And that’s why I am looking for a home [Repost]

[Originally posted on March 6th, 2011]
I found quite ironical how things have changed in the last 6 years. I am now living the life the friend I mentioned in the post was living. That life I had said  wasn’t for me.


I am an emigrant. Now it’s official, it’s written in this thing that has 50 pages and costs almost $100. But, like age doesn’t need of an ID to be proven, so being an emigrant doesn’t need a pass(air?)port to be a real condition.
I first noticed this condition when I came back home, from Milan. Home. What a strange concept “home” is. Is Home the place in which you have lived the longest or is Home where you are most comfortable? Is it the place where your parents live or is that place where you are most comfortable sleeping and pooping? Because I don’t know anymore which “home” is my Home, those criterias if applied strictly are inadequate to figure it out.

I am happy every time I come back home, obviously. Even the old folk from Como who I met on the bus was euphoric to the idea of living in Sicily, even for only few days. And here, in this Italian heaven, I grew up and lived for almost 20 years. But is Home a beautiful place? Or is it maybe a bright and roomy place? Because after the inevitable initial happiness, I started to miss some comforts that only my 244, my dorm room in Milan, gives me. Here at my house everything is different. But how can something be different if you are already at home? Different from what? Which one is my home, you tell me, I don’t know it. My mom and brother are not home, otherwise they would simply be my home. And that point it would be very easy to relocate, buying 3 tickets would be the only it would take. But home is a place, made of cement or even wood. It’s a place that can’t be misplaced, it’s that place that you will always struggle to accept but will slowly impress a footprint in your memories. And every time you will leave it even for few days, “she” will hold it against you, “she” will remember it and you will long “her” absence. But when you come back, Home is there, open for you like if you never went away. Home could be a faithful girlfriend, a little jealous and capricious , but faithful.
And I, I can’t be poliga(hom-)ous. One can only have one home at the time.

Today I called Uncle Joe, “Hello Joe, I am Gio…ele, Joe?” Joe, the uncle Sam. In a little bit I will change home again. And that shitty Milan, that Milan where at times rains and is cold, that Milan will be missed a bit. Even my dormitory, even the home I had for the last 3 years will be missed a bit. How strange, it’s 3 years that I say that all these places are shit.
I have an old friend who is happy not to have a home, who travels the world like a top. I think about her. How can one choose not to dream of a Home? To travel is great, to explore the world and to know worlds full of new ideas. But I need to think that somewhere in my future there will be a house well anchored to the ground and that, that will always be my home. I can’t dream of making travelling my “home”. When I travel I am astoundingly strange. Seeing places that you may never see again gives me melancholy, which is just pleasant sadness. Who knows if, when I will have to come back to Italy, I will be sad of leaving my new home, who knows where my well anchored house will be.

Maybe I was born to leave and move away. I don’t know if it’s because I am a southerner, because I am Italian or simply because I am Gioele. But if before university when I was sad I would leave my house, now it’s a continuous departing, an incessant planning of departures. And in all this, I was about to say, I forgot where my real home is. To cross the ocean without anchors is dangerous.
And that’s why I am looking for a home.

Quando torno in Italia

Titolo.
Quando torno in Italia.
Svolgimento.
Mi mangio una carrubba Cercherò di essere positivo e di non paragonare Carropepe a Vancouver Non m’incazzerò quando non ci sono le strisce dipinte per la strada e la gente guida a cavallo di quelle che dovrebbero essere due corsie Sarò sereno anche quando m’annoio Non penserò che tutti quelli che non parlano inglese sono ignoranti
Fine (per ora)

Perchè odio il Natale?

…a dire il vero non lo odio. Ne sono indifferente. Son sicuro che da piccolino lo amavo: ricordo bene l’aspettare il 25 mattina per scartare i regali, il vestirsi bene per andare a messa e l’acquolina in bocca per i dolcetti dopo la messa. Ma ad un certo punto, crescendo, il natale per me è cambiato. Ne sono indifferente, anzi forse non mi piace. Ma perché? Data la vicinanza al natale (oggi) sono giorni che ci penso. E’ credo di avere una bozza di risposta. Ma siccome non è risposta che posso dare alla gente (dato che a Natale bisogna essere gai) la scrivo qua. Che così fra qualche anno posso rileggermi e confrontarmi. Avviso per voi che leggete: in questo post non troverete altro che brutale onestà e pizzichi di tristezza. Se volete essere gai, andatevene. Che sto post non fa per voi.

Inizialmente pensavo che odiavo il natale per via della costrizione (da non confondersi con la costipazione). A Natale, così come in altre festività, bisogna essere felici. Tutto il mondo durante il natale si sottopone volontariamente al problema del tipo che lavora alla radio: quando è felice deve essere felice. E quando è triste deve essere felice. No, non fa per me. Ma è solo questo il motivo del mio disprezzo natalizio? Del resto se ad ogni natale fossi felice, come appare essere il resto del mondo, il problema di quello che lavora alla radio sarebbe solo un problema accademico. Ho avuto natali tristi allora? E’ quello il problema? Fammi pensare. Ho pensato. Credo che nessuno dei miei natali sia stato particolarmente triste. Credo invece che pressocché ad ogni Natale dall’età adolescenziale in poi abbia percepito la pressione esterna del dover essere felice. Del dover trovare qualcuno, che sia un familiare o un amico di famiglia, con cui essere felice. Del dover seguire le tradizioni che poi lo devo dire agli altri che io a natale ero felicemente felice. Ed è forse questo il problema? Che ad un certo punto le dinamiche familiari della mia famiglia sono diventate così incarbugliate che facevamo fatica a trovare qualcuno con cui essere felice. O peggio, passavamo il natale con familiari che durante il resto dell’anno prendevamo una strada più lunga piuttosto di non dover stringergli la mano. A natale è sempre stato più facile paragonare la mia famiglia a quella degli altri. Ed era un paragone che mi vedeva puntualmente presente nel lato degli sconfitti, dei perdenti. Quei sorrisi forzati, quelle battutine sottotono: felicità! E’ natale. Forse questo è il principale motivo: non avere una famiglia per cui sentir la trepidazione dell’avvicinarsi del natale. Ma non credo basti come spiegazione. Di sicuro tra la gente che conosco e pare amar il natale c’è qualcuno che ha gli stessi dilemmi. Forse fingono, non lo so. O forse son io che recito il ruolo della volpe nella storia de La volpa e l’uva? Che siccome non riesco ad esser felice per natale allora il natale mi fa schifo. E tu dovresti odiarlo come me? Ma lo odio o ne sono semplicemente indifferente? Il fatto che negli ultimi 4 anni ho trascorso il natale a 9000km di distanza della mia famiglia stretta aiuta o meno? Ho una scusa almeno. O forse il fatto che vedo i miei parenti e nonni giusto per un oretta su skype peggiora la mia opinione del natale? Al momento a queste  domande non ho risposte. Ma fintanto che continuo a pormi domande non c’è ragione di preoccuparsi. Il natale passa e io ritornerò a essere il Gioele che salta, che corre e che fischietta alle 8 del lunedì mattino. Che a quanto pare per la gente che mi conosce ormai sono diventato la persona più felice I ever met. Minchia, c’è speranza per il natale allora!

Victoria e il natio borgo selvaggio

Non scrivo da anni. Si ci sono alcuni posts qua e la ma nessuno è degno di nota. Non so se questo lo sia ma so che adesso scrivo come scrivevo un tempo. Per disperazione, per rabbia, per amore, per sofferenza e voglia. Voglia di tutto voglia di mondo e voglia di niente. Sono sempre stato un tipo confuso. O confusionario.

Forse succede a tutti, ma eccomi qua. E’ il mio turno. Quelli che restano in Italia puntano il dito a quelli che vanno via e dicono: tanto tornerete tutti. Negli ultimi 4 anni che vivo all’estero, nei momenti in cui ho riflettuto sulla mia fissa della gente che mi punta il dito contro, non sono mai riuscito a trovare una spiegazione sul perché dovrei voler tornare. Questo non sarà un post che lista i motivi per cui l’Italia è brutta e cattiva, non vi preoccupate. E non vi apprestate a puntarmi il dito, non sono affatto convinto che sia arrivata la mia ora. Se mai arriverà. Il fatto è che, come delle scarpe indossate per troppo tempo, sto iniziando a sentirmi scomodo fra le suole di Victoria, la città in cui abito. La città negli ultimi 4 anni non è cambiata, io lo sono. Questa città non è perfetta (aspettate cazzo a puntarmi il dito, non ancora!) e ci sono alcune differenze con l’Italia che forse non sono mai riuscito ad accettare (NON ANCORA!). Del resto non è un po’ di corruzione e populismo vario a cambiare le mie radici: se una foglia d’acero si posa su un albero di carrubo non è che adesso il carrubo diventa un olivo. E’ semplice. Quando arrivai qua le mie ambizioni erano immense, sproporzianatamente esplosive. E capisco esattamente il motivo. Avevo tanta sete di successo come un poveretto reumatico che si fa i bagni di sabbia nel Sahara in agosto. E avevo voglia del miglior Nero d’Avola sulla piazza. Quando arrivai a Victoria, giorno per giorno, goccia per goccia, mi son pian piano idratato. Ecco non era proprio nero d’Avola, sarà stato un po’ birra e sciroppo d’acero ma son stato bene. Comodo. Ma adesso sento ogni giorno che passa che è arrivato il momento. Il momento di cambiare, di ributtarmi in quel pozzo di avventure che è il mondo e che spesso viene ignorato a beneficio del luogo natio.

E di questo inoltre che voglio parlare. Il luogo natio. Natio borgo selvaggio diceva Leopardi. Il mio luogo natio è una cittadina sperduta nella provincia più a sud d’Italia. Dove chi ci vuole andare si perde per strada e chi ci si perde per strada manco sa dov’è arrivato. Un bel borgo agli occhi di chi si ne intende, con chiese barocche e pendii fantastici. Ma un posto ignoto, insignificante, inutile. E il sol motivo per cui ne sono attratto come una falena al neon d’estate è perché lì io son nato.

Ciò basta? L’esser nato casualmente in un luogo decide per il resto della mia vita il posto che mi fa piangere la notte quando sono lontano e che mi fa attristire di giorno quando ne sono vicino?

Fuor di metafora, che quelle io le faccio e io le capisco, questo è il problema. Ho vissuto 18 anni nel borgo selvaggio, 3 a Milano (ma quelli non se li frega nessuno), e 4 a Victoria. Quando sono a Victoria mi mancano gli odori e le visioni di quel posto meraviglioso che è il mio natio borgo selvaggio. E quando dopo decine e decine di ore di volo e migliaia di dollari finalmente son lì, la zotica gente e la loro mediocrità, le inefficienze e le buche per la strada, le alzate di spalle e la rottura di palle mi costringe, non volente, a desiderare molto di più, non posso restare lì semplicemente perché lì sono nato.

Coloro che son rimasti indietro non avranno forse questo dilemma ma appunto son rimasti indietro. Coloro che hanno tentato il volo alla ricerca di una vita e un luogo più gratificante si trovano adesso con due larghe ali ricche di esperienza e nuove culture. E comunque atterrati da quel filo invisibile che è la irrazionale inspiegabile nostalgia di casa.

Ora che ho volato, ora che ho vissuto a Victoria dove mi sono reso conto quanto più facile possa essere la vita, io ora non so tornare indietro nella terra arida dei muri a secchi. E nonostante questa realizzazione, parte di me, giorno e notte pioggia e sole, non fa che chiedermi di tornare.

Di tale confusione ho tratto un paio di conclusioni. A breve stravolgerò la mia vita nuovamente. Resterò in Canada ma andrò a vivere in un posto diverso che m’è venuta sete di nuovo. A breve aprirò un altro blog, non personale. Il tema sarà quello di spiegare quali differenze io noto fra l’Italia e il posto in cui vivo che sia Victoria o altra città. Vedremo se aiuterà a spiegare ai miei amici il mio dilemma, vedremo se aiuterà a chiarire a me le idee.


Questo post è stato interamente scritto nello Starbucks di Yates and Government street, in due sedute e due animi diversi. Durante la scrittura ho ascoltato tutto l’album Ghost dei Radical Face. Durante la scrittura mi sono ricordato di una poesia del Leopardi alla quale, dopo la lettura, mi sono ispirato: Le ricordanze.

Meh*

Sul perché scrivo qua non lo so. Il blog è morto, si sa. Ho perso la vena, si sa. E’ successo pressoché quando la romana è entrata nella mia vita. La correlazione in sé non prova che ci sia causalità. Rileggendo vecchi post non mi riconosco. Come ho mai potuto scrivere tali perle? Ho un altro problema. Sebbene scriva in italiano i pensieri spesso vengono fuori in inglese. Ciò crea problemi di traduzione vari e previene ogni sorgente di umore basata su interessanti giochi di parole. Gli ultimi post sono aridi, secchi. Vuoti. Non c’è niente negl’ultimi post che mi renda fiero di come scrivo.
C’è da dire inoltre che la mia vita è cambiata. Da povero adolescente soppresso da doveri e obblighi, costretto fra divani e amori vani sono presto diventato, una volta arrivato in Canada, un uomo responsabile della sua vita, con capacità economiche discrete con strade aperte avanti a me. Nel  corso della mia giornata tipo non c’è niente per cui lottare. Non c’è più quel digrignare i denti, quello sbattere le nocche sui muri, quel dipingere i muri che ha condizionato la mia vita adolescenziale. Credo che la gente che ancora legge questo blog sappia di cosa sto parlando. Nella mia giornata media di oggi vado a lavoro do il mio meglio vado a squash do il mio meglio torno a casa faccio le faccende e poi via di nuovo con un nuovo giorno. Non ho problemi, non ne ho. Non ne ho avuti in 2-3 anni. Il Canada mi sorprende sempre meno, d’altronde vivo a Victoria da tanto oramai (sebbene non c’è verso che riconosca Fort da View St.). Di cosa dovrei scrivervi? Cosa volete che vi scriva? Ci sarebbe quella gita che sto per fare in Brasile. Quella si che mi mette la felicità sotto i piedi e me li fa danzare a ritmo di samba.
La verità è una. La mia vita non è più vissuta giorno per giorno. Ho ancora obiettivi e sogni. Ma si dilungano, si allungano. Il mio prossimo obiettivo, di tipo lavorativo -si capisce, potrebbe essere raggiungibile fra un anno. L’avevo detto che sono lontani. Che stia diventando finalmente grande? E’ questo che succede? Non mi lamento di questa vita. Nè desidero quella precedente. A volte sono nostalgico si, è vero. Ma non troppo. Erano giorni duri e adesso sono dietro di me. Che siano il vento che soffia alle spalle e adesso sto tranquillamente galleggiando con le vele spiegate? Dovrei fare qualcosa al riguardo? Remare o lasciar la barca andare? Io queste domande le so tutte, sono le risposte che non so molto bene. Per adesso aspetto, non scrivo da nessuna parte e aspetto. Magari c’è un tornado avanti a me e un momento come questo non lo avrò mai più. Io mi sa che non c’ho voglia di remare. Non ancora.

 

*Meh – è un’interiezione in uso nei paesi angofoni utilizzata per esprimere indifferenza o insofferenza

Della morte e della vita (in Canada)

Della morte non se ne parla. Poi è troppo tardi e tutti giù a parlarne. Ne ho già parlato io, anni fa. Qualcuno non tanto caro ma caro abbastanza da essere personalmente impattato alla notizia era venuto a mancare. O morto. La gente odia dire la parola ed è così che gli eufemismi non si sprecano.
Quando lo stesso è accaduto qualche giorno fa io mi sono chiesto una cosa sola: come reagirei io se qualcuno così vicino a me morisse? E il pensiero mi ha devastato. Solo il pensare mi ha fatto alzare dalla sedia e girare in tondo. Se succedesse io uscirei matto. I miei mood swings oramai acquietati esploderebbero incontrollati. Per quanto ci pensi non c’è niente che mi possa preparare a quando avverrà. E avverrà. A quanti di voi è capitato di innamorarvi della persona sbagliata? Non è perché il vostro caro amico/a è stato lasciato/a di recente che voi non vi innamorati di uno stronzo. Ci sono sentimenti ed emozioni che non si impareranno mai, è come se ognuno viaggiasse sul proprio binario e niente ne può cambiare il suo corso. Uno pensa che una persona a noi cara ha dovuto vivere una morte, uno pensa che uno possa imparare da ciò e prevenire? No fuck that, there is nothing I can do, il binario non si sposta. Lui va.

Adesso sto qui a scrivere, davanti una piantagione di rabarbaro. La vita va avanti, o indietro se cambiamo il sistema di riferimento. Vivo in Canada da tre anni, a breve festeggerò il mio quarto Thanksgiving, lavoro per la compagnia del GPS da 2 anni, mi sono appena trasferito più vicino a downtown, ho conosciuto una persona che a breve lascerà il Canada permanentemente. Ho la vita in pilota automatico e al momento pare sia la scelta migliore. Ma la prossima curva, te lo assicuro, la faccia tirando il freno a mano.

“…without wishes there is no need of a diary” [post translated]

In this post I’d like to talk about something that is mine. Just to not be boring in other words. Two things mainly: the power of dreams and the value of promises.
Promises and dreams are cynically baloney. They are projected into the future and the future, it’s known, changes more quickly than one can imagine. But in my case there are some small but clear exceptions.
To be more clear, I have to take another paper from that folder that holds the essays from my middle and high school. If in the previous post I was already 15 years old now I’ll transcribe an essay written when I was still 12, 8 years ago. I was attending the last year of middle school, and like this year, I was intended to big changes in my life. Let’s see what I was writing (no corrections will be made in the transcription ).

Essay guideline

Project yourself  in the future and imagine you are now an adult. It’s the night of 20th, Dec 2025 and you, after a busy day, take a break to reflect writing your journal, as you do ever single night since you were 12.

Essay development

20/12/2025

Dear Diary,
I am sorry if it’s a long time since I wrote to you, but -you know- in the christmas period there is a lot of work to do and like always the most difficult tasks are assigned to me. Today I saw about 20 people who had broken their computer and were trying to convince me that it broke by itself. Then, on my way back, I had to go to Ottawa for a meeting with the french president of the local IT and after he offered me lunch in a chinese restaurant. I ordered only a glass of water because I didn’t like the food choices on the menu. I came back to Sidney and my boss told me to go home. On my way home I hear a faint whistle and then a bang. In five minutes I changed the flat tire; so I was obligated to go to the body shop mechanic. Finally I am home. My wife is in the kitchen cooking and my daughter hasn’t come back from school yet. After the shower my wife tells me that that night we will have guests and that they will arrive at 19:00. I look at my watch and I noticed that it’s 17:00. My wife hasn’t started cooking yet. So I have to help her cooking, peeling potatoes, beating eggs and other boring chores. Came While I put the pasta in the oven my daughter gets home and I kindly tell him her to tidy up her room that is usually messy. Finally the guests arrive and after dinner I tell them about my day. I yelled at my daughter 3 times because she didn’t want to eat that I actually didn’t like either. I started talking that wit with the coming of Christmas, kids should behave better but instead they turn even more into brats and instead [unintelligible, probably “have lots of demands to”]  their parents. All of this makes me think when I was little. Do you remember when I was moving to Canada and the suitcase was too heavy? then I decided to leave behind my favorite soccer ball. Or when I received a bicycle too big for me. Then when I had to go to Milan I had to take the ferry to cross the Messina strait and now there is a long bridge instead. Well!
Thinking back, I have had everything in my life since I was a child until now and I think that like I promised I will go back to Modica (this time without taking the ferry) to see again after many years my city and first of all my mother. I think this will be the last page of my diary because I don’t have anymore time and I have achieved everything and I don’t have any wish and without wishes there is no need of a diary.

See you soon
Gioele

The original post, written in May 2011 (here: http://www.minciati.eu/2011/05/senza-desideri-non-ce-bisogno-di-un-diario/), keeps going with some more memories of when I was 12, the world cup in ’98, my dreams of being a videogame programmer and my dreams of moving to Canada. I am tired tonight so I won’t translate the last part unless asked by the few people who will read this and can’t read it in italian.
The fact that here I am, achieving step by step anything I have ever wanted before they build that bridge I was talking about…well that I think is astonishing. I have 11 years left to  find a wife, have a family, have a daughter. Then I’ll stop having a blog. Then I’ll be 35. Then I’ll be happy. Maybe.

Il congelamento dell’amicizia

Chistu è il primo post unni parru mali ro Canadà. Issu è o primeiro post onde eu vou contar mal do Canadà. This is the first post where I will speak negatively about Canada.

Questa è la migliore nazione al mondo (sebbene non la migliore nazionale), così io penso almeno. Nazione di equilibri, nazione calma e apologetica. Ferma e amichevole. Amichevole. Apparentemente amichevole. Ed è qui il problema. Nel tentativo di inglobare così tante diverse culture, nel tentativo di non dar dispiacere a nessuno si sono dimenticati a essere naturali. A vivere le relazioni sociali in quella maniera spontanea che ti permetta di fare degli amici in qualsiasi fase della vita uno si possa trovare.
In Canada l’amicizia funziona in circles,  in cerchie. E ogni cerchia è legata ad una attività. E tale cerchie di amicizie non si mescolano, ‘nsiamai! Ed è così che ho degli amici di softball, alcuni di squash, altri della social sport league del venerdì, quelli del lavoro e quelli che vengono a portoghese. Tutta brava gente, ma nessuno è amico mio. Fin quando non posso dire le mie metafore senza paura di essere giudicato nessuno è amico mio.
La gente è tanto cordiale, estremamente cordiale. Così cordiale che si sono scordati come si fa a essere amici. E allora si fiondano in clubs and meetups per riempire quel buco. Una volta fatta scorta di amicizia per quel paio d’orette then tutti a casa e cù s’à vistu s’à vistu. La cosa è talmente vera che c’hanno pure dedicato una pagina su wikipedia (http://en.wikipedia.org/wiki/Seattle_Freeze).

Fortuna che io sono un motherfucker martufo di natura e che ho questa innata predisposizione a starmene da solo, sennò pazzo sarei.

Della pensata che ho fatto dopo il mio viaggio in Italia

Questo post l’ho iniziato a scrivere in Italia, a Milano. Sul letto di Giulia, che ha ancora il piumino blu con le penne che escono di fuori di tanto in tanto. Il contenuto di ciò che avevo scritto, se ancora vi interessa, lo trovate in fondo alla pagina.
Adesso mi trovo in Canada e tutto è cambiato: non ritengo più attinente ciò che avevo scritto e perciò ho iniziato da capo. O daccapo che si voglia dire.

E’ proprio questo il punto. Chiunque mi abbia incontrato nelle mie due settimane spente in Italia ricorderà gli elogi che ho speso nei confronti del Canada e della vita che vivo qui. Sono diversi i fattori che hanno contribuito e sottoscrivo tutte le ragioni che ho spiegato alle persone incontrate. Ma adesso vorrei aggiungerne un altro che ho potuto notare solo grazie a una pensata che ho fatto dopo una conversazione avuta con Joanna.

Il Canada è il mio foglio bianco, la mia bella copia. Dove non ho ancora fatto errori gravi, dove la gente non mi conosce ancora e dove il mostro è ancora a bada. Qui la gente conosce un altro Gioele che si chiama Joel o Joe a secondo della persona a cui chiedete. Raramente ho vissuto giorni tristi qui, nessuno ha lasciato un segno. Neanche un segnetto, tutto è scivolato via. Dinamiche familiari, posti della memoria e amori del passato non esistono qui in Canada. Un oceano, foreste di pini Douglas e una miriadi di laghi hanno bloccato tutto ciò. E lo dico perché quando torno indietro, quando torno in Italia, quel mostro (che a questo punto potremmo chiamarlo il ‘mostro italiano’) torna in me. Il turbinio di emozioni, la testa pensierosa e la Rabbia.
Se leggerete ciò che sta scritto giù, capirete quanto sono importanti i posti in cui sono cresciuto, in cui ho vissuto. Avrò speso centinaia di euro soltanto per dare un’occhiata a quei posti e per imprimerli nella mia memoria. Perché in fin dei conti quel mostro italiano sono io, lo devo ammettere. Se oggi scrivo su questo foglio bianco è perché ieri ho pasticciato sul foglio di prima. E pasticciando pasticciando che mi ritrovo qui.

Quando torno in Canada tutto scivola via, torno pulito. Mi sento puro. Mi sento leggero. Non esagero, ve lo giuro sul mondo: sto bene. Sto bene sebbene sto a parlare dell’Italia appena ne ho l’occasione e sento il bisogno di pensarti, Italia. E quei posti pure. E le persone, che diamine di speciale avranno che non smetto di sentirmi attratto a coloro che hanno segnato la mia vita? Amici dell’università tutti, familiari buoni brutti e cattivi pure, amori vari e indefiniti: sappiate che quando c’ho un momento io vi penso e vi immagino, che tornate a casa stanchi e che lavate i piatti sperando che quel fine settimana fuori porta arrivi presto. Io non smetterò un attimo di ricordarvelo, che io esisto. Che non uscirò dalla vostra vita per quanto lontano potete essere: un pezzo di me lo devo a voi e perciò non posso lasciarvi andare. Semplicemente non posso.

Gioele, Joel, Jo, Joe.

DCIM101GOPRO

 


 

La gente non pensa come me. Vede tristezza in assenza di sorrisi e legge problemi in facce pensierose.
Io non sono come la gente. Come il Muro ha dimostrato, spesso, mi affeziono più ai posti che alle persone. Le persone cambiano ogni giorno i posti no. Ci sono posti che non cambiano mai e a volte anche persone che cambiano mai, anche se spesso cambiano.
Così io vado a salutare i posti e le persone che mi sono importanti, che mi hanno cresciuto e che mi hanno cambiato. E se i posti e le persone sono lontane io aspetto e aspetto anche la notte io aspetto, anche la notte quando ad aspettare a lungo vengono i crampi.
E non so cosa dire, io non so mai cosa dire. Le parole giuste ho fatto sempre fatica a trovarle. Ormai non le cerco più che tanto io non son capace a spiegarmi. Io non ho congiuntivi e non c’ho bisogno di rallentare il pensiero quando non dico le parole. Anche le parole aspettano. E quando finalmente i miei piedi si affiancano a quelli di quelle persone quando i piedi siedono sui posti, in quel fottuto momento il tempo si ferma. Dopo aver aspettato per anni il tempo è adesso fermo, e corre e sta fermo. Ho fretta, che succedesse se mi conoscesse davvero per quel che sono? Il tempo è fermo e io ho fretta. E i piedi miei, e le parole e la mente hanno perso il controllo. Ho rovinato questo momento? Ho fatto la cosa giusta? Correre, via da qui. Che se i piedi sono seduti sui posti, le ginocchia invece non si tengono più in piedi. Devo sedermi e cercare di ricordare tutto. Fissare tutto in memoria. Quella fossetta sul labbro e quel fosso nella terra, i capelli cortissimi e il pozzo che dentro c’è il bau. Ricorda, ricorda. Non scordare. Che già non hai le parole. Non puoi scordare anche i ricordi. Resisti. Aspetta

Ora, né prima né dopo

I understand how in this post I may not sound in full control of my mental abilities. The last person I have been with one day asked me if I was ever diagnosed with any attention disorder or speech difficulty. If I really had to have a disability I’d pick a damn good one, not any distracion-disease kind of thing. Anyway, being a good engineer I haven’t fully ditched the possibility of being medically insane.

Ho trovato nel mio vecchio grigio nokia delle note che scrissi fra il 2007 e il 2009. Prima e durante gli anni universitari, gli ultimi anni tra i più difficili che ho mai vissuto. Li riporto qua, senza filtri.

29 settembre 2007
Il disgusto, il suo “modo”. Ho la nausea.

30 settembre 2007
Preferirei essere una schifosa e fugace blatta che un uomo sconfitto in amore.
Preferirei essere vinto da una uomo con una spada che da una donna con una emozione.
Eppure continuo a vivere sconfitte inevitabili, gioie offuscate. Il dolore e l’amore necessitano ore e ore per potersi affermare con costanza. Tremendo!

10 Ottobre 2007
Non lo tollero. Sono triste anche quando c’è il sole. E piango insieme alla pioggia. Davvero triste

24 Ottobre 2007
Se non avrò riflettuto sulla caduta di una piuma mi uccideranno.

24 Ottobre 2007
La felicità è quell’istante in cui sogno e realtà coincidono.

26 Novembre 2007
Qualsiasi bomba prima di esplodere ha la pazienza di aspettare il momento opportuno.

04 Dicembre 2007
Non ho usato un bastone per imparare a camminare

30 Dicembre 2007
Gli uomini con la tristezza in cuore sono troppo pesanti affinché questo mondo li regga a lungo

30 Dicembre 2007
E’ più facile fermare una cascata che una triste lacrima. Ti riga il volto scalfendolo.

12 Gennaio 2008
X25S5R

13 Gennaio 2008
Perché piangere per la mia vita miserabile. E’ la sola che ho. Pertanto la sola che vorrei avere.

14 Gennaio 2008
Vi sono innumerevoli quantità di diversità. Esplorarle è un istinto, danzarle fino allo sfinimento una saggezza.

14 Gennaio 2008
Un cerchio impenetrabile da qualsiasi membro esterno ad esso. Qualora si riuscisse a penetrare si corre incontro a due diversi rischi: distruggere l’armonia o, cosa ben peggiore, venirne incatenato divenendo parte necessaria e inscindibile

17 Aprile 2008
Beh ci sono abituato a esser scaricato da una all’altra parte, da chi non ti vuole a chi neanche si è accorto che esisto. Non è difficile trovare l’equilibrio, il più è mantenerlo. Il freddo di Monaco ha gelato i restanti pensieri.

13 Settembre 2008
Quando le giornate smetteranno di essere sempre nuove e piene di scoperte, quando la pioggia diventerà un’abitudine triste e non necessario momenti di riflessione, quando la gente sarà caos e non più “nuove opportunità”…Allora avrò nostalgia di casa, della mia casa.

25 Settembre 2008
Sei accanto a me, in un paese freddo, da circa 3 ore. Tanto dura il tuo sonno. Non so calcolare quanto tempo ho speso a guardarti…Non sono secondi o minuti…Sono emozioni e sentimenti…e questi non conoscono orologio che li misuri…Hai un’aria rilassata, un naso raffinato, delle labbra sottili…Quanto darei perché tu adesso potresti guardarti dall’esterno, coi miei occhi!

27 Settembre 2008
Si sono spenti…Come torce quando c’è troppo vento…I tuoi occhi non sono più neri, non ti trafiggono più come un tempo. Non sempre tutto va per il meglio: ma domani il vento cesserà, e il fuoco tornerà a brillare. Nei tuoi occhi.

27 Ottobre 2008
Su quell’hamburger di carne di seconda scelta solo un po’ di maionese poteva camuffarne l’odore. Ma costava 1.99€.
Decisamente troppo.

05 Novembre 2008
Si avvicinò un vecchio e sussurrò: “mi può prendere quella cosa…su quello scaffale…”.
Poi aggiunse: “Cosa vuol dir diventar vecchio…”.
Si scusò.
Si voltò e scomparì.

24 Marzo 2009
Vado in palestra. Milano. La desidero per me. In realtà mi sono invaghito di una filosofa. Credo sia quella che cerco da un po’ di tempo e che ho ritenuto d’averla scovata un paio di volte. Nulla è casuale. O forse no. Forse lei ha ritenuto me quello giusto, ma questa è solo un’impressione.
Verificherò il modello immaginatomi.
Sarebbe veramente la botta di vita, anche se già prevedo centinaia di impervie.

8 Aprile 2009
I segreti dilaniano il destino. E se sono stati pronunciati da donne lo insultano, lo frustano, lo stuprano.
E ammazzano la monotonia.

10 Maggio 2009
Il mio modello era scoglionato. Diciamo pure che le impervie ci sono tutte. Ora dovrò alzare le maniche e ergermi ritto:
inizia la scalata..

30 Giugno 2009
Privatemi del cibo per un mese intero, mandatemi in un deserto senz’acqua, fatemi lavorare di giorno e rinunciare al sonno la notte. Picchiatemi frustatemi e umiliatemi. Ma se avrò una donna al mio fianco -una donna da amare- io non mi lamenterò.

20 Luglio 2009
Se morissi ora, né prima né dopo, sarei soddisfatto di ciò che sono stato, di ciò che ho sognato, di tutte le mie sconfitte.
Ora, né prima né dopo.

FDC – 11

  • Pensavo che accadesse solo agli altri. Fatti hanno succhiato via la voglia di scrivere. Ma come dice la parola stessa, sono fatti. Passato. E’ passato.
  • Parlando di passato, ieri ho studiato il passato nelle mie lezioni di portoghese. Sì, sto imparando portoghese.
  • Parlando di passato 2: qualche giorno fa, forse ieri, ho visto una scena di un film. Normale un po’ violenta ma, come dice la parola stessa, da film. E ho capito che sono marchiato a vita. Sono entrato in panico, battiti cardiaci schizzati al cielo. Non c’è dimenticanza per ciò che più si ignora.
  • Torno in Italia il mese prossimo. Spendo una settimana al mio paese, un’altra quasi a visitare degli amici. Dell’università, quella che sembra ormai una vita fa per me ma che -per altri- è ancora la quotidianità.
  • Non hai fatto che metà del tuo dovere
  • Sono diventato un residente permanente del Canada. Un giorno scrivo come si fa.
  • Nel frattempo mi sono iscritto all’AIRE: Anagrafe Italiana Residente all’Estero. Pertanto ufficializzo il mio non pagare le tasse al paese italico. E per tutta risposta non avrò più un medico di famiglia. Uh uh uh Italia, calm down now!
  • Quest’anno farò per la prima volta quello che i ricchi fanno. Mi prendo la vacanza. Due settimane. Non so ancora se sarà lungo la costa ovest americana in camper o se sarà durante l’estate dell’emisfero australe da qualche parte nella costa atlantica del Brasile.
  • Parlando dei ricchi: adesso non ho più un solo paio di scarpe per tutto. Ad oggi il conto è il seguente: scarpe di ginnastica, scarponcini, scarpe intermedie (casual), scarpe da hiking marroni, scarpe da hiking rosse (nuove), scarpe buone nere che luccicano. Mancano le scarpe da palestra, ma 100$ erano tanti e non li volevo spendere.
  • “Mio padre pretende aspirina ed affetto e inciampa nella sua autorità” (da qui)
  • Mio fratello, di cui scrissi qua i troubles che dovette andare incontro per entrare in una scuola militare, si sta per diplomare. E ha fatto i concorsi per la scuola militare 2 (credo si dica accademia). Di tutti quelli che vogliono fare il pilota è arrivato 80° circa. Ce li abbiamo 80 aerei in Italia?
  • Sto cantando a squarciagola. Che brutta scena. Tutto il sangue che sgriccia e mentre si canta.
  • FDC per chi non lo sapesse vuol dire flusso di coscienza. Che avevo scritto coscenza ma poi ho corretto. Che perfino chi ha sbagliato può ritentar.
  • Sto diventando bravino a impastare la pasta. E’ da mesi ormai che faccio il pane regolarmente e di recente ho provato le focacce (che avevo scritto focaccie) del mio paese e son venute buone.
  • Ho finito il flusso.