Archivi del mese: marzo 2012

The airMan

This post is dedicated to a friend of mine, her name is Marina.
I met her during my school period at GV, the name of my canadian school. Marina is just sixteen years old but she is way too beautiful and smart to be so young, there has been something wrong somewhere. You can still smell her innocence in her words, I like her being a dreamer without adult thoughts that, as everyone knows, pollute the fantasies.
I don’t think I’ll see her again in my life. And because my life is all the time I have, I think I won’t see her again. What a pity, she will be wow in few years. She lives in Brazil, I’m living in Canada and usually my residence is in Italy. Worst case scenario there are less than 10000 km between us, best case scenario we are more than 9500km far from each other. And, if someone hasn’t understood yet, I have a pretty long dream-list to satisfy, I have to meet my own deadlines. And I can’t see me taking a vacation (especially in Brazil!!) in the next 10 years. Being italian I know that rules are there to be broken, being respectful to myself I’ll do my best to follow my plans.
I skyped with Marina few days ago, I chatted with her this afternoon. She looks happy (and here the age doesn’t matter, I was tremendously sad in that period of my life) and fine. Well, I’m glad to know that she will be okay in the next years. At least her mood is the right one!
I can’t say I had friends here. I can’t blame anyone, well I could blame me. So worried about being hurt that I didn’t let anyone touch my feelings. Someone accidentally was almost being able to do it, but fortunately now it’s gone. I had a great time, not the greatest of my life but still a nice one. No thoughts, being around people younger than me avoided me to engage in serious profound topics. That is what people are scared of, they would rather have fun that hanging out with me. Because, apparently, serious topics aren’t funny. I choose my friends according to their capability of defending their thoughts. How can I rely on a person when he/she can’t be sure even of him/herself?
I love provoke people and push their ideas, I love trying to break them and I love when people try to do the same on me. Life is not drinking until being unconscious or doing girlish talks. Life has to be more than that…or well, my life will be more than that.
I can be wrong in every thing I do. But I will be wrong just in two cases.
If I will stop doing what I think it ought to be done.
If I will keep doing what I believe I shouldn’t do anymore.
That’s it, until the blood is willing to flow in my veins, my hopes will be flown in the air.
The airman, Marina!

“Che bella la casetta in Canada”!

 

Una di queste case è quella in cui abito. Per il resto la maggior parte di queste foto è stata scattata Victoria Downtown, venti minuti a piedi dal cuore della città. Furono scattate qualche mese fa, essendomi perso nel tentativo di tornare a casa da scuola.
Sono solo 21 esempi di come le case sono pensate ed abitate da questa parte del mondo. Se la vostra mamma dice di sì potete pure commentare inserendo il numero della fotografia della vostra casa preferita. E chi indovina qual’è la mia casa vince una storia raccontata da me in persona personalmente. Fossi in voi, e duli può confermare, io butterei a casaccio sperando di non beccare quell’unventinuesimo di probabilità che avete di beccar la casa giusta.

L’erba del limone

Oggi ero al lavoro quando si avvicina una signora distinta. Chiedeva se avessimo lemon grass, che non l’aveva trovata da nessun’altra parte. Ora c’è da sapere per capire la natura di questo post che noi possiamo vendere shortini di wheatgrass (grano, grass di per sè significa “erba”) spremuta. In pratica qualcuno ci porta il grano ancora verde con un’altezza di una quindicina di cm, sistemato in delle scatole di plastica. Qualcuno particolarmente attento alla dieta (da qualche parte becera del mondo c’è qualcuno che crede che bere quella schifezza curi il cancro) paga intorno ai 3C$ per aver 1oz (29 gr. circa) di grano triturato e ridotto in liquame. Ma dico io, cazzo, esci-vai nei campi-affiancati ad una mucca-e pascola! Aggratis!
La prima volta che questa tipa ha chiesto limngrass io ho capito solo -grass. Avevo intuito che la prima parte della parola era differente, così ho chiesto se potesse ripetere per avere una conferma. Così ho capito l’intera parola: lemongrass.

Esperimento: in sottolineato leggerete ciò che ho pensato nella mia testolina, altrimenti si tratta di ciò che ho detto

 Ma chista è scema? Ma che minchia vuole? L’erba del limone? Ci crede che non la trova da nessuna parte, il limone è un albero stunata! [Scettico]Lucero, do we have lemongrass? (C’abbiamo lemongrass?). Ma che fa sta facendo pure lei, le da conto? Ma che minchia fa, le risponde pure? Ma vuoi vedere che….ma che minchia è sto lemongrass…

Arrivato a casa ho chiesto a Joanna. Dopo 5 minuti di perifrasi ho scoperto che l’erba del limone (come la chiamano qua, i furbi) è la citronella. E a quanto pare gli inglesi non sono gli unici, portoghesi e tedeschi per esempio la seguono a ruota. A quanto pare è dovuto all’odore, simile a quello del limone (in effetti citro è un riferimento al cedro).

Giorno dopo giorno mi convinco di questa cosa: le popolazioni anglofone hanno una marcia in più, ma…c’hanno proprio una lingua di merda!

Il cammino di Baiano

Lo ammetto questo posto lo sto scrivendo per riempire un ansioso buco di tempo di un’ormai appena ora e mezza. Era tuttavia un intervento che dovevo fare, in canna da giorni. Non si parlerà di Canada (giusto un pochettino) perciò coloro che sono interessati soltanto a quello possono fare marcia indietro.
Anni fa mi piaceva una ragazza. Come spesso è accaduto da queste mie parti le emozioni non erano ricambiate, ma come ancora più spesso è accaduto (sempre da queste parti) la cosa non mi riguardava. Cioè in effetti mi riguardava, ma io non l’avevo capito. E siccome ho sempre tenuto in gran considerazione l’importanza dei gesti (simbolici o meno) mi sono messo a dipingere l’Impresa. Una cosa illegale, infantile, tecnicamente infantile ma impreziosita da dei giochetti da settimana enigmistica. Stupido si ma con originalità. Credo che la spiegazione sia questa: per bilanciare tutto questo slancio di emozioni verso l’esterno ho creduto che una missione suicida in solitaria avrebbe creato un gesto almeno tanto grande da auto-celebrarmi (o auto-coglionarmi) per un po’, per il tempo necessario a ricominciare a dire io continuo ad esistere, guarda cosa sto facendo.
Ecco, detta così sembra una cosa poetica e bellina da raccontare. Ma sapendo ciò di cui sto parlando vi avviso che in realtà come gesti simbolici (con lo scopo sopra descritto) ho sempre fatto delle minchiate. “Divertenti” e un po’ fuori dall’ordinario. Del resto ubriacarsi per dimenticare è già stato fatto da centinaia di essere umani, dovevo fare qualcosa di nuovo. Di innovativo. Una minchiata diversa insomma. Eccone un’altra. Altro stile, altra storia.

 

Se sono qua a scrivere vuol dire che dal cavalcavia non sono caduto. Perché sono tornato indietro. Ma come dico nel video di “tornare indietro” non se ne parla. Esattamente mi trovavo qui:


Vedi mappa più grande

E sarebbero stati soltanto 600 e rotti metri di cavalcavia dico io:

 
Vedi mappa più grande

Beh, adesso che posso guardare su street view come quella strada continua devo dire che sono stato bravo ad immaginare che forse fare un passo indietro sarebbe stata la scelta giusta!
Vedete in questa storia che non sto raccontando (ma che la sto facendo vedere e intuire a pezzi) c’ero io, alla stremata e sfrenata ricerca di tappare qualche buco dai cui, sebbene fosse passato tempo, uscivano ancora emozioni. Ma di dipingere altri muri non se ne parlava. Le esperienze sono belle perché si può decidere di non ripeterle, perché se ne possono avere sempre di nuove e originali. E dopo aver lavorato tutta l’estate avevo il diritto (e i soldi) di fare la prossima esperienza. Il cammino di Baiano lo possiamo chiamare. Fu così che arrivato alla stazione dei treni più vicina invece di prendere a destra presi a sinistra. E c’è da dire che dritto non si poteva andare, praticamente ho avuto sfiga. Quando chiesi al bar come arrivare su per i monti quelli del bar mi dissero che oramai arrivati a quel punto potevo prendere l’altra strada, una strada secondaria della (già) secondaria strada. Praticamente una mulattiera asfaltata con pendenze di 25%. Quelli del bar forse pensavano che avessi una grossa moto o forse un 4×4.

Quando ricevetti la telefonata

Io avevo poco più che una graziella e tanta forza di volontà nei polpacci e nel cervello. Fu una scalata epica, sotto il sole cocente (ebbene sì, ad ottobre il sole non è solo in Sicilia), senza cibo nello stomaco (perché avevo girato a sinistra cazzo!) e pure la Taverna del Sole era chiusa. Fortunatamente ho una buona memoria, fortunatamente là fuori c’è ancora gente disponibile a dare un tozzo di pane agli affamati. Quella giornata è quella che io chiamerei una giornata perfetta: fatica, profonda spensieratezza, raggiungimento degli obiettivi prefissati. E poi vogliamo parlare del panorama, delle bellezze del caratteristico paesaggio? Di seguito una delle amenità riscontrate.


“‘more non dimenticherò mai il tuo budino” [cit. dal Guardrail]

La discesa è stata la parte più eccitante. Un po’ perché preferisco l’alta velocità, un po’ perché dopo quella salitaccia (per giunta avendone fatta di più dopo aver sbagliato strada) quella discesa fu la fine delle sofferenze. La liberazione. E poi si doveva correre che c’era un treno da prendere più di 13 chilometri lontano con 40 minuti rimasti. E il treno avrebbe condotto verso quella sera, graziosamente definita come l’ultima cena. Senza budino è chiaro, ma c’ho pensato lo stesso al dessert :D

 

La vita è come andare in bicicletta: se vuoi stare in equilibrio devi muoverti [Albert Einstein]

Il paese dei balocchi c’ha la trappola ma ora lo so

Sto passando un periodo che non è dei più felici. Lo continuo a negare perché sono in Canada e il Canada l’ho sognato per mesi e mesi. Perciò essere tristi in Canada e come piangere mentre si nuota fra i soldi mangiando pane e nutella. Ma tant’è, è così che mi sento. Analizziamo razionalmente i recenti avvenimenti.

  • Ho finito il periodo scolastico, ho iniziato il lavoro. Sto iniziando a diventare autonomo e inizio a prendere familiarità con i clienti e tutto il resto. Il tutto però dovrà essere rivalutato alla luce di ciò che m’è successo oggi. A quanto pare qualcuno ha stalkato una delle mie colleghe e loro hanno pensato bene di chiamarmi a casa (oggi non lavoravo) chiedendomi se avessi dato le sue informazioni a qualche sconosciuto al posto dove lavoro. E poi ha pensato bene di spiegarmi che è fra le loro politiche che i lavoratori non diano informazioni private agli sconosciuti. Già che c’era poteva dirmi che un’altra regola è non rubare il denaro dalla cassa. Joanna dice che non la devo prendere sul personale, il manager mi ha detto che non mi stava accusando. Ma la cosa mi ha disturbato e sarà chiarita il prima possibile.
  • Una svizzera sta tornando in Svizzera. Una delle mie politiche (ormai che siamo in tema) sin da quando sono arrivato qua è stata non dedicare a nessuno delle emozioni. Ciò mi ha permesso di dire addio a tante persone senza che ne soffrissi neanche un po’. Ma stavolta qualcosa è cambiato. Non l’ho deciso io, anzi diciamo di si va’. Ma quanto prima anche queste leggere emozioni si depositeranno nel dimenticatoio come la polvere agitata dopo aver voltato una pagina di un piccolo libro.
  • E’ successo qualcosa nella mia ricerca di lavoro. Non dirò molto, Joanna dice che è il nostro piccolo segreto. Non ci sarà verso che lo dica fintanto che non ci saranno certezze. Questa è una di quelle cose che devo caricarmi sulle spalle e portarla a termine. Come quando ci si mette il sacco di carrube sulla spalla, si cammina barcollando per qualche decina di metri e non lo si posa fintanto che non si è arrivati alla pala del trattore.
  • Il mio futuro è incerto. Troppe variabili da considerare. Elenco, ma non esaustivamente, le possibilità. Tornare in Italia e fare la specialistica al PoliMi. Restare qua e lavorare part-time presso il negozio dove sto lavorando adesso e continuare a cercare un lavoro sfruttando la mia laurea in Ingegneria (da qui si può separare un altro branch che includerebbe espandere la ricerca in Vancouver), restare qua e chiedere un prestito governativo e iscrivermi alla magistrale qui in Canada. Ciò potrebbe includere, in qualche modo, la richiesta della cittadinanza canadese (oppure della residenza permanente) per pagare fino a tre volte meno le tasse universitarie. In tutto questo il discorso danaro non è stato neanche citato (ma lo si dovrà necessariamente fare).
  • Ho appena bevuto il secondo bicchiere di vino.

Alla luce di queste razionalizzazioni (soprattutto dell’ultima) devo ammettere che sono dannatamente fortunato. Pochi potrebbero avere le possibilità che sto avendo io, io sono stato bravo e appunto fortunato a coglierle. Adesso però ho realizzato che anche in America ci sono le salite e quello che devo fare è soltanto cambiare marcia. E’ questo il periodo in cui si schiaccia la frizione, si deve far veloci che sennò si perdono giri ma bisogna pur stare precisi e senza troppi dubbi altrimenti si gratta. Cambiare marcia non è troppo difficile, in tanti lo sanno fare. Quello che pretendo da me stesso è cambiare in salita. Veloce, chiaro, preciso, sapendo cosa si sta per fare dopo aver trovato il momento giusto. I giri giusti, il momento giusto.

Ritorno a casa

Consigliato l’ascolto durante la lettura:

Cara Duli,
questo post non è indirizzato specificamente a te. Ma come non sai ho bisogno di parlare con qualcuno o con qualcosa per schiarirmi le idee. E se adesso ti starai chiedendo perché io abbia scelto te, beh sappi che stavo facendo la doccia e mi sei venuta in mente. Lo vedi qui sopra, lo vedi col tuo ipad? La vedi, cazzo la vedi? Quella alla sinistra del cancello verde, in fondo, quella è una cisterna. Io su quella cisterna c’ho passato parte della mia infanzia. Quella era la mia navicella aerospaziale, quella era la mia macchina, quella era la mia moto col coso affianco, che quando ero piccolo non sapevo si chiamasse “sidecar”. Lì ho speso i miei sogni da bimbo, quella cisterna ha contribuito a realizzare il Gioele che conosci. Qualsiasi cosa io adesso sia, quella cisterna è in parte responsabile. Era un gioco pericoloso, la signora che abitava vicino casa (puoi scorgere un cancello nero in fondo alla strada, quella è la sua casa) mi aveva detto che dentro la cisterna ci stava il bau. Io mica l’avevo capito che cosa era questo bau ma da come lo diceva e da come suonava sembrava spaventoso. Io non ci volevo avere niente a che fare con questo bau. Ma a quell’epoca il tempo scorreva lento e spensierato, la cisterna era la mia compagna di giochi e il bau non ha mai avuto niente in contrario. Due tre anni fa ti c’ho portato. Avevo ancora la macchina rossa che Marta diceva che era insicura e vecchia (chissà dove sei adesso io ti amo, 106), tornavamo dal mare. Si era in cinque in macchina e tutti eravamo stanchi. Ma ci tenevo che vedessi dov’ero nato Gioele, dove sono Gioele. Così imboccai quella stretta vanella di campagna. Tu eri là che seguivi le storie che raccontavo, come hai sempre fatto. Ti indicavo quella che era stata la mia casa per i primi otto anni di vita, cosa era cambiato nel tempo e cosa era rimasto uguale. Sono sicuro che adesso non sai neanche di cosa sto parlando. Non sei l’unica. La gente mi chiede se ho nostalgia di casa, dico di no. Ma la prima volta che ho avuto un singhiozzo di pianto è stato due giorni fa, prima di addormentarmi. Ho pensato a quella casa e ho singhiozzato. Fortuna che ero da solo a letto, che la porta era chiusa e che sono in Canada. Sennò sai che vergogna se qualcuno sapesse che ho piagnucolato per il ricordo di una casa.

Questo almeno lo ricordi no? Ci sei pure tu che parli, devi ricordarlo. Quante volte abbiamo discusso su questa minchiata, su questo brivido d’adrenalina che mi sono concesso? Quante volte ne ho parlato io? Questo video però è la prima volta che lo rivedi. Quello è il Gioele che è cresciuto pensando che una cisterna fosse una navicella aerospaziale ma col bau dentro. E adesso ci credi che sono arrivato fino in Canada? Pare che di progressi ne abbia fatti eh?
Da quant’è che ci conosciamo? Tre, quattro anni? E quanto puoi dire che mi conosci? 70%, 45%, o 37%? Mi hai mai visto piangere, mi hai mai sentito chiedere scusa? E dire grazie? E lo hai visto il lele incazzato? E quello che sembra un bambino? E quello che facevo prima che gente come te mi diceva che certe cose sono pericolose e non bisogna farle? Questo te lo posso fare vedere.

Un pitito sull'albero

Quello è un albero di carrubo, secondo Wikipedia può raggiungere i 10 metri d’altezza. A che altezza sarò io? E quali potrebbero essere le fratture se, durante il lavoro che sto facendo chiamato in italiano bacchiatura, cascassi giù? Mi si potrebbe perforare un polmone se cadessi su una pietra, potrei rimanere su una sedia a rotelle se cadessi sbattendo l’osso sacro. Li lascio a te gli altri potrei. Che io ho ricevuto un’altra educazione, sicuramente peggiore se valutiamo il voto di laurea. Possibilmente peggiore se valutiamo come sono uscito fuori. Ma, peggiore o migliore, quello non si può cambiare. Orizzontali o verticali per me un tronco è da scalare. Carrubo o meno. Rischi d’annegare o di fratturarsi le costole. Per lavoro o per svago. Sono un mediocre, se mi togli pure la possibilità di scalare gli alberi che razza di persona sarei? Fallisco di continuo, concedimi l’opportunità di essere diverso. E il significato che attribuisco a diverso è questo:

Un pitito col grano

Diverso è tuta da meccanico, paglia e un trattore. Se c’è da spezzarsi la schiena per diventare ricco è quello che farò. Far cadere le carrube o aiutare il nonno con la paglia. Imparare a programmare o capire come parlano ‘sti canadesi. Diverso è sognare di volare su una cisterna e finire in Canada a fare succhi di frutta in Inglese. Diverso è dimostrare a chi ha già riso che io lo farò dopo di loro. Come quando e dove non sono variabili da considerare. E piangerò ancora per quella casa, la mia casa.

Æssiaeiai prtin, please!

Andiamo per disordine. Ho iniziato il lavoro che come già detto qua mi accompagnerà per le prossime 16 settimane. Quasi quindici ormai. Ora…questo post sarà incentrato nel descrivere questo lavoro ma mentre mi facevo la doccia poco fa ho pensato bene che saranno dei pensieri sparsi. Insomma, niente introduzione-sviluppo-conclusione. Questo post può finire da un momento all’altro, di certo è già iniziato.

Allora vi spiego il posto. E’ un negozio che fa succhi di frutta. Detta così fa strano lo so. Praticamente è come se fosse una gelateria per noi. C’hai voglia di qualcosa che non sai cos’è di preciso e ti prendi un gelato. Non è un pasto, non è un cioccolatino. Ognuno gli da il significato che vuole, c’hanno fatto pure la dieta del gelato (googlate!). La gente perciò viene in questo chiosco da una decina di metri quadri e richiede un succo di frutta fra quelli presenti in menù. In realtà in “italiano” lo chiameremmo frappé piuttosto che succo di frutta. Usualmente è parecchio denso, abbastanza da potersi mangiare con un cucchiaino ma liquido al punto che in realtà l’unico mezzo fornito per papparselo è una cannuccia. La preparazione di tale coso consiste nel versare in un frullatore tramite un macchinario la polpa del frutto desiderato: mela, arancia, un imprecisato nectar, e cranberry (mi pare eh) che sarebbe mirtilli rossi.
A tal punto si estrae dal freezer il sacchetto di plastica che contiene ghiaccio, talvolta yogurt congelato e sempre pezzi di succhi di frutta. Il tutto verrà frullato e presentato al cliente ad un prezzo che s’aggira mediamente sui 6$. Facciamo anche piadine che loro chiamano wrap, ‘na specie di tramezzini e si vendono bottiglie d’acqua, acqua con la vitamina e un’acqua che si chiama smart e costa tipo 3.33$. Smart sì, per il titolare! Ah, molta gente aggiunge delle vitamine in polvere al succo di frutta. Non è malaccio.

Il lavoro non è molto pesante di questi tempi. Direi una media di una cinquantina di clienti in un turno di lavoro da 6 ore. Questa è la media di questi giorni di lavoro, 6 ore al giorno. Per me abituato alle 12 di quest’estate non è che sia massacrante, ma dopo 5 ore in piedi inizio a sentire il desiderio di una poltrona. Succedeva lo stesso in estate, solo che dopo un’ora da quella sensazione ne mancavano altre sei prima di tornare a casa. Quando lavoro più di 5 ore ho mezz’ora di pausa da spendere come più mi piace. Io di solito mi metto a sedere in una poltrona del centro commerciale dove il negozio è sito e giudico la gente che passa. Altri per rilasciare lo stress fumano una sigaretta, io giudico.

Sono l’unico maschio dell’equipaggio. Tutte femmine, oggi mi sono dovuto sorbire 5 dico cinque ore di girl talk, i discorsi fra femmine insomma. In inglese eh. Per adesso si sono tenute a debita distanza, lo stesso farò io. Sono sufficientemente carine ma quel posto è tre metri quadri: perché mi dovrei mettere nei casini? Meglio pensare ai succhi di frutta và. A quanto pare fra di loro messaggiano, in uno di questi messaggi si riferivano a me dandomi del g-man. Niente a che vedere con i doppi sensi, vastasuna, il problema è che non hanno interamente capito come mi chiamo: Gioele. Ho provato a spiegarglielo (c’è una che ha discendenze italiane, si chiama Rosina!!!!), ho provato a farmi chiamare Joe o Joel ma g-man è quello che sono riusciti a fare. In italiano diremmo: gi-coso là.

Ho problemi con l’inglese. Sono bravo, davvero. Ma nel menù ci stanno dei nome di succhi di frutta scoglionati. Acai Protein, prendiamolo per esempio: Æssiaeiai prtin. Così lo dicono, æssiaeiai prtin. La prima volta dissi: What?? che è un po’ come dire cheeee?, non il massimo dell’educazione insomma. La seconda ho detto say it again, ridillo! Alla terza ho capito: quando qualcuno dice cose come se avesse sbattuto in qualche spigolo allora devo schiacciare il tasto dove c’è scrito Acai Protein.

Da quanto ho capito se continuassi a lavorare presso la titolare del negozio (che per scherzo del destino di cognome fa McDonald), potrei avere una sponsorizzazione presso l’ufficio immigrazione e rimanere in Canada. Anzi mi ha proprio detto di iniziare a preparare le carte burocratiche. Io ho paura, non so ancora che fare e ad eccezione di una persona nessuno fra i lavori relativi alla mia laurea mi ha risposto. Dovrei aspettare un’altra settimana prima di iniziare a pensare se rimandare il curriculum o arrendermi ma con Joanna siamo rimasti d’accordo che al primo giorno off vado direttamente nei loro uffici e mi presento: *Hallò, I vud like tu intrudius maiself. Ai emm italian and ai fink ai emm the uan iu ar lukking for. Æssiaeiai prtin, a te a tutta la tua famiddgia!

*Salve, vorrei presentarmi. Sono italiano e penso di essere quello che state cercando. 

Quando ero in Italia – Storia di un ignorante

Quando ero in Italia (potremmo discutere per ore su questa frase, vero dù?).
Quando ero in Italia e pensavo al mio periodo di lavoro in Canada avevo in mente questa scenetta qui.

Datore di lavoro: Passami il tagliere (in inglese).
Cervello (il mio):  ‘inchia vuole questo, che gli do adesso? Cazzo cazzo cazzo!

Adesso, domani c’ho il fantomatico primo giorno di lavoro. Tagliere si dice…controllo…cutting board oppure chopping board.

Sono pronto.

L’evoluzione ed involuzione di un ingegnere

Lo studente emigrante

Partiamo dalla fine. Su quel carrello ci stava stipata la mia vita al palazzo delle Residenze (come l’ho recentemente denominato). Che fatica portarlo a casa di Sergio. Quando guardo sto carrello mi viene la nostalgia. Avevo dato da qualche ora l’ultimo esame, non sapevo ancora l’esito ma ero più che fiducioso che quello sarebbe stato l’ultimo esame per almeno un anno della mia vita. Non sapevo cosa il mese d’agosto m’avrebbe regalato ma sapevo che verso la fine di ottobre mi sarei trovato in suolo canadese. E quando lo stai a sognare dal settembre precedente la realizzazione quasi materiale di quella speranza ti fornisce qualcosa nel cervello, nelle gambe, nei sopraccigli. Mamma mia che periodo!

Lo studente imbarazzante

Da notare: il fegato come nutrimento, che costa poco! Il vassoio rubato alla mensa, il pane che assomiglia al pane, il coltello fregato a Simone durante il secondo anno (ed usato per tutto ciò a cui un coltello può servire), il vino da 2€ a bottiglia quando non c’è l’offerta, lo scatolo di integratori vicino alla pila di slides. E poi, dulcis in fundo, la pila di vestiti lavati ma ancora da stirare e/o sistemare. E’ di quelli che sono orgoglioso, il rozzo e wild Gioele che esprime tutto sé stesso quando si trova allo stato brado. E si faccio anche i rutti!

Lo studente pensante

In mia difesa c’ho da dire che non era ora di lezione, pausa caffè. Io me la sognavo di brutto, chissà se ti stavo pensando o se stavo solo pisolando: certo che quando dormo però sono bellissimo.

Lo studente in panne

Questa non la so da dove viene: la scrittura pare quella di Simone, o forse quella di Daniele. Era Basi di Dati 1 (ora loro stanno facendo il sequel). Non fatevi facilmente impressionare dai simboli connessi alle parole comuni: questo è uno degli esami più facili. Detto da me che sono riuscito a prendere un voto alquanto normale. E’ che mi mancava il tempo, che bordello quel periodo!

Lo studente pendolante

Questo è il circo sulla verde. No a dire il vero questo è la metro verde. Da Cologno Nord direzione Abbiategrasso: che ancora la fermata di Assago era solo tratteggiata. Se mi chiedete cosa c’aveva spinto a metterci a testa in giù come dei gufi non lo so, non lo ricordo più. Io ricordo che quei jeans la mamma mia li ha buttati perché diceva che erano troppo vecchi. E’ la mia storica cintura di cuoio l’ho rotta recentemente in Canada per prendere una cozza che adesso sta in stanza mia. Ci divertivamo, innegabile. E poco contava il fatto che in tre anni ognuno avrebbe preso una strada diversa: a quel tempo, a testa in giù, questo pensiero non c’era ancora venuto!

Lo studente domandante

Quella in fondo, lì, è duli. No quella a sinistra, quella è Maga Magò. Se vi chiedete perché sta lì sola a fare delle domande devo chiarire due cose: noi eravamo quelli che facevamo le domande alla fine della lezione, alle volte neanche inerenti al corso in questione. Ciò spiega perché duli è lì a fare domande. Il perché nessuno o quasi è ormai rimasto in classe ci porta al secondo punto: lei era l’unica che c’aveva capito qualcosa di quel corso. E sto includendo pure MagaMagò. Mi ricordo che pur tentando di seguire non riuscivamo a racimolare qualche frase sgrammaticata. Guardavo Sergio e lui stava più ‘mbriaco di me. Daniele quando c’era dormiva. Allora guardavamo duli e le facevamo un cenno come per dire: “Hai capito?”. Quando era si eravamo sollevati, ce l’avrebbe spiegato poi. Quando era un no eravamo sollevati: se non l’aveva capito lei…noi eravamo apposto!

Lo studente panicante

Ma che razza di commento è “Al mio Orologio?”. Non lo sa quel prof. che il tempo è una invenzione dell’Uomo e lui non è capace di attribuirsene le proprietà? E’ una pratica che personalmente sto rimuovendo, ma sono sicuro che gli altri sono ancora pratici di queste tattiche. Io mi ricordo che stavo parecchio in ansia e quando la mamma mi obbligò di prendermi la camomilla per calmarmi, a me venne la diarrea. Che esame di merda che fu quello!

Lo studente incurante

Lo vedete questo? Questo sono io. Lo so che non mi si vede bene. Il concetto è che c’avevo la barba lunga. Era il primo anno e con quella barba lunga presi il mio primo 30. Me lo ricordo perché poi di 30 non ne presi uno va e uno viene, io so apprezzare la bellezza di un 30 e per questo li prendo raramente. Ad esempio il 23 mi sta antipatico e allora gli faccio questo scherzetto: lo prendo spesso!
Essendo uno studente di ingegneria mi trascuro. Non è che non avessi il tempo di farmi la barba, è che avevo capito male il sillogismo. E allora mi trascuravo, così sì che ero uno studente di ingegneria. Che poi, eccetto per le brasiliane, la barba c’ha il suo fascino. 8 donne su 10 dicono che fa uomo, le altre 2 sono confuse. Belli pure i capelli, eh?

La prostituzione intellettuale

E’ come se avessi raggiunto il punto di non ritorno, oggi. E’ il primo giorno senza la febbre e tutti quei malanni dovuti ad essa. Ma non è di questo che vorrei parlare. Oggi ho cercato per la prima volta come diventare un residente permanente in Canada, questo è un passo grosso. Forse i miei parenti mi possono sponsorizzare ma di certo la procedura più “facile” sarebbe trovare un datore di lavoro disposto ad assumerti e a sbrigarsi le pratiche burocratiche dell’immigrazione col governo.
Ed è per questo che sono completamente immerso nella ricerca di un lavoro serio, non come quello che sta cercando di trovarmi la scuola. Un ristorante che ti chiede degli alberi, un altro ristorante che ti offre un posto da lavapiatti ma ti fa sentire dio e un posto dove fanno i succhi di frutta al momento.
E Joanna dice che devo pensare da professionista adesso, che in questa settimana cambierò modo di pensare. Dice che dobbiamo costruire la mia autostima, che dobbiamo tirar fuori questa arroganza italiana anche quando si sta per vendere la propria mente alle aziende del Canada. Vendere il proprio cervello…

Lo so che non s’è capito un cazzo, spiegherò qualcosa altro appena ne avrò voglia (sempre se questo mal di gola non m’avrà ucciso nel frattempo)