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Il bruxismo e una nuova espressione: “be perspicapable”

Per chi cerca lavoro, per chi ci ha rinunciato e per chi lo cercherà. Un sputo di speranza. I miei fogli di quando cercavo lavoro come operatore ai succhi di frutta e di quando, il secondo foglio, ero sul punto di fare il test che poi mi ha permesso di essere assunto alla compagnia dei GPS.


 

Position: Food prep. Dish Washer (Human) 13:53 Ms Village Restaurant
Sono Seduto. Aspetto. Daniel sta arrivando, io sono entrato nel locale 10 min in anticipo, Joanna dice che si fa così.
Il posto è picolo
La cameriera ha la faccia esausta. Il locale La cucina è nel seminterrato, questo non mi piace. Il posto è molto vicino alla spiaggia, questo mi permetterebbe un interessante attività dopo lavoro.
E’ appena entrata una ragazza con un resume in mano. Daniele è pelato.

 


 

Position: Jugo Juice Server 10:25.
Lucero mi ha chiesto se sono pronto. Ho detto si. A cosa?
Sono già venuto qui, pensavo di aver risposto di già alle loro domande.
Mi hanno fatto leggere il menù. L’ultima volta, l’ho trovata una cosa sgradita. Non so che ci sto a fare qua oggi, se me lo volevano dare sto lavoro lo avrebbero già fatto.
Mah.

Al primo posto mi dissero che non ero qualificato abbastanza. Una laurea in ingegneria con esperienza pluriennale in cucina di Ristoranti e Pizzerie ITALIANE non è abbastanza per lavare piatti in un bar da 50 posti? E’ andato tutto per il mio meglio comunque.
Ai succhi di frutta poi invece mi hanno preso davvero. Bizarro.

 

Il secondo foglio (sulla sinistra) l’ho scritto prima che mi arrivasse il test per email, 3 domande tecniche della compagnia del gps. Sergio so di che sto parlando, lui è un bastardo. Vi dico solo che se adesso sarò zito, Sergio sta venendo a vivere con me e io sono ancora in Canada e io ho chiesto la residenza permanente e io non sono di nuovo alla 244, tutto dipendeva da quel test. Traduco:

11:45 22 Marzo
Sono terrorizzato. Tecnicamente si decide parte del mio futuro (del prossimo anno almeno). Meno tecnicamente si decide per bona parte se sarò assunto o meno. Se non dovesse andare bene avrò guadagnato una esperienza: saprò cosa aspettarmi nella prossima offerta di lavoro simile. 8 minuti alla ricezione dell’email. In queste situazioni penso a cosa le pe persone che hanno già avuto il lavoro hanno vissuto in questi momenti. Sono io strano e paranoico o è una cosa comune. 3 minuti. Finisco di scrivere adesso.


 

[Testo vagamente tradotto del test, si possono notare il punto 2 e 3]

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Gli originali

Per tutti quelli che sono in Canada e cercano lavoro: la perspicacia e l‘abilità pagano. Se avete delle carte che certificano le vostre skills troverete lavoro. Se non li avete otteneteli e poi troverete lavoro. Il dentista m’ha detto che potrei avere il bruxismo. E’ solo che sono abituato a stringere i denti. Potete farlo anche voi.
Per tutti quelli che sono in Italia. 1. Venite in Canada (o simile). 2. vedere punto precedente

La sinusoide (da non confondersi con la sinusite)

Riesco a sentire i tuoi battiti sulla tastiera, il respiro dentro al microfono , quasi percepisco i battiti del cuore attraverso la camicia, poi ti guardo negli occhi e ho paura. E’ bastato un attimo, un solo messaggio per riportarmi indietro con gli anni, anni di litigi e incomprensioni, di amore e di odio. Ricominciare a vivere … ne vale la pena? Se avessi una palla di cristallo avrei proprio svoltato … “imbocca la strada questa dritta di fronte a te, non quelle parallele, che poi sono senza uscita!” ma che pizza, io la palla di cristallo non ce l’ho, ho una testa, si, che però per queste cose non funziona neanche tanto bene (meno male che fin’ora non si è spaccata!). Perché esistono gli “altri?”, non potremmo semplicemente essere tutti come Raperonzolo che nonostante non sia mai uscita di casa le piomba il principe azzurro dentro la stanza?! Che gran botta di culo che ha! E invece no, io devo attraversare il Mondo, spendere ben 800 euro e andare fino in Canada. E se poi il mio principe azzurro si rivela, che ne so … un rospo? Va bene che la fiaba è al contrario ma la realtà non funziona proprio così.

Riesce a sentire i miei battiti sulla tastiera. Quella tastiera che adesso delimita il mio essere. 26 caratteri, centinaia per alcuni linguaggi. Combinazioni di questi caratteri generano infiniti numeri di parole diverse che tuttavia falliscono comunque a definire chi io sono, cosa sento, cosa provo. E quando una infinità di parole non riescono a esprimere una (1) emozione abbiamo un problema. L’altro giorno mia mamma mi ha scritto un messaggio su facebook: “Non importa quanto hai sofferto. Ti innamorerai di nuovo.”.
E’ verità. E’ realtà. Le fiabe non esistono e sebbene hai sofferto immensamente il prossimo ciclo è lì disposto ad aspettarti.
Ricominciare a vivere, ne vale la pena? E’ una domanda comprensibile, quel settembre sapevo che sarebbe successo eppur soffrivo. E mentre cercavo di rispondere a quella domanda ho risalito la cresta ed eccomi qua in cima al ciclo. Questa è la verità: per quanto sono andato in basso, per quanto spendessi del tempo a chiedermi se ricominciare a vivere avesse un senso, per quanto ho sbattuto qua e là come una di quelle palle pazze che amavo portarmi in giro…tutto questo è ciò che mi ha portato quassù alla cima di questo ciclo.
Ogni ciclo va su e poi va giù.

Il seno

Ma non siamo rane morte in questa piscina chiamata vita. Ogni volta che inizierò ad andare giù ci appoggeremo spalla a spalla e batteremo braccia e gambe per non ritornare al punto di partenza. Ed è così che la risalita sarà più breve, ed è così che il prossimo massimo locale sarà assoluto, è così che diventeremo unici.

Ho dimostrato debolezza ultimamente e non sono felice di ciò. Avrei potuto far meglio e non sarebbe stato neanche troppo difficile. E’ stato un piccolo fallimento che mi ha fatto e mi farà riflettere. Perché i piccoli fallimenti non si ripetano mai più, perché i grandi fallimenti siano mitigati.

E sto giro tocca a me essere Raperenzolo :D

Ce l’ho pesante e duro

Sono Gioele. Quello lì insomma, lo sapete no?

Ho due post in canna, come una doppietta ha due cartucce. Chiaramente il primo, questo, è quello che mi diverte di più. E si parla del cervello e di Dio. O almeno si parte da questo. Via!

Il nostro cervello ha tra gli 80 e i 120 miliardi di neuroni. Non lo sappiamo di preciso. Ma dai cazzo. 120.000.000.000. Se avessi 120 miliardi di dollari a colpi di loonie e ne contassi 1000 al giorno mi servirebbero 328 mila e 767 anni per contarli tutti (finirei tra marzo e aprile del 330.779 dopo cristo). Questo è nel mio cervello, nel vostro non lo so ma neurone più neurone meno siamo lì. Di tanto in tanto (ogni giorno) me ne muoiono 190 mila ma, vaffanculo, sareste incazzati se un giorno mentre camminate vi cade il portafoglio con 190 mila euro ma tanto chissenè che a casa c’ho altri 120 miliardi. Ah, il vostro cervello ogni anno perde un grammo. Fanculo, ne ho quasi un chilo e mezzo. E non bevo, e non fumo, e non mi drogo e faccio attività fisica regolarmente. Per questo ce l’ho pesante e voi ce l’avete leggero, per questo io sono figo e voi pure (ma io sono figo più a lungo).

Un computer normale ha 2.6 miliardi di transistor. Ci vorrebbero 32 computer per fare un cervello. Avete presente quanto calore produce un pc? E adesso pensatene 32 e inoltre rinchiudetele in una scatola della grandezza della nostra scatola cranica. E non vi lamentate quando fate uno sbadiglio, dobbiamo pure raffreddarli ‘ste CPUs. Un transistor tuttavia è un coso che ha due stati, un interruttore: acceso/spento. Tuttavia abbiamo assunto che transistor=neurone ma in realtà ci vogliono 20 transistor almeno per simulare un neurone. Il che rifacendo i conti è come se avessimo 40960 computer nel nostro capo. Non il boss, il coso che avete attaccato alle spalle.
E non abbiamo considerato che in un normale pc ci sono solo 4 processori. Ed è, fidatevi, un macello farli comunicare efficientemente. Non è umanamente possibile avere quaranta mila processori che collegati con un filo sono tanto efficienti quanto quel coso che sta inviando impulsi elettrici ai nervi delle mie dita che si contraggono e rilassano a comando.

Tutto quello che ho scritto fino adesso è stato pensato mentre attraversavo le strisce pedonali di Langley Street, mentre tornavo a casa qualche giorno fa.


Taliella ciù ddanni

Chi sono io? Perché quando il mio collega si è tagliato il dito io non ho provato dolore? Perché quando tu ridi io rido ma quando tu piangi a me non me ne fotte un cazzo? (ma se ti conosco piango pure io). Perché? Perché? E non fate i faciloni, datemi un perché che il mio cervello possa capire.
Il mio cervello è “attaccato” per mezzo di connessioni a nervi, tendini, muscoli e schifo vario. Capisco perché le mie mani si contraggono, il cervello manda un segnale elettrico…cioè a una rana morta gli mandavano le scosse e quella si contraeva tutta. Il mio cervello vivo mi può fare contorcere, ne sono sicuro. Ma chi lo dice al cervello cosa fare? Il mio lavoro è dire a quei 12 miliardi di transistor cosa fare (dato un input dammi un output, no inventiva grazie!) (e per farlo ci vogliono i miei 120 miliardi più i 120 miliardi di neuroni di Barney), ma il cervello si comanda da solo? Non funziona. Se il cervello dice al cervello “comandati” chi lo dice al cervello di dire al cervello di dire…avete capito no? E chi mi fa percepire me stesso come me stesso? Io, Gioele. Vedo la gente ma non so cosa sono, cosa vivono. So chi sono io solo perché il mio cervello è appiccicato con dei filamenti al resto del corpo? E cos’è l’anima? Una parola che racchiude il tutto? Come quando io non mi ricordo una parola in inglese e dico stuff, così l’anima. Da qualche parte ci deve essere qualcosa, forse, chiamiamola nimaa, no aspetta, maina…non suona bene..inama…amani, anima.
Poi penso a dio e già non capisco un cazzo di come sono fatto e, dio mio, parlo di dio?

Il mio pensiero, un piede prima del marciapiede, fu che se dio esiste deve assolutamente coincidere col mio cervello. Io non sono dio, il mio cervello lo è. Io non mi sento il mio cervello, io sono il frutto di una serie di input elaborati dalla centrale su in cima e rispediti giù con un adesivo FRAGILE. Il tutto condito da un pizzico di sale.
Che nel mio caso possiamo pure dire che qua siamo in salamoia.

“O sono di un gran bello io o si era un po’ distratto Dio”

Questo è il fatto. Ho avuto una promozione, dopo 4 mesi il mio stipendio è aumentato del 40%. Quando avevo detto che volevo diventare ricco facevo sul serio. Adesso tocca aspettare l’immigrazione, loro possono abbattermi da un momento all’altro. Lo so, lo sanno, bisogna conviverci. Ho aperto un nuovo conto, ho attivato un RSP (non so se c’è in Italia, metto soldi da parte da giovane per avere una pensione d’oro da vecchio), ho aperto un TFSA (un conto risparmio senza tasse) e ho fatto il mio primo investimento in banca. Ho comprato dei Bond Canadesi, qualche stock, qualche bond in US e qualcosa internazionale. In 5 anni avrò aumentato il mio capitale del 6% circa.

So che vieni nel blog tutti i giorni, Sergio dice che dovrei goderci. Ma non è proprio così.

Oggi Barney ha trovato in 20 minuti nove bugs (un bug è un comportamento inaspettato di un programma) di cui la metà circa era un problema bloccante. Per chi vuole essere perfetto nove è un numero bello grosso.

Oggi Barney mi ha raccontato le origini della nostra spin-up (di cui sono l’impiegato numero 2, Barney è il primo). Stava per accettare una offerta migliore ma poi ha cambiato idea. E sono stato assunto. Quante coincidenze mi hanno portato qui adesso? Mi sa che sono saltato sul puntino-teletrasporto.

Un anno fa oggi mi ero laureato in Ingegneria Informatica. Oggi lo avete capito che mi succede. E fra un anno? Come lo vedi fra un anno, Tipa?

I puntini neri della nostra vita

Scusa un attimo ma qui tocca fare l’ingegnere per un attimo. Ci sono alcuni concetti nella vita che l’ingegnere apprende quando continua i suoi studi. Questo ragionamento è stato coperto dal mio amico Sergio nel suo blog che io sintetizzo (e semplifico) con un albero binario. Per chi si stia chiedendo cosa sia un albero binario, no…non è quell’albero che fa frutti chiamati binarini. L’albero binario è questo qui sotto:

La vita

Ora, l’ho intitolato vita perché l’albero binario è un’ottima rappresentazione di cosa fronteggiamo ogni giorno in questa cosa chiamata vita. A dire il vero è assolutamente più semplice della realtà ma i fisici c’hanno insegnato che se vuoi capire una cosa la semplifichi la capisci e poi la fai diventare più difficile ma tanto ormai l’hai capita, apposto!
Vengo e mi spiego. Oggi ci troviamo su in alto a quell’albero, nel puntino chiamato 1. Per Sergio 2 è tornare a casa a studiare al poli, 3 è trovarsi un lavoro. Per me 2 è comprare un laptop, 3 una bici coi controcazzi per evitare di fare la fine di ieri. Per Federica 2 è Trastevere 3 è Bastion Square.
Ora che il concetto di 2 e 3 è chiaro, potete fare voi i conti quante possibilità ci sono di fare la cosa giusta, la migliore scelta. Torniamo a fare i matematici. Ma semplici eh. Mettiamo che ci vogliono, quanti..4, 5 scelte per avere i primi risultati concreti? Del tipo:

  1. Scegliere il Canada e non l’Italia,
  2. Scegliere Victoria, BC e non Toronto, ON;
  3. Scegliere di imparare l’inglese prima e non escluderlo dalla mia educazione;
  4. Scegliere la parola giusta da scrivere nel curriculum invece che quella ambigua;
  5. Trovare parcheggio dove era necessario per arrivare in orario al primo colloquio invece che trovare tutto pieno e arrivare in ritardo.

In 5 passi diciamo che ho ottenuto il lavoro. Ora se consideriamo che ogni volta avevo due scelte (Canada o Italia per esempio) il numero di diverse situazioni possibili è 25. Ovvero 2 scelte possibili per ogni puntino, il che fa 32 situazioni possibili. Ho azzeccato la migliore delle 32? O se in una delle cinque ne prendevo un’altra mi trovavo in una situazione diversa ma più molto migliore assai?
Adesso, sappiamo tutti che per un problema non ci sono solo due soluzioni, non ci sono solo due scenari per evento. Facciamo 3, così per non farla troppo difficile (in realtà quante sono, 5? 10? 25? i?). Adesso solo considerando 3 opzioni possibili (invece di 2 per ogni puntino), per un totale di 5 puntini prima di ottenere il lavoro (o davvero qualsiasi cosa) il conto è 35. 243.

Ciò vuol dire che se lasciassimo decidere che fare ad un lancio di moneta (non truccata) per 5 volte si avrebbe lo 0.41 % di probabilità di ritrovarsi alla fine della fiera nella miglior situazione possibile. Adesso, bisogna tenere bene in mente due cose:

  • Che abbiamo limitato il problema a 3 scelte per ogni puntino (e abbiamo richiesto solo 5 puntini per raggiungere il successo). A volte potrebbe essercene due (trovare parcheggio/non trovarlo) altre potrebbero essere centinaia (quante città in Canada? (160 se consideriamo città quelle con una popolazioni superiore ai 10000 ab.));
  • Che in realtà non tiriamo una monetina nelle scelta della vita. Prima di scegliere se imparare l’inglese in una scuole o no c’ho pensato su per un po’, ho ragionato e ho scelto quello che ritenevo la scelta migliore.
How real life looks like

Ora. Come fanno le persone a stabilire quale è la scelta migliore quando il numero di passi prima del successo è potenzialmente nell’ordine delle centinaia e il numero di scelte potrebbe variare fra una decina a una migliaia ad ogni passo?
Ci sono almeno due strade riconducibili a dei concetti informatici di esplorazioni di grafi: cerchiamo di ottenere la scelta migliore secondo un algoritmo goloso o secondo un algoritmo “torno all’indietro”.

Quello goloso è il concetto alla base di “meglio un uovo che una gallina domani”. Oggi restare in Italia sembra meglio perché la pizza che sto mangiando è deliziosa e settimana prossima ne voglio un’altra uguale, si mi porti pure un acqua tonica cà m’accianau l’acitu.

Quello di ritorno all’indietro è il concetto di chi cerca di vincere a scacchi. Che succede se io muovo l’alfiere, lui me lo mangia col cavallo ma poi la regina è scoperta e io la mangio con la torre che viene mangiata dal re che però si sposta dove la mia regina può fare scacco matto? Che succede invece se io muovo l’alfiere e lui lo mangia con la torre invece col cavallo e venne il gatto che si mangiò il topo che alla fiera mio padre comprò? Come potete capire quest’ultimo procedimento è eccessivo per decidere se è meglio la frittata oggi o il brodo domani ma allo stesso tempo non abbiamo abbastanza risorse per calcolare tutte le possibili combinazioni a cui la nostra vita potrebbe condurci.

Noi invece usiamo un algoritmo goloso ragionato, non ci porta davvero lontano e la maggior parte delle volte andremo a finire dove non avevamo previsto. Non possiamo calcolare tutto l’albero. E’ una cosa buona? E’ una abilità che vorremmo avere se potessimo scegliere? E, inoltre, qual’è la situazione migliore? Quando quella signora ha perso il primo treno perché la figlia non voleva svegliarsi e il secondo treno era arrivato in ritardo e poi s’era pure fermato non credo che credesse di trovarsi nella situazione migliore. Poi quando ha scoperto che il posto dove doveva andare era stato colpito da due aerei di linea (si, è una storia vera quella che dico risalente all’11 Settembre) avrà realizzato che il puntino su cui si trovata era davvero un puntino fortunato.
Vero, non abbiamo neanche considerato il caso nella nostra semplice matematica.

Il concetto è semplice. Io faccio il meglio che posso lavorando quanto più duramente mi sia concesso dalla mia mente e dalle mie braccia. Se ho fatto la scelta sbagliata non è ancora perduta. Ci sono milioni di puntini là fuori pronti ad “ospitarci”. Se il puntino in cui ci troviamo fa schifo e puzza non vuol dire che il prossimo sia tanto brutto quanto questo qua su cui stiamo piangendo proprio adesso. Non so voi, ma io nei puntini che puzzano non ci voglio stare. Ed è per questo che non c’ho paura a saltare al puntino successivo…

Se consideriamo 10 opzioni ad ogni passo e 50 passi prima di avere i risultati delle nostre fatiche allora abbiamo un bel po’ da lavorare per avere successo (tirare la moneta non serve, avremmo 0.0000000000000000000000000000000000000000000000001% di probabilità di trovarci nell’occasione migliore.

[Ispirato da eventi recenti]

Verso il prossimo puntino
Me stesso mentre salto verso il prossimo puntino…

Nun si mancia meli senza muschi

La mia scrivania - #1
La mia scrivania - #2
Notare il poster!
How to learn softball in one day

Come potete ben vedere ho iniziato a lavorare. Non dirò molto oggi, sopratutto dirò poco riguardo il lavoro. Un giorno magari farò un video in cui racconto qualcosa ma sono così entusiasta che non ho idea da dove iniziare. Il mio mentore (informalmente office buddy!) è Barney di How I met your mother. Uguale. Giuro, anche duli lo direbbe (le ho passato alcune foto del mio mentore ed è pregata di scrivere in un commento se è vero quel che dico). Al mio primo giorno di lavoro gliel’ho detto e lui dice che sono l’ultimo di una lunga fila. Quando mi ha chiesto se conosco e gradisco Bibier ho preso qualche secondo di tempo (quando chiedevo perdono per i miei futuri peccati) e ho detto si!
Oggi ha speso mezz’ora del nostro tempo per spiegarmi le regole basi del softball, l’abbiamo chiamata Lesson #1 – The basics. Domenica ho la mia prima partita come membro della squadra di quelli del gps.
Per adesso basta parlare di lavoro.

Ho avuto problemi con i visti. Tecnicamente non posso più lavorare dopo il 15 giugno il ché mi mette in una scomodissima situazione con la compagnia e a livello personale. Preso dal più completo panico sono andato con Johanna a parlare prima con la scuola che mi ha indirizzato in un immigration counselor, un consulente sulla immigrazione. Un ora di domande, consigli e in generale alcune buone notizie e 150C$ son volati nelle sue tasche. Vediamolo positiva. Solitamente quello è il prezzo che un dottore ti chiede quando ti scippa una mola(re). In questo caso nessun dolore ma anzi sollievo psicofisico (nel senso che sono tornato al mio naturale ritmo Activia). Il processo d’immigrazione in Canada sarà più difficile di quanto immaginavo, una delle situazioni che potrebbero accadere è tornare in Italia e fare il master. Ma questa è quella che i canadesi chiamano “worst case scenario”. E’ giusto considerare tutto ma è carino essere un poco più realistici.

Cose da imparare in meno di 6 settimane: Visual Studio, C#.net, Javascript, HTML5, Silverlight, Jira e forse forse objective-c. Oggi ho finito con Visual Studio. Domani si inizia con javascript, che -cosa interessantissima- era chiamato inizialmente Mocha. Tra Java, Beans and Mocha di certo uno si annoia! Ma un pochetto nervosi lo si è, eh!

“Bustiamoci” un poco – Due video più un altro

Il nuovo post saranno due video da 10 minuti più un terzo che, tuttavia, data la natura particolare sarà privato. Ma non vi siete persi niente, ‘un fa niente insomma.
Non mi dilungo e vi lascio ad altri 10 minuti della vostra giornata in compagnia del sottoscritto che fa lo sbruffone. Come disse Joanna, it’s time to boast about yourself. E’ tempo di pavoneggiarsi, di farsi fico. E io fico, modestamente, lo sono fino al semicolon. Sì, al punto e virgola;

Ecco il video della vergogna: http://www.minciati.eu/2012/05/un-lele-ballerino-professionista-in-provetta-o-provetto-professionale/

L’ingegnere dei Succhi di Frutta (questo titolo l’ho sognato per mesi)

Lo vedete questo? Lo avete visto. Cosa porto un uomo a ridere, piangere, correre, accendere i fari lunghi, spegnerli, far cadere cose in macchina, riprenderle, ridere nello specchietto retrovisore? Facciamo un passo indietro, anzi no..un salto indietro!

Il primo contatto
Era il 06 marzo 2012. E stavo nel pieno delle mie ricerche tecnicamente perfette per ottenere una internship o una posizione di primo livello in quello per cui ho studiato: volevo fare l’ingegnere, che l’idea di spremere barbabietole e tritare erba per tutta la vita mi faceva venire la scarlattina. Allora scrivevo così al Britanno:

Salve,
 sono Gioele Minciati e dopo attenta ricerca e considerazioni sto cercando con ardore una internship/posizione di primo livello con la tua compagnia. Allego la mia lettera di presentzione e il mio cv per una sua accurata lettura. 
Aspettando di risentirla presto,
Sinceramente

Io così gli dicevo e così feci per tante altre compagnie. Ma per loro avevo personalizzato la mia lettera di presentazione, citando alla fine uno dei loro valori chiavi copiandolo preciso dal loro sito: “data only has value when it gets used ;)“. Le informazioni hanno un valore solo quando vengano usate, per dire insomma…se cestini questo messaggio non sai che ti sei perso, io sono qua e tu dovresti venire a conoscenza della mia esistenza. Fallo e non fallerai.

Il primo responso della mia vita
Due giorni dopo, l’8 marzo. La prima risposta a una mia richiesta di lavoro, la prima e (quasi) l’unica fra una ventina di curriculum inviati.

Ciao Gioele,
 grazie per il tuo interesse in quelli del gps! Potresti inviarmi una ufficiosa copia del tuo documento che riporta le considerazioni sulla tua laurea? Inoltre, stai cercando un lavoro solo per l’estate? Quando programmi di iniziare la specialistica?
Grazie

E, nessun dubbio, gli risposi subito dopo inviando ciò che aveva richiesto e rispondendo a ciò che aveva domandato. La sincerità assunse tutto un nuovo concetto, onesti ma ponderando le parole. Cercai di contenere la mia eccitazione, ignaro di quello che sarebbe successo. Intanto ogni mattina mi alzavo, mi vestivo di nero e andavo a lavorare dove i mirtilli rossi sono chiamati Cranberries e dove la gente aggiunge proteine ai loro frappé credendo che così stanno meglio. Ma unni e quannu?

L’attesa
12 interminabili giorni di attesa. Niente, il Britanno non si faceva sentire. Che non avesse capito qualcosa? Che avesse visto il 19 in Fisica? Forse era un vicolo cieco. Ma tanto, forte della conoscenza del proverbio siciliano l’affruntusu mori lu sfacciatu campa, andai negli uffici. Mi vestì come un adulto, passai la lametta sul mio viso, presi la mia cartelletta Invicta e andai in un giorno di pioggia a parlargli di persona o quantomeno a richiedere un appuntamento. Dopo aver trovato la porta, dopo esser salito al secondo piano in un palazzo senza scale, dopo aver parlato con una segretaria che mi diceva che il Britanno era in un meeting, e poi aveva un altro meeting ancora e non sapeva quando finiva, dopo essere tornato a casa col musone gli scrissi una mail. Dicendogli, sono venuto-non c’eri-voglio prendere un appuntamento-sono disponibile tot e tot giorni-cazzo chiamami. Dopo un ora e qualche dozzina di minuti ricevetti la sua email. Questo era già un segnale che incominciavamo a volercese bene.

Compiti per casa
22 Marzo. 16 giorni dopo il primo contatto. Nella sua email di risposta il Britanno mi diceva che:

  • Era molto impegnato Non aveva capito il documento dell’uni, in particolare pensava che il mio 96/110 fosse la mia posizione: del tipo che su 110 partecipanti ero il 96esimo, il 14º migliore. E mi faceva i complimenti. Io zittooooo :D
  • Mi invitava a completare un test, 45 minuti di tempo per tre domande tecniche che poi si sono rivelati tre piccoli programmi da scrivere.
  • Sto giro era lui che ringraziava per il mio interesse e mi domandava se avevo richieste per lui. Era amore, amore amore!

Risposi, ero ansioso di ricevere il test. Cioè in pratica mi stavo cagando sotto. Feci il test, Simone e Dani vedevano se compilava ciò che scrivevo ed era tutto perfetto. Invia il test in tempo, commentai il codice. Questa fase fu perfetta. Fu allora che inizia a guadagnare un po’ di autostima ma ben sapevo che la fine di questo lungo processo era ben lontana.
Lo stesso giorno il Britanno mi disse che non avrebbe potuto darmi alcun esito se non prima delle successive due settimane, erano tutti impegnati in conferenze fuori città. Mi misi il cuore in pace: altri due settimane di succhi di frutta per i canadesi!

Incontriamoce
Giorni interminabili, attese impazienti. Nervoso, Joanna che dice che bisogna stare calmi, io che calmo lo sono che tanto il test lo so che è andato bene. Ma le visite al gabinetto si fanno frequenti, tocca darse una mossa sennò qua muoio di troppa cacca.
10 Aprile. Una vita e 18 giorni dopo. Chiedeva scusa per il ritardo e se ero ancora interessato mi proponeva un incontro con un paio dei loro (a couple of us), figoooooo? pensai e subito dopo corsi in bagno. Dopo 5 mesi di permanenza nello stato Canadese, dopo aver imparato il famigerato inglese avrei dovuto sostenere un colloquio serio in inglese. Colloquio per cui concorrono gente che l’inglese lo parla da quando sono nati, che sanno che dire “await” fa più figo di dire “wait”. A-iuto! Non vi racconto le ore trascorse a studiare le domande statisticamente  più probabili, le risposte migliori, come rispondere alla domanda: “Qual’è la tua più grande debolezza?”.
Quando si è carenti in qualcosa bisogna trovare la pezza giusta per tappare il buco. E se di pezze ne servono due, bisogna trovarne due che siano giuste. E loro sono stati sorpresi della mia fermezza di spirito e del assoluto successo nel soddisfare le tappe che mi ero prefissato. Si vede che di pezze nello zaino ce n’è qualcuna. E che pezze, questi lenzuoli matrimoniali sono!
Sono stato “colloquiato” dall’hiring manager e prima dal senior developer. Ho risposte a domande personali e domande tecniche, ho raccontato la mia storia esaltando gli aspetti positivi e minimizzando quelli negativi. Avrò fatto davvero un buon lavoro, in seguito mi han detto che erano già pronti ad assumermi dopo il primo colloquio. Sì, perché ne ho avuti due…due e mezzo a dire il vero!
Il 18 aprile infatti mi è toccata il colloquio col CTO. Il CTO è il tipo che dice mò programmiamo questo, quest’altro nunnè buonu: fatece ‘na x.  E’ il capo del reparto tecnico, l’unico capo che conta per me (avrò più contatti con lui di quelli immaginati perciò dovrò trovargli un soprannome). Il tipo è molto serio, quando sorride è perché sei stato davvero bravo. Ho usato tutti i mezzi a mia disposizione per impressionarlo ma, al contrario dei precedenti, lui è rimasto impassibile (anche se poi è stato lui che m’ha detto d’aver deciso d’assumermi sin dal primo momento). Ha richiesto di vedere del codice scritto da me e io gli ho inviato 10000 righe di codice scritto con Sergio.

L’assunzione (“in cielo”)
Dopo la fase referenze (hanno contattato la mia cugina canadese che citerò in uno dei prossimi post) e il mio professore dei dinosauri (un prof. del Politecnico, il collegamento coi dinosauri non è rilevante). A quante pare entrambi hanno fatto il loro lavoro davvero bene e il 2 maggio il CTO mi manda un’altra mail chiedendomi un ulteriore colloquio con un nuovo tipo, non meglio identificato. Dentro di me lo sapevo, era fatta. Ma l’ansia non accennava a diminuire e così quella mattina del 4 maggio mi sono vestito per bene, ho cambiato lo stile della mia barba in quello che duli definisce “il lele incazzoso”  e sono andato. Ho parcheggiato la macchina nello stesso parcheggio (si paga circa 3$ l’ora, in totale avrò speso non meno di 25$ fra tutte questi colloqui), ho preso l’ascensore e sono arrivato con i soliti 10 minuti di anticipo. Il tempo di farmi annunciare dalla segretaria e compare un uomo aaaaaalto alto alto. Tazza di caffè in mano, jeans e maglioncino girocollo. Il capo del reparto vendite! E invece di portarmi nella sala conferenza mi faceva girare a destra: sezione uffici. Porca vacca, ho pensato io, ci siamo, si fa seria la cosa! Quando poi mi ha offerto acqua o caffè sono entrato nel pallone, avrò cambiato idea 5 volte per finire con un sano bicchiere d’acqua. Del resto non posso dire molto per via della confidenzialità di cui mi hanno già istruito e che presto metterò per iscritto firmando il contratto. Mi hanno offerto di scegliere fra due progetti, ho brevemente raccontato la mia storia e dopo un’ora e qualcosa sono stato condotto nell’ufficio del CTO. Dove ha aperto una cartella sul suo computer, aperto un file col mio nome (IL MIO!) e brevemente riletto il contratto con me. E se fra quattro mesi faccio il bravo ricevo il primo aumento della mia vita. ‘inchia!

Riassumendo
In breve. Il tutto ha impegnato due mesi della mia vita, 18 email col Britanno, 4 col CTO. Una cover letter e un resume. Quattro viaggi nei loro uffici, centinaia di visite sul loro sito. Un test tecnico, anzi due. Qualche decina di stampe, due-tre vestiti buoni, un po’ di gel nei capelli e un tre paia di lentine. Giornate di ansia e nottate come se fosse giorno. Cacca, molta cacca. Un paio di giri in bici per sfogare la tensione, ridere e risate: qualcuna, nei momenti giusti. Felicità. Ed è così che torniamo al video di partenza. Felicità.

 

P.S Ci sono decine e decine di dettagli che sarebbero degni di essere scritti: alcuni li ho temporaneamente scordati, altri non si possono dire. Ma certamente questo non sarà l’ultimo post a riguardo, certo che no!

Il paese dei balocchi c’ha la trappola ma ora lo so

Sto passando un periodo che non è dei più felici. Lo continuo a negare perché sono in Canada e il Canada l’ho sognato per mesi e mesi. Perciò essere tristi in Canada e come piangere mentre si nuota fra i soldi mangiando pane e nutella. Ma tant’è, è così che mi sento. Analizziamo razionalmente i recenti avvenimenti.

  • Ho finito il periodo scolastico, ho iniziato il lavoro. Sto iniziando a diventare autonomo e inizio a prendere familiarità con i clienti e tutto il resto. Il tutto però dovrà essere rivalutato alla luce di ciò che m’è successo oggi. A quanto pare qualcuno ha stalkato una delle mie colleghe e loro hanno pensato bene di chiamarmi a casa (oggi non lavoravo) chiedendomi se avessi dato le sue informazioni a qualche sconosciuto al posto dove lavoro. E poi ha pensato bene di spiegarmi che è fra le loro politiche che i lavoratori non diano informazioni private agli sconosciuti. Già che c’era poteva dirmi che un’altra regola è non rubare il denaro dalla cassa. Joanna dice che non la devo prendere sul personale, il manager mi ha detto che non mi stava accusando. Ma la cosa mi ha disturbato e sarà chiarita il prima possibile.
  • Una svizzera sta tornando in Svizzera. Una delle mie politiche (ormai che siamo in tema) sin da quando sono arrivato qua è stata non dedicare a nessuno delle emozioni. Ciò mi ha permesso di dire addio a tante persone senza che ne soffrissi neanche un po’. Ma stavolta qualcosa è cambiato. Non l’ho deciso io, anzi diciamo di si va’. Ma quanto prima anche queste leggere emozioni si depositeranno nel dimenticatoio come la polvere agitata dopo aver voltato una pagina di un piccolo libro.
  • E’ successo qualcosa nella mia ricerca di lavoro. Non dirò molto, Joanna dice che è il nostro piccolo segreto. Non ci sarà verso che lo dica fintanto che non ci saranno certezze. Questa è una di quelle cose che devo caricarmi sulle spalle e portarla a termine. Come quando ci si mette il sacco di carrube sulla spalla, si cammina barcollando per qualche decina di metri e non lo si posa fintanto che non si è arrivati alla pala del trattore.
  • Il mio futuro è incerto. Troppe variabili da considerare. Elenco, ma non esaustivamente, le possibilità. Tornare in Italia e fare la specialistica al PoliMi. Restare qua e lavorare part-time presso il negozio dove sto lavorando adesso e continuare a cercare un lavoro sfruttando la mia laurea in Ingegneria (da qui si può separare un altro branch che includerebbe espandere la ricerca in Vancouver), restare qua e chiedere un prestito governativo e iscrivermi alla magistrale qui in Canada. Ciò potrebbe includere, in qualche modo, la richiesta della cittadinanza canadese (oppure della residenza permanente) per pagare fino a tre volte meno le tasse universitarie. In tutto questo il discorso danaro non è stato neanche citato (ma lo si dovrà necessariamente fare).
  • Ho appena bevuto il secondo bicchiere di vino.

Alla luce di queste razionalizzazioni (soprattutto dell’ultima) devo ammettere che sono dannatamente fortunato. Pochi potrebbero avere le possibilità che sto avendo io, io sono stato bravo e appunto fortunato a coglierle. Adesso però ho realizzato che anche in America ci sono le salite e quello che devo fare è soltanto cambiare marcia. E’ questo il periodo in cui si schiaccia la frizione, si deve far veloci che sennò si perdono giri ma bisogna pur stare precisi e senza troppi dubbi altrimenti si gratta. Cambiare marcia non è troppo difficile, in tanti lo sanno fare. Quello che pretendo da me stesso è cambiare in salita. Veloce, chiaro, preciso, sapendo cosa si sta per fare dopo aver trovato il momento giusto. I giri giusti, il momento giusto.

L’evoluzione ed involuzione di un ingegnere

Lo studente emigrante

Partiamo dalla fine. Su quel carrello ci stava stipata la mia vita al palazzo delle Residenze (come l’ho recentemente denominato). Che fatica portarlo a casa di Sergio. Quando guardo sto carrello mi viene la nostalgia. Avevo dato da qualche ora l’ultimo esame, non sapevo ancora l’esito ma ero più che fiducioso che quello sarebbe stato l’ultimo esame per almeno un anno della mia vita. Non sapevo cosa il mese d’agosto m’avrebbe regalato ma sapevo che verso la fine di ottobre mi sarei trovato in suolo canadese. E quando lo stai a sognare dal settembre precedente la realizzazione quasi materiale di quella speranza ti fornisce qualcosa nel cervello, nelle gambe, nei sopraccigli. Mamma mia che periodo!

Lo studente imbarazzante

Da notare: il fegato come nutrimento, che costa poco! Il vassoio rubato alla mensa, il pane che assomiglia al pane, il coltello fregato a Simone durante il secondo anno (ed usato per tutto ciò a cui un coltello può servire), il vino da 2€ a bottiglia quando non c’è l’offerta, lo scatolo di integratori vicino alla pila di slides. E poi, dulcis in fundo, la pila di vestiti lavati ma ancora da stirare e/o sistemare. E’ di quelli che sono orgoglioso, il rozzo e wild Gioele che esprime tutto sé stesso quando si trova allo stato brado. E si faccio anche i rutti!

Lo studente pensante

In mia difesa c’ho da dire che non era ora di lezione, pausa caffè. Io me la sognavo di brutto, chissà se ti stavo pensando o se stavo solo pisolando: certo che quando dormo però sono bellissimo.

Lo studente in panne

Questa non la so da dove viene: la scrittura pare quella di Simone, o forse quella di Daniele. Era Basi di Dati 1 (ora loro stanno facendo il sequel). Non fatevi facilmente impressionare dai simboli connessi alle parole comuni: questo è uno degli esami più facili. Detto da me che sono riuscito a prendere un voto alquanto normale. E’ che mi mancava il tempo, che bordello quel periodo!

Lo studente pendolante

Questo è il circo sulla verde. No a dire il vero questo è la metro verde. Da Cologno Nord direzione Abbiategrasso: che ancora la fermata di Assago era solo tratteggiata. Se mi chiedete cosa c’aveva spinto a metterci a testa in giù come dei gufi non lo so, non lo ricordo più. Io ricordo che quei jeans la mamma mia li ha buttati perché diceva che erano troppo vecchi. E’ la mia storica cintura di cuoio l’ho rotta recentemente in Canada per prendere una cozza che adesso sta in stanza mia. Ci divertivamo, innegabile. E poco contava il fatto che in tre anni ognuno avrebbe preso una strada diversa: a quel tempo, a testa in giù, questo pensiero non c’era ancora venuto!

Lo studente domandante

Quella in fondo, lì, è duli. No quella a sinistra, quella è Maga Magò. Se vi chiedete perché sta lì sola a fare delle domande devo chiarire due cose: noi eravamo quelli che facevamo le domande alla fine della lezione, alle volte neanche inerenti al corso in questione. Ciò spiega perché duli è lì a fare domande. Il perché nessuno o quasi è ormai rimasto in classe ci porta al secondo punto: lei era l’unica che c’aveva capito qualcosa di quel corso. E sto includendo pure MagaMagò. Mi ricordo che pur tentando di seguire non riuscivamo a racimolare qualche frase sgrammaticata. Guardavo Sergio e lui stava più ‘mbriaco di me. Daniele quando c’era dormiva. Allora guardavamo duli e le facevamo un cenno come per dire: “Hai capito?”. Quando era si eravamo sollevati, ce l’avrebbe spiegato poi. Quando era un no eravamo sollevati: se non l’aveva capito lei…noi eravamo apposto!

Lo studente panicante

Ma che razza di commento è “Al mio Orologio?”. Non lo sa quel prof. che il tempo è una invenzione dell’Uomo e lui non è capace di attribuirsene le proprietà? E’ una pratica che personalmente sto rimuovendo, ma sono sicuro che gli altri sono ancora pratici di queste tattiche. Io mi ricordo che stavo parecchio in ansia e quando la mamma mi obbligò di prendermi la camomilla per calmarmi, a me venne la diarrea. Che esame di merda che fu quello!

Lo studente incurante

Lo vedete questo? Questo sono io. Lo so che non mi si vede bene. Il concetto è che c’avevo la barba lunga. Era il primo anno e con quella barba lunga presi il mio primo 30. Me lo ricordo perché poi di 30 non ne presi uno va e uno viene, io so apprezzare la bellezza di un 30 e per questo li prendo raramente. Ad esempio il 23 mi sta antipatico e allora gli faccio questo scherzetto: lo prendo spesso!
Essendo uno studente di ingegneria mi trascuro. Non è che non avessi il tempo di farmi la barba, è che avevo capito male il sillogismo. E allora mi trascuravo, così sì che ero uno studente di ingegneria. Che poi, eccetto per le brasiliane, la barba c’ha il suo fascino. 8 donne su 10 dicono che fa uomo, le altre 2 sono confuse. Belli pure i capelli, eh?

La prostituzione intellettuale

E’ come se avessi raggiunto il punto di non ritorno, oggi. E’ il primo giorno senza la febbre e tutti quei malanni dovuti ad essa. Ma non è di questo che vorrei parlare. Oggi ho cercato per la prima volta come diventare un residente permanente in Canada, questo è un passo grosso. Forse i miei parenti mi possono sponsorizzare ma di certo la procedura più “facile” sarebbe trovare un datore di lavoro disposto ad assumerti e a sbrigarsi le pratiche burocratiche dell’immigrazione col governo.
Ed è per questo che sono completamente immerso nella ricerca di un lavoro serio, non come quello che sta cercando di trovarmi la scuola. Un ristorante che ti chiede degli alberi, un altro ristorante che ti offre un posto da lavapiatti ma ti fa sentire dio e un posto dove fanno i succhi di frutta al momento.
E Joanna dice che devo pensare da professionista adesso, che in questa settimana cambierò modo di pensare. Dice che dobbiamo costruire la mia autostima, che dobbiamo tirar fuori questa arroganza italiana anche quando si sta per vendere la propria mente alle aziende del Canada. Vendere il proprio cervello…

Lo so che non s’è capito un cazzo, spiegherò qualcosa altro appena ne avrò voglia (sempre se questo mal di gola non m’avrà ucciso nel frattempo)

Zurigo – Sono un fico – Mi mancate ragazzi

Zurigo mi sta facendo scimunire. Porca vacca se lo fa. Questo fine settimana vado a sciare e Zurigo c’è. Oggi sono stato per 2 ore a scuola e di odiarmi non mi odia, riesco pure a farla ridere senza farle il solletico.
La gente a scuola usa l’aggettivo italiano come se fosse un complimento, ehi ciao, come sei italiano oggi!, ti ho visto quella sera, eri di un italiano che ancora me lo ricordo. Sono l’unico italiano nella scuola e quello che si dice sugli italiani all’estero è vero: c’hanno delle fantasie su di noi. Le asiatiche per prima ma pure le brasiliane. Mi sento osservato fuor d’esagerazione, di certo alcuni aspetti del mio carattere sono di stampo italiano. E non sanno la storia del muro, e non sanno chi sono dentro.

Ma c’è quella di Zurigo, la svizzera, che ha qualcosa di speciale. E’ la prima volta che capita da due anni a questa parte: mi gira la testa come se avessi bevuto una corona sale e limone. Ma cerchiamo di essere razionali. A tette è messa non troppo bene, raggiunge a stento una seconda. I capelli non sono curati ogni giorno e spesso sono raccolti in una coda. Non l’ho mai vista truccata (ma forse questo è un punto a suo favore) e ha buchi da acne nel mento. Quando le donne hanno (avuto) il mento brufoloso significa che hanno un eccesso di ormoni maschili, forse questo è male…(anche se non ha le braccia pelose)! Quando ride è quello che è ma quando è seria è troppo seria. Vuole fare medicina e per adesso aiuto il padre a non so fare cosa. Sembra seria e secondo me non gli piace la discoteca.
Non so cosa pensa di me, fra due settimane torna alla sua reale vita nell’altra parte del mondo (e la mia è troppo vagabonda e responsabile per fossilizzarsi con una sconosciuta) e io non ho che ho una Corona in mano e del Cohen nelle orecchie.
Questa è una di quelle volte che la donna della tua vita ti cammina a fianco e tu non lo sai, e tu non la fermi. Quelle volte che poi ti incontri ancora fra dieci anni e capisci che il mondo è piccolo e il destino è un bastardo. Di certo è la prima volta che la calca (lett.) mi segue pure le notti. Ha qualcosa di speciale e io non s’ho cos’è. Vado a comprare un barattolo di vernice?

I miei miglioramenti in inglese stanno seguendo la successione di Fibonacci: in altre parole va sempre meglio e sempre più rapidamente imparo nuove strutture grammaticali e nuove parole. Solo la pronuncia migliora linearmente, senza troppi sussulti. Oltre a fare fatica a mettere la lingua fra i denti e a sputacchiare alla gente dicendo “think” quando parlo non faccio abbastanza attenzione alle acche aspirate, diciamo che le butto fuori belle e impolverate. Ma come dico io questo è il prossimo livello, per adesso vediamo di parlare come dio comanda.

Alla fiera della tecnologia di Victoria un datore di lavoro mi ha detto che il mio inglese è molto buono, abbastanza per essere idoneo al lavoro (employable). Devo solo conservare il mio divertente accento per il dating (gli appuntamenti romantici) (Sta cazzo di acca la devo aspirare o no?) . E poi mi ha detto che, è vero, a volte avere un master non è un vantaggio. Anzi!