmi meglio devo prendere un altro foglio da quella carpetta che contiene i temi della mia scuola media e superiore. Se nel post precedente avevo già quindici anni adesso trascriverò un tema scritto quando avevo ancora dodici anni, ben otto anni fa. Frequentavo l’ultimo anno della scuola media, e come quest’anno, ero destinato a grandi cambiamenti nella mia vita. Vediamo che scrivevo (ovviamente stesse regole: nessuna correzione nella trascrizione).

Traccia
Proiettati nel futuro e immaginati ormai adulto. E’ la sera del 20 Dicembre 2025 e tu, dopo una giornata intensa, ti fermi a riflettere scrivendo il tuo diario, come fai puntualmente tutte le sere da quando avevi dodici anni.

Svolgimento

20/12/2025

Caro Diario,
scusa se è da tanto che non ti scrivo, ma, sai, nel periodo natalizio c’è molto lavoro da fare e come al solito le cose più difficili sono assegnate a me. Oggi ho visitato una ventina di persone che avevano rotto il computer e cercavano di convincermi che si era rotto da solo. Poi al ritorno sono dovuto andare ad Ottawa per una riunione con il presidente francese dell’informatica locale e dopo mi ha offerto il pranzo in un ristorante cinese. Ho “ordinato” solo un bicchiere d’acqua perché i cibi scritti sul menù non erano di mio gradimento. Sono ritornato a Sidney e il mio capo mi ha detto di ritornare a casa. Sulla strada di casa sento un leggero sibilo e poi un botto. In cinque minuti ho montato la ruota di ricambio; così sono stato costretto ad andare dal carrozziere. Finalmente sono arrivato a casa. Mia moglie è in cucina che sta cucinando e mia figlia non è ancora tornata da scuola. Dopo la doccia mia moglie mi dice che quella sera avremo ospiti e che verranno verso le 19:00. Guardo l’orologio e mi sono accorto che sono le 17:00, Mia moglie non ha ancora iniziato a cucinare. Quindi la devo aiutare a cucinare, a tagliare le patate, a sbattere le uova e altri lavori noiosi. Arrive  Mentre  metto nel forno la pasta arriva mia figlia e gli le dico gentilmente di sistemare la stanza sua che come sempre è tutta disordinata. Finalmente arrivano gli ospiti e dopo la cena gli racconto la mia giornata. Ho sgridato tre volte mia figlia perché non voleva mangiare la pasta che in verità non piaceva neanche a me. Ho iniziato a parlare che col con l’avvicinarsi del Natale i bambini che dovrebbero essere più buoni diventano più monelli e inve(qualcosa di incomprensibile, potrebbe essere coprono di richieste) i loro genitori. Tutto questo mi fa pensare a quando ero piccolo io. Ti ricordi quella volta che mi dovevo trasferire e dovevo andare in Canada e la valigia era troppo pesante; allora decisi di lasciare al posto tuo il mio pallone preferito. Oppure quando ricevetti a otto anni per natale una bicicletta troppo alta per me. Allora quando dovevo andare a Milano dovevo prendere il traghetto per passare lo stretto di Messina e invece ora c’è un lungo ponte. Beh!! Ripensandoci ho avuto tutto nella vita da piccolo fino ad ora e penso che come avevo promesso ritornerò a Modica, (questa volta senza prendere il traghetto) e rivedere dopo molti anni la mia citta e prima di tutto mia madre. Penso che questa sia l’ultima pagina di questo diario perché non ho più tempo ma sopratutto perché ho finito i miei sogni ed ho ottenuto tutto e non ho un desiderio e senza desideri non c’è bisogno di un diario

A presto….
Gioele

Canada, informatica e Milano. Lo scrivevo nel 2002.
L’11 settembre del 2008 mi trasferisco definitivamente a Milano, il 15 settembre inizio la mia prima lezione di Ingegneria Informatica. E il 22 ottobre 2011 partirò per il Canada, e andrò ad abitare proprio a Sidney.
Esattamente come sognavo ben nove anni fa. Parlando con una persona mi ha detto che sono proprio determinato! Questo complimento perché l’anno scorso le avevo detto che sarei andato in Canada. E quest’anno ci vado sul serio!! Pff, i sogni di un anno sono da dilettanti(si, dilettanti) ma io c’ho i sogni lungimiranti. Anzi, preferisco prendermi qualche merito in più. Di solito non sogno cazzate e quando ho un sogno lo perseguito. Si, proprio lo perseguito. Perseguito chi si oppone, perseguo ciò che mi sono prefissato. E la cosa potrebbe impegnare dieci anni 180 crediti un viaggio di quasi 10000km (diecimila): tutto ciò non m’importa. Ad un certo punto penso pure che c’ho azzeccato sul ponte di Messina, che sarebbe degno di Nostradamus (ricordo che nel 1998, dopo che la Francia ci batté ai rigori, il telegiornale di Rai 2 pubblicava questa dichiarazione di Berlusconi che diceva che nel 2006 i lavori del ponte sarebbero terminati).
Ricordo ancora quando “progettavo” videogiochi nella terrazza della ModicaIn, pizzeria del cugino ormai chiusa. Non sapevo niente di codice, linguaggi di programmazione et similia ma mi sarebbe piaciuto farlo. Era divertente e la fantasia era gratis. E le cose gratis e pure divertenti sono rare a questo mondo, ecco spiegato perché dopo undici anni ho ancora lo stesso sogno.
Ovvio, adesso ho imparato che per riparare una gomma bisogna andare dal gommista e non dal carrozziere. Ho imparato che Ottawa è distante cinque volte l’Italia da Sidney, che forse non tornerò mai più a Modica e che forse sarà parte di essa che mi raggiungerà.
E ovviamente mi devo sbrigare. In quattordici anni secondo il mio tema di terza media devo finire i miei studi, trovare un lavoro e – quel che più importa – una moglie. E pure avere una figlia così grande d’andare già a scuola, insomma sembra saranno quattordici anni piuttosto intensi.
Il tema finisce con una affermazione forte. Forse la più forte che mai farò nella mia vita, e pare la farò nel 2025. Quando avrò la bellezza di 35 anni (si dice che si raggiunge l’acme della maturità psico-fisica in quella età) (sempre se avrò ancora qualche capello, duli non gufare più per favore!). Chissà quando smetterò di scrivere su un blog, chissà se mai sarò in grado di dire …e adesso che minchia sogno. Conoscendomi NO.

Dovevo parlare pure del valore delle promesse, ma il post è diventato lungo, io ho fame, scrivo da più di un ora e mezza e voglio guardarmi Rain Man in inglese. L’attesa è snervante, ma io lo sono di più.
Delle mie promesse scriverò un’altra volta. Lo prometto :D

Sidney, BC
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